city of heavenly fire - capitolo 3 (ita)

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CAPITOLO III – BIRDS TO THE MOUNTAIN Clary posò il borsone vicino alla porta d'entrata e si guardò attorno. Poteva sentire sua madre e Luke muoversi attorno a lei, sistemando le loro valigie e accendendo le strega-luci che illuminavano la casa di Amatis. Clary cercò di farsi forza. Loro sapevano ancora poco di come Amatis era stata catturata da Sebastian. Sebbene la casa fosse già stata setacciata dai membri del Consiglio nel tentativo di rintracciare eventuali materiali pericolosi, Clary conosceva bene suo fratello. Se solo fosse stato dell'umore sbagliato, avrebbe distrutto tutto ciò che c'era in casa, soltanto per dimostrare che era in suo potere farlo – avrebbe potuto ridurre i divani ad ammassi di legna, frantumare gli specchi, polverizzare i vetri delle finestre. Udì sua madre tirare un sospiro di sollievo, e sapeva a cosa stava pensando: qualunque cosa fosse successa lì, la casa almeno sembrava a posto. Non c'era niente ad indicare che alcun tipo di danno fosse stato arrecato ad Amatis. Dei libri erano impilati su un tavolino, il pavimento era impolverato ma intatto, così come lo erano le fotografie appese alle pareti. Clary vide con un tuffo al cuore che vicino al camino c'era una foto recente di lei, Luke e Jocelyn a Coney Island, abbracciati, e sorridenti. Pensò all'ultima volta che aveva visto la sorella di Luke, Sebastian che la obbligava a bere dalla Coppa Infernale, ignorando le sue grida di protesta. Il modo in cui la personalità era defluita dal suo sguardo, dopo che aveva

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Terzo capitolo tradotto in italiano del sesto ed ultimo volume della saga The Mortal Instruments di Cassandra Clare.

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CAPITOLO III – BIRDS TO THE MOUNTAIN

Clary posò il borsone vicino alla porta d'entrata e si guardò attorno. Poteva sentire sua madre e Luke muoversi attorno a lei, sistemando le loro valigie e accendendo le strega-luci che illuminavano la casa di Amatis. Clary cercò di farsi forza. Loro sapevano ancora poco di come Amatis era stata catturata da Sebastian. Sebbene la casa fosse già stata setacciata dai membri del Consiglio nel tentativo di rintracciare eventuali materiali pericolosi, Clary conosceva bene suo fratello. Se solo fosse stato dell'umore sbagliato, avrebbe distrutto tutto ciò che c'era in casa, soltanto per dimostrare che era in suo potere farlo – avrebbe potuto ridurre i divani ad ammassi di legna, frantumare gli specchi, polverizzare i vetri delle finestre. Udì sua madre tirare un sospiro di sollievo, e sapeva a cosa stava pensando: qualunque cosa fosse successa lì, la casa almeno sembrava a posto. Non c'era niente ad indicare che alcun tipo di danno fosse stato arrecato ad Amatis. Dei libri erano impilati su un tavolino, il pavimento era impolverato ma intatto, così come lo erano le fotografie appese alle pareti. Clary vide con un tuffo al cuore che vicino al camino c'era una foto recente di lei, Luke e Jocelyn a Coney Island, abbracciati, e sorridenti. Pensò all'ultima volta che aveva visto la sorella di Luke, Sebastian che la obbligava a bere dalla Coppa Infernale, ignorando le sue grida di protesta. Il modo in cui la personalità era defluita dal suo sguardo, dopo che aveva

bevuto. Clary si chiese se vedere qualcuno morire significasse questo. Non che non si fosse mai trovata faccia a faccia con la morte. Valentine era morto davanti a lei. Ma sicuramente era troppo giovane per portarsi dietro il peso di così tanti fantasmi. Luke posò lo sguardo sul camino e sulle fotografie che vi erano appese attorno. Si allungò per sfiorarne una che mostrava due bambini dagli occhi blu. Uno dei due, il ragazzino più giovane, stava disegnando, mentre sua sorella lo osservava, l'espressione concentrata. Luke pareva esausto. Il Portale li aveva fatti arrivare alla Guardia, e loro avevano dovuto attraversare la città per raggiungere l'abitazione di Amatis. Luke ogni tanto trasaliva per il dolore provocatogli dalla ferita al fianco, non ancora guarita completamente, ma Clary dubitava che fosse la ferità a renderlo così afflitto. Il silenzio della casa di Amatis, i tappeti familiari sul pavimento, i cimeli disposti con cura – tutto parlava di una vita ordinaria interrotta nel peggior modo possibile. Jocelyn gli mise una mano sulla spalla, sussurrandogli dolcemente all'orecchio. Lui si voltò, rimanendo nel cerchio delle sue braccia, e le posò la testa sulla spalla. Era più un tentativo di conforto che un qualcosa di romantico, ma a Clary parve comunque di stare ficcanasando in un momento intimo tra di loro. Silenziosamente prese il suo borsone e si avviò su per le scale. La camera per gli ospiti non era cambiata. Piccola, le pareti bianche, le finestre circolari come oblò (c'era la finestra attraverso la quale Jace si era intrufolato una notte), e infine sempre la stessa trapunta colorata sul letto. Lasciò il borsone sul pavimento, vicino al comodino. Il comodino, dove Jace le aveva lasciato una lettera una mattina,

dicendole che stava andando via e non sarebbe più tornato. Si sedette sul bordo del letto, cercando di scrollarsi di dosso la ragnatela di ricordi. Si rese conto di quanto sarebbe stato arduo rimanere ad Idris. New York voleva dire casa, normalità. Idris era guerra e devastazione. A Idris aveva visto la morte per la prima volta. Il sangue le stava pulsando nelle orecchie. Avrebbe voluto vedere Jace, Alec, Isabelle – loro le avrebbero dato un senso di stabilità, di casa. Riuscì debolmente a sentire sua madre e Luke che si muovevano al piano di sotto, il tintinnio di tazze in cucina. Si alzò e si a avvicinò ad un baule che era ai piedi del letto. Era un baule che Amatis aveva portato su per lei, quando era stata lì la prima volta, dicendole di darci un'occhiata e prendere i vestiti che più le piacevano. Si inginocchiò e lo aprì. Erano sempre gli stessi vestiti, ripiegati con cura e intervallati da fogli di carta: uniformi scolastiche, pratiche felpe, jeans, maglie e gonne un po' più formali ed infine, più sotto, un vestito, che inizialmente Clary aveva pensato fosse un abito da sposa. Lo tirò fuori. Ora che aveva più familiarità con gli Shadowhunters e il loro mondo, lo riconobbe per ciò che era veramente. Un abito da lutto. Un vestito bianco, semplice, e una giacca aderente abbinata, con rune argentate cucite nel tessuto e, sulle maniche, un quasi invisibile motivo a uccelli. Aironi. Clary posò delicatamente il completo sul letto. Poteva vedere, nella sua mente, Amatis che lo indossava, alla morte di Stephen Herondale. La immaginava mentre si infilava quegli abiti con cautela, lisciando il tessuto, abbottonandosi la giacca, tutto per piangere un uomo con cui non era più sposata da tempo. Abiti da vedova per qualcuno che non poteva neanche

