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Sensori per la Robotica Basilio Bona Dipartimento di Automatica e Informatica Politecnico di Torino [email protected] Internal Report: DAUIN/BB/2006/07.02 Versione: 30 marzo 2007 ”Sensori robotica”.tex

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Sensori per la Robotica

Basilio BonaDipartimento di Automatica e Informatica

Politecnico di Torino

[email protected]

Internal Report: DAUIN/BB/2006/07.02

Versione: 30 marzo 2007

”Sensori robotica”.tex

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Capitolo 1

Introduzione

In questa dispensa verranno esposti i principi di funzionamento e le caratteristichedei sensori e trasduttori piu comunemente utilizzati nella robotica industriale,mobile e di servizio.

Ricordiamo che il termine trasduttore indica, in generale, un dispositivo diversoda quello indicato dal termine sensore; in particolare:

Trasduttore: (in inglese transducer) e un dispositivo o apparato, di solito elet-trico o elettronico, ma talvolta anche semplicemente meccanico, che con-verte una grandezza fisica in un’altra; ad esempio, abbiamo trasduttoripressione-tensione, forza-spostamento, corrente-tensione, velocita-tensione,temperatura-lunghezza ecc.

I trasduttori possono generalmente fungere sia da sensori sia da attuatori.

Sensore: (in inglese sensor) e un dispositivo o apparato che permette la misuradi una grandezza fisica, attraverso l’uso di un trasduttore. La grandezzafisica viene trasformata in un segnale, generalmente elettrico, di tipo conti-nuo o discreto, da cui si estrae il valore numerico della grandezza misurata.Il sensore puo essere diretto, quando il valore della grandezza e immediata-mente rilevabile dal segnale (ad esempio, la temperatura in un termometroa mercurio) oppure indiretto, quando e necessario dotarlo di un indicatoreche fornisca in modo esplicito il livello analogico o il valore numerico dellagrandezza.

Spesso si usano questi due termini in modo indifferenziato, in quanto il sensorepuo essere pensato come il dispositivo che esegue la trasduzione di una grandezzafisica in un valore analogico o numerico.

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1.1 Caratteristiche e Prestazioni dei Sensori

Ricordiamo anche i parametri che definiscono le prestazioni dei sensori e checonsentono di paragonare tra loro sensori differenti: essi sono la risoluzione, laripetibilita e la precisione o accuratezza.

Risoluzione La risoluzione (in inglese resolution) definisce e misura il piupiccolo scarto della grandezza misurata che un sensore e in grado di rilevare.

Ad esempio, un encoder dotato di 3600 tacche sulla sua periferia potra risolvereun decimo di grado e non meno1.

La risoluzione e un parametro importante perche condiziona sia la ripetibilitasia l’accuratezza. La risoluzione viene di solito indicata dal costruttore nellespecifiche tecniche del sensore.

Ripetibilita La ripetibilita (in inglese repeatability o anche precision) defini-sce e quantifica la capacita di un sensore di misurare la stessa grandezza conmisurazioni2 effettuate in tempi successivi.

Piu esattamente essa e definita come una quantificazione convenzionale della va-riabilita dei risultati della misurazione quando la stessa quantita fisica e misuratamolte volte dallo stesso operatore in tempi successivi.

La ripetibilita diminuisce quando la variabilita dei risultati diminuisce e quindioccorre prestare attenzione al significato esatto del termine, perche spesso sidice, erroneamente, che la ripetibilita aumenta (il sistema e piu ripetibile, ossiae migliore) quando si ottengono variazioni minori (vedi ancora la nota1).

Essa e quindi un parametro che dipende sia dalla risoluzione dei sensori, sia dal-la procedura di misurazione che potrebbe introdurre, anche inconsapevolmente,degli effetti che producono una variabilita temporale dei risultati.

Di solito il parametro numerico che quantifica la ripetibilita viene definito in modostatistico, ad esempio calcolando la deviazione standard di un certo numero dimisurazioni, secondo un protocollo di misura ben definito.

Tuttavia questo protocollo potrebbe essere diverso da costruttore a costruttore; epercio molto importante stabilire e rendere palesi le procedure con cui si misurala ripetibilita.

1 Verrebbe da dire “... e non piu.”, perche nel linguaggio comune una “grande” risoluzioneimplica una piccola variabilita dei risultati. Occorre stare attenti ai trabocchetti semantici dellalingua.

2Con misurazione si intende la procedura con cui si procede a misurare una certa grandezza,con misura si intende il risultato numerico della misurazione.

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Spesso si incontra anche il termine riproducibilita; la differenza tra ripetibilita eriproducibilita puo essere definita come segue

ripetibilita la dispersione di valori ottenuta usando lo stesso sensore, dallo stessooperatore, nelle stesse condizioni e in un tempo ragionevolmente breve.

riproducibilita a dispersione ottenuta compiendo le stesse misurazioni con sen-sori e operatori differenti e/o su un tempo relativamente lungo.

Precisione e Accuratezza I termini precisione e accuratezza sono legati aglierrori casuali e sistematici. Una misura e tanto piu precisa quanto piu i singolivalori misurati in condizioni di ripetitibilita si concentrano intorno alla mediadella serie di misure effettuate. Il concetto di precisione e qualitativo. La varia-bilita dei risultati viene quantificata, come di consueto, nella deviazione standardσ. Ma questa di per se non e atta a quantificare la precisione della misura se-condo il significato usuale del termine di “qualita della misura”. Ad esempio unadeviazione standard di 1 mm rappresenta ottima o pessima precisione a secondache si stiano misurando lunghezze della decina di metri o inferiori al centimetro.Si preferisce quantificare la precisione con il modulo del coefficiente di variazionev = σ |x|, in genere espresso in percentuale. Una deviazione standard di 1 mmsu una misura di 10 cm corrisponde a un coefficiente di variazione dell’1%. Sipresti ancora una volta attenzione al fatto che nell’uso corrente “maggiore” e laprecisione, “minore” e il numero che la indica.

L’accuratezza esprime invece l’assenza di errori sistematici nella misura: una mi-sura e tanto piu accurata quanto piu la media delle misure si avvicina al valorevero della grandezza. Anche l’accuratezza e spesso espressa come rapporto fral’errore sistematico e il valore della grandezza. La Figura 1.1 indica la distri-buzione di valori ottenuti da misure di diversa precisione e accuratezza, in unasituazione in cui si presume di conoscere il valore “vero” della grandezza, rappre-sentato dal centro del cerchio; l’area del cerchio rappresenta lo scarto che l’utenteritiene accettabile.

Nel caso a) la media delle misure approssima bene il valore vero e la dispersionenon e grande: percio si dice che e accurato e preciso. Anche il caso d) e preciso,perche le misure non sono disperse, ma non accurato, perche le misure hanno unvalor medio lontano dal valore vero: il caso b), al contrario, e accurato, ma nonpreciso; il caso c) infine non e ne accurato ne preciso.

Occorre pero considerare che spesso il valore vero di una grandezza non e neconosciuto, ne conoscibile, per cui lo si sostituisce con la miglio stima disponibile.

Nella teoria degli errori, l’accuratezza e il grado di corrispondenza del dato teorico,desumibile da una serie di valori misurati, con il dato reale o di riferimento.

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Figura 1.1: Ripetibilita, precisione e accuratezza.

Uno strumento deteriorato o alterato, usato per acquisire una serie di valori po-trebbe apparire preciso, in quanto i valori ottenuti sono vicini tra loro, ma esserescarsamente accurato se questo valore differisce dal valore che realmente si do-vrebbe ottenere. Si pensi per esempio ad un metro impiegato ad una temperaturaambientale elevata e quindi soggetto ad allungarsi a causa della dilatazione ter-mica; i risultati potrebbero essere precisi e ripetibili, ma tutti affetti da un erroresistematico.

L’errore costante e ripetibile che si ottiene in questo modo e detto errore siste-matico.

Altre caratteristiche importanti per scegliere o paragonare i sensori sono le se-guenti.

