archiline

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ISSN 2038 5617 - "Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n° 46) art.1 comma.1 - CN/BO” N.1 ARCHI L FEDERAZIONE ORDINI ARCHITETTI P.P.C. EMILIA ROMAGNA I E ARCHITETTURA MOBILE Il Mobile Art Pavilion di Zaha Hadid A Miami Phu Hoang Office e Rachely Rotem Studio creano Exhale

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rivista federazione architetti Emilia Romagna

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Iscritta con l’autorizzazione del Tribunale di Bolognaal numero 8109 del 13 ottobre 2010

Anno 1 numero 1 marzo 2011

Direttore EditorialeAlessandro Marata

Direttore ResponsabileMaurizio Costanzo

CaporedattoreIole Costanzo

Coordinamento di RedazioneCristiana Zappoli

Art DirectorLaura Lebro

Responsabile MarketingZenon J. Wojciechowski

Comitato ScientificoWalter Baricchi (Presidente Ordine ArchitettiP.P.C. della provincia di Reggio Emilia)Benito Dodi (Presidente Ordine Architetti

P.P.C. della provincia di Piacenza)Vittorio Foschi (Presidente Ordine ArchitettiP.P.C. della provincia di Forlì-Cesena)

Claudio Gibertoni (Presidente Ordine ArchitettiP.P.C. della provincia di Modena)

Alessandro Marata (Presidente Ordine ArchitettiP.P.C. della provincia di Bologna)

Gianni Pirani (Presidente Ordine ArchitettiP.P.C. della provincia di Ferrara)

Roberto Ricci (Presidente Ordine ArchitettiP.P.C. della provincia di Rimini)

Alessandro Tassi Carboni (Presidente OrdineArchitetti P.P.C. della provincia di Parma)

RedazioneLorenzo Berardi, Mercedes Caleffi

Antonello De Marchi, Silvia Di Persio,Enrico Guerra, Angela Mascara,Marcello Rossi, Alessandro Rubi,Carlo Salvini, Federica Setti,

Paolo Simonetto, Gianfranco Virardi

Hanno collaboratoAlfonso Apicella, Manuela Garbarino

StampaCantelli Rotoweb - Castel Maggiore (Bo)

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Via Filippo Argelati, 19 - 40138 BolognaTel. 051.343060 - www.koreedizioni.it

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YOUTURN PAVILION, SAN PAOLO DEL BRASILEProgetto di UNStudio

Architetture in movimento di Alessandro Marata

Morbide levigate geometrie16

SKATING SHALTERS, WINNIPEGProgetto di Patkau Architects

Come ripararsi dal vento18

NEW AMSTERDAM PLEIN & PAVILION, NEW YORKProgetto di UnStudio

Un avvolgente quadrifoglio20

MOBILIZARTE, BRASILEProgetto di Studio Grimshaw

Flessibilità e sostenibilità22

LA VILLE INTELLIGENTE, PARIGIProgetto di Jakob + MacFarlane

Progetto di Nex

La ville diventa intelligente24

EUREKA, LONDRA

Progetto di Thomas HeatherwickPADIGLIONE INGLESE EXPO 2010, SHANGHAI

Ispirarsi al tessuto vegetale26

La cattedrale del seme28

Progetto di Coop Himmelb(l)auPAVILION 21 MINI OPERA SPACE, MONACO

Ispirato a Hendrix e Mozart30

VISUAL SCREEN

EDITORIALE

sommario

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MOBILE ART PAVILION, PARIGI, FRANCIAProgetto di Zaha Hadid Architectes

Dinamicità e tecnologia

THE POD, KUALA LUMPUR, MALESIAProgetto di Luca F. Nicoletti e Serina Hijjas

Geometrie traslate

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MOBILE MUSIC PAVILION, SALISBURGO, AUSTRIAProgetto di Soma Architecture

Variazione sul tema58

EXHALE, MIAMI BEACH, FLORIDAProgetto di Phu Hoang Office e Rachely Rotem Studio

Paesaggio fluorescente78

PADIGLIONE CROATO PER LA BIENNALE DI VENEZIA, VENEZIA, ITALIAProgetto di Leo Modrcin

Trasparenze d’acciaio84

Conoscere architettura e design93

Intervista a Massimo LabbrozziPrendere la domotica dal verso giusto: il concept107

Cardboard Pavilion, la forza del cartone intervista a Luigi Alini68

Algorithmic aided design di Arturo Tedeschi70

Serpentine Gallery... da Zaha Hadid a Zumthor72

Pratica architettonica all’Università di Padova intervista a Edoardo Narne66

ARCHITETTURA

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DA VEDERE

MUTAZIONI

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La Tecnologia al servizio dell’arte

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Mario Botta ama ripetere, e non gli si può che dareragione, che l’architettura lavora a gravità. Intendedire, con quelle parole, che non concorda con quellacorrente dell’architettura contemporanea, modaiolae stupefacente, che ama stupire l’osservatore consoluzioni strutturali illogiche. Pier Luigi Nervi era ungenio dell’architettura strutturale poiché riusciva aconcepire forme belle e innovative che, una voltaprogettate, risultavano ovvie e naturali a chi leosserva. Oggi, sovente, si osservano invece sceltestrutturali che non sono convincenti neppure dopo oredi benevolente comprensione e appaiono innaturali adlibitum. Il fatto che l’architettura lavori per gravità nonla obbliga, però, ad una staticità immobile. Le nuovetecnologie e la moderna cultura rendono, tra l’altro,più facile di un tempo lo spostamento di un manufattoarchitettonico da un luogo all’altro. Il concetto dimobilità è, ovviamente, molto ampio e comprendecasistiche notevolmente differenti tra loro. Il tempiodi Abu Simbel, smontato e riassemblato, ha percorsouna notevole distanza, per non essere sommersodall’acqua di un nuovo lago. Alcune chiese sono statespostate per far posto a infrastrutture stradali. Comenon rimanere affascinati ancora oggi dalle bathingmachines dell’inizio del novecento, straordinariecasette su ruote necessarie per fare prendere i bagniin mare alle signore che mai avrebbero potuto - comesono cambiati i tempi!- farsi vedere con quel costumeil cui tessuto, ai nostri giorni, sarebbe sufficiente perrealizzarne cinquanta. Erano gli anni della BelleEpoque, dell’Orient Express, dei Grand Hotels, anninei quali nasceva la moda delle vacanze marittimee delle colonie. E poi i transatlantici, che più cheresidenze temporanee itineranti, sono vere e propriecittà, con una capacità, in termini di abitanti, moltosuperiore ai piccoli comuni italiani che hanno rischiatodi sparire dalle carte geografiche a causa di unamanovra finanziaria che definire mobile, quella sì, èun eufemismo. La nave di felliniana memoria è forsel’architettura mobile per eccellenza, con i suoiminiappartamenti, i teatri, le attrezzature sportive,le discoteche, i bar, i percorsi gerarchicamentedifferenziati, la divisioni in classi, anche sociali,memento Titanic. È il caso di sorvolare sul

nomadismo poiché, in questo caso, non èl’architettura che si sposta, ma è l’intera vita dellepersone, che non si riconoscono appartenenti adun luogo. Cosmopoliti? Non proprio. Sicuramentecittadini del mondo, curiosi per necessità e cultura.Un po’ come il circo, la cui peregrinazione in loopingspaziale, non gli permette di appartenere ad alcunluogo. Il nomade si sposta all’interno del contestosociale nel quale si trova. La sua tenda, la suaroulotte, è un tramite per cercare nuove realtà.Il circense si sposta, invece, in luoghi che non puòpercepire perché la sua vita è comunque legataall’interno del tendone del circo nel quale lavora. Ilcontesto è sempre uguale anche se il circo si spostadi mille chilometri. Ma la magia dell’ambiente circenserende quel luogo, quell’architettura, irresistibilmenteaffascinante, per grandi e piccini. Anche la cultura sisposta, a cavallo della sua architettura. Il Teatro delMondo non smetterà mai di vagare nelle acqueveneziane, con il suo carico umano, culturale e conla sua capacità, propria dell’architettura, di evocaresentimenti di commozione ed appartenenza. Comesembra si spostino, seppur immobili, il modello ligneodella chiesa di Borromini sul lago di Lugano o ilMonolite di Jean Nouvel sul lago di Neuchatel. Simuoveva invece, realmente, come un cervo volante,il padiglione del Kuwait che Santiago Calatravarealizzò per l’expo del 1992 di Siviglia.In questo numero di Archiline non troverete tracce diqueste meraviglie che tutti, seppure in misura diversa,conoscono: è sufficiente evocarle per poterne sentireil fascino e la magia. Non troverete traccia neanchedel vate dell’architecture mobile, Yona Friedman eneppure del teorizzatore della complementaredromologie, quel Paul Virilio tanto amato dagliarchitetti. Potrete invece osservare alcune bellearchitetture prive di fondazioni, nel senso tradizionalee tecnologico del termine. Luoghi per la cultura, nelsenso lato del termine. Architetture che si spostano,guidate dalla mano dell’uomo, che le ricolloca econtestualizza. Architettura liquida? No,assolutamente no. Architettura mobile. Forse.

di Alessandro Marata

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editoriale

IN MOVIMENTOARCHITETTURE

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Circa un anno fa, alla 29esima Biennale d’Arte di SanPaolo del Brasile, città in gran parte progettata da Nie-meyer, furono presentate sei diverse proposte di padi-glioni, i terrieros. Sei spazi nello spazio. Sei piccoli ma-nufatti collocati all’interno del candido padiglione chesi trova all’interno del Parque do Ibirapuera anch’essoprogettato da Oscar Niemeyer e Helio Uchoa.Durante questa storica manifestazione legata all’arte efondata nel 1951 dall’italiano Francisco (Ciccillo) Ma-tarazzo Sobrino, il gruppo olandese UNStudio ha pre-sentato Youturn Pavilion, uno dei sei terreiros, una pic-cola architettura, ovviamente temporanea, progettataper essere posizionata nella parte centrale dell’intero spa-zio dedicato alla manifestazione. La sua morfogenesi èstrettamente legata, infatti, alle diverse direzioni presenti,ai possibili assi direzionali dei flussi di visitatori che, ge-stiti come vere e proprie forze modellanti, hanno ge-nerato un piccolo oggetto dalla levigata e smussata geo-metria. Uno spazio architettonico dalle caratteristichescultoree con una forma triangolare e gli angoli arro-tondati che, a voler trovare una forma già nota a cui fareriferimento, rende immediata l’associazione con il clas-sico plettro da chitarra con tanto di cerchio nella par-te centrale. Youturn Pavilion ha infatti il compito di far

vibrare diversamente l’interesse per la 29esima bien-nale. Il disegno del padiglione prende in considerazionepiù riferimenti spaziali, dagli incroci alle visuali, dai per-corsi circolari a quelli contemplativi, situazioni che ov-viamente sono state inserite come variabili progettua-li, canoni matematici, che hanno reso questa piccolaarchitettura un oggetto concluso. Un luogo dove po-ter approfondire passando, o dove meditare sostan-do. Un ambiente che ha in sé una vera forza centripetain grado di attirare, accogliere e sorprendere.Ha all’interno un cuore tridimensionalmente definito,scavato, modulato come può essere un’autentica ope-ra scultorea. Lo stesso Ben van Berkel ha affermato:«l'interpretazione metaforica degli spazi può essere si-mile alla lettura di un'opera d'arte…». E così è YouturnPavilion: un’architettura/scultura adatta all’esposizio-ne e al dibattito, un attivatore di eventi e uno spazio poe-tico dalle linee convergenti. Un oggetto che va aldilàdel semplice mostrare se stesso. UNStudio lo ha pen-sato come uno spazio capace di attivare interessi, in-centivare gli incontri, alimentare i dibattiti e difatti pos-siede nel suo cuore, cioè lo spazio circolare centrale,la forza di generare il nuovo. È lucido, liscio, levigatoe avvolgente sia all’esterno che all’interno. Offre inti-mità e risente di tutto ciò che gli gravita intorno. Ri-sponde pienamente all’idea di terreiros, agli storici spa-

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Nelle foto: il padiglione vistoall’interno e all’esterno mostralinee avvolgenti dalle alte qualitàscultoree, geometricamentedeterminate da più fattori,rielaborati in modo da diventareforze modellanti, come mostra ilgrafico nella pagina a fianco

MORBIDE LEVIGATE GEOMETRIEBEN VAN BERKEL PROGETTA UN’ARCHITETTURA-SCULTURA ADATTA ALL’ESPOSIZIONE E AL DIBATTITO

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zi presenti in città in cui si balla e si canta, solo che in que-sti tutta la forza è impiegata per creare isole di riflessione.I terreiros originariamente erano legati alla presenza deglischiavi africani e alle loro pratiche esoterico-religiose, oggisono riconosciuti dal governo e per tanto sovvenzionaticome luoghi di crescita della cultura popolare e delle suecommistioni socio antropologiche. Nonostante gli architettiche lo hanno progettato ritenessero Youturn Pavilionun’architettura dalle diverse valenze non si hanno ancoranotizie sul riuso di questo piccolo immobile. Risulta però fa-cile pensare che una città come San Paolo, così stretta-mente legata, sin dagli albori, al linguaggio architettonicocontemporaneo non abbia difficoltà nell’accoglierlo anchealdilà di eventi dal richiamomondiale quale l’autorevole Bien-nale d’Arte. Istituzione, questa, che fa meritare al Brasile,sin dal 1964, un prestigioso padiglione - all’interno della sto-rica manifestazione veneziana dedicata all’arte - posto alcentro dei Giardini dell’Arsenale. (di Mercedes Caleffi)

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Winnipeg è una città di 600mila abitanti situata sul mar-gine orientale della regione delle praterie canadesi, è lacapitale e il centro più grande della provincia del Mani-toba. Secondo Environment Canada, Winnipeg è anchela città più fredda del mondo fra tutte quelle considera-te della sua stessa estensione territoriale (al di fuori del-la Siberia). I fiumi Red River e Assimboine si incontranoin pieno centro cittadino e nel periodo invernale dannovita a chilometriche piste di pattinaggio. Le temperatu-re, che scendono per lunghi periodi sotto i 30 e anchesotto i 40 gradi con venti fortissimi, creano non pochedifficoltà a chi vorrebbe usare le piste.Ma in un luogo dove l’inverno può durare anche sei mesi,è necessario imparare a trarre vantaggio dalle opportu-nità che la stagione invernale offre. E, così nella piena con-vizione che trovare un riparo dal vento avrebbe aumen-tato notevolmente la possibilità di usare le piste, è sta-to sviluppato un programma per sponsorizzare la pro-gettazione e la costruzione di rifugi temporanei situati lun-go le piste di pattinaggio. È stato lo studio canadese Pat-kau Architects a progettare gli Skating Shalters, rifugi tem-poranei creati per muoversi dolcemente al vento, on-deggiando o galleggiando su superfici ghiacciate.Lo studio è stato fondato nel 1978 da John e Patricia Pat-kau che ben conoscono il freddo di Winnipeg: entram-bi, infatti, sono nati in questi luoghi. Il loro è un linguaggioprogettuale che comporta l’assemblaggio di forme emateriali eterogenei. In oltre 30 anni di attività, sia inCanada che negli Stati Uniti, lo studio ha proget-tato una grande varietà di edifici, occupandosi, peresempio, di installazioni nelle gallerie, di abita-zioni private, di grandi librerie urbane, come laGrande Bibliotheque du Quebec, per la qua-le hanno ottenuto la Governor General's Me-dal in Architecture.Gli Skating Shalters, realizzati nel 2011,«sono un gruppo di rifugi intimi - spieganogli architetti - capaci di ospitare solo pochepersone alla volta, raggruppati in unaspecie di piccolissimo “villaggio”». Sonostrutture che trovano un senso quandosono insieme, non possono essere con-siderate singolarmente. «I rifugi si solle-vano in piedi - continuano gli architetti -con spalle al vento come un branco di bu-fali, stretti l’uno all’altro per proteggersi vi-cendevolmente dalle forze della natura».Sono stati costruiti con compensatosottile e flessibile, e la “pelle” di ciascuno

è composta da 2 strati spessi 5 millimetri, tagliati in pat-tern e assemblati a un’armatura in legno, costituita dauna base triangolare e un asse centrale a forma di cu-neo. Test costruttivi hanno evidenziato i punti maggior-mente “colpiti” dalle sollecitazioni di flessione, di con-seguenza questi ultimi sono stati “sollevati” con una se-rie di tagli e aperture. La forma del rifugio è la risultantedi questo processo di sollecitazione e deformazione delguscio. L’aggregazione dei rifugi in un gruppo inizia met-tendone in relazione due, e la loro giustapposizione de-cide le dimensioni e l’accessibilità degli ingressi.Questo abbinamento, che può apparire casuale, in re-altà è deciso dalla misurazione di 120° di rotazione. Trecoppie vengono poi poste in relazione tra loro attraver-so una seconda rotazione di 90 gradi, formando il grup-