identificarsi come tale.“Clary?” era sua madre, che indugiava sulla soglia, osservandola. “Cosa sono quei – Oh.” Attraversò la stanza, sfiorò il tessuto dell'abito e sospirò. “Oh, Amatis.”“Non se n'è mai fatta una ragione, per quanto riguarda Stephen, vero?” chiese Clary. “Qualche volta le persone non ci riescono.” La mano di Jocelyn si spostò dal vestito ai capelli di Clary, legandoli all'indietro con precisione materna. “E i Nephilim – noi tendiamo ad amare in modo travolgente. Ad amare una sola volta, a morire di dolore provocatoci dall'amore – il mio vecchio tutor diceva che il cuore dei Nephilim è come il cuore degli angeli: loro sentono ogni umano dolore, e non guariscono mai.”“Ma tu ce l'hai fatta. Eri innamorata di Valentine, e ora ami Luke.”“Lo so.” Lo sguardo di Jocelyn era perso. “E' stato così finché non ho cominciato a trascorrere più tempo tra i mondani, e ho cominciato a a realizzare che non era vero ciò che la maggior parte degli umani pensavano dell'amore. Ho incominciato a capire che era possibile innamorarsi più di una volta, che il cuore era capace di guarire, e che si poteva ritornare ad amare ancora. Ed io ho sempre amato Luke. Magari non me rendevo conto, ma l'ho sempre amato.” Jocelyn indicò i vestiti sul letto. “Dovresti indossare quella giacca,” disse. “Domani.”Stupita, Clary disse, “Alla riunione del Consiglio?”“Dei Cacciatori sono morti e sono stati trasformati in Oscuri,” disse Jocelyn. “Ogni Shadowhunter ha perso un figlio, un fratello, una sorella, un cugino. I Nephilim sono

una famiglia. Una famiglia un po' disorganica, ma....” Sfiorò il volto della figlia, la sua espressione celata dall'ombra. “Dormi un po', Clary,” disse. “Domani sarà una lunga giornata.” Non appena sua madre uscì, chiudendosi dietro la porta, Clary si mise la camicia da notte e si infilò ubbidiente nel letto. Chiuse gli occhi e provò a prendere sonno, ma il sonno non arrivò. Immagini continuavano ad esploderle all'interno delle palpebre, come fuochi d'artificio: angeli che cadevano dal cielo; sangue dorato; Ithuriel in catene, cieco, che le parlava di rune, visioni e sogni del futuro. Ricordò i sogni che aveva fatto su suo fratello, che camminava su un lago ghiacciato, con delle ali nere e grondanti di sangue. Si tolse la trapunta di dosso. Si sentiva accaldata ed irrequieta, troppo agitata per dormire. Dopo essere scesa dal letto, si avviò in punta di piedi al piano di sotto, in cerca di un bicchiere d'acqua. Il salone era fiocamente illuminato, la strega-luce che si diffondeva debolmente lungo il corridoio. Dei sussurri erano udibili da dietro la porta. Qualcuno era ancora sveglio, e stava parlando in cucina. Clary si mosse cautamente lungo il corridoio, finché i sussurri non cominciarono a prendere forma e familiarità. Riconobbe la voce di sua madre, velata d'angoscia. “Solo non capisco com'è possibile che si trovasse nella credenza,” stava dicendo. “Non lo vedevo da quando – da quando Valentine ha preso tutto ciò che ci apparteneva, a New York.” Luke parlò: “Clary non ha detto che ce l'aveva Jonathan?”“Si, ma sarebbe dovuto andare distrutto insieme a quello dannato appartamento, no?” La voce di Jocelyn si fece più distinta mentre Clary si avvicinava e si fermava giusto

davanti alla porta. “Quello dove c'erano tutti gli abiti che Valentine aveva comprato per me, come se pensasse che sarei tornata da lui.” Clary era immobile. Sua madre e Luke erano seduti al tavolo della cucina; sua madre aveva la testa tra le mani, e Luke le stava accarezzando la schiena. Clary aveva detto tutto a sua madre a proposito di quell'appartamento, di come Valentine l'aveva mantenuto con tutte le cose di Jocelyn intatte al suo interno, sicuro che un giorno sua moglie sarebbe tornata a vivere con lui. Sua madre l'aveva ascoltata con calma, ma chiaramente quella storia l'aveva turbata più di quanto Clary avesse immaginato. “Se n'è andato ora, Jocelyn,” disse Luke. “Lo so che sembra quasi impossibile. Valentine è sempre stato una presenza così ingombrante, anche quando si nascondeva. Ma ora è morto davvero.”“Mio figlio non lo è, però,” disse Jocelyn. “Lo sai, ogni anno, il giorno del suo compleanno, lo tiravo fuori, e piangevo. Ogni tanto faccio dei sogni, su un ragazzo con gli occhi verdi, un ragazzo che non è mai stato avvelenato dal sangue di demone, un ragazzo capace di ridere, amare, essere umano. E' quello il ragazzo per cui ho pianto, ma è qualcuno che non è mai esistito.” Lo tiravo fuori e piangevo, Clary pensò – una scatola che conteneva i ricordi di un bambino che era morto, sebbene in realtà fosse ancora vivo. Il piccolo scrigno conteneva ciocche di capelli, fotografie e una scarpetta. L'ultima volta che Clary l'aveva visto, era in possesso di suo fratello. Doveva averglielo dato Valentine, ma comunque Clary non riusciva a capire perché l'avesse tenuto. Era difficile che fosse un tipo sentimentale.“Devi dirlo al Conclave,” disse Luke. “E' qualcosa che ha a

che fare con Sebastian, vorranno saperlo.” Clary avvertì una stretta allo stomaco. “Vorrei poterlo evitare,” disse Jocelyn. “Vorrei poter gettare tutto nel fuoco. Odio il fatto che sia colpa mia,” esplose. “Tutto ciò che ho sempre voluto era proteggere Clary. Ma la cosa che mi spaventa di più, per tutti noi, è qualcuno che non sarebbe stato vivo se non fosse stato per me.” La voce di Jocelyn era diventata piatta e amareggiata. “Avrei dovuto ucciderlo quando era ancora solo un bambino.” disse, e si tirò indietro, scostandosi da Luke, in modo che Clary poté vedere cosa c'era sul tavolo. Era la scatola argentata, proprio come la ricordava. Pesante, con un coperchio semplice, e le iniziali J.C. incise sul fianco.