Funzione di trasferimentoLa funzione di trasferimento (fdt) descrive quantitativamente la relazionetra il segnale fisico in ingresso u e il segnale elettrico y in uscita dal sensore,che rappresenta la misura, ossia misura la funzione y(u). Se la funzione elineare la fdt e data come rapporto tra trasformate di Laplace dei rispettivisegnali

fdt: G(s) =Y (s)U(s)

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SensitivitaE il rapporto tra il segnale fisico in ingresso e il segnale elettrico in uscita,di solito espresso come un rapporto tra incrementi finiti

s =∆y

∆u

oppure come derivata della funzione y(u):

s0 =dy

du

∣∣∣∣u=u0

calcolata in un punto particolare.

Coefficiente di temperaturaLa sensistivita puo essere dipendente dalla temperatura di funzionamento.Il coefficiente di temperatura misura questa dipendenza.

Ampiezza dinamicaL’ampiezza dinamica – o semplicemente dinamica – (in inglese dynamicrange) definisce l’ampiezza dell’intervallo di valori del segnale di ingresso chepuo venire convertito linearmente in segnale elettrico dal sensore. Segnaliall’esterno di questo intervallo possono essere convertiti in segnale elettricosolo con forti linearita o bassa accuratezza/precisione.

La dinamica viene citata spesso nei sistemi di riproduzione di segnali audioe video, ma comunque rappresenta un parametro caratteristico anche persensori o trasduttori di tipo diverso.

L’ampiezza dell’intervallo considerato nella misura della dinamica (lineare)va dal valore minimo, definito come quello appena superiore al rumore difondo, e quello massimo, immediatamente prima che si verifichino fenomenidi non linearita o distorsione del segnale.

L’ampiezza dell’intervallo viene misurata come rapporto tra il valore massi-mo e il valore minimo del segnale; nelle applicazioni audio, ma anche altrove,tale rapporto puo essere eccessivamente grande e quindi viene misurato indecibel (dB).

A tale proposito ricordiamo che il decibel e un’unita di misura di tipologaritmico che esprime il rapporto fra due livelli di cui uno, quello al deno-minatore, e preso come riferimento; e un sottomultiplo del poco usato Bel:10dB = 1B.

La differenza in dB fra due numeri (o due grandezze fisiche dello stessotipo), come ad esempio due potenze N1 e N2, e:

DdB = 10 log10

(N1N2

).

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Questa unita di misura e particolarmente comoda in molti casi. Quando sideve fare uso di formule che usano generalmente moltiplicazioni o divisioni,con i decibel esse si trasformano in somme e sottrazioni, semplificando icalcoli; inoltre quando si hanno in gioco grandezze che variano di moltiordini di grandezza la scala logaritmica permette di comprimere la scala,e quindi di parlare di 100 dB invece che di un rapporto 1 a 10000000000;infine ci sono fenomeni come quelli acustici per cui una scala logaritmica siadatta meglio alla nostra esperienza.

In elettronica ed elettrotecnica, nel calcolo di tensioni o correnti elettriche,essendo la potenza proporzionale al quadrato della tensione o della corrente,si usa:

DdB = 10 log10

(N1N2

)2

= 20 log10

(N1N2

)

sfruttando le proprieta dei logaritmi.

IsteresiPuo accadere che certi sensori non diano la stessa risposta per segnali diingresso che cambiano valore ciclicamente. L’isteresi misura l’ampiezzadell’errore in queste condizioni cicliche.

NonlinearitaGenericamente l’errore di nonlinearita misura la distanza dalla condizionedi linearita, cioe da quella rappresentata da una funzione di trasferimentoy(u) lineare. Vi sono diversi modo per quantificare questa distanza; il piucomune paragona la funzione nonlineare con la retta che meglio approssimala funzione stessa nell’intervallo di valori considerato. Occorre percio pre-stare attenzione al metodo con cui si misura questo errore perche potrebbefar apparire il sensore migliore di quello che e in realta.

RumoreTutti i sensori sono soggetti a rumore, ossia aggiungono al segnale di misuraun segnale indesiderato, spesso dovute a fluttuazioni aleatorie o interferenzeelettromagnetiche. Se il rumore del sensore e inferiore alle fluttuazioni dellamisura o al rumore dell’elettronica presente a valle del sensore, allora eininfluente; in caso contrario esso puo degradare le prestazioni dell’interacatena impianto-sensore-controllore e renderla inadatta allo scopo.

Il rumore di solito e distribuito su un ampio spettro di frequenze e moltesorgenti di rumore producono uno rumore detto “rumore bianco” (whitenoise), dove la densita spettrale di potenza e uguale per ogni frequenza. Ilrumore viene spesso caratterizzato fornendo la densita spettrale del valoreefficace del rumore, data in unita V/

√Hz.

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Trattandosi di “densita”, per ricavare il valore efficace del rumore, occorreintegrare la densita spettrale nelle banda di frequenza considerata. Unadistribuzione di questa natura somma alla misura un errore di ampiezzaproporzionale alla radice quadrata della banda passante del sistema di mi-sura. Poiche vi e una relazione inversa tra la banda passante e il tempo dimisura, si puo approssimativamente affermare che il rumore diminuisce conla radice quadrata del tempo di misura.

Data l’importanza dell’effetto del rumore sulla bonta dei risultati delle ap-plicazioni che fanno uso di sensori (e, principalmente, i sistemi di regola-zione e controllo), l’Appendice A contiene una breve sintesi delle proprietateoriche del rumore.

Banda passanteTutti i sensori presentano un tempo di risposta finito ad una variazioneistantanea della quantita misurata. Inoltre molti sensori presentano untempo di decadimento, rappresentato dal tempo necessario per tornare alvalore originale dopo una variazione a gradino della quantita misurata. L’in-verso di questi due tempi fornisce una indicazione di massima del upper elower bound della frequenza di taglio (cutoff frequency). La banda passantedel sensore e l’intervallo di frequenza tra questi due bound.

Esempio 1.Per illustrare le specifiche, prenderemo come esempio il data-sheet di un accele-rometro industriale, l’Analog Device ADXL1503.

Funzione di trasferimentoLa funzione di trasferimento e data come

V (a) = KV + Kaa

dove a e l’accelerazione da misurare espressa in g, V (a) la tensione in uscitadal sensore, KV = 1.5V, Ka = 38 mV·g−1, g l’accelerazione di gravita(9.81m · s−2).

SensitivitaDall’espressione precedente ricaviamo

s =dV (a)

da

∣∣∣∣a=a0

= Ka

3Il file di specifiche (data-sheet) puo essere scaricato dal link http://www.ladispe.polito.

it/meccatronica/01CFI/documents/sensors/041-05187-3-ADXL150.pdf

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In realta le specifiche riportano

V (a) = Vu/2− (s aVu

5V)

dove Vu e la tensione di alimentazione del sensore, s la sensitivita. La pre-senza del termine Vu/5V identifica questi sensori come sensori raziometrici(ratiometric sensor), ossia sensori dove il segnale d’uscita e proporzionalealla tensione di alimentazione.

Coefficiente di temperaturaLa variazione di sensitivita con la temperatura e garantita essere inferiorea 0.025%/ ◦C. L’offset in assenza di accelerazione, nominalmente pari a KV

cambia anch’esso con la temperatura, in ragione di 2 mg /◦C. Espresso intensione, questa variazione di offset non supera 0.3 mV/◦C

Range dinamicoIl range dinamico e definito come ±50 g; fuori dal range dinamico non egarantita la sensitivita nominale; il sensore puo sopportare fino a 2000 g.

IsteresiQuesto sensore non presenta fenomeni di isteresi, o almeno, questi non sonomenzionati nel data-sheet.

NonlinearitaIl data-sheet definisce la nonlinearita come “The maximum deviation ofthe ADXL150 output voltage from a best fit straight line fitted to a plotof acceleration vs. output voltage, calculated as a full-scale output voltage(at 50 g).”