COME RIPARARSI DAL VENTO

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RIFUGI COSTRUITI GRAZIE A UN PROCESSO DI SOLLECITAZIONE E DEFORMAZIONE DEL COMPENSATO

Nelle foto: gli SkatingShalters, rifugi temporanei,situati lungo le piste dipattinaggio nella città diWinnipeg, in Canada

Messi tutti in relazione fra loro,i rifugi creano rapporti dinamicicon sole e vento, spostandosiin base all'ora del giornoe alle circostanze ambientali

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po e definendo uno spazio interno intermedio. Messi tutti inrelazione fra loro, i rifugi creano rapporti dinamici con solee vento, spostandosi in base all'orientamento specifico, l'oradel giorno e le circostanze ambientali. Sono strutture deli-cate e, in un certo senso, vive. Si muovono dolcemente nelvento, scricchiolando e ondeggiando a diversi ritmi, gal-leggiando precariamente sulla superficie del fiume ghiacciato,scrollandosi di dosso la neve che eventualmente si appog-gia sulla loro superficie. La natura fragile ed esile dei rifugifa sì che chi trova protezione sotto di loro sia consapevoledell’inevitabilità, della ferocia e della bellezza dell’inverno nel-le praterie canadesi. (di Cristiana Zappoli)

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Gli olandesi a New York. Un connubio storico. Un lega-me che la città di New York e l’Olanda non possono e nonvogliono dimenticare e che anzi ci tengono a festeggia-re. E per commemorare i 400 anni di storia insieme, lostudio di architettura olandese, UNStudio, ha progetta-to un padiglione dalle morbide geometrie scultoree, il NewAmsterdam Plein & Pavilion. La struttura simboleggia l'in-contro tra le due diverse culture. È un crocevia tridi-mensionalmente risolto come un fiore, un ranuncolo, unquadrifoglio dalle linee avvolgenti, sinuose e smussate.Un getaway urbano, frequentato da 150mila persone, po-sto nel cuore della Peter Minuit Plaza, tra il Battery Park,il parco pubblico più grande e dinamico di Manhattan, eil lungomare. La punta meridionale dell’isola di Manhat-

tan nel 1626 è stata al centro della storia dell’emigrazionefiamminga, ha ospitato numerosi olandesi e proprio lì ven-ne costruita la nuova colonia che chiamarono New Am-sterdam. Oggi il parco è completamente gestito dall’or-ganizzazione no-profit, The Battery Conservancy che, fon-data nel 1994, controlla, sovrintende e ha sovvenzionatola costruzione del Battery Park. La Peter Minuit Plaza èil vero fulcro intermodale della città di New York, dove bi-ciclette, metropolitane, autobus e traghetti si incrocianoe si interscambiano tra loro. Un luogo dove è possibilegodere della natura e approfondire aspetti quale l’arte,il cibo, l'ambiente e la storia dai due popoli condivisa. Ilnuovo padiglione, il New Amsterdam Plein & Pavilion,omaggio dei Paesi Bassi a Manhattan, è il centro di tut-to questo. E simboleggia la dedizione che la città, lo Sta-to di New York, il governo federale e il lavoro della Con-servancy hanno impiegato per creare il Battery Park. Ilpadiglione è il perno di tutto il polo intermodale e lo ren-de anche un ambiente moderno e sofisticato, ricco di lus-sureggiante vegetazione, un dinamico simbolo dell’in-terscambio culturale, proprio come il ritmo della vita con-temporanea, in una città quale New York richiede. Perun parco di 8,5 ettari, luogo natale di New York City, fat-to di verde e di acqua, che si affaccia sul porto della cit-tà, la struttura che gli UNStudio hanno progettato ha unasagoma curvilinea e compatta. Un'unica superficie va-riamente piegata e dalla forma morbidamente naturale.All’interno ospita spazi che si diversificano in più ambientiespositivi e punti di informazione e di comunicazione su

UN AVVOLGENTE QUADRIFOGLIO

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UN PADIGLIONE PER COMMEMORARE I 400 ANNI DI STORIA TRA LA CITTÀ DI NEW YORK E L’OLANDA

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Sopra e sotto: NewAmsterdam Plein & Pavilioncostruito a New York.In alto, a destra: plastico inresina. Di fianco: lo schizzomette in luce la forzacentripeta della struttura.Un volume che rielaborale quattro possibili direzionifacendole divenire forzaprogettuale

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quel mondo olandese che oramai è un tutt’uno con quellonewyorkese. Uno spazio strategicamente pensato come luo-go di ritrovo e socializzazione, dove 5 milioni di persone al-l’anno, inclusi i 70mila pendolari e più di 2 milioni di turisti pas-sano quotidianamente. Un vero salotto cittadino, icona diquattro secoli di storia fiamminga, luogo di passaggio ma an-che di sosta che simbolicamente alberga alle porte del co-nosciutissimo quartiere finanziario. Un ambiente progettatosecondo principi scultorei suadenti e che illuminato da un si-stema a LED consentirà nelle ore notturne un dinamico cam-biamento di colore alle quattro facciate. Una studiata impo-stazione illuminotecnica che, come dichiarò lo stesso Ben vanBerkel, uno dei fondatori dell'UNStudio, "trasporterà dinotte la vivacità del giorno”. (di Mercedes Caleffi)

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È una struttura di 500 mq che verrà inaugurata nel 2012e che per quattro anni si sposterà a rotazione tra le mag-giori città brasiliane. Si chiama Mobilizarte, nasce dall’ideadel consulente artistico francese Marc Pottier ed è un pa-diglione temporaneo itinerante progettato dallo studio diarchitettura di Nicholas Grimshaw che si è aggiudicato ilconcorso per realizzarlo bandito nel 2010 e aperto a 35partecipanti. L’obiettivo del padiglione è quello di contri-buire alla promozione del Brasile nell’arco di quattro anniparticolarmente importanti per il paese sudamericano chenel 2014 ospiterà la Coppa del Mondo di calcio e nel 2016addirittura le Olimpiadi. La struttura sarà un centro culturalee un luogo di aggregazione, che ospiterà rassegne cine-matografiche, esposizioni di artisti emergenti del panoramalocale, laboratori didattici, progetti satellite delle manife-stazioni sportive come la Coppa del Mondo e appunta-menti strettamente legati agli eventi più significativi in Bra-sile, come Rock in Rio. Le dieci città che ospiteranno Mo-bilizarte sono Brasilia, Florianopolis, Fortaleza, Ouro Pre-to, Paraty, Porto Alegre, Recife, Rio de Janeiro, Salvador,San Paulo, dove ogni anno, per tutta la durata del pro-getto saranno presentati mostre ed eventi. Si è optato per

la scelta di un numero limitato di città dove il padiglionetornerà a rotazione, nel tentativo di creare un rapportostretto e partecipativo con il pubblico. L’idea nasce an-che per compensare la frustrazione di chi non potrà par-tecipare direttamente ai grandi eventi che il Brasile ospi-terà: Mobilizarte coinvolgerà un gran numero di brasilia-ni che potranno sentirsi partecipi di queste manifestazioniattraverso mostre e proiezioni di film a loro legati. La strut-tura sarà quindi perfettamente integrata nella città e l’ac-cesso sarà libero. Ispirato alla filosofia e ai principi del Mo-vimento Moderno brasiliano, il disegno del padiglione tem-poraneo tiene ben presente le necessità logistiche di mo-bilità: materiali e sistemi costruttivi sono stati selezionatial fine di garantire agevoli operazioni di installazione esmontaggio. La costruzione si adatterà perfettamente aidifferenti contesti urbani e, grazie a piccole modifiche, saràun progetto ecologicamente, economicamente e so-cialmente sostenibile ovunque verrà montato. «Ogni

In questa pagina: alcunirendering del progettoMobilizarte, caratterizzato daun sistema di ventilazionenaturale che utilizza i pallonicome ammortizzatori ad ariaper creare una comfort zonegradevole per i visitatori

FLESSIBILITÀ E SOSTENIBILITÀ

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IN BRASILE, DIECI DIVERSE CITTÀ OSPITERANNO A TURNO IL PADIGLIONE PROGETTATO DA GRIMSHAW

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luogo richiede un approccio diverso, ha un clima specifico euno specifico contesto economico e sociale» spiegano dal-lo Studio Grimshaw. «La nostra proposta è quanto di più lon-tano dall’idea di una soluzione standard “appoggiata” nellediverse località come se fosse un disco volante che atterraall’improvviso. Noi abbiamo basato il nostro progetto sull’ideadi una costruzione flessibile che si può adattare ai differentiluoghi, climi e programmi». Il terreno su cui verrà costruito ilpadiglione in ogni città sarà preparato attraverso un pro-gramma di sensibilizzazione della comunità locale che si ado-pererà per creare un orto paesaggistico che sarà parte inte-grante dell’installazione e sarà l’elemento di unione fra la po-polazione locale, il progetto e gli eventi. «Il giardino - prose-guono gli architetti - sarà l’eredità cheMobilizarte lascerà quan-do se ne andrà». Il padiglione, a detta di Grimshaw stesso,trova ispirazione nello spirito di puro ottimismo diffuso in Bra-sile: l’ottimismo che si ritrova nel lavoro e nel lascito dell’ar-chitettura del Movimento Moderno Brasiliano, l’ottimismo chepervade la società come risultato di un’economia in espan-sione, l’ottimismo legato all’organizzazione di importantieventi sportivi nei prossimi dieci anni. «Il nostro padiglione èsì Moderno, ma la sua modernità è legata al valore del mo-vimento e non a modelli già costruiti in precedenza». Un ori-ginale sistema di copertura, una sorta di lamina forata con aper-ture circolari nelle quali si inseriscono palloni di materiale pla-stico pieni di elio, conferisce al padiglione un aspetto singo-lare assicurando allo stesso tempo l’opportunità di produrreinediti schemi di illuminazione e una ventilazione naturale re-golabile. Il progetto non comprende un impianto di aria con-dizionata. L’itinerario attraverso le città è stato concepito ba-sandosi non solo sulla logistica ma anche analizzando il pro-filo climatico e quindi le temperature minime e massime del-le diverse zone. In questo modo è sufficiente il sistema di ven-tilazione naturale che utilizza i palloni come ammortizzatori adaria per creare una comfort zone gradevole per i visitatori. Tut-ta la costruzione si basa su un sistema modulare adattabilea diverse configurazioni: un kit di pezzi assemblabili in diver-si modi. La modalità di costruzione permette di dividere il la-voro fra più squadre che operano in modo da installare nel-lo stessomomento le diverse parti del padiglione: i piani, i muri,il soffitto, il tetto, i palloni in materiale plastico. «Abbiamo con-cepito il progetto – conclude Grimshaw – pensando che Mo-bilizarte dovrebbe essere atteso con ansia, celebrato con en-tusiasmo e ricordato con affetto». (di Cristiana Zappoli)

Fibra di vetro

Tessutoin PTFE

Trave reticolarein acciaio

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LA VILLE DIVENTA INTELLIGENTE

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LA STRUTTURA RAPPRESENTA I COLLEGAMENTI CHE LA CITTÀ DEL FUTURO DEVE CREARE PER CRESCERE

Ancora una volta gli architetti Jakob + MacFarlane sicimentano con un’architettura arancione. Non è vo-luto, il colore non fa parte del loro linguaggio, non viè alcun legame con il Cube Orange di Lione, è soloun caso. La Ville Intelligente è una piccola strutturatemporanea sempre di colore arancione perchésovvenzionata dall’Orange Group + Arteria, monta-ta nel mese di giugno, per pure ragioni espositive, al-l’interno del Parc de la Villette di Parigi: il parco legatoalla divulgazione della scienza e alle manifestazioniculturali e progettato negli anni ‘80 del secolo scor-so dall’architetto svizzero Bernard Tschumi. La po-sizione de La Ville Intelligente all’interno del parco ètra la famosa struttura La Geode, che rispecchia eavvicina le nuvole ai passanti e il canale d’acqua del'Ourcq. È una struttura in tubolari di acciaio che hauna forma organica e che vista dall’alto potrebbe ri-cordare un animale preistorico corazzato, se non fos-se che sotto i tubolari montati a maglie molto largherivela la sua vera natura fragile e temporanea: un tes-

suto idrorepellente, preteso, di casa Ferrari, che silega attraverso dei lacci alla struttura portante. Èun’architettura espositiva pensata appositamente perospitare alcune manifestazioni riguardanti il futuro del-la città e le sue possibili evoluzioni legate alla do-motica e alle molteplici interazioni tra aspetti sociali,urbanistici e quelli connessi al mondo del web.L’inaugurazione della struttura è avvenuta, infatti, conuna esposizione emblematicamente chiamata Hel-lo Demain, dove realtà virtuali proiettavano il visita-tore in visioni future della città di Parigi. La struttu-ra arancione è realizzata con una maglia metallicache simbolicamente potrebbe rappresentare le va-rie interrelazioni e i possibili collegamenti che una cit-tà del futuro dovrà creare per crescere: per poter nonsolo adattare ma anche modulare la crescita urba-nistica della città ai cambiamenti sociali. Le arcatespezzate e variamente saldate, secondo regole bendiverse da quelle che portano alla costruzione di unarco classico, scaricano direttamente a terra attra-

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verso gli ultimi due segmenti che, diventando piedritti,si incastrano in elementi circolari ampi più di quanto so-litamente è richiesto per evitare l’effetto punzonatura delterreno sottostante. Le diverse arcate spezzate sono traloro raccordate, rinforzate e controventate da altri ele-menti tubolari che vi si legano attraverso delle bullonaturerealizzate lungo le piattine di raccordo con la sezionecircolare dei tubolari. Il particolare telo tagliato e cuci-to per poter mantenere in tensione le fibre si fissa allastruttura portante con un cordoncino, ovviamentearancione che, passando dalle asole metalliche presentiai margini dei teloni, avvolge quei segmenti metallici ap-positamente saldati nella parte interna dei tubolari me-tallici formanti le arcate principali. Saldature, bullonature,legami, intrecci, nodi e poliedri irregolari creano una reterigida che rappresenta i possibili intrecci necessari allosviluppo di una città futura e futuribile.Una città fatta di relazioni e scambi, di cultura e di rete,di saperi interdisciplinari e interfacciati tra loro. Una cit-tà che diventerà agorà, dove i cittadini avranno sem-pre più voce e possibilità di relazionarsi con essa in mododiretto ed esplicito. Un luogo che potrà cambiare, sem-pre economia permettendo, adattandosi alle palesateesigenze dei cittadini. (di Gianfranco Virardi)

1. Telecom History; 2. Teleconferenze; 3. Trasporti; 4. Informazioni città;5. Attrezzature urbane; 6. Città sostenibile; 7. Direzione generale

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Legno, plastica riciclata e vetro. Sono questi i materia-li con cui è stato realizzato Eureka, il piccolo padiglio-ne progettato dal multidisciplinare studio londinese NEXin nome della nota rivista scientifica, The Times Eure-ka Garden, e presentato alla RHS Chelsea Flower Show2011, la grande mostra di primavera della Royal Horti-cultural Society. Il quotidiano inglese, il Times, per par-tecipare all’evento con la propria rivista ha chiesto a Mar-cus Barnett di progettare e realizzare un giardino. Il notopaesaggista lo ha realizzato completamente con notepiante dalle proprietà mediche, ma per il progetto del pa-diglione ha coinvolto lo studio NEX. Eureka è una pic-cola architettura temporanea progettata secondo la lo-gica appartenente al processo di crescita cellulare delmondo vegetale del quale ripropone una rilettura e unadattamento dei rigidi e precisi principi geometrici. È unsemplice cubo sorretto da una duplice maglia, prima-ria e secondaria, completamente realizzata in legno. Lastruttura primaria, in abete rosso, è portante e riproponele pareti laminari che caratterizzano le poliedriche cel-lule parenchimatiche. Quella secondaria, sempre rea-lizzata con lo stesso tipo di essenza vegetale, fa da sup-porto agli elementi in plastica riciclata che riproduconola geometria capillare interna. L’intera struttura è statadisegnata usando dei complessi algoritmi programma-ti per simulare la crescita naturale delle piante e sup-portare il progetto: arrivare ad un’architettura in gradodi dare ai visitatori la suggestione di trovarsi all’internodi un modello di struttura biologica vegetale in scala. Su-bito dopo il completamento del modello in 3D, esigen-

ze architettoniche e strutturali hanno richiesto studi piùapprofonditi, condotti dallo studio Buro Happold, sul-le peculiarità del legno in relazione alla struttura stes-sa, perché geometricamente le diverse celle sono sta-te sviluppate secondo un’estrusione concentrica aven-te come fuoco un centro algoritmico variabile per ognu-na di loro. Il padiglione, una piccola sezione cubica ditessuto vegetale, è stata pensata in previsione del de-finitivo posizionamento nello storico paesaggio del