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Il sole mattutino faceva risplendere i nuovi cancelli di fronte alla Guardia. Quelli vecchi, suppose Clary, eranoandati distrutti durante la battaglia che aveva raso al suolo gran parte della Guardia e bruciato la vegetazione lungo la collina. Attraverso i cancelli poteva scorgere Alicante: l'acqua che scintillava nei canali, le torri demoniache che si ergevano alte, sfavillanti sotto i raggi solari. La Guardia stessa era stata restaurata. A quanto pareva il fuoco non aveva lambito le mura di pietra e le torri. Una cinta muraria correva attorno all'edificio, e i nuovi cancelli erano fatti del lucente e resistente adamas di cui erano fatte anche le torri demoniache. I cancelli parevano essere stati battuti a mano, le loro linee curvavano in circolo attorno al simbolo del Consiglio – quattro C intrecciate e racchiuse in un

quadrato, che stavano per Consiglio, Congrega, Conclave e Console. Ogni C riportava il simbolo di uno dei quattro gruppi di Nascosti. Una luna crescente per i licantropi, un libro di incantesimi per gli stregoni, una freccia elfica per il Popolo Fatato e per i vampiri, una stella.Una stella. Non era mai riuscita a pensare a qualcosa che potesse simboleggiare davvero un vampiro. Il sangue? Le zanne? Ma c'era qualcosa di semplice ed elegante in quella stella. Era splendente nell'oscurità, un oscurità che non avrebbe mai potuto essere illuminata, ed era solitaria, nel modo in cui solo le cose destinate a non morire potevano esserlo. Clary avvertiva la mancanza di Simon come un dolore penetrante. Era esausta dopo una notte quasi insonne, e le sue risorse emotive erano piuttosto basse. Non aiutava il fatto di avere la sensazione di stare al centro di centinaia di sguardi ostili. C'erano dozzine di Shadowhunters accalcati attorno ai cancelli, e la gran parte di loro non le sembrava familiare. Molti stavano lanciando a Jocelyn e Luke occhiate di nascosto. Solo pochi erano andati a salutarli, mentre tutti gli altri se ne stavano indietro con aria curiosa. Altri Cacciatori stavano arrivando dal viale lungo la collina. Con sollievo Clary riconobbe i Lightwood – Maryse davanti, con Robert affianco a lei; Isabelle, Alec e Jace che li seguivano. Tutti indossavano abiti bianchi da lutto. Maryse, in particolar modo, aveva un'aria malinconica. Clary non poté fare a meno di notare che sebbene lei e Robert camminassero fianco a fianco, erano distanti, e le loro mani neanche si sfioravano. Jace si distaccò dal gruppo e si avviò verso di lei. Degli sguardi lo seguirono mentre camminava, ma lui non sembrò neanche

accorgersene. Era diventato celebre in un modo piuttosto strano, tra i Nephilim – il figlio di Valentine, che si era rivelato non essere realmente suo figlio. Rapito da Sebastian, salvato dalla lama celeste. Clary conosceva bene quella storia, così come la conosceva chiunque altro fosse vicino a Jace, ma i pettegolezzi si erano diffusi a macchia d'olio, ed avevano aggiunto coloriti dettagli alla storia: “...sangue di angelo...”“...poteri speciali...”“...ho sentito che Valentine gli ha insegnato dei trucchi...”“...fuoco nel suo sangue...”“...non è giusto nei confronti dei Nephilim...”Riusciva ad udire i mormorii della gente, persino mentre Jace passava in mezzo a loro. Era una luminosa giornata invernale, fredda ma soleggiata, e la luce metteva in risalto i riflessi dorati e argentati nei capelli di lui, facendole socchiudere gli occhi mentre la raggiungeva vicino ai cancelli. “Abiti da lutto?” disse lui, sfiorando la manica della giacca di lei. “Anche tu sei vestito così,” gli fece notare.“Non pensavo che tu ne avessi.”“Sono di Amatis,” disse. “Ascolta, devo dirti una cosa.” Lui si lasciò trascinare da parte. Clary descrisse la conversazione che aveva udito la scorsa notte tra sua madre e Luke a proposito della scatola. “E' senza dubbio la scatola che mi ricordo. E' una che aveva mia madre quando ero più piccola, ed è la stessa che era anche nell'appartamento di Sebastian, quando sono stata lì”. Jace si passò una mano tra le ciocche chiare dei suoi

capelli. “Ho pensato che potesse significare qualcosa,” disse. “Maryse ha ricevuto un messaggio da tua madre stamattina.” Il suo sguardo era cupo. “Sebastian ha trasformato la sorella di Luke,” aggiunse. “L'ha fatto di proposito, per ferire Luke e attraverso lui, tua madre. Lui la odia. Deve essere venuto ad Alicante apposta a prendere Amatis, la notte che abbiamo combattuto al Burren. Mi ha praticamente detto che l'avrebbe fatto, quando eravamo ancora legati. Mi ha detto che avrebbe rapito un Cacciatore da Alicante, ma non mi ha detto quale.”Clary annuì. Era sempre strano sentire Jace parlare di ciò che era stato, del Jace che era stato amico di Sebastian – più che un suo amico, un suo alleato. Del Jace che aveva avuto lo stesso involucro, lo stesso viso del suo Jace, ma che era stato qualcuno di completamente diverso. “Deve aver portato la scatola con se, allora, e averla lasciata a casa sua,” aggiunse Jace. “Sapeva che la tua famiglia l'avrebbe trovata, un giorno. Avrà voluto che venisse inteso come un messaggio, come una firma da parte sua.”“E' questo ciò che pensa il Conclave?” chiese Clary.“E' questo ciò che penso io,” disse Jace, fissandola intensamente. “E tu sai quanto me che noi siamo capaci di interpretare le intenzioni di Sebastian meglio di quanto loro potranno mai fare. Loro non lo capiscono per niente.”“Sono fortunati.” Il suono di un campana echeggiò nell'aria, e i cancelli si spalancarono. Clary e Jace si unirono ai Lightwood, a Luke e a Jocelyn nella marea di Shadowhunters che si stava riversando all'interno. Passarono attraverso i giardini all'esterno della fortezza, salirono una rampa di scale e attraversarono una serie di