Le specifiche riportano un valore pari allo 0.2% del fondo scala (full scaleFS).

RumoreIl rumore e espresso come densita spettrale e viene dato come 1 mg/

√Hz.

E importante riportare integralmente quanto scritto sulle specifiche:

The limiting resolution is predominantly set by the measure-ment noise floor4, which includes the ambient background noiseand the noise of the ADXL150 itself.

The level of the noise floor varies directly with the bandwidthof the measurement5. As the measurement bandwidth is reduced,

4Vedi Appendice A.5Il corsivo e mio.

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the noise floor drops, improving the signal-to-noise ratio of themeasurement and increasing its resolution. The bandwidth ofthe accelerometer can be easily reduced by adding low-pass orbandpass filtering.

./Figure/ADXL150.eps

Figura 1.2:

Figure shows the typical noise vs. bandwidth characteristic ofthe ADXL150. The output noise of the ADXL150 scales with thesquare root of the measurement bandwidth. With a single poleroll-off, the equivalent rms noise bandwidth is π divided by 2 orapproximately 1.6 times the 3 dB bandwidth. For example, thetypical rms noise of the ADXL150 using a 100 Hz one pole postfilter is:

Noise(rms) = 1 mg/√

Hz×√

100(1.6) = 12.25mg

Because the ADXL150’s noise is, for all practical purposes, Gaus-sian in amplitude distribution, the highest noise amplitudes havethe smallest (yet nonzero) probability.

As shown by the figure, device noise drops dramatically as theoperating bandwidth is reduced. For example, when operated ina 1 kHz bandwidth, the ADXL150 typically have an rms noiselevel of 32 mg. When the device bandwidth is rolled off to 100 Hz,the noise level is reduced to approximately 10 mg. Alternatively,the signal-to-noise ratio may be improved considerably by using

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a microprocessor to perform multiple measurements and then tocompute the average signal level.

Banda passanteLa banda passante del sensore dipende dai filtri che vengono posti in serie alcircuito di misura. Come si e visto sopra, se la banda passante diminuisce,il rumore si puo ridurre anche considerevolmente.

1.2 Tipi di sensore

I sensori possono essere classificati secondo diversi criteri; a livello funzionale disolito si classificano i sensori in propriocettori e eterocettori, come segue.

PropriocettoriSono i sensori che misurano le grandezze interne dei robot, come posi-zioni e velocita dei giunti, stato delle batterie di alimentazione di bordo,temperatura dei motori ecc.

EterocettoriSono i sensori che misurano le grandezze esterne ai robot, come la distanzada ostacoli, la posizione assoluta dei robot nello spazio, la forza applicataall’estremita del braccio da parte dell’ambiente ecc.

E anche molto comune classificare i sensori secondo il tipo di grandezza misurata,come segue.

Sensori di spostamento (lineare o angolare). Essi misurano lo spostamen-to relativo tra una parte fissa e una parte mobile (sensori relativi) oppurelo spostamento assoluto da uno zero convenzionale (sensori assoluti). Seentrambe le parti fissa e mobile appartengono al robot si ha un proprio-cettore, come nel caso della misura di rotazione di una ruota di un robotmobile. Se invece la parte fissa e quella mobile appartengono a due oggettifunzionalmente separati, come il braccio di un robot e un ostacolo esterno,oppure il braccio di un robot e un pezzo in un magazzino, si parla di ete-rocettori o meglio, di sensori di distanza (vedi piu avanti). Se la distanzae “piccola” e si vuole solo fornire un segnale logico che sia On quando siavverte la presenza di un oggetto entro un intervallo prefissato di distanza,si parla di sensori di prossimita (vedi oltre).

Sensori di posizione/orientamento assoluti. Questi sensori possono essereconsiderato sensori di distanza assoluti, ma si preferisce chiamarli sensori di

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posizione, in quanto permettono di misurare la posizione del corpo su cui emontato il sensore relativamente ad un sistema di riferimento assoluto con-venzionale. Tipici sono i sensori GPS, che forniscono le coordinate del corposecondo il riferimento latitudine/longitudine accettato universalmente. Al-cuni di questi sensori, possono anche fornire l’assetto (ossia l’orientamento)rispetto alla direzione preferenziale (di solito il Nord magnetico)

Sensori di velocita (lineare o angolare).

Sensori di accelerazione (lineare o angolare).

Sensori di distanza.

Sensori di prossimita.

Sensori di contatto.

Sensori di forza o coppia.

Sensori tattili.

Sensori di visione. I sensori di visione possono svolgere numerose funzioni, tracui misurare la posizione assoluta o relativa, la velocita, le dimensioni di unoggetto, alcune caratteristiche fisiche (sensori a infrarossi misurano le tem-perature dei corpi). Per questi motivi sono considerati come una categoriaa parte.

Vi sono classi di sensori che non verranno prese in considerazione, perche non sonocomunemente applicate alla robotica, come i sensori di temperatura, di pressione,di flusso, di concentrazione ecc.

I sensori possono fornire letture logiche oppure misure continue, essere di tipoanalogico oppure digitale,

Sensori ON-OFF. Forniscono una risposta binaria o logica, che indica il supe-ramento o meno di una soglia numerica prefissata in sede di taratura. Sonodi questo tipo i sensori di contatto e alcuni sensori di prossimita.

Sensori a misura continua. Forniscono una lettura continua, all’interno di uncerto intervallo di valori, garantendo un livello di accuratezza, risoluzione eripetibilita che sono specifici del sensore usato.

Sensori analogici. Trattano i segnali elettrici come fossero grandezze continue(analogiche), ossia utilizzando dispositivi propri dell’elettronica analogica.

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Sensori digitali. Operano sui segnali, campionandoli e quantizzandoli per po-ter utilizzare dispositivi propri dell’elettronica digitale, come quelli che sitrovano nei calcolatori digitali.

Sensori analogici possono dare letture ON-OFF, cosı come sensori digitali possono(dare l’impressione di) fornire letture continue.

1.3 Sensori di spostamento angolare

Sono i propriocettori piu comuni, utilizzati sia nei robot industriali sia nei robotmobili (rover); essi forniscono la misura dell’angolo assoluto, a partire da uno“zero” convenzionale, o dell’incremento angolare (misura relativa) dei giunti diuna catena cinematica o dei motori delle ruote di un rover. Si basano su diversecategorie di fenomeni fisici: il conteggio del numero di tacche che vengono rilevateda un dispositivo opportuno, oppure la variazione di ampiezza e/o frequenza diforme d’onda in circuiti accoppiati elettrostaticamente o elettromagneticamente,la cui caratteristica dipende dalla posizione reciproca dei circuiti. Alla primacategoria appartengono gli encoder, le righe ottiche e i sensori angolari aeffetto Hall, alla seconda i resolver e i “syncro”.

1.3.1 Encoder

Gli encoder si possono dividere in due sotto-categorie: gli encoder assoluti e gliencoder relativi.

Negli encoder relativi, detti anche encoder incrementali i segnali elettrici d’u-scita sono proporzionali allo spostamento di una parte rotante (rotore) rispetto aduna parte solidale al corpo (statore); semplici circuiti elettronici possono effettua-re il conteggio di tacche o righe ottiche, magnetiche, meccaniche o altro, unifor-memente distribuite sul rotore o sullo statore, producendo segnali proporzionalialla posizione, velocita e talvolta anche accelerazione dell’asse in esame.

La posizione assoluta del rotore non e di per se rilevabile, essendo le tacchetutte uguali, ma puo essere ricavata con vari artifici, aggiungendo ad esempiouna tacca particolare, detta riferimento, e conducendo un’operazione iniziale diricerca riferimento.

La ricerca del riferimento e un operazione per cui il circuito di controllo muovel’asse, in modo da leggere un segnale di riferimento (tacca di zero o di riferi-mento), generato dall’encoder stesso, o da una fonte esterna, che individua laposizione da considerarsi come lo zero dell’asse. Su questo punto vengono azzera-

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ti i contatori, e, da quel momento, la posizione del rotore sara nota per il costanteaggiornamento dello spostamento rispetto a questo zero.