Nelle foto: le immaginie la vista in 3D mostranocome il piccolo padiglioneligneo sia stato pensatoappositamente per essereinserito all’interno delgiardino progettato daBarret. In bassoa destra: assonometriadell’intera struttura

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ISPIRARSI AL TESSUTO VEGETALEUN’ARCHITETTURA ALL’INTERNO DELLA QUALE SI REALIZZA UNA STRETTA SIMBIOSI TRA UOMO E NATURA

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parco di Kew, a sud-ovest di Londra, così da essere fa-cilmente trasportabile. Impostato per essere autonomo,il padiglione non lascerà alcun segno della sua presenzaalla RHS Chelsea Flower Show e il suo appoggio a zat-tera, senza alcun ancoraggio sul terreno, per resisterealle intemperie, è stato letteralmente zavorrato con del-la sabbia, escamotage adatto anche all’assorbimentodell’acqua piovana che dalla copertura in vetro, pas-sando all’interno degli elementi strutturali, si raccogliealla base. La suggestione che lo studio NEX e il pae-saggista Barnett hanno voluto dare con i loro progettiintegrati è quella della simbiosi tra uomo e natura. Un’au-tentica immersione all’interno della natura. Quella stes-sa natura che lo accoglierà anche alla fine dell’esposi-zione quando il padiglione sarà smontato e ricostruitonei mitici Kew Gardens, divenuti, da qualche anno, unvalido centro di ricerca botanica, promotore anche delMillennium Seed Bank Project, la Banca dei semi perla tutela della biodiversità. (di Gianfranco Virardi)

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LA CATTEDRALE DEL SEME

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IL PADIGLIONE INGLESE, PROGETTATO DA HEATHERWICK, HA VINTO IL PREMIO RIBA LUBETKIN PRIZE

L’Expo 2010 a Shanghai è stata l’esposizione universa-le più grande di sempre, la più maestosa e scenografi-ca. Hanno partecipato 189 paesi e sono state 57 le or-ganizzazioni internazionali che hanno voluto portare il lorocontributo per la riuscita dell'evento. Tra gli elementi di at-trazione maggiore di tutta la fiera, con una media di 50milavisitatori al giorno, rientra l’innovativo padiglione inglese,disegnato dall'architetto Thomas Heaterwick che nel 2007ha vinto il concorso per la sua realizzazione. Il progettodi Heatherwick, da subito ribattezzato Seed Cathedral (laCattedrale del Seme), ha esplorato la relazione tra natu-ra e città, tema pertinente a quello dell’Expo di Shanghai.La struttura, costata 13 milioni di euro, è nata guardan-do a tre obiettivi principali: l’architettura del padiglione do-veva essere una manifestazione diretta dei contenuti cheesibiva; doveva essere uno spazio pubblico significativo

in cui i visitatori potessero rilassarsi; doveva avereun'idea progettuale semplice ma al contempo suffi-cientemente forte da potersi distinguere tra le centina-ia di padiglioni in competizione. Nella zona che circon-da la Seed Cathedral, una serie di installazioni esplora-no le particolarità della natura e delle città d'Inghilterra.Il padiglione si configurava come un edificio a sei pianidi oltre 20 metri di altezza e formato da 60mila "coni re-tinici trasparenti", aste trasparenti di 7,5 metri di lunghezzache si lasciavanomuovere dal vento. Durante il giorno ogniasta si comportava come una fibra ottica portando al-l'interno la luce e contribuendo così a creare uno spaziodecisamente contemplativo. Di notte, invece, la luce chepartiva dall'interno del padiglione si incanalava fino a rag-giungere l'apice esterno di ogni asta, illuminandoloesternamente. Sono stati inseriti più di 10mila semi nei

Sotto: il padiglione inglesepresentato a Shanghai.Si tratta di un singolareesempio di creatività einnovazione e si presentacome una struttura di seipiani interamente rivestitada 60mila fili acrilicitrasparenti lunghi 7,5metri che si muovonoinsieme al vento

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punti terminali interni delle aste trasparenti, così da mostra-re a tutti i visitatori i differenti semi che contribuiscono alla con-servazione naturale ed ecosistemica globale del pianeta in tut-te le sue necessità, da quelle mediche a quelle energetiche.Il paesaggio circostante alla Seed Cathedral era concepitocome una continuazione dell’edificio. La struttura era poggiatasu una piattaforma simile a carta stropicciata che ricordavauna formazione rocciosa, sollevandosi in alcuni punti per crea-re percorsi coperti. Il team di designer ha utilizzato LED sin-cronizzati rivestiti con un sistema di lenti per rifrangere la luce,proiettandola a terra con un effetto alone. «Il nostro compi-to - spiegava Thomas Heatherwick prima dell’Expo - è di farspiccare il padiglione inglese. Abbiamo deciso di raggiunge-re tale obiettivo realizzando un oggetto straordinario, non ri-conoscibile nei termini convenzionali, collocato in uno spa-zio aperto». Il padiglione di Heatherwick ha vinto il prestigio-so Riba Lubetkin Prize, un premio inglese consegnato dal Ro-yal Institute of British Architects all’architettura internaziona-le più rappresentativa progettata da un membro del Riba. Ilpadiglione inglese di Shanghai ha battuto la concorrenza dialtri due progetti: Timberyard Social Housing a Dublino diO’Donnell and Tuomey e l’Anchorage Museum al RasmusonCentre in Alaska firmato da David Chipperfield.

Sopra: planimetria del padiglione inglese. Sotto: l’interno del padiglione

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ISPIRATO A HENDRIX E MOZART

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CAPACITÀ DI 500 POSTI. È RELATIVAMENTE PICCOLO E PUÒ VENIRE TRASPORTATO DI CITTÀ IN CITTÀ

Il Pavilion 21 MINI Opera Space è uno spazio tempora-neo e ricollocabile, progettato come polo ausiliario dellaBavarian State Opera di Monaco per il Festival dell’Ope-ra di Monaco 2010, in occasione del quale il padiglioneè stato montato sulla Marstallplatz. Progettato dagli ar-chitetti della Coop Himmelb(l)au, la struttura ha un’archi-tettura sperimentale e inconsueta che ben si adatta a rap-presentazioni musicali sperimentali di tipo itinerante. Du-

rante il Festival artisti internazionali dei settori performance,arti figurative, letteratura ma anche compositori, registi emusicisti sono stati invitati a superare i confini che li se-parano dalle altre forme d’arte e a utilizzare lo spazio conformati insoliti e inaspettati. Coop Himmelb(l)au è una coo-perativa di architetti fondata daWolf D. Prix, Helmut Swic-zinsky e Michael Holzer con sede principale a Vienna. Ilnome è un gioco di parole: "himmelblau" significa “cieloblu” e mettendo fra parentesi la "l" si aggiunge il signifi-cato di "himmelbau", ovvero “edificio che sta in cielo”.Sono senza dubbio fra i rappresentanti più significativi delpanorama architettonico mondiale, tra i loro lavori spic-cano il Musée de Confluences a Lione, l'House of Mu-sic ad Aarlborg, l'European Central Bank a Francoforte,l'Akron Art Museum in Ohio, e l'Academy of Fine Arts ela BMWWelt a Monaco. Nella progettazione del padiglionegli architetti si sono trovati davanti a problemi non indif-ferenti derivanti dai vincoli progettuali. Il loro compito eraquello di creare uno spazio per rappresentazioni speri-mentali che comprendesse 300 posti a sedere oppure 700in piedi, il padiglione doveva essere smontabile, tra-sportabile e rimontabile e doveva fortemente caratteriz-zare, con la sua forma, lo spazio urbano che lo ospita-va. Ma leggerezza e smontabilità sono caratteristiche che

Nelle foto: interni ed esterni del Pavilion 21 MINI Opera Space.Le superfici in alluminio e la lana d'acciaio per l'assorbimentodel suono garantiscono un'ottima acustica per tutti i tipi di evento

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si scontrano con requisiti di isolamento acustico, più facilmenteottenibile con masse importanti e permanenti. Il Pavilion 21MINI Opera Space doveva quindi superare una contraddizione:essere una costruzione leggera che consentisse lo smontaggioe il montaggio veloce ma che, allo stesso tempo, soddisfa-cesse le necessità acustiche di una sala da concerto. La sfi-da progettuale è stata risolta attraverso un complesso stu-dio formale e morfologico sviluppato in collaborazione con lostudio londinese Arup. Fin da subito gli architetti della CoopHimmelb(l)au hanno pensato di tradurre in spazio le sequenzesonore, ragionando quindi su un’operazione di soundscaping,per costruire uno spazio generato dalla e per la musica. L’ideadi combinare l’architettura con la musica non è nuova, comenon è nuovo il termine soundscaping che è stato coniato nel1940 e descrive un metodo compositivo che si basa sulle teo-rie della "Gestalt", nella convinzione che quello che siamo esentiamo è il risultato di una complessa organizzazione cheguida anche i personali processi di pensiero. Il tema del rap-porto tra musica e architettura fu affrontato anche da Le Cor-busier insieme a Iannis Xenakis, i due studiarono a lungo larealizzazione tridimensionale delle composizioni musicali. LeCorbusier fu uno dei primi a sperimentare l'applicazione del-le proporzioni armoniche nella progettazione mediante la mes-sa a punto del Modulor.La Coop Himmelb(l)au aveva pianificato tre fasi per arrivareal risultato voluto: in primo luogo, realizzare un effetto scher-matura tra la piazza e la strada, poi studiare la geometria delpadiglione in modo che la superficie deviasse il rumore e, inultimo, progettare la superficie in modo che riflettesse e as-sorbisse il suono. Lo spazio interno del padiglione e la suamorfologia esterna sono stati disegnati proprio dalla musica,mediante una complessa traduzione spaziale di sequenze so-nore tratte da "Purple Haze", celebre brano di Jimi Hendrix,e dal “Don Giovanni” di Mozart e successivamente modella-te tridimensionalmente mediante uno specifico software. Al-l'interno del padiglione sia le pareti che i soffitti sono stati ri-vestiti da una combinazione di pannelli sandwich perforati, ne-cessari per assorbire e dissipare le onde sonore anche pro-venienti dall'ambiente interno e riflesse dal pavimento. Nellostesso tempo le geometrie interne sono state studiate in mododa eliminare effetti di riverbero e riflessione grazie alla sceltadi non utilizzare superfici piane o parallele, terreno favorevo-le per la propagazione di questi fenomeni. Il guscio è carat-terizzato da elementi piramidali affilati e asimmetrici realizza-ti in pannelli metallici, pensati per rompere le onde sonore evi-tando fenomeni di riflessione e riverbero.L’architettura del padiglione è completata ed esaltata dall’il-luminazione, curata dallo studio viennese CAT-X. Le complessee multiple proiezioni di luce studiate per questa struttura nonsolo illuminano la sala, ma cambiano la percezione dello spa-zio, dando l’impressione che l’architettura si muova. Le dif-ferenti scale cromatiche della luce si alternano in successio-ne e si modulano in funzione delle frequenze musicali prodottedurante gli spettacoli. La traduzione dei suoni prodotti nel-l'auditorium in luci e forme visibili sulle pareti del padiglione,avviene in tempo reale attraverso un complesso sistema dicontrollo computerizzato. (di Cristiana Zappoli)

ARCHITETTARE

v.tr. [dallat. architectari, der. di

architectus «archi-

tetto»] (io architétto, ecc.)

. - 1. (archit) Concepire il

disegno di una cos

truzionesecondo

le leggi dell’archi-

tettura ecurarne

l’esecuzione. 2. (f

ig.) a. Ideare,

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ARCHITETTURAa cura di Iole Costanzo

Studio Nicoletti e Hijjas Kasturi

Zaha Hadid

Soma Architecture

Phu Hoang Office e Rachely Rotem Studio

Leo Modrcin

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Sotto: vista ravvicinata delrivestimento adoperato perl’esterno della struttura: pannelliflessibili e plastici alucobondrealizzati in alluminio leggero

A sinistra: vista laterale dello spazio espositivo“The Pod”, progettato per ospitare uffici venditee showroom per la costruzione di un nuovoquartiere residenziale a Kuala Lumpur. Lospecchio d’acqua è stato progettato per ottenerein modo naturale la mitigazione climatica interna

GEOMETRIE TRASLATETHE POD / Luca F. Nicoletti e Serina Hijjas

KUALA LUMPUR (MALESIA). Lo Studio NicolettiAssociati Italy insieme all’Hijjas Kasturi AssociatesSdn in Malesia nella zona di Petaling Jaya, a ovestdi Kuala Lumpur, ha progettato un padiglione dal-le forme sinuosamente traslate. “The Pod” è un’ar-chitettura blobforme, rigonfia, che vagamenteavrebbe ricordato un’ameba se non fosse total-mente sezionata secondo un ritmo variabile. Le di-verse sezioni ellittiche e ambiguamente concentri-che traslano tra loro lungo il taglio rompendo la con-tinuità del ricurvo perimetro. La massività scultoreache la struttura avrebbe potuto avere è stata de-strutturata, affettata, dinamizzata. Il volume, rigonfioin altezza, offre lungo i piani verticali dei tagli e del-le traslazioni la posizione per gli specchi di luce, aso-le che illuminano i due grandi ambienti interni e dan-no anche la possibilità dall’esterno di scoprirne va-gamente il contenuto. Dentro si può ammirare ununico spazio candido pensato prevalentemente perdue precipue funzioni: amministrative (con uffici esale dedicate alle riunioni) ed espositive. Il padiglioneè stato progettato come struttura di cantiere, perospitare gli uffici vendite e lo spazio mostra. Lo sho-wroom è completamente dedicato al plastico delquartiere e ai rendering organizzati e strutturati cosìda dare la giusta informazione sulla nuova area aespansione urbana in via di realizzazione nella par-

te est della città. Un nuovo quartiere residenziale eterziario dall’architettura contemporanea. Una nuo-va zona dove l’impianto della città subirà radicalicambiamenti tenendosi al passo con le innovazio-ni architettoniche che negli ultimi anni hanno let-teralmente investito Kuala Lumpur, la capitale delpaese che oscilla tra passato e futuro e che oggirisulta essere una sapiente miscela tra l’architetturacoloniale e quella contemporanea.Edifici prestigiosi e immensi grattacieli sono statipensati da grandi firme del jet-set dell’architetturainternazionale per la città costruita nel cuore dellaforesta vergine. Strutture dalle tecnologie più attualiche smentiscono sempre più l’origine etimologicadel nome Kuala Lumpur: “confluenza fangosa”.“The Pod” è stato quindi pensato per attrarre e in-vogliare i cittadini a partecipare a questo nuovo svi-luppo e per tanto è stato chiesto allo studio Nico-letti e Kasturi di progettare questo nuovo spazio dacollocare all’interno dell’area di cantiere e che ri-spondesse ai canoni estetici dei futuri edifici. Il pa-diglione ha uno sviluppo di circa 800 metri quadratie un’altezza che varia dai 4 agli 8 metri. La piantaricorda la forma o di un baccello, e così si spiegalo stesso nome, o di una goccia d’acqua. Una for-ma morbida che dopo varie sezioni e traslazioni siè consolida trasformando le fragilità in punti di for-

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“The Pod” ha la formadi un baccello, dal perimetrorigidamente geometrizzato.Le diverse sezioni ellittiche,che donano a tutta lastruttura l’impressionedi essere stata affettata,traslano tra loro creandolo spazio per l’inserimentodelle superfici vetrate

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Sopra: la planimetria del padiglione. L’intera struttura si divide in due zone di ampiezze diverse. A fare da legante tra le due la strozzatura centrale. La parte più piccolaè suddivisa in più ambienti ospitanti la parte amministrativa. L’ampio salone posto nella parte iniziale della struttura ha funzione di spazio espositivo. Sotto: la sezionelongitudinale. Gli elementi ellittici che assemblati formano il corpo della struttura sono percepibili anche all’interno e lo caratterizzano con diverse altezze rigidamente raccordate

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Sotto: i quattro prospetti. Quelli longitudinali fanno leggere le altezzedei diversi elementi. Quelli frontali rivelano la sinuosità dell’opera

za. Al suo interno solo l’area espositiva occupa più del-la metà di tutta la superficie totale, e pur essendo un uni-co ambiente si presenta vario e dinamico. L’altezza cam-bia per ogni sezione traslata e il candore dell’intonacobianco si adatta alle varie fonti di luce, mentre le diver-se altezze si raccordano in più punti con i tagli di vetroche arricchiscono l’interno non solo di luce diurna maanche del paesaggio urbano che vi sta intorno.La struttura portante, completamente realizzata con com-ponenti in tubolare d’acciaio, è rivestita sia all’interno cheall’esterno. Entrambi i rivestimenti sono bianchi, quellointerno è opaco mentre quello all’esterno è lucido e ri-flettente. Quest’ultimo è realizzato con pannelli alucobondibrido, flessibili e plastici realizzati in alluminio molto leg-gero e dalle geometrie regolari, in grado di offrire una buo-na stabilità e anche un’ottima resistenza alle intempe-rie. Il guscio protettivo di tutto l’edificio potrebbe esse-re assimilato ad una serie di nastri variamente adagiatisulla struttura e che visti a una certa distanza sembra-no continui. I pannelli nella realtà presentano diversi ta-gli che si raccordano tra loro mantenendo una piccoladistanza, un sottile ricorso nero che geometrizza la su-perficie di copertura senza frammentare ulteriormente

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CREDITIArchitetti Studio NicolettiAssociati Italy and Hijjas KasturiAssociates Sdn, MalaysiaSviluppo MKH Group, MalaysiaConstruzione Bina Jurati Sdn BhdDimensione 800 sqmFine lavori 2010

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l’immagine già discretizzata dell’intero edificio. “The Pod”se pur progettato e costruito come struttura tempo-ranea, perché al completamento del piano sarà total-mente rimossa, risponde pienamente ad alcuni principibase della bioclimatica. Semplici e minimi accorgimenti,infatti, migliorano e assicurano un elevato benessere al-l’interno degli ambienti sia nelle calde ore diurne sia nel-le fresche e umide ore serali. Il verde oltre a rinfresca-re penetra attraverso i tagli di vetro all’interno dei can-didi ambienti e ne modifica la percezione e lo specchiod’acqua lungo i bordi esterni che aiuta la climatizzazionemitigandone gli sbalzi di temperatura. E se “The Pod”è solo uno showroom ben curato e di ottima qualità ar-chitettonica, perché non pensare che in qualchemodo può essere garante della qualità che i prossimiacquirenti potrebbero riscontrare nelle future costru-zioni? Vale a dire che uno showroom, oltre ad essereuno spazio espositivo, può essere anche percepitocome spazio dimostrativo, a garanzia della qualità delprogetto che ospita.