porte che li condusse ad un corridoio che terminava nella Sala del Consiglio. Jia Penhallow, nelle vesti di Console, era in piedi all'entrata della sala, mentre tutti, Cacciatore dopo Cacciatore, entravano. Era stata costruita come un anfiteatro: le gradinate, disposte a semicerchio, si affacciavano su una pedana sopraelevata. Su questa erano situati due leggii, uno per il Console e l'altro per l'Inquisitore, e dietro ancora si ergevano due enormi finestre rettangolari, con vista su Alicante. Clary andò a sedersi con i Lightwood e sua madre, mentre Robert Lightwood si separava dal gruppo e si dirigeva verso la pedana centrale per prendere posto come Inquisitore. Sulla piattaforma, dietro i leggii, c'erano quattro sedie dallo schienale alto, e su ognuno era inciso un simbolo: un libro di incantesimi, una luna, una freccia, una stella. I posti destinati ai Nascosti che facevano parte del Consiglio. Luke adocchiò il suo ma si sedette comunque vicino a Jocelyn. Quella non sarebbe stata una vera e propria riunione del consiglio, che richiedeva anche la presenza dei rappresentati dei Nascosti. Luke non era lì in veste ufficiale. Di fronte alle postazioni dei Nascosti c'era un tavolo, coperto da un drappo di velluto blu. Su di esso era poggiato qualcosa di lungo e affilato, qualcosa che scintillava alla luce proveniente dalle finestre. La Spada Mortale. Clary si guardò intorno. La fiumana di Cacciatori si era ridotta ad un piccolo ruscello, ora. La Sala era quasi del tutto piena. Una volta c'era stata più di un'entrata che conduceva alla Guardia. Westminster Abbey ne aveva avuta una, così come la Sagrada Famìlia e la Chiesa di San Basilio, ma erano state tutte sigillate in seguito all'invenzione dei Portali.

Clary non poté fare a meno di chiedersi che sorta di magia impediva alla Sala del Consiglio di collassare. Non l'aveva mai vista così piena, ma c'erano ancora dei posti liberi quando Jia Penhallow salì sulla pedana e batté le mani con decisione. “Membri del Consiglio, fate attenzione per favore,” disse. Velocemente la sala sprofondò nel silenzio; molti Shadowhunters si sporsero in avanti. Molte dicerie si erano sparse in giro come uccelli in preda al panico, e c'era una sorta di elettricità in quella stanza, una corrente crepitante di gente che aveva un disperato bisogno di informazioni. “Bangkok, Buenos Aires, Oslo, Berlino, Mosca, Los Angeles,” disse Jia. “Attaccati in successione uno dopo l'altro, prima ancora che gli attacchi potessero essere riportati. Prima che qualsiasi tipo di avvertimento potesse essere dato. Ogni Conclave delle città che ho nominato ha visto i propri Cacciatori catturati e trasformati. In pochi – miseramente pochi, soltanto quelli troppo giovani o troppo anziani – sono stati semplicemente uccisi, i loro corpi sono stati lasciati lì in modo che potessimo bruciarli, e aggiungere le voci di altri Shadowhunters che abbiamo perduto alla Città Silente.” Qualcuno parlò da una delle prime file. Era una donna dai capelli neri, con il tatuaggio argentato di una Carpa Koi che risaltava sulla pelle scura della sua guancia. Clary aveva visto raramente dei Cacciatori con dei tatuaggi che non fossero Marchi, ma non era una cosa inaudita. “Tu dici 'trasformati',” disse. “Ma intendi 'trucidati'?” Jia serrò le labbra. “Non intendo 'trucidati',” replicò. “Intendo davvero 'trasformati'. Parliamo di Cacciatori Oscuri, quelli che Jonathan Morgenstern – o

come lui preferisce essere chiamato, Sebastian – ha trasformato contro la loro volontà, avvalendosi dell'utilizzo della Coppa Infernale. Ogni Instituto è stato informato su quanto è accaduto nel Burren. L'esistenza degli Oscuri è qualcosa di cui siamo a conoscenza da un po' di tempo ormai, anche se c'è stato forse chi non voleva neanche crederci.” Un mormorio percorse la sala. Clary lo udì a malapena. Era consapevole della mano di Jace attorno alla sua, ma sentiva di nuovo il vento che soffiava sul Burren, e vedeva gli Shadowhunters alzarsi, dopo aver bevuto dalla Coppa Infernale, e fronteggiare Sebastian uno dopo l'altro, i Marchi del Libro Grigio che svanivano già dalla loro pelle...“I Cacciatori non combattono altri Cacciatori,” disse un uomo anziano da una delle prime file. Jace le sussurrò all'orecchio che l'uomo era a capo dell'Istituto di Reykjavìk.“E' blasfemia.”“E' blasfemia,” convenne Jia. “Blasfemia è il credo di Sebastian Morgenstern. Suo padre voleva ripulire il mondo dai Nascosti. Sebastian vuole qualcosa di molto diverso. Vuole ridurre i Nephilim in cenere, e vuole usare i Nephilim stessi per far si che ciò si compia.”“Ovviamente se lui è capace di trasformare i Nephilim in – in mostri, noi dovremmo essere capaci di trovare un modo per curarli,” disse Nasreen Choudhury, capo dell'Instituto di Mumbai, regale nel suo sari bianco decorato da rune. “Di sicuro non dovremmo arrenderci così facilmente.”“Il corpo di uno degli Oscuri è stato trovato al sito di Berlino,” disse Robert. “Era gravemente ferito, probabilmente dato per morto. I Fratelli Silenti lo stanno

esaminando in questo momento per vedere se possono ricavarne qualche informazione che possa portare ad una cura.”“Chi era l'Oscuro?” chiese la donna con il tatuaggio della Carpa Koi. “Avrà avuto un nome prima di essere trasformato. Un nome da Cacciatore.”“Amalric Kriegsmesser,” disse Robert dopo un attimo di esitazione. “La sua famiglia è già stata informata.”Anche gli Stregoni del Labirinto a Spirale stanno lavorando a una cura. La voce sussurrata e omnidirezionale di un Fratello Silente echeggiò per la sala. Clary riconobbe Fratello Zaccaria, in piedi con le braccia conserte vicino alla pedana. Di fianco a lui c'era Helen Blackthorn, vestita con abiti bianchi da lutto, e pareva ansiosa.“Sono Stregoni,” disse qualcun altro con aria sprezzante. “Sicuramente non sapranno fare di meglio dei nostri Fratelli Silenti.”“Kriegsmesser non può essere interrogato?” interruppe una donna alta dai capelli bianchi. “Forse potrebbe essere a conoscenza della prossima mossa di Sebastian, o persino un modo per curare la sua condizione –”Amalric Kriegsmesser è a malapena cosciente, e inoltre, è un servitore della Coppa Infernale, disse Fratello Zaccaria. La Coppa Infernale lo controlla completamente. Non ha una volontà propria e di conseguenza nessun desiderio di curare la sua condizione.La donna con il tatuaggio del pesce Koi parlò di nuovo: “E' vero che Sebastian Morgenstern è invulnerabile ora? Che non può essere ucciso?” Ci fu un mormorio nella sala. Jia parlò, alzando la voce,