Esiste anche la possibilita di rilevare il senso di rotazione.

Negli encoder assoluti le tacche stesse sono costruite in modo da contenere lacodifica diretta dell’informazione di posizione; un opportuno circuito decodifical’informazione e fornisce esatta posizione dell’elemento rotante rispetto al corpo;in qualsiasi momento si puo quindi ricavare e visualizzare la posizione angolaredell’asse in esame. I dati relativi allo spostamento dell’asse (direzione, velocitae accelerazione) sono derivati dall’elaborazione della sua posizione assoluta neltempo.

Gli encoder possono essere realizzati basandosi su diversi principi di trasduzione:

• encoder ottici: sfruttano le proprieta di trasmissione della luce attraversotacche ottiche.

• encoder capacitivi: le tacche sono costituite da elementi capacitivi.

• encoder induttivi: le tacche sono costituite da elementi induttivi.

• encoder potenziometrici.

Nel seguito presenteremo solo gli encoder basati su tacche ottiche, in quanto sonoquelli attualmente piu utilizzati in robotica.

1.3.2 Encoder ottici

Un encoder ottico consiste essenzialmente di cinque parti (si vedano le Figure ??,?? e ??): (1) una sorgente luminosa, di solito solidamente collegata alla partefissa; (2) una serie di tacche o settori, alternativamente opachi e trasparenti,ricavati sulla parte mobile e posti tra la sorgente luminosa e il suo circuito dirilevamento; (3) una maschera fissa che blocca raggi luminosi estranei (non semprepresente in encoder di minore qualita); (4) un sensore di luce e infine (5) uncircuito elettronico di rilevamento e decodifica.

Spesso la sorgente luminosa e costituita da uno o piu LED (Light Emitting Diode);il sensore di luce puo essere un fotodiodo un fototransistor o un trasduttorefotovoltaico.

Encoder ottici incrementali

Sono utilizzati in modo esclusivo quando la misura richiesta e quella di velocita,ma sono anche molto diffusi per la misura di rotazione incrementale.

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La rotazione delle tacche produce una sequenza di interruzioni – in linea di prin-cipio istantanee – del raggio luminoso, che cosı genera un treno d’onde quadre,la cui frequenza e proporzionale alla velocita di rotazione. Il conteggio dei fron-ti d’onda positivi o negativi fornisce una misura dell’incremento angolare dallaparte mobile.

E possibile determinare il senso di rotazione in due modi diversi: sia utilizzandodue insiemi di tacche ottiche e due fotocellule leggermente sfasati l’uno rispettoall’altro lungo la circonferenza del disco, come schematizzato in Figura ??, siautilizzando uno solo insieme di tacche e due fotocellule, come schematizzato inFigura ?? non e schematizzato.

Nella realta i fenomeni di diffusione e diffrazione della luce tendono a creare un tre-no d’onde non perfettamente quadre ed e necessario che il circuito di rilevamentosia in grado di gestire questa non perfetta aderenza al modello teorico.

Si definisce risoluzione di un encoder incrementale il numero N di tacche sullacirconferenza; si ottiene molto semplicemente che, detto r il raggio medio a cuisono poste le tacche e ` la larghezza delle tacche (che si suppone uguale alladistanza tra due tacche successive), la risoluzione vale

N =πr

`

Encoder ottici assoluti

Posizionando opportunamente denti o forature e possibile codificare un settore dirotore pari alla sua risoluzione angolare.

Encoder capacitivi/induttivi Questi encoder si basano sulla variazione dicapacita o di induttanza prodotta dai denti di un ingranaggio o dalle foraturepresenti su un disco metallico. L’ingranaggio o il disco costituiscono il rotoredell’encoder. Posizionando opportunamente denti o forature e possibile codificareun settore di rotore pari alla sua risoluzione angolare.

Encoder potenziometrici Questi encoder si basano sulla caratteristica che haun potenziometro di fornire un segnale in tensione proporzionale alla lunghezza diun conduttore metallico di resistivita nota. Questi tipi di encoder sono pertantosolo di tipo assoluto.

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1.3.3 Righe Ottiche

1.3.4 Sensori angolari a effetto Hall

1.3.5 Resolver e Syncro

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Appendice A

Rumore e sua caratterizzazione

A.1 Terminologia

Spesso si usano i termini “errore,” “scarto,” “disturbo,” “rumore ” come se fosserointercambiabili, mentre non lo sono. E opportuno percio fornire una definizionechiara del loro significato.

ErrorePer errore si intende la differenza tra il valore istantaneo di due segnalia(t) e b(t); pero, se non ci si mette d’accordo, si puo equivocare, perchepotrebbe essere sia e(t) = a(t)− b(t), sia e(t) = b(t)− a(t).

I controllisti di solito definiscono errore la differenza tra un segnale diriferimento r(t) e un segnale di misura y(t) proveniente dai sensori, per cui

e(t) = r(t)− y(t) (A.1)

in coerenza con il segnale presente a valle del comparatore in ingresso aicontrollori.

I misuristi, invece, parlano di scarto (di misura), come la differenza tra lavariabile “vera” v(t) (posto che esista) e la misura della stessa y(t)

s(t) = v(t)− y(t)

mentre definiscono l’errore come l’opposto dello scarto e(t) = −s(t), equindi esattamente al contrario dei controllisti.

Per evitare equivoci, qui si utilizzera sempre la definizione (A.1).

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RumoreIn inglese detto noise, il rumore e un segnale che si genera o entra, inmodi non tutti noti, nel sistema che stiamo controllando o nella catena dimisura che stiamo utilizzando, in modo spesso continuativo, ma sempreindipendentemente dalla volonta dell’utilizzatore.

Esso possiede caratteristiche di ampiezza e frequenza non modellabili de-terministicamente, per cui non sappiamo fare altro che descriverlo con unmodello probabilistico o stocastico.

Il rumore viene anche definito dai misuristi come una fluttuazione non pre-vedibile e non ripetibile, che non puo essere corretta da una calibrazionedei sensori, contrariamente agli errori sistematici che sono prevedibili eripetibili e possono essere corretti da una procedura di calibrazione.

Vedremo nella Sezione successiva come si modella il rumore e quali sonole sue principali caratteristiche che permettono di trattarlo ingegneristica-mente.

DisturboCon disturbo si vuole indicare un segnale che entra indesiderato nel sistemao nella catena di misura. Si differenzia dal rumore perche il disturbo, purpresentandosi in modi che non sono sotto il “controllo” dell’utente, si puomodellare in modo deterministico.

Ad esempio, una coppia applicata improvvisamente ad un motore che agi-sce su un carico noto, a causa dell’improvvisa variazione di un’inerzia, di unattrito o di qualche altro fenomeno, si definisce coppia di disturbo. Se cono-scessimo il valore dell’inerzia e l’istante in cui viene applicata al carico, nonavremmo difficolta a modellarla e quindi a contrastarla. Invece la non per-fetta conoscenza dell’uno e dell’altro fanno sı che sia necessario un controlloin catena chiusa per eliminarne gli effetti, dopo un breve transitorio.

Un altro esempio; un autopilota di aereo mantiene la traiettoria prefissata,ma un improvvisa raffica di vento agisce sulla struttura e ne fa deviare ilcammino. Anche qui diciamo che si tratta di un disturbo, solo un po’ piucomplicato da modellare, perche la raffica sara verosimilmente un segnaledifficilmente o solo in parte definibile in modo deterministico.

Un terzo esempio: la componente di disturbo dovuta alla rete elettrica a50Hz, che si accoppia elettromagneticamente con il conduttori o le compo-nenti del sistema di misura, di solito si chiama disturbo elettromagnetico,perche e abbastanza facilmente descrivibile sia in ampiezza sia in frequenza,anche se spesso non si puo eliminare, ma solo attenuarne gli effetti.