A sinistra: la sala espositiva ospita sul fondo l’isola su cui è appoggiato il plastico(nell’immagine sopra) del nuovo quartiere che sarà costruito sull’area occupata dal padiglione. Ai

margini del salone sono poste le tavole con i rendering, visibili anche nell’immagine posta in basso

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DINAMICITÀE TECNOLOGIA

PARIGI (FRANCIA). È la sintesi e il connubio di due fi-loni di ricerca. Quella sartoriale di Chanel e la tra-sgressione architettonica di Zaha Hadid. È il Mobile ArtPavilion. Due mondi cronologicamente distanti che siincontrano, si inviluppano e si avvolgono in una archi-tettura effimera dei nostri tempi fatta di geometrie flui-de e organiche. Linee che, interpretando l’idea di sen-suale ed elegante femminilità della casa di moda pari-gina fondata da Coco agli inizi del secolo scorso, crea-no il Mobile Art Pavilion. L’architetto anglo-iracheno loha progettato nel 2008 quando Karl Lagerfeld, stilistadella casa parigina, commissionò uno spazio tempo-raneo per l’esposizione curata da Fabrice Bousteau, ildirettore della rivista Beaux Arts Magazine, per far co-noscere le diverse opere che alcuni artisti internazionaliavevano realizzato con l’intento di interpretare la filosofiadel marchio Chanel e la linea della mitica borsa in ma-telassé. Di tutto il tour mondiale che era stato previstosolo Hong-Kong, Tokyo e New York sono le tappe at-tuate. Il momento economico mondiale ha portato la fa-mosa casa di moda a concludere il programma e riporreil padiglione in un container a Le Havre, fino a quandonon si è creata la circostanza di poterlo rimontare nel-la piazza antistante l’IMA, l’Institut du Monde Arabeun’importante architettura contemporanea per la cittàdi Parigi, progettata da Jean Nouvel e inaugurata nel1987. Dal 28 aprile 2011 l’avvolgente e candido Mo-bile Art Pavilion ha trovato questa nuova collocazione.Sembra essere stato progettato appositamente per que-sto spazio anche se per accogliere i suoi 770 mq e lasua struttura realizzata con 1752 collegamenti di acciaio,che pesano in totale 80 tonnellate, hanno dovuto rin-forzare il solaio del piazzale. È una struttura suadente,organica, morbida ed elegante sostenuta da unoscheletro in acciaio e un telaio secondario realizzato conestrusi in alluminio. È completamente rifinita con una fi-bra rinforzata in plastica, ha un tetto in PVC e i lucer-nari realizzati con il nuovo e trasparente polimero clo-rurato, più leggero e più isolante del vetro, l’ETFE. Na-sce da una rielaborazione parametrica di una moda-natura classica convessa, il toro: una superficie geo-metrica generata dalla rotazione di una circonferenzalungo una retta ad essa esterna ma complanare. Unafigura geometrica greco/latina che, debitamente riela-borata, ha creato un’architettura, come la stessa vin-

MOBILE ART PAVILION / Zaha Hadid Architectes

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Un volume fluido e organico.Uno spazio espositivo pensatoper entusiasmare. È statomontato dall’aprile di quest’annonel piazzale antistante l’IMA,l’Institut du Monde Arabe di Parigi

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citrice dell'ultimo Stirling Prize 2010 e del Premio Pritz-ker nel 2004 ha dichiarato “capace di offrire alle per-sone la prospettiva di un mondo alternativo, da cui la-sciarsi entusiasmare…”. È un oggetto scultoreo dal-le fattezze intuitive e dinamiche, al cui interno lo spa-zio si presenta avvolgente e insolito, tautologicamen-te adatto in questo momento ad ospitare, fino al 30ottobre, una mostra su Zaha Hadid e quindi anche suse stesso. Mobile Art Pavilion è uno spazio pensatoper contenere una mostra itinerante. La sua architet-tura è nomade ed effimera, un container smontabile,trasportabile e ricostruibile in meno di una settimana.Non è però modulare. Ha una struttura in acciaio idea-ta secondo il concetto della ripetizione e della varia-zione dell’arco. E gli archi sono stati deformati per daremodo alla luce naturale di entrare all’interno dall’alto.Il corpo omogeneo e compatto è rivestito con scoc-ca bianca e lucida, interrotto e slabbrato dalla cosid-detta terrazza che inserendosi nel volume ne staccaun’ala, una piccola scheggia entro cui si trova la bi-glietteria. Gli altri elementi che costituiscono il padiglionesono il piccolo volume per il guardaroba, l’ampio spa-zio espositivo e la corte interna, il cuore luminoso del-l’intera struttura. La corte messa in collegamento conla terrazza crea uno spazio adatto agli eventi partico-lari e alle situazioni diverse dall’esposizione. È l’essenzadi tutto il padiglione. 65 mq con il tetto trasparente pen-sati per una giusta pausa dopo la mostra.

CREDITIProgettazione Zaha Hadid ArchitectesCliente ChanelAttuale cliente Institut du Monde ArabeLuogo ParigiCostruzioni Fayat GroupDimensioni 29m x 45m totale 700 mqSpazio espositivo 500 mq

Sinistra e destra: le foto mostrano lo spazio interno. I pannelliespositivi realizzati anch’essi in ETFE sono sostenuti da una strutturache ripropone gli incroci di una ragnatela dai filamenti neri.Il tema attuale dell’esposizione è l’architettura di Zaha Hadid,le prossime saranno sull’architettura del mondo arabo

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Il Mobile Art Pavillion accoglie grandi eventi legati al mon-do dell’arte e, a partire dalla mostra sull’architettura di ZahaHadid, diventerà lo spazio espositivo dell’arte araba. Com-pleterà quel mondo fatto di cultura, rapporti interdisciplinarie relazioni diplomatiche tra la Francia e i paesi Arabi comegià l’Institut du Monde Arabe, appositamente costruitosotto il presidente Francois Mitterand, rappresenta. En-trambi gli edifici insistono su una particolare area della Vil-le Lumière, una zona che si trova a cavallo tra due tes-suti della città, quello storico caratterizzato da costruzionidi tipo tradizionale e l’altro con l’impianto urbano di-scontinuo, posti nel cuore della metropoli proprio sul lun-gosenna di fronte al Pont de Sully. L’immacolato Mobi-le Art Pavilion grazie al suo involucro iridescente e luci-do gioca con la luce naturale, con le sfumature cangiantidei bagliori del giorno e morbidamente vi si adatta. Al suointerno la luce, relazionandosi con le superfici arcuate deipannelli di fibra plastificata, crea un ambiente fluido, av-volgente e accogliente, quasi archetipicamente femmi-nile. È una luce naturale e morbida, riflessa e mai diret-ta, che si alterna con quella artificiale appositamente pro-gettata per non entrare in conflitto con le opere espo-ste. Accortezza che si coniuga con la particolare at-tenzione che il pensiero arabo pone all’illuminotecnicae di cui è testimone anche l’IMA progettato da Jean Nou-vel, noto nel mondo per la sua particolare facciata pen-sata come un curtain-wall foto sensibile, un moucha-rabieh altamente tecnologico.

PIANO COPERTURA

PIANTA PIANO TERRA

1. Copertura trasparente della corte interna; 2-3. Copertura trasparente della salaespositiva; 4. Pannelli luminosi; 5. Rampa d’accesso; 6. Scale; 7. Biglietteria;8. Terrazza; 9. Guardaroba; 10. Entrata; 11. Sala espositiva; 12. Corte interna

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1. Corte interna;2. Sala espositiva;

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1. Corte interna;2. Sala espositiva;

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Mobile Art Pavilion presenta un volumeche nasce da una rielaborazione parametrica diuna modanatura classica che è stata modificata,deformata, rielaborata fino a diventare una formaassolutamente nuova. Uno spazio pensato perospitare l’arte. Creato per stupire. Un luogoche nei prossimi anni ospiterà e farà conoscereil ricco mondo dell’arte araba

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VARIAZIONE SUL TEMAMOBILE MUSIC PAVILION / Soma Architecture

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SALISBURGO (AUSTRIA). Quando una costante ge-nera oscillazioni e una regola applicata porta alla suastessa variazione allora la progettazione inequivoca-bilmente è legata alla realtà parametrica. Una realtàgeometrica “adattiva” del mondo tridimensionale chesotto la guida dello studio Soma ha portato alla rea-lizzazione del Mobile Music Pavilion di Salisburgo. Unluogo pensato per rafforzare il legame tra la città au-striaca e la Seconda Biennale della Musica Contem-poranea che ha avuto inizio lo scorso marzo 2011. Unnuovo spazio temporaneo costruito per accogliere unmondo fatto di sonorità ben diverse da quelle legateal linguaggio classico più che noto alla città che ha datoi natali a Wolfgang Amadeus Mozart, ma strettamenteconnesse invece alla ricerca atonale, minimale, ritmi-ca, sperimentale e d’avanguardia. Ma non è lo studiodell’acustica a guidare la morfogenesi di questa am-bivalente costruzione dalla forma vagamente morbi-da e soffice, che a sua volta è protetta da un eso-scheletro inquietante e rievocante il guscio di un ric-cio. Citando il titolo di un libro di Muriel Barbery, è pos-sibile affermare che questo piccolo padiglione è la pro-va dell’“eleganza del riccio” e di quanto una sovra-struttura inquietante e “pungente” sia comunque in gra-do di sollecitare l’immaginario collettivo con ciò chepuò essere considerato universalmente pericoloso econtemporaneamente sovvertirlo. L’abbinamento ele-ganza e variabilità è alquanto inusuale, ma in questocaso è proprio la variabilità il gioco che struttura il Mo-bile Music Pavilion e che lo rende armonioso ed ele-gante, in barba a chi afferma che l’eleganza appar-tiene all’architettura tradizionale in quanto risultante del-

l’applicazione del concetto della simmetria e di altri ca-noni classici. Ogni singolo elemento dell’esoschele-tro è montato in modo diverso e in modo diverso mo-dula la luce che vi si riflette facendo variare la perce-zione di sé. Questa piccola e temporanea architettu-ra sovverte alcuni concetti chiave. La struttura portanteè esterna ed è costruita secondo la logica del buttom-up cioè dal basso verso l’alto, dal piccolo al grande.È quel sistema in cui singole parti vengono connes-se tra loro in modo da formare componenti più gran-di e che a loro volta interconnesse tra loro realizzanoun sistema completo e anche più complesso. In que-sto caso la singola unità è una stecca di alluminio lun-ga un paio di metri, e tutte insieme sono legate tra lorosecondo regole che, pur variando per ognuna di loro,si attengono ad una logica additiva parametrica.Il Mobile Music è un padiglione trasportabile ed è sta-to progettato per poter essere assemblato più voltee sempre in luoghi diversi, nei dieci anni a venire. Pro-prio per questa progettualità futura una delle sue pe-culiarità non poteva non essere la flessibilità; carat-teristica ulteriormente garantita dalla suddivisionedella struttura in singole sezioni ad arco che variamenteconnesse modulano la possibilità di poter far cambiarela dimensione dello spazio, riducendo o aumentandoil numero di sezioni montate e assicurando così an-che una maggiore adattabilità alle diverse condizionidel sito. La versatilità del Mobile Music Pavilion di Sa-lisburgo è una specificità necessaria che fa sì che que-sto spazio possa ospitare anche conferenze o piccolispettacoli di danza o ancora per essere vissuto di-versamente dai cittadini. Condizione necessaria che

A sinistra: l’interno è rivestitodi tessuto bianco e ha unascansione regolare determinatadalle diverse sezioni variamentearcuate che assemblate dannovita al padiglione variandoneanche la dimensione

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Sopra: la planimetria della struttura portante dell’intero padiglione. L’esoscheletro progettato secondo la variazione della posizione dell’unico elemento costitutivo: una stecca d’alluminiolunga un paio di metri. Sotto: la pianta. La disposizione interna è strettamente legata ai moduli delle arcate e alla dislocazione dei moduli parallelepipedi che fa variare la fruizione interna

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Sopra: due viste, prospettica e frontale, di un singolo modulo della struttura portante.A destra: schema riassuntivo ed esplicativo delle possibili diverse disposizioni interne. Possibili altri usidifferenti dello spazio interno oltre all’ascolto della musica contemporanea per cui è stato progettato

SEZIONE LONGITUDINALE

PROSPETTIVA

PROSPETT0

PLANIMETRIA GENERALE

Basse sollecitazioni Alte sollecitazioni Supporto

ANALISI DELLE TENSIONI

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è stata risolta dal gruppo Soma con l’uso di elementi tri-dimensionali, parallelepipedi tutti uguali che, variamentespostati e sistemati, diversificano l’interno creando areedalle diverse altezze e pertanto dalle diverse funzioni. Sonoelementi che in piano creano un pavimento modulare geo-metricamente giustificato dalla discretizzazione del peri-metro del padiglione e che all’occorrenza diventano ele-menti di arredo. È la variazione il tema principale della pro-gettazione e dell’arredo e vale anche per ciò che concernela luce. All’interno essa varia perché ad illuminarlo è la stes-sa luce del giorno che penetrando tra le maglie delle stec-che variamente connesse incontra solo un sottile tessu-to dal colore chiaro. Ma anche all’esterno la luce diurna,specchiandosi e riflettendosi, cambia assecondando i di-versi angoli di connessione dei vari elementi.È uno spazio nato dal concetto della variazione, ma so-prattutto è un luogo dedicato alla musica. Un’architettu-ra, insomma, che risponde pienamente al concettoespresso dal compositore veneziano Luigi Nono, all’internodei suoi “Scritti e colloqui”, in cui definisce lo spazio so-noro “... una tale meravigliosa occasione sia per la sua pro-gettazione che per la sua possibile rispondenza a nuovicriteri architettonici-culturali e sociali…”. Ma nonostantenegli anni Novanta non fosse molto in uso progettare erealizzare uno spazio temporaneo per l’ascolto è statosempre Nono nella stessa opera a scrivere: “oggi è ne-cessario uno spazio architettonico continuamente tra-sformabile e definibile nella sua finalità molteplice”.