“Come ho detto, non ci sono stati Nephilim sopravvissuti ai primi attacchi. Ma l'ultimo attacco è stato fatto all'Instituto di Los Angeles, e sono sopravvissuti in sei. Sei bambini.” Si girò. “Helen Blackthorn porta fuori i testimoni, per favore.”Clary vide Helen annuire, e scomparire da una porta laterale. Un momento dopo era già di ritorno; camminava piano ora, facendo attenzione, la sua mano sulla schiena di un ragazzino esile con una massa di capelli castani mossi. Non poteva avere più di dodici anni. Clary lo riconobbe immediatamente. L'aveva visto nella navata dell'Instituto la prima volta che aveva incontrato Helen, il polso bloccato dalla presa di sua sorella maggiore, le sue mani ricoperte di cera, dopo aver giocato con le candele che decoravano l'interno della Cattedrale. Aveva avuto lo stesso sorriso birichino e gli stessi occhi blu-verdi di sua sorella. Julian, era così che Helen l'aveva chiamato. Il suo fratellino. Quel sorrisetto malizioso ora non c'era più. Sembrava stanco, sudicio e spaventato. I suoi polsi scarni fuoriuscivano dai polsini di una giacca bianca da lutto, le maniche troppo corte per lui. Tra le braccia portava un bambino, probabilmente non più grande di tre anni, con ricci castani arruffati; pareva che fosse un tratto di famiglia. Il resto dei bambini indossava simili abiti da lutto, molto probabilmente presi in prestito. Subito dietro a Julian c'era una ragazzina di circa dieci anni, la sua mano fermamente aggrappata a quella di un bambino più o meno della sua età. I capelli della bambina erano castano scuro, ma quelli del ragazzino erano neri ricci arruffati che gli oscuravano quasi completamente il viso. Gemelli eterozigoti, dedusse Clary. Dietro di loro c'era una bambina di circa otto o nove anni, il

suo viso tondo e pallido, incorniciato da due trecce castane. Tutti i Blackthorn - la cui somiglianza tra i vari componenti era impressionante – apparivano disorientati e spaventati, a parte forse Helen, la cui espressione era un misto di rabbia e dolore. La sofferenza sui loro volti diede a Clary una stretta al cuore. Pensò al potere che aveva con le rune, desiderando più che mai di poterne creare una capace di alleviare il dolore della perdita. Rune per il lutto esistevano, ma servivano solamente ad onorare i morti, così come esistevano rune d'amore che, come fedi nuziali, simboleggiavano il legame amoroso. Non era possibile creare una runa per far si che qualcuno ti amasse, così come non era possibile creare una runa capace di attenuare lo strazio. C'era così tanta magia, pensò Clary, eppure non esisteva niente capace di curare un cuore spezzato. “Julian Blackthorn,” disse Jia Penhallow, in tono gentile. “Vieni avanti, per favore.”Julian deglutì e annuì, passando il bambino che teneva tra le braccia alla sorella maggiore. Fece un passo avanti, gli occhi che guizzavano attorno alla piattaforma. Era evidente che stava setacciando la sala con lo sguardo, alla ricerca di qualcuno. Le sue spalle avevano appena cominciato a curvarsi, quando un'altra persona si precipitò sul palco. Una ragazzina, anche lei di all'incirca dodici anni, con un ammasso di capelli biondo scuro che le ricadevano attorno alle spalle. Indossava dei jeans e una maglietta che non erano esattamente della sua taglia, e teneva la testa bassa, come se non riuscisse a sopportare tutti quegli occhi puntati addosso a lei. Era chiaro che non voleva trovarsi lì – su quel palco o persino ad Idris – ma nel momento in cui la vide,

Julian parve rilassarsi. Lo sguardo terrorizzato svanì dalla sua espressione mentre la ragazzina si spostava affianco ad Helen, il viso nascosto alla folla. “Julian,” disse Jia sempre con la stessa voce gentile. “Faresti qualcosa per noi? Prenderesti in mano la Spada Mortale?”Clary si raddrizzò di scatto. Lei aveva tenuto la Spada Mortale; ne aveva sentito il peso. Il freddo pungente, come ganci nella pelle, che la costringeva a dire nient'altro che la verità. Non potevi mentire, tenendo in mano la Spada Mortale. Ma la verità, persino la verità che era nelle tue volontà confessare, era un'agonia. “Non possono,” sussurrò. “E' solo un bambino ---” “E' il più grande tra quelli che sono riusciti a scappare dall'Instituto di Los Angeles,” disse Jace sottovoce. “Non hanno altra scelta.”Julian annuì, tenendo dritte le esili spalle. “La prenderò.”Robert Lightwood passò da dietro il leggio e si diresse verso il tavolo. Prese la Spada e si mise davanti a Julian. Il contrasto tra loro due era quasi bizzarro --- l'uomo grande e grosso dalle spalle larghe e l'allampanato ragazzino dalla chioma selvaggia. Julian allungò una mano e afferrò la Spada. Non appena le sue dita si chiusero attorno all'elsa, rabbrividì, un fremito di dolore che lui cercò subito di sopprimere. La ragazzina bionda dietro di lui si fece avanti, e Clary intravide qualcosa nella sua espressione – pura furia – prima che Helen la afferrasse per trascinarla indietro. Jia si inginocchiò. Era una scena strana, il ragazzino con la Spada, da un lato il Console, avvolta dalla sua tunica, e dall'altro lato l'Inquisitore. “Julian,” disse Jia, e sebbene parlasse a voce bassa, era