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Spesso si confonde disturbo ed rumore. Molti parlano di rumore determi-nistico o di disturbo aleatorio. Qui si preferisce riservare il termine rumoread un segnale sempre presente nel sistema, caratterizzato da un modellostatistico (o stocastico, come si dice) e parlare di disturbo quando si vo-glia far riferimento ad un segnale di solito deterministico (altrimenti si dicetrattarsi di un disturbo aleatorio) che si presenta ogni tanto.

ScartoVedi errore.

A.2 L’errore

Il rumore puo generarsi entro il sensore, e verra detto rumore intrinseco, oppurefuori dal sensore, e verra detto rumore estrinseco o anche interferenza.

Il rumore puo essere dovuto a cause naturali inevitabili (rumore fondamentale)oppure a effetti delle imperfezioni costruttive.

Il valore istantaneo dell’ampiezza e della fase non possono essere predetti in alcunmodo, ma sono caratterizzabili solo statisticamente. L’errore e percio un segnalealeatorio continuo o discreto, caratterizzato da una distribuzione di probabilita.Nella Sezione seguente riassumiamo alcuni concetti di probabilita che riteniamoutili.

A.2.1 Variabili casuali, distribuzione e densita

Una variabile casuale o aleatoria e una variabile il cui valore dipende dal risultatodi un esperimento casuale. Un segnale casuale o aleatorio e un segnale che sigenera come risultato di un evento casuale1; indicheremo le variabili casuali conla lettera maiuscola. Diremo che la variabile casuale e continua se assume valorenell’insieme dei reali; diremo invece che la variabile casuale e discreta se puo esseremessa in relazione biunivoca con l’insieme degli interi. Ad esempio, la variabile

X = {peso del prossimo neonato che nascera a Roma}e una variabile casuale continua, mentre la variabile

Y = {prossimo primo numero estratto sulla ruota del Lotto di Roma}e una variabile casuale discreta. Le variabili aleatorie possono essere vettoriali oscalari; per semplicita qui consideriamo solo variabili scalari.

1La definizione di segnale continuo casuale e piu complessa, ma ci limitiamo a questa, perbrevita

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Ricordiamo che, data una variabile aleatoria X, si puo costruire la funzione FX(x)detta funzione di distribuzione di probabilita (FDP), che consente di descrivere laprobabilita che ha X di assumere certi valori:

FX(x) = Prob{X ≤ x}

dove Prob{X ≤ x} indica la probabilita che X sia minore o uguale al valore realex.

Per una variabile aleatoria continua e possibile definire la funzione fX(x) didensita di probabilita come la derivata della FDP

fX(x) =dFX(x)

dx

e, ovviamente

FX(x) =∫ x

−∞fX(ξ)dξ

Una proprieta importante e che l’area totale sotto la funzione di densita deveavere valore unitario: ∫ ∞

−∞fX(x)dx = 1

Nel caso di variabile aleatoria discreta si utilizza la funzione di densita dimassa, definita come

fX(k) = Prob{X = k}La funzione di distribuzione e allora data da

FX(k) = Prob{X ≤ k} =k∑

i=−∞Prob{X = i} =

k∑

i=−∞fX(i)

e, dati due numeri interi k1 < k2,

Prob{k1 < X ≤ k2} = FX(k2)− FX(k1)

eProb{k1 ≤ X ≤ k2} = FX(k2)− FX(k1 − 1)

Quando una variabile o un segnale aleatorio si “concretizza” come risultato di unesperimento, si parla di realizzazione della variabile o del segnale.

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Valore atteso e varianza

Data una variabile casuale X, esistono alcune grandezze che ne definiscono leproprieta; tra queste, il valore atteso (expected value in inglese), indicato con ilsimbolo E{X} = µx, e la varianza, indicata dal simbolo Var{X} = σ2

x.

Nel caso di variabili continue aventi densita di probabilita fX(x), il valore atteso(detto anche valor medio o media) e definito come

E{X} ≡ µx =∫ ∞

−∞xfX(x) dx

Il momento di ordine n e definito come

E{Xn} =∫ ∞

−∞xnfX(x) dx

Il momento centrato di ordine n e definito come

E{(X − µx)n} =∫ ∞

−∞(x− µx)nfX(x) dx

Particolarmente importante e il momento centrato di ordine 2, che prende il nomedi varianza (in inglese variance)

Var{X} ≡ σ2x = E{(X − µx)2} =

∫ ∞

−∞(x− µx)2fX(x) dx = E{X2} − µ2

x

La radice quadrata della varianza prende il nome di deviazione standard (ininglese standard deviation)

σx =√

σ2x

In generale, se φ(·) e una funzione di variabile aleatoria reale continua, il valoreatteso di φ(X) e dato da

E{φ(X)} =∫ ∞

−∞φ(x) fX(x) dx

Per una variabile casuale discreta X, avente densita di massa fX(k), con k interi,il valore atteso si definisce come

E{X} ≡ µx =∞∑

k=−∞kfX(k)

e la varianza come

Var{X} ≡ σ2x = E{(X − µx)2} =

∞∑

k=−∞(k − µx)2fX(k) = E{X2} − µ2

x

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In generale, per due variabili casuali continue o discrete X e Y , vale

E{X + Y } = E{X}+ E{Y }E{αX} = αE{X}

dove α e una costante.

In altre parole, l’operatore valore atteso e un operatore lineare. Si ha inoltre che

E{XY } = E{X}E{Y }se le variabili aleatorie X e Y sono tra loro indipendenti. Per quanto riguarda lavarianza, si ha

Var{X + Y } = Var{X}+ Var{Y }Var{αX} = αVar{X}

Va notato che la deviazione standard di una somma di variabili aleatorie non ela somma delle deviazioni standard; infatti

σx+y =√

σ2x + σ2

y

Esempi di densita di probabilita continue

Densita uniforme: la densita di probabilita si dice uniforme su un intervallo[a, b] secome

fX(x) =

1b− a

se x ∈ [a, b]

0 altrimenti

Il valor medio della densita uniforme e

µ =(a + b)

2

e la varianza e

σ2 =(b− a)2

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Densita Gaussiana: insieme alla densita di probabilita uniforme, la densita diprobabilita gaussiana e quella che caratterizza piu comunemente il rumorenei sensori. Essa e anche detta distribuzione normale; ha media µ e varianzaσ2, viene denotata dal simbolo N(µ, σ2) e ha espressione

N(µ, σ2) =1

σ√

2πe−

(x−µ)2

2σ2

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Densita esponenziale: la densita esponenziale di parametro λ > 0 e definitacome

fX(x) = λe−λx

ed ha valor medio µ = 1/λ e varianza σ2 = 1/λ2.

Auto-correlazione e auto-covarianza

Il materiale presentato nel seguito e stato tratto prevalentemente dal testo [2].

Se stiamo trattando un segnale aleatorio continuo X(t), ove il valore delsegnale ad ogni istante di tempo obbedisce ad una qualche legge statistica, eimportante fornire anche la caratterizzazione di come il valore del segnale altempo t1 (o al campione k1) sia “legato” statisticamente al valore dello stessosegnale al tempo t2 (o al campione k2). Queste caratteristiche sono descrittedall’auto-correlazione.

L’auto-correlazione R(t1, t2) di un segnale aleatorio X(t) e il momento congiuntodelle due variabili aleatorie X(t1) e X(t2), ossia il valore atteso del loro prodotto:

R(t1, t2) = E{X(t1)X(t2)} =∫ ∞

−∞x1 x2 f(x1, x2; t1, t2)dx1dx2

Poiche ad ogni istante ti il valore che il segnale puo assumere e una variabile an-ch’essa aleatoria che ha un suo valore atteso µx(ti), ha senso calcolare la funzionedi auto-covarianza C(t1, t2), definita dalla seguente relazione

C(t1, t2) = E{[X(t1)− µx(t1)][(X(t2)− µx(t2)]}

Considerando le due precedenti relazioni, si vede che esiste un legame tra auto-covarianza e auto-correlazione, dato da

C(t1, t2) = R(t1, t2)− µx(t1)µx(t2)

Quella che chiamiamo varianza e, piu precisamente, l’auto-covarianza al genericotempo ti:

σ2x(ti) = C(ti, ti) = R(ti, ti)− µ2

x(ti)

In generale, la varianza σ2x(t) e funzione del tempo t, come pure il valore spe-

rato µx(ti); se il valore sperato e zero ovunque, auto-covarianza, varianza eautocorrelazione coincidono.