CREDITIProgettisti Soma ArchitectureLuogo Salisburgo, AustriaStrutture Bollinger Grohmann Schneider ZT GmbH, ViennaProgetto luci Podpod, ViennaCostruzione Unterfurtner GmbH, Austria

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Nasce da una rielaborazione di un progetto di Char-les Correa la struttura espositiva temporanea com-pletamente realizzata con materiali poveri o comun-que di recupero dall’Università di Padova. È la confermadi come sia possibile costruire a basso costo. L’ideaè cresciuta nel tempo in seguito ad una visita che quat-tro anni fa un gruppo di studenti fece a Chicago pervisitare il Campus universitario dell'IIT. In quell’occa-sione alcuni laureandi stavano presentando i loro la-vori e molti erano vere e proprie piccole strutture-in-stallazione realizzate in scala 1:1. È stato dopo que-sta esperienza che il DAUR, il dipartimento di Archi-tettura, Urbanistica e Rilevamento dell’Università di Pa-dova decise dunque di cogliere la forza di quell'ideapotentissima e cercò di individuare le strade che bi-sognava percorrere per poter far ripetere agli studentidell’ateneo quell’esercizio di costruzione, in scala rea-le, dei propri progetti. L’intera operazione è stata por-tata a termine sotto la guida del professore EdoardoNarne, ed è a lui che saranno poste alcune doman-de per conoscere meglio il progetto.Che tipo di ricerca tecnologica e/o compositivasottende la progettazione di questo padiglione?«Tecnologia low- tech e ricerca sui fondamenti della di-sciplina: lo studio dei materiali sottoposti alla legge del-la gravità, l'influenza della luce nella determinazione ecalibratura di atmosfere accoglienti e seducenti».Dal progetto alla realizzazione quali difficoltà sonostate affrontate?«Innumerevoli. La realtà dell'accademia italiana non hacerto le possibilità, ne le potenzialità, delle corrispon-denti facoltà americane. Per anni si è cercato di tro-vare una soluzione alla sostenibilità economica di taleiniziativa: un piccolo padiglione realizzato con l'aiutodegli studenti. Un’operazione considerata un vero se-

gnale di rinnovamento nella trasmissione della prati-ca architettonica. Venne preso in considerazione an-che l'utilizzo di containers, ma i costi risultarono trop-po elevati. Inoltre, per l'ottenimento di tutti i permes-si, è stato anche necessario presentare il progetto spe-rimentale ad almeno sei commissioni diverse tra or-gani universitari e settori dell'amministrazione comu-nale. Ma ciò che nel tempo si è comunque confermatocome certezza è stato il coinvolgimento degli studenti,considerato essenziale, proprio per il loro stesso en-tusiasmo, sia per la costruzione del manufatto, sia per-ché ha rappresentato per loro la possibilità di tocca-re con mano la complessità, la ricchezza e le poten-zialità di un progetto in scala reale».Quali materiali sono stati usati per la realizzazio-ne di questa struttura?«Lo scoglio dei costi dell'iniziativa sembrava difficileda superare. Un anno fa però è arrivata la soluzione.Durante la preparazione del corso è stato analizzatoun vecchio progetto di Charles Correa pensato peruna casa sperimentale, non ancora realizzata in In-dia e quasi contemporaneamente un laureando ci av-visa di una grande svendita di alcuni modelli di libre-rie da parte di una nota ditta svedese di arredamen-to. Utilizzando le librerie come materiale da costruzionee rielaborando lo schema progettuale di Correa si av-via il progetto esecutivo che, per il resto delle strut-ture, prevede l'uso di materiali a basso costo, nor-malmente impiegati nei cantieri: i pannelli Osb, soli-tamente utilizzati per le recinzioni di cantiere in que-sto caso sono stati adoperati per le coperture; i tubiin pvc, impiegati per le fognature, in questa situazio-ne creano il frangisole dello spazio centrale; i pozzettiprefabbricati sono stati invece impiegati per la rea-lizzazione dei plinti di fondazione. La discussione con

Sotto: Alcune fasi dellacostruzione del padiglioneall’interno di un giardinodell’Università di Padova.

Il materiale adoperato è quellonormalmente in uso nei cantieri

edili. Come elementi divisorisono state usate alcune librerie

Interazione su un progetto in scala reale

PRATICA ARCHITETTONICAALL’UNIVERSITÀ DI PADOVA

Edoardo NarneProfessore invitato alla UAXdi Madrid nel 2002. Dal 2003collabora alla didattica al DAURdell’Università di Padova dove,nel 2006, vince il concorso diricercatore. Membro fondatoredello Studio Mas e dello studioazimut05. Il suo lavoro èdocumentato in tre monografie:Cornoldi/ MAS ARCHITETTURE;AZIMUT05 progetti recenti;Edoardo Narne Architetture1999 - 2009, 2010.

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alcuni docenti di storia dell'architettura, di disegno edi urbanistica, interessati anche loro all'iniziativa, haportato all’attuazione dell’idea e ottenuti i permessi siè dato subito il via alla costruzione».Quali sponsorizzazioni hanno sostenuto questomanufatto?«Il nostro dipartimento ha partecipato con una piccolaquota. Non ci sono state sponsorizzazioni esterne ec-cezione fatta per il contributo generoso di un costrut-tore edile che ha dato modo di impostare le fondazioni,utilizzando alcuni pozzetti prefabbricati. Importante èstato sicuramente l’apporto dei colleghi docenti che sisono autotassati pur di vedere realizzata questa "fol-lia ". In realtà l'intero padiglione è costato poco rispettogli standard usuali degli allestimenti espositivi: 8000euro, che parametricamente equivalgono a circa cin-quanta euro a metro quadro, per 150 mq complessi-vi. È un dato di cui andare fieri e che permette di po-ter ragionare sulla prossima iniziativa con più entusia-smo e meno scetticismo. È stato un esperimento riu-scitissimo, soprattutto per le implicazione didatticheconnesse. I 100 studenti del secondo anno del corsodi laurea in ingegneria edile e architettura hanno avu-to la possibilità di realizzare, in una sola settimana dilavoro, con le proprie mani, la loro prima creatura».La programmazione di tutta l’esperienza ha pre-visto l’uso del padiglione all’esterno della realtà uni-versitaria o l’impiego in altre situazioni urbane?«Il padiglione è diventato spazio di accoglienza peresposizioni a rotazione dei materiali realizzati dagli stu-denti in ambito didattico: ricerche in corso, tesi di lau-rea o semplicemente progetti sviluppati in aula. Il fineè stato quello di presentare al mondo universitario ealla città i differenti approcci metodologici adottati al-l’interno dei diversi insegnamenti, le potenzialità e i pro-

dotti dei percorsi formativi del Corso di laurea in In-gegneria Edile-Architettura. Un susseguirsi d’iniziati-ve, ne siamo sicuri, troveranno ospitalità in questi am-bienti, che sono ritenuti spazi permeabili a nuove ideee, contestualmente, in grado di stimolare la creativi-tà degli studenti verso future prolifiche manifestazio-ni. L'intervento può essere trasferito in altre situazio-ni ambientali. E si spera un giorno di poterlo ricostruirein India, dove è stato concepito da Charles Correa».Come hanno reagito gli studenti quando gli è statoproposto la realizzazione in scala 1:1 del progetto,esperienza inusuale nelle università italiane?«Molti non capivano la portata dell'operazione. Poi, arisultato acquisito, si sono proposti in molti perl'evento successivo».L’architettura effimera, i temporary space, sono eti-camente giustificabili in un momento economicocome l’attuale?«La domanda è giusta, ma un’esperienza didattica èmeglio non caricarla di così tanta responsabilità. Lacosa migliore da fare è lasciare lo spazio necessarioalle critiche senza prenderle troppo sul serio».Quali principi della sostenibilità sono stati adottati?«È difficile parlare di sostenibilità. Espressione troppoabusata. Oggi sembra che ognuno debba avere unapersonale e originale risposta rispetto a questa que-stione. La buona architettura parla da sola, senza bi-sogno di giustificarsi nei confronti delle questioni-ten-denze più attuali».La ricerca sulle architetture temporanee proseguiràcon altri esperimenti?«Certamente. È uno strumento didattico straordinario.Di recente il dipartimento ha realizzato, all'interno di unworkshop a Venezia, alcune pensiline in scala 1:1 e an-che in quest’occasione i risultati sono stati esaltanti».

Sopra: Il padiglione copre un’areadi circa 150 mq e consta di tre moduliraccordati tra loro da un patio centrale.Il progetto parte dall’analisi di unvecchio progetto di Charles Correa: unacasa da realizzare in India, ovviamenterielaborata per creare uno spazio chel’Università ha poi usato per esporrealcuni lavori scritto-grafici degli studenti

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«Ha una forma espressa come esito dell’organizzazionee della soluzione di problemi e non come esercizio sti-listico arbitrario, fine a se stesso. Ha una vita pro-grammata. È totalmente riciclabile. Ha un costo irri-levante. E la quantità di materiale utilizzata in rappor-to allo spazio definito è molto bassa. Può essere uti-lizzato per eventi, manifestazioni anche in contesti con-solidati come centri storici, piazze ecc... È persona-lizzabile, non richiede alcuna opera preventiva per lasua installazione, è ignifugo e resiste bene all’acqua»,spiega il professore Luigi Alini per definire in modo con-ciso Cardboard Pavilion, un esempio di architetturatemporanea nato da una ricerca realizzata durante ilcorso di Tecnologia dell’Architettura della Facoltà di Si-racusa, in partnership con l’International Paper di Ca-tania (azienda specializzata nella produzione di im-ballaggi di cartone) e lo studio AION di Siracusa. Le ri-sorse impiegate per la prototipazione del sistema pri-ma e per la sua ottimizzazione come prodotto industrialedopo sono state totalmente ricavate da finanziamen-ti esterni all’Università. È l’architettura che al salone del-lo studente di Catania, lo scorso anno, ha riscosso ungrande successo di pubblico, ed è stato anche utiliz-zato per seminari itineranti e mostre fotografiche. A gui-dare l’intera operazione, che ha richiesto due anni dilavoro, è stato lo stesso Alini che su questa esperien-za, prima di rispondere ad alcune domande, aggiun-ge: «Gli studenti che hanno partecipato in una primafase presentavano un atteggiamento di curiosità chesottendeva una certa perplessità, ma vederli passareda una fase di adesione fondata sulla fiducia ad unain cui la partecipazione era dovuta ad un entusiasmo

consapevole, è stato veramente gratificante».Quali erano gli obiettivi prefissati durante questidue anni di ricerca?«L’uso innovativo di materiali non convenzionali e l’in-tenzione di trasferire in aula un modo alternativo di faredidattica, che ha condotto gli studenti all’interno diun’esperienza concreta e a realizzare quella ineludi-bile continuità tra progetto e costruzione».Quali sono le caratteristiche di Cardboard Pavilion?«È un sistema abitativo monomaterico a basso costo,prodotto industrialmente, autocostruibile e totalmen-te riciclabile. È un origami di carta che estremizza lepossibilità intrinseche di un materiale apparentemen-te ‘debole’ come il cartone, di cui restituisce possibi-lità inespresse. Cardboard Pavilion è figlio da un latodelle possibilità che l’architettura di Shigeru Ban ci harivelato e dall’altro dell’arte dell’origami. Lo definirei unprodotto di alto artigianato industriale, si situa a ca-vallo tra vocazione artigianale e logica industriale. E pa-rafrasando Argan potremmo dire che in quest’operala ‘struttura dell’oggetto coincide con l’immagine’».Durante la realizzazione quali difficoltà sono sta-te affrontate?«La sfida è stata quella di produrre un sistema abita-tivo utilizzando le stesse macchine e tecniche di pro-duzione che l’azienda International Paper adotta perprodurre scatole da imballaggio. Cardboard Pavilion èstato concepito come un prodotto industriale, con tut-te le difficoltà che questa scelta comporta: ottimizza-zione del processo di produzione e dei costi di pro-duzione, la commercializzazione, il packaging ecc...».Il materiale adoperato è stato solo il cartone?«La scelta di utilizzare un solo materiale ha richiestoun lavoro molto complesso nella individuazione dellatipologia, che poteva essere a singola, a doppia o tri-pla onda. Le parti che compongono il sistema sonostate prodotte utilizzando solo due ‘fustelle’, gli stam-pi, e con soli due elementi è stata definita l’intera con-figurazione pensata per essere montata da un per-sonale non specializzato e senza l’ausilio di strumen-ti o attrezzature. Gli spessori del cartone hanno ov-viamente una conseguente ricaduta sulle possibilità di‘piega’. Testate e verificate diverse tipologie di mate-riale alla fine la scelta è andata su un cartone a sin-gola onda, perchè più flessibile. Può essere piegatoentro certi limiti, perché quando si piega oltre un cer-to angolo la copertina si lacera, e va fatto tenendo con-to della cosìddetta orditura di canna, cioè della dire-

Sotto: Cardboard Pavilionripropone una rilettura della

filosofia dell’origami. È il risultatodi uno studio morfogenetico sulconcetto di “piega” applicato adun materiale alquanto povero

quale il cartone ad ondereso impermeabile da una

copertina di carta Kraft

Autocostruibile e totalmente riciclabile

CARDBOARD PAVILIONLA FORZA DEL CARTONE

Luigi AliniArchitetto e professore associatoin Tecnologia dell’Architetturapresso la Facoltà di Architetturadi Catania, sede di Siracusa.Ha svolto attività di ricerca inGiappone e ha curatola prima mostra monografica inItalia sull’opera di Kengo Kuma,col quale ha in corso ricerchesull’uso innovativo in architetturadi materiali della tradizione.

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zione in cui sono disposte le ‘onde’ del cartone interno.Le copertine esterne sono di carta Kraft 100% natu-rale, che ha un’ottima tenuta all’acqua, l’onda inter-na invece è realizzata con una carta riciclata».C’è un criterio generatore del padiglione?«È la ‘piega’, nella sua accezione fisica e concettua-le, l’elemento generatore del progetto in base al qua-le la materia carta è tras-formata in materiale da co-struzione. L’ordine geometrico delle pieghe sottendeuna rigorosa codifica parametrica del progetto emettendo a sistema tutti questi dati è stata definita lapiega che ha reso possibile un sistema, che risulta es-sere rigido per forma e generato dall’aggregazione didue moduli di base, pattern, desunti dall’arte degli ori-gami: modulo A, a “spina di pesce”; modulo B, a “pun-ta di diamante”. La performance strutturale del padi-glione, in risposta a fattori ambientali come la pressionedel vento e lo scorrimento dell’acqua piovana, è ga-rantita da una rigorosa geometria generativa che ‘orien-ta’ gli sforzi lungo ‘direzioni principali di tensione’. Ri-correre a strumenti di elaborazione progettuale di tipoparametrico ha agevolato il controllo delle geometriedei singoli elementi del sistema in ragione alle condi-zioni ‘limite’ imposte dal materiale - angolo massimodi piega, direzione della piega, ecc...- determinandouna ‘catena di deformazioni controllate’».Una struttura realizzata in cartone a quali carat-teristiche tecniche deve rispondere?«La capacità di carico e la resistenza allo strappo sonoi parametri che hanno determinano le caratteristichedel cartone impiegato e la tipologia a sandwich. Il tipodi impianto di produzione messo a disposizione dal-la International Paper di Catania ha invece inciso sul-le dimensioni dei singoli elementi componenti il siste-ma: elementi discreti che realizzano una superficie con-

tinua mediante la connessione di più moduli. La so-vrapposizione degli elementi ha garantito l’ottimizza-zione del deflusso delle acque meteoriche».Ultima domanda: cosa rende solidali queste di-verse parti?«Dei connettori meccanici di plastica di 6mm di dia-metro. ‘Bottoni’ meccanici composti da due elemen-ti accoppiati tra loro per pressione. Questa soluzioneè stata individuata a valle di un confronto tra diverseipotesi vagliate: velcro, colla ecc…, e quella dei rivet-ti a pressione nasce dalla sintesi di diverse necessi-tà. In primis quella connessa al riciclo del sistema. I ri-vetti facilmente separabili dal cartone vengono inne-stati senza l’ausilio di alcun attrezzo. Basta la pressionedelle mani. I fori e la posizione dei connettori sono sta-ti predeterminati sui singoli componenti di cartone me-diante fustellatura escludendo così qualsiasi possibi-lità di errore in fase di montaggio da parte dell’uten-te, al quale viene fornito anche uno schema di mon-taggio con tutte le istruzioni necessarie. Infine, il sistemadi connessione meccanico assorbendo gli sforzi discorrimento che si generano tra le parti garantiva an-che un buon grado di flessibilità e di mobilità tra le sin-gole parti del sistema, che per sua stessa natura nonpoteva essere troppo rigido».