possibile udirla da ogni angolo della Sala del Consiglio. “Puoi dirmi chi c'è su questo palco con te oggi?”Con voce nitida Julian disse, “Tu. L'Inquisitore. La mia famiglia – mia sorella Helen, Tiberius e Livia, Drusilla e Tavvy. Octavian. E la mia migliore amica, Emma Carstairs.”“Ed erano tutti con te quando l'Instituto è stato attaccato?”Julian scosse la testa. “Non Helen,” disse. “Lei era qui.”“Puoi dirci cosa hai visto, Julian? Senza tralasciare alcun dettaglio?”Julian deglutì. Era pallido. Clary poteva immaginare il dolore che lo stava attanagliando, il peso di quella Spada. “E' avvenuto nel pomeriggio,” disse. “Stavamo facendo pratica nella stanza delle esercitazioni. Katerina ci stava dando lezioni. Mark stava assistendo. I genitori di Emma erano sulla spiaggia per una perlustrazione di routine. Abbiamo visto un bagliore di luce; ho pensato fosse un lampo, o fuochi d'artificio. Ma non lo era. Katerina e Mark ci hanno lasciati e sono andati al piano di sotto. Ci hanno detto di rimanere nella sala delle esercitazioni.”“Ma voi non l'avete fatto,” disse Jia.“Potevamo sentire il rumore di combattimenti. Ci siamo divisi – Emma è andata a prendere Drusilla e Octavian, e io sono andato nell'ufficio con Livia e Tiberius per chiamare il Conclave. Siamo dovuti passare davanti all'entrata principale per arrivare lì. Quando ci siamo passati, ho visto lui.”“Lui?”“Sapevo che era uno Shadowhunter, ma non del tutto. Indossava un mantello rosso, coperto di rune.”

“Che tipo di rune?”“Non le conoscevo, ma c'era qualcosa di sbagliato in esse. Non erano come le rune del Libro Grigio. Mi davano una sensazione di nausea mentre le guardavo. E poi lui si è abbassato il cappuccio – aveva i capelli bianchi, così inizialmente ho pensato che fosse vecchio. Poi ho capito che si trattava di Sebastian Morgenstern. Aveva una spada in mano.”“Potresti descrivere la spada?”“Argentata, con un motivo a stelle nere sulla lama e sull'elsa. L'ha tirata fuori e –” la voce di Julian tentennò, e Clary poté quasi sentirlo, sentire l'orrore nel richiamare quegli eventi in contrasto con l'impulso di raccontarli, di riviverli. Lei si sporse in avanti, le mani strette a pugno, a malapena cosciente che le unghie le stavano affondando nei palmi. “Ha afferrato mio padre per la gola,” continuò Julian. “C'erano altri con Sebastian. Anche loro erano vestiti di rosso –”“Erano Shadowhunters?” disse Jia.“Non lo so.” Julian aveva il respiro corto. “Alcuni indossavano mantelli neri. Altri indossavano la divisa, ma la loro divisa era rossa. Non avevo mai visto una divisa rossa. C'era una donna, con i capelli castani, che teneva in mano una coppa simile alla Coppa Mortale. Ha fatto bere mio padre da lì. Lui è caduto a terra e ha urlato. Potevo sentire anche mio fratello urlare.”“Quale dei tuoi fratelli?” chiese Robert Lightwood.“Mark,” disse Julian. “Li ho visti dirigersi verso l'ingresso, e Mark si è voltato urlandoci di salire al piano di sopra e uscire di lì. Sono caduto all'ultimo gradino, e quando ho

guardato in basso, brulicavano tutti attorno a lui –”La voce di Julian si ruppe, proprio mentre la ragazzina bionda si liberò dalla presa di Helen e si lanciò in avanti, mettendosi tra Julian e il Console. “Emma!” disse Helen, facendo un passo avanti, ma Jia alzò una mano per tenerla indietro. Emma era sbiancata in volto e ansimava. Clary pensò che non aveva mai visto così tanta rabbia contenuta in un corpo così minuto. “Lascialo stare!” urlò Emma, allargando le braccia, come se potesse fare da scudo a Julian dietro di lei, sebbene fosse più bassa di lui. “Lo state torturando! Lasciatelo stare!”“Va tutto bene, Emma,” disse Julian, in viso stava cominciando a ritornargli un po' di colore ora che non era più sotto interrogatorio. “Devono farlo.”Lei si girò verso di lui. “No, non devono. Ero lì anch'io. Ho visto cosa è accaduto. Fatelo a me.” Sporse le mani in avanti, come per supplicarli di dare a lei la Spada. “Sono io quella che ha pugnalato Sebastian al cuore. Sono io quella che l'ha visto non morire. Dovreste interrogare me!”“No,” cominciò Julian, e allora Jia disse gentilmente: “Emma, ti interrogheremo, dopo. La spada è dolorosa, ma non pericolosa –”“Basta così,” disse Emma. “Basta così.” Camminò verso Julian, che stava tenendo stretta la Spada. Era chiaro che non aveva alcuna intenzione di cedergliela. Stava scuotendo la testa a Emma, anche se lei aveva posato le mani sulla sua, e si ritrovarono a tenere la spada insieme. “Io ho pugnalato Sebastian,” disse Emma, con una voce che risuonò per tutta la Sala. “Ma lui ha estratto il pugnale e si è messo a ridere. Ha detto, 'E' un peccato che tu non possa

sopravvivere per raccontare al Conclave come Lilith mi ha rafforzato oltre ogni misura. Forse solo la Gloriosa potrebbe porre fine alla mia vita. E' un peccato che i Nephilim non abbiano più favori da poter chiedere al Paradiso, e nessuno di quei fragili strumenti da guerra che forgiano nella Città di Diamante può farmi alcun male.'” Clary rabbrividì. Aveva udito Sebastian attraverso le parole di Emma, e poteva quasi vederlo, in piedi di fronte e lei. Tra i membri del Conclave esplose un vociare, coprendo ciò che Jace cercò di dirle. “Sei sicura di non aver mancato il cuore?” domandò Robert, le sopracciglia scure corrugate. Fu Julian a rispondere. “Emma non manca mai,” disse, e pareva offeso, come se l'avessero appena insultato. “Lo so dove si trova il cuore,” disse Emma, allontanandosi da Julian, rivolgendo uno sguardo colmo di rabbia – più che uno sguardo di rabbia, uno sguardo ferito – al Console e all'Inquisitore. “Ma non penso che voi lo sappiate.” La sua voce aumentò di tono, e lei si mise a correre e si precipitò giù dalla piattaforma, praticamente facendosi strada a gomitate oltre Robert. Scomparve attraverso la porta da cui era entrata, e Clary serrò la mascella – nessuno l'aveva seguita? Julian avrebbe chiaramente voluto, ma intrappolato tra il Console e l'Inquisitore, e avendo tra le mani tutto il peso della Spada Mortale, non poteva muoversi. Helen la osservò andarsene con un'espressione di intenso dolore, le sue braccia che cullavano il più piccolo dei bambini, Tavvy. E allora Clary si alzò in piedi. Sua madre cercò di afferrarla, ma lei stava già correndo giù per la corsia centrale tra le le gradinate. La corsia lasciò il posto a scalini