I segnali aleatori si dicono realizzazioni di processi stocastici stazionari, se laauto-correlazione e l’auto-covarianza dipendono esclusivamente dalla differenzatemporale tra t1 e t2.

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Percio, detto τ = t1 − t2, nei processi stazionari avremo

E{X(t)} = µx costanteR(t1, t2) ≡ R(τ) = E{X(t + τ), X(t)} = −R(τ)

C(t1, t2) ≡ C(τ) = R(τ)− µ2x

C(0) = R(0)− µ2x = σ2

x ≥ 0 costante

Dall’ultima relazione si osserva che quella che comunemente si chiama “varianza”di un rumore (stazionario) non e nient’altro che l’auto-covarianza per τ = 0; essae costante, cosı come il valor medio del segnale.

Il prefisso “auto” sta ad indicare che la grandezza indicata e calcolata relativa-mente a campioni in instanti diversi dello stesso segnale; vedremo piu avanti chee possibile individuare analoghe grandezze relative a segnali diversi, e allora siparlera di mutua-correlazione. Spesso, quando e chiaro dal contesto, il prefisso“auto” viene omesso e si parla piu semplicemente di correlazione e covarianza.

Se trattiamo un segnale aleatorio discreto X(k), per semplicita stazionario,allora le formule sono le seguenti:

E{X(k)} = µx costanteR(k1, k2) ≡ R(m) = E{X(k1 + m), X(k1)} = −R(m) m = k2 − k1

C(k1, k2) ≡ C(m) = R(m)− µ2x

C(0) = R(0)− µ2x = σ2

x ≥ 0 costante

Mutua correlazione e mutua covarianza

Quando abbiamo da trattare due processi aleatori continui distinti e, persemplicita, stazionari X(t) e Y (t), possiamo esprimere grandezze analoghe all’auto-correlazione e all’auto-covarianza, che ora prenderanno il nome di mutua corre-lazione (o correlazione mutua) e mutua covarianza (o covarianza mutua). Ininglese si chiamano cross-correlation e cross-covariance. Esse si definiscono comesegue:

mutua correlazione: RXY (τ) = E{X(t + τ)Y (t)} = RXY (−τ)mutua covarianza: CXY (τ) = E{[X(t + τ)− µx][Y (t)− µy]} = RXY (τ)− µxµy

Si nota che l’auto-correlazione e semplicemente una mutua correlazione tra icampioni dello stesso processo

R(τ) ≡ RX(τ) ≡ RXX(τ)

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e cosı pure per l’auto-covarianza

C(τ) ≡ CX(τ) ≡ CXX(τ) ≡ RXX(τ)− µXµX ≡ R(τ)− µ2

Se un segnale e la somma di altri due segnali, come Z(t) = X(t) + Y (t), alloraavremo

RZZ(τ) = RXX(τ) + RXY (τ) + RY X(τ) + RY Y (τ)

Se i due segnali sono statisticamente indipendenti o ortogonali avremo semplice-mente che i termini misti si annullano

RZZ(τ) = RXX(τ) + RY Y (τ)

Se un segnale e il prodotto di due segnali Z(t) = X(t)Y (t), la mutua correlazionenon puo in generale essere espressa in funzione dei momenti del second’ordine.Se pero i due segnali sono statisticamente indipendenti, allora vale la seguenterelazione

RZZ(τ) = RXX(τ)RY Y (τ)

Vale inoltre la seguente diseguaglianza:

−R(0) ≤ R(τ) ≤ R(0)

da cui si osserva che la correlazione e massima per τ = 0.

Quando abbiamo da trattare due processi aleatori discreti distinti e sta-zionari X(k) e Y (k), avremo

RXY (m) = E{X(k1 + m)Y (k1)} = RXY (−m)CXY (m) = E{[X(k1 + m)− µx][Y (k1)− µy]} = RXY (m)− µxµy

C(m) ≡ CX(m) ≡ CXX(m) ≡ RXX(m)− µXµX ≡ R(m)− µ2

m = k2 − k1

Spettro e densita spettrale di potenza di segnali stazionari

Lo spettro di potenza (in inglese power spectrum) di un segnale aleatorio staziona-rio e semplicemente la trasformata di Fourier della funzione di (auto-)correlazione,come vedremo meglio piu avanti; non e invece, come alcuni ritengono erronea-mente, la rappresentazione armonica (cioe le componenti in ampiezza e fase infunzione della frequenza) di una particolare realizzazione del segnale stesso.

Lo spettro di potenza (in inglese power spectrum) di un segnale aleatorio sta-zionario continuo e definito come la trasformata di Fourier della funzione diauto-correlazione:

S2(ω) = F [R(t)] =∫ ∞

−∞e−j ωξ R(ξ) dξ

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Per segnali discreti avremo

S2(ω) =∞∑

k=−∞e−j ωm R(m)

Quest’ultima relazione puo essere scritta in funzione della frequenza in Hz, con-siderando la relazione ω = 2πf/fc, dove fc e la frequenza di campionamento chesi suppone aver generato il segnale discreto.2; avremo quindi

S2(f) =∞∑

k=−∞e−2πjfm R(m)

Alcuni testi, tra cui [2] e i manuali del “Signal Processing Toolbox” di Simulink,indicano lo spettro con il simbolo S(ω) invece che S2(ω); qui utilizzeremo semprel’esponente 2, per mettere in evidenza la relazione con il concetto di potenza.

Dalla formula di inversione delle trasformate di Fourier deriva che, per i segnalicontinui

R(τ) = F−1[S2(ω)] =12π

∫ ∞

−∞e−j wτ S2(w) dw 3

Per τ = 0 risulta quindi

R(0) = E{|X(t)|2} =12π

∫ ∞

−∞S2(w) dw = σ2

x + µ2x (A.2)

Se il segnale aleatorio e reale allora S2(−ω) = S2(ω).

Per i segnali discreti avremo

R(m) =12π

∫ π

−πe−j wm S2(w) dw =

1fc

∫ fc/2

−fc/2e−j mf/fc S2(w) df

e

R(0) =12π

∫ π

−πS2(w) dw =

1fc

∫ fc/2

−fc/2S2(w) df

Il fatto che R(0) coincida con E{|X(t)|2}, giustifica il termine di spettro di po-tenza, in quanto, se X(t) fosse, ad esempio, una tensione aleatoria X(t) = v(t),il suo quadrato sarebbe proporzionale alla potenza del segnale.

2Si da per scontato che il campionamento sia avvenuto considerando i vincoli di anti-aliasingimposti dalla relazione tra frequenza di campionamento e frequenza di banda fc ≤ 0.5fb in unsegnale a banda limitata fb.

3Notare la differenza tra la variabile di integrazione w e la pulsazione ω.

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La densita spettrale di potenza (in inglese power spectral density PSD) e definitacome il rapporto

P 2(ω) =S2(ω)

2πP 2(f) =

S2(f)fc

Essa rappresenta quindi la densita con cui si distribuisce, frequenza per frequenza,la potenza del segnale.

Se il valore atteso del segnale e nullo, allora dalla (A.2) si ha∫ ∞

−∞S2(w) dw = 2πσ2

x

da cui si ricava cheσ2

x =∫ ∞

−∞P 2(w) dw

Se il segnale ha banda limitata fc, si ha

σ2x =

∫ fc/2

−fc/2P 2(f) df

L’area sotto la curva della PSD rappresenta la varianza del segnale e, per quantodicevamo sopra, anche la potenza del segnale.

Nella Tabella illustrata in Figura A.1 si hanno alcuni esempi di correlazioni espettri di potenza.