A sinistra: Le immagini propongonoalcune delle fasi di montaggio delCardboard Pavilion. La realizzazionepuò essere eseguita anche dapersonale non qualificato. Ledimensioni dei singoli elementi sonodettate dalle possibilità dimensionalidei macchinari per gli imballaggi ela connessione dei diversi moduliavviene con dei bottoni meccanici(vedi immagine in basso) reinseriti

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Questo articolo non vuole essere l’ennesima celebra-zione del ruolo del computer nel processo progettua-le. Al contrario, si vuole qui affermare come i recenti svi-luppi nell’architettura e nel design siano in realtà esi-to di un percorso di ricerca maturo che, supportato daun profondo controllo degli strumenti digitali, sta pa-radossalmente liberando il progettista dai vincoli e daicondizionamenti del software, facendo assurgerequest’ultimo a strumento “neutrale” di indagine ed ap-profondimento. Progettazione parametrica, modella-zione algoritmica, design generativo, design associa-tivo sono le parole chiave di un nuovo paradigma in gra-do di rispondere alla crescente complessità dei pro-blemi progettuali attraverso un approccio alternativo,che colloca in una prospettiva diversa i ruoli consoli-dati di processo e risultato e vede nel computer il na-turale alleato, ma non la ragion d’essere.

AvanguardiaL’approccio non è recente, perlomeno non contem-poraneo. Luigi Moretti (1906-1973) è il primo architettoa parlare di Architettura Parametrica elaborando (in-sieme al matematico Bruno De Finetti) progetti per sta-di di calcio, tennis e nuoto che rifiutavano riferimenti ti-pologici, perseguendo l’idea di generare la forma at-traverso rigorose relazioni geometriche tra parametriquantizzabili, relativi alla visione ottimale. ScrivevaMoretti: «I “parametri” e le loro interrelazioni divengo-no così l’espressione, il codice, del nuovo linguaggioarchitettonico, la “struttura”, nel senso originario e ri-goroso del vocabolo, deficiente le forme che quelle fun-zioni esaudiscono. Alla determinazione dei “parame-tri” e loro interapporti, debbono chiamarsi a coadiuvarele tecniche e le strumentazioni del pensiero scientifi-co più attuali; particolarmente la logica-matematica, laricerca operativa e i computers, specie questi per lapossibilità che danno di esprimere in serie cicliche au-

tocorrettive le soluzioni probabili dei valori dei parametrie delle loro relazioni». Negli stessi anni l’ingegnere Ser-gio Musmeci ribalta l’approccio tradizionale al calco-lo strutturale, perseguendo con tenacia l’idea della “for-ma come incognita” realizzando l’inedita struttura delponte sul Basento a Potenza. L’importanza di Musmecirisiede nel tentativo di reinterpretazione del problemastrutturale la cui soluzione era basata sostanzialmen-te su metodi codificati di dimensionamento e verificadi elementi predefiniti (piloni, travi, archi) individuandoper la Scienza delle Costruzioni la necessità di «svi-luppare una vera e propria teoria delle forme, intera-mente basata sulle enormi potenzialità di trattamentodelle informazioni offerte dai calcolatori elettronici».Le intuizioni di Moretti e Musmeci mostrano evidenti se-gni di affinità con un nuovo indirizzo di ricerca che, apartire dagli anni ’60, caratterizza l’intera avanguardiaarchitettonica (con “epicentro” presso la ArchitecturalAssociation School di Londra) che può essere sinte-tizzato nella nuova centralità del concetto di diagram-ma (processo): il tipo non definisce più l’idea di partenzadi un’opera, ma è sostituito dal diagramma che rifiu-ta la descrizione della forma finale dell’oggetto archi-tettonico per indagare il sistema complesso di relazionidelle sue parti. Il ricorso al diagramma ha acquistatoimportanza sempre più rilevante negli ultimi decenni:si pensi ai diagrammi di trasformazione di Eisenmann,ai dipinti di Zaha Hadid, a Rem Koolhaas. L’afferma-zione del concetto di diagramma non è, pertanto, sin-cronica alla diffusione del computer in ambito proget-tuale, ma la precede. Il digitale è diventato soltanto ne-gli ultimi anni strumento di amplificazione e momentodi verifica per l’avanguardia ormai divenuta mainstre-am. La reciproca fecondazione tra teoria architettoni-ca e possibilità offerte dal digitale ha consentito di esten-dere rapidamente l’utilizzo del computer che da sem-plice strumento produttivo (finalizzato alla velocizzazione

ALGORITHMICAIDEDDESIGN

Arturo TedeschiArchitetto, si occupa diricerca nel campo dellamodellazione parametrica.Nel 2010 pubblicaArchitettura Parametrica -introduzione a Grasshopper, ilprimo manuale italiano sullamodellazione generativa inRhinoceros. Nello stesso annocollabora con lo studio ZahaHadid Architects di Londra.

1. Zaha Hadid, Vitra FireStation, Weil am Rein, 1991.

La tecnica rappresentativa dellaHadid suggerisce il flusso dicomposizione dell’oggettoarchitettonico e il processo

associativo delle sue parti. Laforma finale è il congelamento

della dinamica generativa2. Danecia Sibingo, AA Summer

Pavilion, Londra, 2009

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di operazioni) si è evoluto in un sistema di controllo ma-turo che ha consentito di dare forma e materia a nuo-ve sperimentazioni formali. La recente introduzione inambito progettuale di complesse tecniche di pro-grammazione (scripting) e dei software parametrici haofferto ai designer possibilità inattese, al punto da ren-dere del tutto imprevedibile, o quantomeno sfumato,il portato e l’influenza di tali strumenti.

SoftwareI software parametrici - protagonisti di un’ampia e tra-sversale diffusione in virtù di un utilizzo intuitivo che nonrichiede conoscenze di programmazione - consento-no di organizzare i progetti in sistemi associativi basatisu logiche di relazione tra parti, offrendo la possibilitàdi alterare la configurazione complessiva di un siste-ma, agendo sui parametri posti alla base del proces-so progettuale, secondo una logica di propagazionedelle modifiche. L’innovazione assoluta introdotta re-centemente da tools come Paracloud, Generative Com-ponents (Bentley Systems) e, in particolare, Gra-sshopper, - plug-in di Rhinoceros (McNeel) - consistenell’aver tradotto la sintassi della programmazione inun’interfaccia visuale, introducendo un’esperienzainedita di interazione con il software. Con Grasshop-per, per la prima volta, il sistema dei legami parame-trici che organizza le differenziazioni di un modello tri-dimensionale può essere configurato e manipolatoesclusivamente attraverso un diagramma. La forma nonè più ottenuta secondo la logica additiva tipica dei CADo la manipolazione - seppur virtuale - dei modellatori3D, ma è generata attraverso una sequenza ordinatadi istruzioni: l’algoritmo. Grasshopper, pertanto, non pro-pone l’ennesimo ambiente di modellazione interattivo,ma offre uno spazio speculativo/operativo non dissi-mile dal foglio di carta, dove eventuali limiti non ap-partengono più al software, ma alla capacità di inda-gine formale dell’utente. Inoltre, come diretta conse-guenza della logica associativa è possibile creare le-gami concettuali ed effettivi tra i diversi livelli di appro-fondimento progettuale. In altri termini, la modifica diun parametro a scala più ampia è in grado di genera-

re una propagazione di modifiche tale da giungere allacongruente ridefinizione di dettagli a piccola scala: èpossibile ipotizzare un link diretto tra i parametri rela-tivi alla forma generale di una superficie complessa ele caratteristiche geometriche di un nodo strutturale,il tutto guidato da logiche di relazione definite dal de-signer all’interno della sequenza algoritmica.Razionalizzazione della forma, scomposizioni, svilup-po di superfici complesse in elementi piani, cessanodi essere operazioni “a posteriori” ma vengono integratenel medesimo processo di definizione formale.

Sperimentazione parametrica:architetture temporaneeNegli ultimi decenni, la realizzazione di strutture tem-poranee ha rappresentato uno dei più importanti am-biti di sperimentazione teorica e costruttiva soprattut-to per quanto riguarda l’implementazione delle tecni-che parametriche. Le occasioni progettuali di eccezione,la complicità della committenza, la relativa flessibilità deirequisiti funzionali e (in alcuni casi) dei tempi di realiz-zazione hanno reso le architetture temporanee una raraoccasione di incontro tra ricerca teorica e costruzio-ne. Incontro che ha coinvolto designer, programmatori,docenti, studenti, strutturisti e imprese. È interessan-te sottolineare come alcune delle più interessanti rea-lizzazioni provengano dagli stessi ambienti accademiciche hanno avuto un ruolo centrale nella ricerca sul rap-porto tra tecniche parametriche e modalità produttive:è il caso della AA School di Londra. Osservando la pro-duzione dell’ultimo decennio, dal padiglione per la Ser-pentine Gallery di Toyo Ito (2002), passando per gli AADRL Pavilions fino alle recenti macrostrutture è possi-bile coglierne il trait d’union: ovvero la volontà di crea-re oggetti unici superando la logica della standardiz-zazione a favore di una ottimizzazione e differenziazionedei componenti costruttivi senza precedenti. Il tutto sup-portato dalla logica parametrica e dal digital manu-facturing e, dunque, dal passaggio diretto dal model-lo digitale alla macchina a controllo numerico, (in)se-guendo un modello ideale di fabbricazione senza pas-saggi intermedi: dall’idea all’oggetto reale.

3. J. Mayer H., Metropol Parasol,Siviglia, 2011. Il sistema di coperturadi Plaza de la Encarnacíon, estende suscala urbana le metodologie diprogetto e fabbricazione dei padiglionirealizzati nell’ultimo decennio4. Alan Dempsey, Alvin Huang,[c]space Pavilion, Londra, 2008Il padiglione ha rappresentato lo statodell’arte della sperimentazione suglistrumenti digitali, sui sistemi di calcolostrutturale e su modalità difabbricazione avanzata, basati sumacchine a controllo numerico (CNC)

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Sono conosciuti in tutto il mondo i padiglioni della Ser-pentine Gallery di Londra: piccole realtà espositive pro-gettate dai più famosi architetti internazionali. Tutto è natocirca undici anni fa per celebrare il 30° anniversario del-la galleria. Ha avuto inizio con un padiglione progetta-to da Zaha Hadid, una struttura molto criticata perchéeccessivamente costosa, che fece però scattare la scin-tilla e avviò un processo che fino a oggi ha portato a10 soluzioni architettoniche tutte diverse e tutte pro-gettate da grandi nomi del mondo dell’architettura e del-l’arte. L’architetto è scelto dalla Serpentine Gallery, nonsi bandisce alcun concorso. E a guidare l’intera impresaannuale sono Julia Peyton-Jones e il co-direttoreHans Ulrich Obrist. Ciò che conta nella scelta è che l’ar-chitetto non abbia, prima dell’invito, realizzato alcunasua opera sul territorio d’Inghilterra. La tempistica è sem-plice: presentato, solitamente in febbraio, il cosìddet-to “Planning”, la documentazione necessaria, agli ar-chitetti restano 6 mesi per avviare i cantieri e comple-tare l’opera. Fino a quest’anno le diverse architetturehanno regalato sempre diverse suggestioni, e dalpunto di vista strutturale hanno potuto godere del va-lido supporto di Cecil Balmond, il famoso ingegnere cheda pochi mesi ha lasciato il gruppo Arup e non si sa seproseguirà a lavorare per i temporary space della Ser-pentine. Ma quale destino attende queste architetturedopo la manifestazione che inizia in luglio e termina aottobre? Il primo, progettato da Zaha Hadid, è ora del-la Royal Shekespere Company. Posizionato accanto alteatro Stratford Upon Avon ha modificato il suo ruoloprimario e funge da caffè estivo. Ovviamente essendo

tutte strutture architettonicamente molto ricercate han-no svegliato gli interessi di molti, e quasi tutti i padiglionisono stati acquistati da collezionisti privati di tutto il mon-do. Hanno cambiato funzione, si sono inseriti in climidiversi e paesaggi forse avulsi, ma la loro forza espres-siva rimane comunque intatta. Sono comunque piccolearchitetture concluse che hanno una loro forza intrin-seca e in qualsiasi parte del mondo può essereespressa. Suscitano interesse sia negli architetti, chedurante la progettazione sperimentano nuove soluzio-ni, sia nei visitatori che provano molto spesso sensa-zioni diverse e spaesate. Il padiglione realizzato nel 2001da Libeskind è stato invece rimontato nella città di Corke più volte riusato in altre manifestazioni.Insomma, i Serpentine Pavilion testimoniano quantopossano essere diverse le interpretazioni di spazio tem-poraneo da parte degli architetti e anche come pos-sa essere variamente espresso il rapporto tra archi-tettura e la natura. Inseriti nel pieno del parco a pochipassi dal Serpentine Lake, i padiglioni ospitano pro-grammi di eventi e incontri che coinvolgono i cittadiniper tutta l’estate, ma ciò che sembra una costante ditutte queste opere è il rapporto diverso con il verde, ri-cerca maggiormente espressa nell’ultimo padiglioneprogettato da Peter Zumthor, che gioca tra luci e om-bre, esaltando il silenzio e l’effetto sorpresa che una geo-metria severa può creare quando al suo centro ospi-ta un luminoso giardino dalla vegetazione spontanea.Natura e architettura: è questa la forza espressiva chei londinesi hanno modo di vivere quando scelgono diandare, una volta all’anno, al Serpentine Pavilion.

KENSINGTON GARDENS1. Serpentine Gallery2. Il tempio della regina Carolina3. Statua di Peter Pan4. Fontane5. Ponte Serpentine6. Fiume Serpentine7. Bowling e campi da tennis8. Stagno9. Hyde Park

LA PIÙ FAMOSAGALLERIA DI LONDRA

Serpentine Gallery è unadelle gallerie più importanti diLondra sia per l'arte modernasia per quella contemporanea.

Si trova all’interno deiKensington Gardens, nel

centro di Londra, e ogni annoattira fino a 800mila visitatori.

Annualmente la Serpentinecommissiona ad architetti

internazionali di famamondiale la progettazione di

un padiglione sul prato,all’interno del quale vengono

ospitati proiezioni, filme conferenze.

SERPENTINE GALLERY...DA ZAHA HADID A ZUMTHORUndici padiglioni che hanno fatto storia

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Quest’anno l’ideazione del padiglio-ne è stata affidata all’architettosvizzero Peter Zumthor. Il temascelto è quello dell’“hortus conclu-sus”. Un giardino nel giardino, crea-to per la meditazione e realizzato incollaborazione con il designer olan-dese Piet Oudolf e Arup per la partestrutturale. Nelle intenzioni dell’ar-chitetto il giardino può aiutare i visi-tatori «a fermarsi, rilassarsi, osser-vare e, forse, ricominciare a parla-re», lasciandosi alle spalle i rumori

e gli odori di Londra. Con una raffi-nata selezione di materiali Zumthorcrea spazi contemplativi che evoca-no la dimensione spirituale del no-stro ambiente fisico. Come semprenelle sue opere, lavora con unacomposizione precisa e semplice, laluce incide sulle strutture attraversotagli misurati e controllati e, anchein questo caso, quello che gli inte-ressa maggiormente è sottolinearegli aspetti sensoriali e spirituali del-l'esperienza architettonica.

2011

PETER ZUMTHOR

L’anno scorso, in occasione del 40°anniversario della Serpentine Galle-ry, la costruzione del padiglione èstata affidata a Jean Nouvel. Il suoprogetto viveva di contrasti tra i ma-teriali leggeri e le strutture metalli-che a sbalzo, come tra il colore ros-so della struttura e il verde del par-co. Il rosso richiamava il colore ditre icone della vita inglese: le cabinetelefoniche, le cassette postali e gliautobus. L'edificio si componeva diaudaci forme geometriche, grandi

tende retrattili e un muro autopor-tante inclinato, che si innalzava 12metri al di sopra del prato. Strutturein vetro, policarbonato e tessutocreavano un sistema versatile dispazi interni ed esterni. Nouvel havoluto costruire un “padiglione deigiochi”, un luogo dove ristorarsi maanche giocare, come nella tradizionedelle piazze e dei parchi pubblicifrancesi e proprio per sottolinearequesta idea ha incorporato nellastruttura un tavolo da ping pong.

2010

JEAN NOUVEL

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Sejima e Nishizawa, gli architettidello studio SANAA, hanno creatonel 2009 un padiglione che asso-migliava a una nuvola riflettenteadagiata in cima ad una serie didelicate colonne. La struttura inmetallo riflettente del tetto variavain altezza, esplorando la disposizio-ne degli alberi nel parco e arrivan-do, in qualche passaggio, vicina alterreno. Descrivendo la loro struttu-ra gli architetti spiegavano: «È allu-minio galleggiante, alla deriva tra gli

alberi. La tettoia riflettente s’incre-spa attraverso il sito, espandendo ilparco e il cielo. Il suo aspetto cam-bia a seconda del tempo atmosferi-co, permettendole di fondersi conl’ambiente circostante. Funzionacome un campo di attività senzapareti, permettendo vista ininterrot-ta attraverso il parco e incoraggian-do l'accesso da tutti i lati. Èun’estensione riparata del parco,dove la gente può leggere e godersile piacevoli giornate estive».