di legno; Clary li scese precipitosamente, oltrepassando il Console e l'Inquisitore, oltrepassando Helen, e andando dietro ad Emma, passando per la porta laterale. Andò quasi a finire addosso ad Aline, che era appoggiata allo stipite della porta, osservando torva quello che stava succedendo nella Sala del Consiglio. La sua espressione cambiò quando vide Clary, e fu rimpiazzata da uno sguardo sorpreso. “Che stai facendo?”“La ragazzina,” disse Clary, senza fiato. “Emma. E' venuta verso di qua.”“Lo so. Ho provato a fermarla, ma non me l'ha permesso. E' solo...” Aline sospirò e guardo verso la Sala del Consiglio, dove Jia aveva ricominciato ad interrogare Julian. “E' stata così dura per loro, per Helen e gli altri. Sai, la loro madre è morta, solo qualche anno fa. E tutto quello che gli rimane ora è uno zio a Londra.”“Significa che trasferiranno i bambini a Londra? Voglio dire, quando tutto questo sarà finito.” disse Clary. Aline scosse la testa. “Allo zio è stata offerta la direzione dell'Instituto di Los Angeles. Penso che la speranza di tutti sia che accetti la carica e si occupi lui di crescere i bambini. Non penso che abbia ancora accettato, comunque. Probabilmente sarà sotto shock. Voglio dire, ha perso suo nipote, suo fratello – Andrew Blackthorn non è morto, ma è come se lo fosse. In un certo senso è anche peggio.” La sua voce era amareggiata. “Lo so,” disse Clary. “So esattamente cosa vuol dire.” Aline la guardò attentamente. “Immagino che tu lo sappia,” disse. “E' solo che – Helen. Vorrei poter fare di più per lei. Si sta facendo divorare dal senso di colpa, perché era con me e non a Los Angeles quando l'Instituto è

stato attaccato. E ci sta provando con tutte le sue forze, ma non può fare da mamma a tutti quei bambini, e suo zio non è ancora arrivato qui, e poi c'è Emma. Che l'Angelo l'aiuti. Non ha neanche uno straccio di famiglia che le sia rimasto --” “Mi piacerebbe parlare con lei. Con Emma.” Aline si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio; l'anello dei Blackthorn luccicava nella sua mano destra. “Non parlerà con nessuno che non sia Julian.”“Permettimi di provarci,” insistette Clary. “Per favore.”Aline vide l'espressione determinata sul volto di Clary e sospirò. “In fondo al corridoio – la prima stanza a sinistra.”Il corridoio curvava lontano dalla Sala del Consiglio. Clary sentì le voci degli Shadowhunters affievolirsi mentre si allontanava. Le pareti erano di pietra liscia, tappezzate di arazzi che ritraevano varie scene gloriose sulla storia dei Cacciatori. La prima porta che apparve alla sua sinistra era di legno grezzo. Era socchiusa, ma lei bussò comunque prima di aprirla, per non spaventare chiunque ci fosse all'interno. Era una stanza semplice, con una boiserie di legno e una fila di sedie, frettolosamente disposte l'una accanto all'altra. A Clary parve quasi la sala d'attesa di un ospedale. C'era un senso di pesantezza nell'aria, pareva un luogo temporaneo dove la gente riversava le proprie ansie e il proprio dolore. In un angolo della stanza c'era una sedia addossata alla parete, e sulla sedia c'era Emma. Pareva persino più minuta di quanto sembrasse da lontano. Indossava una maglietta a maniche corte, i marchi visibili sulle braccia nude, la runa della Chiaroveggenza sulla sua mano sinistra – anche lei doveva essere mancina, come Jace

– che era poggiata sull'elsa della spada sguainata che teneva in grembo. Avvicinandosi, Clary poté vedere che i suoi capelli erano di un biondo molto chiaro, ma erano talmente sporchi e pieni di nodi da sembrare più scuri. Tra le ciocche scompigliate, la ragazzina guardò Clary con aria di sfida. “Che c'è?” disse. “Che cosa vuoi?”“Niente,” disse Clary, chiudendo la porta dietro di se. “Solo parlare con te.” Emma socchiuse gli occhi, sospettosa. “Vuoi usare la Spada Mortale su di me? Mi vuoi interrogare?”“No. L'hanno usata anche su di me, ed è terribile. Mi dispiace che la stiano usando sul tuo amico. Penso che dovrebbero trovare un altro modo.”“Penso che dovrebbero fidarsi di lui,” disse Emma. “Julian non mente.” Guardò Clary con tono di sfida, come per vedere se avrebbe osato contraddirla. “Certo che non mente,” disse Clary, e fece un passo avanti nella stanza – si sentiva come se stesse cercando di non spaventare qualche creatura selvaggia della foresta. “Julian è il tuo migliore amico, non è vero?”Emma annuì.“Anche il mio migliore amico è un ragazzo. Si chiama Simon.”“E dov'è?” Lo sguardo di Emma guizzò dietro a Clary, come aspettandosi che Simon si materializzasse lì da un momento all'altro.“E' a New York,” disse Clary. “Mi manca tantissimo.” Dall'espressione di Emma, pareva che ciò avesse un enorme significato per lei. “Una volta Jules è andato a New York,” disse. “Ho sentito la sua mancanza, così quando è ritornato, gli ho fatto promettere che non sarebbe più andato da

nessuna parte senza di me.”Clary sorrise, e si avvicinò ad Emma. “La tua spada è bellissima.” disse, indicando la lama che la ragazzina teneva sulle ginocchia. L'espressione di Emma si ammorbidì per un momento. Sfiorò la lama, su cui era impresso un delicato motivo di rune e foglie. Il traverso era d'oro, e lungo la lama erano incise delle parole: Il mio nome è Cortana esono dello stesso acciaio e della medesima tempradi Gioiosa e Durlindana.“Era di mio padre. E' stata tramandata per generazioni tra i membri della famiglia Carstairs. E' una spada famosa,” aggiunse con orgoglio. “E' stata forgiata molto tempo fa.”“Dello stesso acciaio e della medesima tempra di Gioiosa e Durlindana,” disse Clary. “Entrambe sono spade famose. Sai chi è che possiede spade famose?”“Chi?”“Gli eroi,” disse Clary, inginocchiandosi sul pavimento in modo da trovarsi faccia a faccia con la ragazzina. Emma la guardò, torva. “Non sono un'eroina,” disse. “Non ho fatto niente per salvare il padre di Julian, o Mark.”“Mi dispiace così tanto,” disse Clary. “Lo so come ci si sente a vedere qualcuno a cui vuoi bene diventare un Oscuro. Essere trasformato in qualcos'altro.”Emma stava scuotendo la testa. “Mark non è diventato un Oscuro. E' stato portato via.”Clary aggrottò le sopracciglia. “Portato via?”“Non hanno voluto che bevesse dalla Coppa per via del suo sangue di fata,” disse Emma, e Clary richiamò alla mente l'immagine di Alec che parlava della presenza di un antenato proveniente dal Popolo Fatato nell'albero