Da ultimo, facciamo notare che esiste una grande confusione tra i simboli adottatidai vari testi, manuali e data-sheet. Spesso si usa il simbolo S2(f) per indicarela PSD, invece del simbolo P 2(f) adottato qui; altre volte si usa, come gia detto,il simbolo S(f) per la PSD; una regola pratica suggerisce che se le dimensionidell’ordinata sono in dB, si avra presumibilmente a che fare con uno spettro dipotenza, se sono in dB/Hz, si avra presumibilmente a che fare con la PSD, se sonoin V (spesso con rms accanto) si tratta del valore efficace del segnale

√S2(f), se

sono dati in V(rms)/Hz, si tratta presumibilmente di densita di valore efficace delsegnale

√P 2(f) e per trovare il valore efficace occorre integrare nell’intervallo di

frequenze considerato.

A.2.2 Rumore bianco

Particolarmente interessante e importante e la PSD costante, che fornisce un mo-dello per il cosiddetto rumore bianco, cioe un segnale aleatorio a valor medio nulloche possiede uguale potenza per intervallo unitario di frequenze. Il rumore biancopuo avere qualsiasi distribuzione, ma i principali rumori riscontrabili nei sensori

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possiedono distribuzione uniforme (rumore bianco uniforme) oppure gaussiana(rumore bianco gaussiano).

Il fatto che la PSD di un rumore bianco si estenda per frequenze che vanno da−∞ a ∞ e solo una proprieta teorica; nella pratica il segnale avra una banda difrequenza limitata, ad esempio, da −ωc = −2πfc a ωc = 2πfc. Anche in questocaso la potenza media e la varianza del segnale sono rappresentate dall’area sottola curva della PSD

R(0) = E{|X(t)|2} = σ2x =

∫ ωc

−ωc

P 2(w) dw =∫ fc

−fc

P 2(f) df

La curva della PSD spesso si riporta utilizzando scale logaritmiche sia in frequenzasia in ampiezza, esprimendo la potenza in dB oppure no, a seconda dei casi.Poiche la scala dell’asse logaritmico va da 0 a +∞, molti preferiscono raddoppiareil valore dell’ordinata della PSD in modo che l’area sottesa alla curva sia ugualealla varianza; in tale caso si dice che la PSD e unilatera (vedi Figura A.2). Occorreancora una volta prestare attenzione alle convenzioni utilizzate nei documenti dispecifica per capire se si tratta di PSD bilatera o unilatera.

A.2.3 Origine e modelli dell’errore

Per semplicita di linguaggio, consideriamo che il segnale di rumore sia esprimibilecome una tensione.

Consideriamo sempre un segnale caratterizzato dal suo valore efficace o rmsnell’intervallo ∆T

vrms =

√1

∆T

∫ t+∆T

t[v(τ)]2 dτ .

Ricordiamo che lo spettro di potenza fornisce appunto la potenza del segnale,quindi un’informazione sulla distribuzione in frequenza del quadrato del valoreefficace della tensione. Se vogliamo conoscere la tensione del rumore, che e poiquella che si sovrappone al segnale utile mascherandolo, occorre calcolarne laradice quadrata.

Questa e l’origine delle “strane” unita di misura che contraddistinguono nei data-sheet la PSD del rumore, cioe V ·Hz−1/2 oppure V/

√Hz.

Possiamo ora cercare di caratterizzare come e dove nasce il rumore presente neisensori e, piu in generale, nei componenti elettronici. Ci sono fondamentalmentecinque tipi di rumore:

1. Shot Noise

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./Figure/Spectrum_table.eps

Figura A.1: Alcune funzioni di correlazione e il relativo spettro di potenza.

./Figure/Uni-bilatera.eps

Figura A.2: Alcune funzioni di correlazione e il relativo spettro di potenza.

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2. Rumore termico

3. Flicker noise

4. Burst noise

5. Avalanche noise

Spesso esistono piu tipi di rumore che influenzano contemporaneamente il sensore,ma risulta sempre difficile essere in grado di separarne gli effetti. Ciascuno diquesti rumori e caratterizzato da un modello in frequenza e quindi e possibile,con opportuni accorgimenti, rendere minime le loro influenze, soprattutto nellabanda di interesse per l’applicazione.

Shot noise Talvolta viene chiamato rumore quantistico (quantum noise) o ru-more di granularita e prende il nome da Walter Schottky, che nel 1918 lo scoprınei tubi elettronici e sviluppo il teorema di Schottky. Il shot noise e sempre asso-ciato al flusso di corrente; cessa quando la corrente cessa ed e indipendente dallatemperatura.

Esso viene generato quando le cariche elettriche attraversano le barriere di po-tenziale presenti nei diodi e nei transistori. Tale attraversamento e un eventopuramente casuale, dunque la corrente che viene osservata puo essere consideratacome l’effetto macroscopico di impulsi casuali di corrente.

Questo rumore possiede anche altre caratteristiche:

• Lo spettro e piatto, cioe ha una PSD uniforme.

• Esso e presente in tutti i conduttori – non solo nei semiconduttori – ma emolto piu contenuto nei conduttori che nei semiconduttori.

Il valore efficace dello shot noise e dato, in tensione, dalla seguente relazione

Esh = kT

√2B

qIcc

dove:

k costante di Boltzmann (1.38× 10−23 J/◦K)q carica dell’elettrone (1.6× 10−19 C)T temperatura in ◦KIcc valore medio della corrente continua che interessa il conduttoreB banda di frequenza in Hz

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Rumore termico

Il rumore termico (thermal noise), detto anche Johnson noise dal nome del suoscopritore, e generato dalle fluttuazioni aleatorie degli elettroni in un conduttorecausate dall’energia termica. Questa aggiunge una componente di moto aleato-rio al loro movimento, producendo una variazione di tensione, percepita comerumore; il rumore termico si annulla solo allo zero assoluto di temperatura.

Come lo shot noise, il rumore termico ha uno spettro di potenza piatto (cioe ebianco), ma il rumore termico e indipendente dall’intensita di corrente nel con-duttore. Per frequenze inferiori a 100 Mhz, il rumore termico puo essere calcolatoutilizzando la relazione scoperta da Nyquist:

Et =√

4kTRB; It =

√4kTB

R

a seconda che lo si voglia esprimere in tensione o in corrente, dove:

k costante di Boltzmann (1.38× 10−23 J/◦K)T temperatura in ◦KR valore della resistenza equivalente del conduttoreB banda di frequenza in Hz

Flicker noise

Questo tipo di rumore ha un nome che non viene tradotto in italiano: flickersignifica tremolare, come di una lontana fiammella nell’oscurita. Esso viene an-che detto rumore 1/f (one-over-f noise), per la caratteristica del suo spettro, orumore rosa, come vedremo meglio oltre.

Esso e presente in tutte le componenti attive e in molte componenti passive deicircuiti elettronici e anche in altri campi della fisica (come nei segnali di origineastronomica). Nei dispositivi attivi e dovuto a trappole che catturano e rilascianoin modo casuale portatori di carica, causando fluttuazioni nel flusso di correntedi natura casuale.

Le sue caratteristiche si possono riassumere come segue

• Diminuisce al crescere della frequenza, da cui il nome 1/f .

• Lo spettro di potenza e piatto nello spazio logaritmico, ovvero ha la stessapotenza in bande che sono uguali logaritmicamente:

Eflicker = Kv

√log

fmax

fmin

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dove

KV costante che fornisce la tensione a 1 Hzfmax; fmin massimo e minimo valore delle frequenze considerate

Ad esempio, il rumore 1/f avra la stessa potenza nell’intervallo da 40 a 60Hz come nell’intervallo da 4000 a 6000 Hz. La densita spettrale di potenza,paragonata a quella del rumore bianco, diminuisce di 20 dB/dec.

• E proporzionale all’ampiezza della corrente continua nei dispositivi, per cui,se la corrente e sufficientemente bassa, prevarra il rumore termico.