2009

SANAA

Il Serpentine Gallery Pavilion del2008 è stato il primo progetto rea-lizzato da Frank Gehry in Inghilterra.La spettacolare struttura, progettatae realizzata in collaborazione conArup, era fissata a terra grazie aquattro colonne in acciaio massic-cio ed era composta da tavole di le-gno di grandi dimensioni e da unacomplessa rete di piani di vetro so-vrapposti, creando uno spazio multi- dimensionale. Per l’ideazione diquest’opera Gehry si è ispirato adun’affascinante varietà di fonti, dalle

elaborate catapulte il legno di Leo-nardo da Vinci fino alle pareti a stri-sce delle cabine sulla spiaggia. Il ri-sultato è un padiglione in parte an-fiteatro e in parte passeggiata: tutti idiversi elementi insieme hannocreato un luogo che si trasformava,adatto alla riflessione e al relax digiorno, perfetto per i dibattiti e glispettacoli di sera. All'interno del pa-diglione, tettoie in vetro appese allastruttura in legno proteggevano i vi-sitatori da vento e pioggia, fornendoombra durante le giornate di sole.

2008

FRANK GEHRY

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Nel 2007 il padiglione temporaneoè stato realizzato dall’architetto nor-vegese Kjetil Thorsen, dello studioSnøhetta e dall’artista danese Ola-fur Eliasson. Il radicato interesse diEliasson per le questioni spaziali loha portato a impegnarsi sempre dipiù nei progetti di architettura e acollaborare in diverse occasioni conThorsen. Il loro padiglione era unadinamica struttura rivestita in legnosomigliante a una trottola: un’operache si sviluppava in verticale distan-

ziandosi dai precedenti padiglionicostruiti su un solo livello. Una largarampa a spirale, costruita sul princi-pio della scala a chiocciola, facevadue giri completi, permettendo aivisitatori di raggiungere il tetto pergodere di una spettacolare vistasul verde di Kensington Gardens.«La nostra collaborazione per ilpadiglione - hanno dichiaratoi due autori - è definita da unreciproco focus sull’esperienzadello spazio e della temporalità ».

2007

Il padiglione del 2006 è stato dise-gnato dal Premio Pritzker Rem Ko-olhaas e da Cecil Balmond, proget-tista strutturale dello studio Arup. Ilfulcro del progetto era uno spetta-colare baldacchino gonfiabile di for-ma ovoidale che galleggiava soprail prato della galleria. Realizzata inmateriale traslucido, la tettoia eratenuta sollevata in aria o abbassataa coprire l’anfiteatro al di sotto aseconda delle condizioni meteorolo-giche. Un fregio realizzato da Tho-mas Demand ha segnato la prima

collaborazione tra un artista e unarchitetto del padiglione. L’anfitea-tro ha ospitato un caffé e spazi perconferenze, programmi televisivi eincontri pubblici. Il programma dellemanifestazioni estive è stato messoa punto dallo stesso Koolhaas cheha dichiarato: «Il Serpentine Pavilionè stato messo a punto partendodalle attività che avrebbe ospitato.Abbiamo proposto una strutturache faciliti l’inserimento di individuisingoli in uno spazio comune pervivere esperienze condivise».

2006

REM KOOLHAAS

OLAFUR ELIASSON E KJETIL THORSEN

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Nella progettazione del Padiglione,Siza e de Moura hanno cercato digarantire che il nuovo edificio, purpresentando un’architettura com-pletamente diversa, stabilisse un"dialogo" con l’edificio neo-classicoche ospita la galleria. Il Financial Ti-mes, in un articolo dedicato a que-sto padiglione temporaneo, ha defi-nito Alvaro Siza come “uno degli ar-chitetti più raffinati del panoramainternazionale”. Il padiglione era co-struito su una semplice griglia ret-tangolare, che è stata distorta per

creare un modulo dinamico e curvi-lineo. Era composto da travi di le-gno a incastro, un materiale sceltoperché accentuava la relazione trail padiglione e il parco circostante.Eduardo Souto de Moura, dopo glistudi alla School of Fine Arts di Por-to, ha iniziato la sua carriera colla-borando con lo studio di Álvaro SizaVieira, con cui ha realizzato, comeco-autore, numerosi progetti oltreal padiglione della Serpentine, peresempio il padiglione portogheseper l’Expo 2000 ad Hannover.

2005

ALVARO SIZA + EDUARDO SOUTO DE MOURA

Il Serpentine Gallery Pavilion di Oscar Niemeyer, laprima opera dell’architetto brasiliano in Gran Breta-gna, era semplice e ingegnosa nello stesso tempo,fatta di linee decise che esaltavano alcuni aspettiespressionisti della volumetria. Costruito in acciaio,alluminio, cemento e vetro, la sua rampa d’accessocolor rosso rubino era in contrasto con il bianco dellacostruzione e il verde del parco. «Ciò che è stato ve-ramente difficile per questo Padiglione - affermavaNiemeyer - è stato il fatto che l'edificio fosse così pic-

colo. Ho voluto caratterizzarlo attraverso la leggerez-za, attraverso una forma diversa. Ho cercato di so-spenderlo, per far sì che apparisse più leggero, quindimi sono allontanato dalle forme regolari per creareuna figura multiforme che enfatizzasse l'oggetto ar-chitettonico». Le superfici sottili che appaiono in pro-spetto come una traccia continua fanno apparirel'edificio talmente leggero da renderlo quasi evane-scente, effetto intensificato dall'uso dei pilotis lecor-busiani che lo fanno alzare al di sopra del terreno.

2003

OSCAR NIEMEYER

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La Serpentine Gallery Pavilion diToyo Ito sembrava essere una strut-tura estremamente complessa ecostruita su traiettorie apparente-mente casuali. In pratica il padiglio-ne era il risultato di un esperimentomatematico-artistico: Toyo Ito hamaterialmente realizzato il disegnodi un cubo che gira intorno al pro-prio baricentro. I numerosi triangolie trapezi formati dalle linee che siintersecano erano rivestiti per risul-tare trasparenti e traslucidi, dandocosì il senso di movimento infinita-

mente ripetuto. Toyo Ito è fra i piùinnovativi architetti contemporanei.Egli cerca di dare vita a un’architet-tura integrata con il paesaggio na-scondendo il volume degli edifici inrivestimenti luminosi o di vetro etrasforma lo spazio urbano in unospazio “sonoro” tramite l’uso dellanuova tecnologia. In questo modol’architetto giapponese tende acreare un trait d’union tra lo spazioprimitivo, che si rifà alla natura, e lospazio virtuale, connesso al mondoreale tramite la rete elettronica.

2002

TOYO ITO

Daniel Libeskind, insieme ad Arup,studio di progettazione ingegneristi-ca, crea Eighteen Turns, un insiemedi lastre di metallo rivestite di pan-nelli in alluminio e assemblate inuna sequenza dinamica simile a unorigami giapponese, in grado di ri-flettere la luce, i prati e gli alberi cir-costanti, rivelando una prospettivacompletamente nuova del verde delparco e dell’edificio in mattoni cheospita la Serpentine Gallery.L’architetto statunitense ha descritto

la sua opera come «una figura gio-cosa che si intreccia e si estendeobliquamente attraverso lo spazio».Eighteen Turns era, in definitiva, unluogo speciale di scoperta, intimità eincontro. Il Guardian ha scritto che“Strutture temporanee come Eighte-en Turns sono un valore aggiuntoper i nostri parchi e per i paesaggiurbani. Ci possono offrire impressio-ni avventurose, alternative e ancheradicali di quello che potrebbe esse-re una nuova architettura”.

2001

DANIEL LIBESKIND

Il primo padiglione della SerpentineGallery è stato affidato a Zaha Ha-did. La sua opera ha radicalmentereinventato la comune idea di untendone. Fin dall’inizio lo scopo eraquello di giocare con l’idea tradizio-nale di una struttura in tessuto. Ilpadiglione si configurava come unatenda, realizzata da porzioni trian-golari di tetto inclinato con la strut-tura portante in acciaio e coperti dasemplice tessuto che donava unasensazione di plasticità a tutta lastruttura, aveva un’estensione inter-

na di 600 mq e ospitava 400 postia sedere. Il Guardian l’ha definita“semplicemente brillante”. L’archi-tettura della Hadid è un’architetturacostantemente in divinire come loè la vita di ognuno. «L’architetturadeve infondere piacere e aggiunge-re qualcosa alle nostre vite», spie-ga. «Il suo compito è di trasformarele città in centri di nuova vita, ricchidi culture diverse. Un posto dovenoi riceviamo delle suggestioni, checi portano a pensare e immaginaredelle possibilità diverse».

2000

ZAHA HADID

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PAESAGGIOFLUORESCENTEEXHALE / Phu Hoang Office, Rachely Rotem Studio

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MIAMI BEACH (FLORIDA). Suggestioni marine lu-minose e filiformi per l’Art Basel Miami Beach andCreative Time Oceanfront del 2010. Progettato da PhuHoang Office e da Rachely Rotem Studio, Exhale, èquesto il nome dell’ibrido padiglione, è concettual-mente molto più vicino ad una istallazione d’arte, aduna land-art, che ad un temporary space. Montato sul-le coste di Miami Beach evoca le inconsistenti e flut-tuanti geometrie pseudo zoomorfe, simili a fantasti-che creature marine delle acque più profonde, a quel-le cangianti creature presenti negli abissi marini.Exhale Pavilion è luminoso, immateriale, quasi incor-poreo. La sua leggerezza nasce dalla ricerca tecno-logica e compositiva che i due studi hanno avviato perpoter creare una struttura sensibile e suscettibile aicambiamenti e alle variazioni di direzione della brez-za marina. È fatto di corde luminose e fluorescenti chemorbidamente attraversano l’ampia area destinata al-l’esposizione e si raccordano tra loro con nastri dal-le movenze suadenti. Filiformi suggestioni che aMiami, per l’evento che si inaugurò il 2 dicembre, mol-lemente ondeggiavano nel cielo scuro della notte.Phu Hoang e Rachely Rotem si sono fatti suggestio-nare dagli affascinanti effetti di bioluminescenza chesi verificano naturalmente sulle coste di Miami Beache che sono dovuti alle fioriture delle alghe presenti nel-l’Oceano Atlantico, fenomeno in aumento e spessocausato dall’eccesso di nutrienti quali il fosforo pre-sente nelle acque marine. I fiori cambiano forma conil flusso e il riflusso delle maree e di notte la loro bio-luminescenza accompagna l’infrangersi delle onde sul-la battigia. Per ricreare queste impressioni i progetti-sti si sono serviti di due diversi tipi di funi, riflettenti efluorescenti, che strutturate in fasci si intrecciano e sisovrappongono tra loro. Disegnano un perimetro im-percettibile segnato a terra solo dalle basi degli 11 tra-

licci che sorreggono i punti di appoggio dei fasci di luci.A completare l’impianto due elementi dalla strutturacircolare: la “Rope Tower for Video Screening”, pen-sata per ospitare diverse tipologie di video rappre-sentazioni, e la “Rope Tower for Dj Performances”, ilcui nome fa già palesemente comprendere che tipodi manifestazione vi si terrà nei pressi. Due elementigeometricamente diversi, due baldacchini sorrettida un trittico di tralicci dimensionalmente più picco-li. I tralicci presenti su tutta l’area hanno funzione nonsolo portante, all’apice vi è posto, infatti, un sensoreche legge e decodifica le variazioni di direzione del ven-to e trasmette attraverso una centralina computeriz-zata gli impulsi alle corde di fibra ottica che rispondonoadeguandosi con variazioni luminose all’avvenuto cam-biamento del vento. I sensori installati, invece, ad al-tezza d’uomo sono sollecitati unicamente dall’aria ap-positamente soffiata dai visitatori e fruitori dello spa-zio: ogni soffio modifica, infatti, l’intensità della luce.Nel cuore di tutta l’area, lì dove i fasci di corde lumi-nose si sovrappongono e scambiano tra loro la po-sizione, proprio nel pieno del loro intreccio, gli archi-tetti hanno pensato di posizionare la Floating Rope In-stallation, un insieme di funi pendenti sensibili anchealle più piccole variazioni dei venti. Luci che varianocon il variare del vento e con il soffio dei passanti. Iltema fondante l’intera struttura dell’Exhale Pavilion dun-que è l’interazione. Uno scambio dinamico con ciò chevi gravita intorno sia esso paesaggio, condizioni cli-matiche o visitatori. È con essi che l’Exhale si relaziona.E ad essi lascia la possibilità di modificarne l’aspet-to. È una non architettura effimera, sottile, luminosa,

A sinistra: uno dei due grandi baldacchini che hanno particolarmente caratterizzato l’intero impianto.Le strutture portanti sono metalliche e sorrette da possenti basi di cemento armato. I fasci di luci sono didue tipi: luminosi e fluorescenti. In alto: veduta d’insieme. In basso: particolare di uno dei due baldacchini

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1. Sensore velocità del vento

2. Impianto luce ultravioletta

3. Sensore per soffi d’aria

4. Fune fluorescente

1. Il sensore della velocità del vento individua la direzione dei venti. I dati sui venti vengono comunicati al sistema digitale del controllodell’illuminazione per creare dinamiche sequenze di luce. 3. Il sensore legge la variazione della velocità dell’aria direttamente soffiataall’interno. Rielaborato il dato l’impianto di luce ultravioletta “carica” le funi sospese fosforescenti facendone variare la luminosità

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1. Informazioni2. Amaca luminosa3. Baldacchino per performance musicali/Dj4. Istallazione di funi fluttuanti5. Bar6. Baldacchino per proiezioni video7. Schermo per proiezioni video art

variabile e cangiante. Un padiglione non padiglione,immateriale e suggestivo, progettato per ospitare l’ArtBasel Miami Beach, evento gemellato con quello chesi svolge in Svizzera, una delle mostre d'arte più pre-stigiose del mondo e che si avvale di un’accurata se-lezione internazionale di gallerie e di un interessanteprogramma di esposizioni, feste ed eventi con musi-ca, cinema, architettura e design. L’Exhale Pavilion perArt Basel Miami Beach del 2010 è stato un salotto perl’arte, un luogo non luogo, un padiglione che non con-tiene. Un luogo aulico dove l’arte ha potuto esprimersied essere piacevolmente goduta. Dove era possibi-le stendersi sulle amache montate tra i tralicci e per-mettere che il pensiero andasse altrove.Di questa struttura temporanea, dalla caduca dura-ta di una settimana, è stato programmato, secondogli attuali principi di sostenibilità, anche il riutilizzo, il suo“after life”: i sette chilometri di corda, infatti, sono sta-ti donati ad una organizzazione no-profit, mentre del-le 11 basi in calcestruzzo e acciaio dei possenti tra-licci se ne servirà il Dipartimento della EnvironmentalResources Management della Florida e saranno uti-lizzati per formare una scogliera artificiale nelle acquedell'oceano al largo di Miami Beach.Non poteva non essere così: l’Exhale Pavilion, dopoaver simulato ed evocato creature dalla concezionemarina, sarà in buona parte riusato per creare un am-biente subacqueo per le immersioni.