genealogico dei Blackthorn. Come se fosse riuscita ad anticipare la domanda successiva di Clary, Emma, con aria stanca, disse: “Solo Mark e Helen hanno sangue di fata. Avevano la stessa madre, ma lei li ha lasciati con il Signor Blackthorn quando erano piccoli. Julian e gli altri sono nati da un'altra madre.”“Oh,” disse Clary, non volendo essere troppo insistente, e non volendo che quella ragazzina così provata pensasse a lei soltanto come un altro adulto che vedeva in Emma nient'altro che una fonte di risposte alle sue domande.“Conosco Helen. Mark le somiglia?”“Si – Helen e Mark hanno le orecchie leggermente a punta, e i capelli chiari. Nessun altro tra i Blackthorn ha i capelli biondi. Hanno tutti i capelli castani a parte Ty, e nessuno sa perché lui abbia i capelli neri. Livvy non li ha, eppure sono gemelli.” Un po' di colore e vivacità erano tornati ad animare il volto di Emma; era evidente quanto le piacesse parlare dei Blackthorn.“Quindi non volevano che Mark bevesse dalla Coppa?” disse Clary. Era piuttosto sorpresa che a Sebastian importasse una cosa del genere. Non aveva mai avuto l'ossessione di Valentine per i Nascosti, non che ciò volesse dire che gli piacevano. “Forse non funziona quando hai del sangue di fata.”“Forse,” disse Emma. Clary allungò la mano e la posò su quella di Emma. Temeva la risposta, ma non poté trattenersi dal fare la domanda. “I tuoi genitori non li ha trasformati, non è vero?”“No – no,” disse Emma, e ora la sua voce stava tremando. “Sono morti. Non si trovavano all'Instituto; stavano

investigando su una segnalazione di attività demoniaca. I loro corpi sono stati ritrovati sulla spiaggia, dopo l'attacco. Sarei dovuta andare con loro, ma volevo restare all'Instituto. Volevo allenarmi con Jules. Se solo fossi andata con loro –”“Se l'avessi fatto, saresti morta anche tu,” disse Clary.“E come lo sai?” domandò Emma, ma c'era qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che ci voleva credere.“Riesco a vedere che valida Cacciatrice tu sia,” disse Clary. “Vedo i tuoi Marchi. Vedo le tue cicatrici. E come tieni la tua spada. Se tu sei così brava, posso solo immaginare quanto bravi fossero realmente loro. E qualcosa che è stata capace di ucciderli entrambi non è qualcosa da cui da cui tu avresti potuto salvarli.” Toccò la spada delicatamente. “Gli eroi non sono sempre quelli che vincono,” disse. “Sono anche quelli che perdono, qualche volta. Ma continuano a combattere, continuano a ritornare. Non si arrendono. Questo è ciò che li rende eroi.”Emma fece un sospiro tremante, proprio mentre qualcuno bussava alla porta. Clary si voltò mentre la porta si apriva, lasciando trapelare la luce dal corridoio di fuori, e lasciando entrare Jace. Lui incontrò il suo sguardo e sorrise, sporgendosi sulla soglia. I suoi capelli erano di un oro molto scuro, i suoi occhi solo una sfumatura più chiari. Qualche volta Clary pensava di poter scorgere il fuoco dentro di lui, il fuoco che illuminava i suoi occhi, la sua pelle, le sue vene, e che pareva guizzare appena sotto la superficie. “Clary,” disse lui.A Clary parve di sentire un leggero squittio provenire da dietro di lei. Emma teneva stretta la sua spada, guardando

da Clary a Jace con gli occhi spalancati. “Il Consiglio è terminato,” disse lui. “E non credo che a Jia abbia fatto molto piacere che tu sia venuta di corsa qui.”“Quindi sono nei guai,” disse Clary.“Come al solito,” disse Jace, ma il suo sorriso annientò qualsiasi traccia di asprezza nella sua voce. “Ce ne stiamo andando tutti. Tu sei pronta?” Lei scosse la testa. “Vi raggiungo a casa vostra, così potrete aggiornarmi su quello che è successo durante il Consiglio.”Lui esitò. “Fatti accompagnare da Aline o Helen,” disse infine. “La casa del Console è a pochi passi da quella dell'Inquisitore.” Tirò su la zip della sua giacca e scivolò fuori dalla stanza, chiudendo la porta dietro di lui.Clary si girò di nuovo verso Emma, che la stava ancora fissando. “Tu conosci Jace Lightwood?” disse Emma.“Io – Che cosa?”“E' famoso,” disse Emma con ovvio stupore. “E' il migliore tra i Cacciatori. Il migliore.”“E' mio amico,” disse Clary, realizzando che la conversazione aveva preso una piega inaspettata. Emma le rivolse uno sguardo superiore. “E' il tuo ragazzo.”“Come fai a –”“Ho visto il modo in cui ti guardava,” disse Emma, “e ad ogni modo, tutti sanno che Jace Lighwood ha una ragazza,e che lei è Clary Fairchild. Perché non mi hai detto il tuo nome?”“Immagino di aver pensato che non saresti venuta a saperlo,” disse Clary, incerta. “Non sono stupida,” disse Emma con un'aria irritata che

costrinse Clary a raddrizzarsi velocemente prima che potesse scoppiare a ridere.“No, non lo sei. Sei molto intelligente,” disse Clary. “E mi fa piacere che tu sappia chi sono, perché voglio che tu sappia che puoi venire a parlarmi in ogni momento. Non solo di quello che è successo all'Instituto, ma di tutto quello che vuoi. E puoi andare a parlare anche con Jace. Hai bisogno che ti dica dove trovarci?”Emma scosse il capo. “No,” disse, la sua voce di nuovo morbida. “So dov'è la casa dell'Inquisitore.”“Okay.” Clary congiunse le mani, se non altro per trattenersi dallo sporgersi avanti e abbracciare quella ragazzina. Non pensava che Emma l'avrebbe gradito. Si voltò verso la porta.“Se sei la ragazza di Jace Lightwood, dovresti avere una spada migliore.” disse Emma d'un tratto, e Clary guardò in basso verso la spada che si era portata dietro quella mattina, una piuttosto vecchia che aveva imballato insieme alle altre cose che aveva portato con sé da New York.Toccò l'impugnatura. “Questa non va bene?”Emma scosse la testa. “Non va bene per niente.”Suonò così seria che Clary sorrise. “Grazie del consiglio.”