Burst noise

Il burst noise detto anche rumore popcorn e legato alle imperfezioni dei semicon-duttori, ed e caratterizzato da impulsi ad alta frequenza di tipo discreto. Sembraessere dovuto alla contaminazione del semiconduttore da parte dei metalli pe-santi e alle condizioni non perfette sulla superficie dei semiconduttori durante iprocessi tecnologici sul wafer.

Non approfondiremo oltre le caratteristiche di questo tipo di rumore per ragionidi spazio.

Avalanche noise

Questo tipo di rumore, chiamato anche effetto valanga, si presenta in giunzionipn che operano nella zona di breakdown; la generazione per effetto valanga dicoppie elettroni-lacune e casuale e si manifesta con impulsi di corrente attraversola giunzione inversa.

Non approfondiremo oltre le caratteristiche di questo tipo di rumore per ragionidi spazio.

Colore dei rumori

Il rumore viene spesso descritto associandogli un colore: avremo percio il rumorebianco, il rumore rosa, e in generale un rumore colorato, a seconda della PSDassociata, che ha le caratteristiche riassunte in Tabella

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Colore PSDPorpora (purple noise) f2

Blu (blue noise) f

Bianco (white noise) 1Rosa (pink noise) 1/f

Rosso/marrone (red/brown noise) 1/f2

./Figure/Colored_noise.eps

Figura A.3: I rumori colorati.

Rumore bianco.E il rumore caratterizzato da una PSD costante a tutte le frequenze. Lapotenza del segnale per una banda centrata in f0 non varia al variare di f0.Il nome deriva per analogia dalla luce bianca che e la somma di componentidi tutte le frequenze elettromagnetiche (nel visibile).

Lo shot noise e il rumore termico sono approssimativamente modellabilicome rumori bianchi, anche se, come detto, non esistono in natura fenomenidi perfetto rumore bianco; ad alta frequenza il rumore bianco tende semprea diventare rosa.

Rumore rosa.E il rumore caratterizzato da uno spettro di potenza pari a 1/f . Lo spettrodi potenza decresce linearmente quando la frequenza e espressa in scalalogaritmica di 3 dB per ottava (−20 dB/dec). Il rumore rosa e proprio dimolti fenomeni naturali, molto piu che non il rumore bianco. Il flicker noisepossiede le caratteristiche di un rumore rosa.

Rumore rosso/marrone.Il rumore rosso non e da tutti riconosciuto come un rumore caratterizzan-te. Molti testi lo omettono e descrivono soltanto il rumore marrone. Siacome sia, il rumore rosso e chiamato cosi in analogia alla luce rossa che e

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all’estremo inferiore dello spettro visibile. Ma questo rumore simula beneil moto browniano, quindi viene anche chiamato marrone (in inglese bro-wn=marrone). Lo spettro di potenza e caratterizzato da un modello paria 1/f2. Esso decresce linearmente quando la frequenza e espressa in scalalogaritmica di −40 dB/dec.

Il rumore rosso/marrone si trova in natura. Le caratteristiche acustiche digrandi masse d’acqua approssimano la risposta in frequenza di questo tipodi rumore.

Il rumore popcorn e l’effetto valanga approssimano le caratteristiche diquesto rumore.

Rumore di fondo

Il rumore di fondo (in inglese noise floor) e quel rumore che continua a esserepresente nel circuito quando tutte le alimentazioni sono spente e il circuito e op-portunamente messo a terra. Il rumore di fondo determina il piu piccolo segnaleche il circuito riesce a distinguere. L’obbiettivo del progettista e quello di ave-re l’ampiezza del segnale utile sopra il rumore di fondo, ma non cosı sopra daprodurre saturazioni nel circuito stesso.

Nella teoria dei segnali, il rumore di fondo fornisce una misura della sommadi tutte le sorgenti di rumore che agiscono in modo indesiderato sul sensore.In elettronica e nelle telecomunicazioni, questo rumore di fondo puo includereil rumore termico e il la radiazione di corpo nero, e qualsiasi altro segnale diinterferenza. Ad esempio, in un sismografo, il rumore di fondo puo includere iltraffico pedonale o automobilistico intorno al laboratorio.

Un modo abbastanza comune di abbassare il rumore di fondo in un’apparecchia-tura e quello di diminuirne la temperatura di funzionamento, perche spesso lamaggior componente del rumore di fondo e il rumore termico.

Rapporto segnale–rumore

Per misurare le prestazioni di un sensore, si usa un parametro Sn chiamatorapporto segnale–rumore (in inglese signal to noise ratio); questo non e altroche

Sn =valore efficace segnalevalore efficace rumore

=vrms

nrms

il rapporto segnale rumore si misura spesso in dB.

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A.2.4 Esempi

Esempio 2. Rumore bianco con distribuzione uniforme da terminareFigura A.4

./Figure/Noise_uniform_10.eps

Figura A.4: Una realizzazione di rumore aleatorio a densita uniforme.

Esempio 3. Rumore bianco con distribuzione gaussiana da fareLa Figura A.5 riporta 1000 campioni w(k) ricavati da una simulazione di unrumore bianco a distribuzione uniforme e valor medio nullo, sommato ad unacostante nota µ:

w(k) = e(k) + µ

dove e(k) ∈ Wgaussian, con valore atteso µ = 10, varianza σ2 = 1, e µ = 10.

La simulazione e stata effettuata impostando un tempo di campionamento paria T = 1 · 10−3 s (fc = 1 kHz); sono stati raccolti 1000 campioni.

La realizzazione (a posteriori), riportata in Figura A.5 possiede un valor me-dio pari a µ = 9.96, abbastanza prossimo al valore atteso µ = 10; la varianzacampionaria vale σ2 = 1.02, anch’essa abbastanza prossima a quella teorica.

In Figura A.5 sono anche indicati i limiti ±σ,±2σ,±3σ.

E stato anche calcolata la PSD unilatera da f = 0 Hz a f = fc/2 = 500 Hz, cheviene riportata in Figura A.6. Nel riquadro e mostrato l’andamento teorico nelcaso di PSD unilatera.

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./Figure/Noise_gaussian_10.eps

Figura A.5: Una realizzazione di rumore aleatorio a densita gaussiana.

Come si vede la funzione reale si discosta apprezzabilmente da quella teorica.

Per comodita sono state riportate sul diagramma tre linee orizzontali: la lineaA da il valore medio della PDF, calcolato a posteriori nell’intervallo di frequenzeconsiderato, pari a −54.76 dB. La linea B fornisce il valore dell’altezza 2σ2/fc

che fornirebbe una varianza pari alla varianza teorica σ2 = 1; tale valore e pari a−60 dB. La linea C fornisce il valore dell’altezza 2σ2/fc che darebbe una varianzapari alla varianza campionaria σ2 = 1.02; tale valore e pari a −59.82 dB.

Esempio 4. Calcolo del rumore termico in un resistore da fare

Esempio 5. Calcolo del rapporto segnale-rumoreSupponiamo di avere una specifica di rumore bianco su un amplificatore opera-zionale data come densita del valore efficace, ossia P (f) =

√P 2(f). Essa e piatta

e vale 2.5 nV/√

Hz nella banda di frequenza 20÷20.000 Hz e ipotizziamo di avereun guadagno pari a 40 dB = 100.

• calcoliamo il contributo di banda√

20000− 20 = 141.35√

Hz.

• moltiplichiamo per l’altezza della P (f) = 2.5 nV/√

Hz: avremo 2.4×141.35 =353.38 nV.

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./Figure/PSD_Noise_gaussian_10.eps

Figura A.6: .

• moltiplichiamo per il guadagno dell’operazionale: 353.38× 100 = 35.3µV.

• calcoliamo il rapporto segnale-rumore in dB: 20 log 135.3·10−6 = 89 dB.

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Bibliografia

[1] G. Calafiore, Elementi di Automatica, CLUT, 2004.

[2] A. Papoulis, Probability, Random Variables, and Stochastic Processes,McGraw-hill, 1965.

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