CREDITIProgettisti Phu Hoang Office and Rachely Rotem Studio; Luogo Miami; Cliente Art Basel Miami Beach;Inaugurazione 22 dicembre 2010; Superficie 25000 mq; Quantità funi fosforescenti 11 km;Materiale basamento cemento armato prefabbricato; Materiale traliccio acciaio; Strutture Arup

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TRASPARENZE D’ACCIAIOPADIGLIONE CROATO PER LA BIENNALE DI VENEZIA / Leo Modrcin

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VENEZIA. Per la 12.esima edizione della Mostra In-ternazionale di Architettura di Venezia, la Biennale del2010, la nuova Repubblica della Croazia non ha pre-sentato una serie di progetti curati, stampati edesposti appositamente per far conoscere la sua ideadi architettura. Ha presentato una struttura galleggianteideata da un gruppo di 14 architetti croati tutti affer-mati nel campo e internazionalmente conosciuti e ca-pitanati da Leo Modrcin. Quella da tutti loro propostaè un’architettura atipica. È un volume anomalo: unastruttura realizzata con 32 tonnellate di acciaio. Qua-rantadue strati di rete metallica Q385 saldati tra loro,in entrambe le direzioni, con aste verticali poste a unadistanza di 50 cm l’una dall’altra. È un manufatto chenonostante tutto ha un aspetto inconsistente, quasi ete-reo o impalpabile, come dire: a fil di ferro. Ricorda unwireframe o wire frame model, la rappresentazione tri-dimensionale vettoriale tipica del web design; una re-altà grafica geometricamente “primitiva” in cui l’oggetto

è definito attraverso punti, linee, curve e poligoni chelasciano trasparire il suo interno. Pensato come ungrosso volume di metallo, dalle dimensioni di 19 x 9x 5,5 m, galleggiante e dall’aspetto immateriale è sta-to costruito da una dozzina di saldatori nello storico can-tiere navale di Kraljevica su una chiatta metallica di 20x 10 x 3m. Risponde pienamente, con le sue atipichecaratteristiche, al tema scelto dal direttore della Bien-nale della scorsa edizione, l’architetto nipponico Ka-zuyo Sejima, che ha proposto come motto della mo-stra la frase: «People Meet Architecture», proprio peresprimere pienamente il desiderio di un’architettura fat-ta sopratutto di relazioni. E infatti il padiglione croatoè pieno ma è anche vuoto. È materico ma anche in-corporeo. È chiuso ma contemporaneamente aperto.È fatto di un interno che incontra l’esterno in un con-tinuo e reciproco interscambio. È una scenografia piùche un’architettura. È fatto di relazioni e di trasparen-ze e della sua stessa massa offre una duplice lettura:

A sinistra: sequenzadi immagini della costruzionee del trasporto lungo le costedella Croazia con attraccoin alcuni importanti portiprima di giungere a Venezia.In alto e in basso: dueschemi assonometrici del vuotoall’interno delle maglie metallichedi cui è formato il padiglione

PROIEZIONE PARALLELA SUD OVEST

PROIEZIONE PARALLELA SUD EST

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da vicino ha un aspetto materico, metallico e ossida-to, da lontano è invece inconsistente e sembra qua-si un nugolo di punti che diradandosi nella parte cen-trale lascia intravedere il mondo che gli sta intorno. Èun volume di reti d’acciaio, un padiglione galleggian-te che per partecipare alla Biennale ha attraversatol’Adriatico e ha ormeggiato al molo principale della Bien-nale ed è lì che il 21 agosto 2010 è stato presentato,anche se per poco tempo, al pubblico di Venezia. L’in-terno, se di interno si può parlare, è stato progettatoper sottrazione. I 42 strati di rete, saldati ad una distanzadi 12.5 cm l’uno dall’altro, sono stati variamente com-binati tra loro secondo una logica ben precisa ma ir-regolare. Tutta la struttura reticolare è stata fissata allachiatta attraverso la saldatura di alcuni tondini aventifunzione di elevazione primaria ai quali in un secondomomento sono stati saldati gli altri strati metallici. I 42piani metallici, variamente tagliati, hanno dato corpoal vuoto interno man mano che la loro stratificazionesi avviava alla conclusione. Le prime sovrapposizioniovviamente hanno dato corpo al piano di calpestio,mentre le altre, nelle loro diverse forme, per sovrap-posizione hanno creato il vuoto all’interno del regola-re parallelepipedo metallico. Il manufatto così com-pletato, ma comunque traballante, instabile e “peri-coloso” come lo stesso commissario del gruppo ha af-fermato, ha solcato l’Adriatico trainato da un rimor-

chiatore e partendo da Kraljevica prima di giungere aVenezia è passato per Rijeka, Opatija, Pula e Rovinj.È giunto alla Biennale, per la sua stessa innata natu-ra fragile, un po’ malconcio. Ma ha comunque soste-nuto il suo viaggio e ha testimoniato la presenza del-la Croazia alla Mostra Internazionale, e con la sua stes-sa fragilità si è relazionato con il mondo dell’architet-tura presente ai Giardini veneziani. Mondo che la Croa-zia ha scelto di affrontare in modo compatto e unito,con un unico gruppo che ha unanimemente lavoratosu un solo progetto curato dall’ideazione fino alla rea-lizzazione. Una risposta compatta ed esaustiva, nel sen-so che la soluzione su chiatta ha dimostrato anche allaBiennale che lo spazio per nuovi padiglioni e quindi an-che per nuove repubbliche è sempre possibile crear-lo. Una risposta artistica e pratica, una land-art pen-sata anche per sopperire all’esiguo spazio che la ma-nifestazione internazionale ha saputo offrire a nuove re-altà come la Croazia a cui, dopo la separazione dallaJugoslavia, non è stato riconosciuto un padiglione asé stante e indipendente. Uno spazio che ha ospita-to al suo interno un’esposizione sulla progettazione erealizzazione di se stesso, creata con immagini e di-segni stampati su scatole di cartone vuote. Immaginiche testimoniano la costruzione di un un luogo nomade,uno spazio d’arte e architettura dall’indole vagabon-da che ha solcato le acque dell’adriatico.

A sinistra: schema sinotticodei 40 strati di maglia metallicache sono stati saldati tra loroad una distanza di circa 15 cm,calcolando anche lo spessoredella rete. In questo schema ilvuoto progettato è rappresentatocon il colore bianco.In alto: le sezioni longitudinalisviluppate secondo l’assecentrale del padiglione

SEZIONI LONGITUDINALI

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CREDITIArchitetti Saša Begovic, Marko Dabrovic,Igor Franic, Tanja Grozdanic, PetarMiškovic, Silvije Novak, Veljko Oluic,Helena Paver Njiric, Lea Pelivan, TomaPlejic, Goran Rako, Saša Randic, IdisTurato, Pero Vukovic, Tonci ZarnicCapo gruppo Leo ModrcinSponsor Cantiere Kraljevica, CroaziaCostruzione Cantiere RijekaCostruzione chiatta Jadranski PomorskiLuogo esposizione BiennaleArchitettura Venezia 2010

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Da oltre 35 annileader nella produzione

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MEET DESIGNIl gruppo RCS lancia MEET DE-SIGN, una innovativa piattaformamulticanale che ha come obietti-vo primario la divulgazione deldesign italiano attraverso iniziati-ve di ampio respiro rivolte al con-sumatore finale. Nasce così uncontenitore di idee e di attività ingrado di veicolare tutti i valoriconcettuali, progettuali, creativi eproduttivi del settore per mostra-re, ad un pubblico allargato, iprotagonisti della cultura italianadell’abitare. MEET DESIGN sipropone quindi di dialogare conle persone sul tema del designattraverso molte attività che rie-scano ad intercettarne l’interes-se avvalendosi di tutte le leve dicomunicazione del Gruppo.L’obiettivo è diventare un puntodi riferimento e di collegamentotra aziende, creativi e consuma-tori, per promuovere e valorizza-re la cultura delle idee, del pro-getto, della creatività e della con-temporaneità. MEET DESIGN èorganizzato in collaborazionecon gli Assessorati alle PoliticheCulturali del Comune di RomaCapitale e della Città di Torino, inpartnership con Franke e Merce-des-Benz. MEET DESIGN è unprogetto che si articola in trearee: MEET SHOW, MEET TA-LENTS e MEET PEOPLE. MEETSHOW è una mostra itinerantedal titolo “Design, una storia ita-liana”, curata da Marco Roma-nelli. Grandi maestri e giovanidesigner, analisi critica e ricerca.Una inedita selezione di pezzi

propone uno spaccato trasver-sale sulle tipologie del design dal1948 ad oggi e racconta lo stra-ordinario lavoro dei progettisti edegli imprenditori italiani. Nell’an-no in cui il nostro paese festeg-gia i 150 anni di Unità d’Italia, ilfilo conduttore dell’esposizionesarà proprio l’italianità, di cui ildesign rappresenta una case hi-story di successo. L’evento hacadenza annuale. Per la primaedizione, RCS ha scelto Roma eTorino, due città di grande rilievonel panorama culturale italianononché le due storiche capitali.MEET DESIGN approderà a Tori-no, nella splendida cornice diPalazzo Bertalazone di San Fer-mo, a novembre. Nella città pie-montese l’evento promosso daRCS inaugurerà insieme ad Ar-tissima, la grande manifestazio-ne internazionale dedicata all’ar-te contemporanea. Promossadalla Fondazione Torino Musei,Artissima accoglie le più impor-tanti gallerie e gli artisti più quo-tati della scena mondiale e rap-presenta un punto di incontroper collezionisti, artisti e galleried’arte.

Torino, 5/11/2011 - 30/01/2012

RESTRUCTURA: LA FIERA DIEDILIZIA E ARCHITETTURATra novità e conferme, è in via didefinizione la nuova edizione diRestructura, in calendario al Lin-gotto Fiere di Torino a novembre.In programma un convegno sualcuni dei più importanti progettiarchitettonici che interesserannola città di Torino nei prossimianni: ne parleranno, tra gli altri,Benedetto Camerana e MarioCucinella. Tornano i RestrucTour,che portano i visitatori sul luogodi cantieri avanzati di particolarerilievo in termini di sostenibilità.Per il pubblico del Salone, glispeed date con gli architetti: ap-puntamenti della durata di 30minuti in cui vengono fornite leprime indicazioni progettuali sugli

impianti, i materiali, le soluzionitecniche più adatte alle esigenzedi chi, non essendo un operato-re del settore, ha la necessità dimetter mano alla propria casa ecapire quali siano gli interventinecessari. L’edizione 2010 ha ri-chiamato oltre 28.000 visitatori esono state circa 500 le aziendepresenti provenienti da 16 regio-ni e 5 Paesi europei (Svizzera,Germania, Francia, Inghilterra,Slovenia).

Torino, 24 – 27 novembre 2011

LE FABBRICHE DEI SOGNIIn occasione del cinquantesimoanniversario del Salone del Mobi-le, Triennale Design Museum de-dica la sua quarta edizione agliuomini, alle aziende e ai progettiche hanno contribuito a creare ilsistema del design italiano daldopoguerra a oggi e a decretareil successo del Salone del Mobilenel mondo. Attraverso una carrel-lata di oggetti iconici, la mostra“Le fabbriche dei sogni. Uomini,idee, imprese e paradossi delle

fabbriche del design italiano”, svi-luppa un racconto che vuole, dauna parte, illustrare la peculiareattività e la natura profonda diquelle che Alberto Alessi defini-sce “Fabbriche del Design Italia-no”, che si muovono lungo una li-nea che oscilla tra valore funzio-nale, valore segnico e valore poe-tico delle cose prodotte, dall’altraraccontare la grande capacità eabilità di questi “laboratori di ri-cerca” tali da attrarre anche i de-signer stranieri, che scelgono dilavorare in Italia riconoscendonel’eccellenza nella produzione. Ilpercorso della mostra oscilla fradue poli: da un lato un pensieroteorico preciso e approfonditoche deriva dalle riflessioni portateavanti dal curatore su questi teminegli ultimi anni, dall’altro unamodalità di trattazione poetica,artistica e favolistica che attingeall’immaginario di Lewis Carroll eAntoine de Saint-Exupéry. Il pro-getto di allestimento di Martí Gui-xé è concepito come una delleavventure di Alice nel Paese delleMeraviglie: gli oggetti entrano indialogo con i progettisti e le storiedei grandi uomini di impresa si in-trecciano con le loro biografiepersonali in un’atmosfera gioco-sa e ricca di emozioni e sugge-stioni. Un’occasione straordinariaper scoprire attraverso nuovipunti di vista alcuni fra i più cele-bri oggetti del design italiano.

Milano, fino al 26/02/2012

da vedere

Conoscere architettura e design

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LA BIENNALE D’ARTE CON-TEMPORANEA DI FIRENZEL’VIII edizione della Biennale In-ternazionale d’Arte Contempora-nea di Firenze, che siterrà alla Fortezza da Basso, ve-drà la presenza dell’artista JeffKoons, al quale sarà consegnatol’ 8 dicembre il prestigioso rico-noscimento della Biennale, il pre-mio Lorenzo il Magnifico alla Car-riera. Koons presenterà nellospazio teatro un excursus della

sua carriera artistica, dialogandocon il pubblico presente e con glioltre 600 artisti provenienti da 80paesi del mondo che espongonoalla Biennale. Il 6 dicembre sarà ilmomento della famosa stilista edesigner Agatha Ruiz de la Pra-da, anche lei presente a Firenzeper ricevere lo stesso prestigiosoriconoscimento alla Carriera. Lastilista, che avrà un suo spazioall’interno della mostra, entrerà incontatto con il pubblico presentee visiterà la Biennale. Questa edi-zione di Florence Biennale si aprealle sperimentazioni e alla riela-borazione di oggetti di design,

con progetti svolti sul territo-rio, in collaborazione conEnti ed Istituzioni cheoperano nel campo del-l’arte contemporanea.

Infatti la scelta di

celebrare un’artista come JeffKoons, che durante la sua vitaartistica ha rinnovato l’eredità delreadymade di Duchamp e delleappropriazioni della pop art tra-sformando oggetti comuni e ico-ne della nostra società in opered’arte contemporanea celebratenel mondo, va in questa direzio-ne. In una città come Firenze,cuore artistico pulsante, l’artecontemporanea invade e si con-fronta con la storia, ma vuole an-che riscoprire il senso di fermarsiad osservare, pensare e creare.Così durante i giorni della mostraprenderà pienamente vita il pro-getto SIT-IN Florence (www.sit-inflorence.it), ideato in collabora-zione con l’Assessore alla modae al Turismo Elisabetta Cianfanel-li, che prevede la rielaborazionedi 500 sedie, gentilmente donateda IKEA, per la realizzazione dialtrettante opere di redesign con-temporaneo realizzate dagli stu-denti della Facoltà di Architetturadell’Università di Firenze, dei licei

artistici e delle Accademie d’Artedi Firenze e Carrara. I 500 ragaz-zi partecipanti invaderanno glispazi urbani, coinvolgendo i cit-tadini con performance artisticheper le vie della città. Questo rien-tra nella volontà della Biennale direndere Firenze centro culturalecontemporaneo di livello interna-zionale, promuovendo l’arte e lacultura contemporanea e svilup-pando sul territorio laboratoripermanenti di creatività. Questesono solo alcune delle iniziative edegli eventi collaterali che anime-ranno Firenze e gli spazi espositi-vi nei giorni della Biennale.

Firenze, 3 – 11 dicembre 2011

ACQUEDOTTI ROMANICinecittàdue Arte Contempora-nea presenta la mostra "Acque-dotti romani" dedicata a questoparticolare manufatto architetto-nico che segna l’orizzonte con ilsuo inconfondibile profilo e costi-

da vedere

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tuisce una presenza che, più diogni altro elemento urbano e ar-chitettonico, identifica non solo laCampagna Romana, ma anchegli insediamenti moderni e con-temporanei della periferia a sudest della Capitale, come Cinecittàe il quartiere Tuscolano. Questispettacolari ruderi, che si perdo-no nella lontananza comeun'eco, alternando il pieno alvuoto, costituiscono tracce terri-toriali continue che pervengonoalla scala geografica conferendo

ad essa una dimensione eroica."Pensare una mostra sugli ac-quedotti romani - scrive l’ideatoree curatore della mostra FrancoPurini - significa leggere, attraver-so la loro capacità di costruire ilpaesaggio oltre la loro essenzatettonica e architettonica, la cittàdi oggi nelle sue contraddizioni,nei suoi aspetti stabili e mutevoli,nella sua singolarità. Assieme auna pluralità di ambiti relativi allacittà gli acquedotti romani sug-geriscono una ulteriore sfera di

contenuti che comprende i temidel frammento, della vastità, deltempo, dell’acqua, una risorsache sta divenendo sempre piùrara e preziosa, oggetto in questiultimi anni di complesse strategieglobali". Le opere degli artisticoinvolti dovrebbero consentiredi vedere nel passato, nel pre-sente ma soprattutto nel futurodi questi straordinari manufatti,nelle diverse ottiche dell’architet-tura, della pittura e della scultura,della video arte, della musica,della letteratura e della fotografia.In mostra sarà proiettato un vi-deo in cui i cinque poeti legge-ranno i loro versi. La mostra è al-lestita nello spazio espositivo Ci-necittàdue Arte Contemporaneasituato nell’omonimo shoppingmall, unico centro commercialein Europa a contenere uno Spa-zio Espositivo permanente, e chesorge vicino ad alcuni tra i piùcelebri acquedotti.

Roma, fino al 6/11/2011

LA VI EDIZIONE DEL FESTI-VAL DELL’ARCHITETTURAIl Festival dell’Architettura arrivaalla sua sesta edizione confer-mando una visibilità nazionale edinternazionale che sancisce lavalidità di una formula in grado dipromuovere contenuti divulgativiriguardanti i temi dell’architetturae della città attraverso l’esperien-za della rete universitaria e laproduzione di ricerca che vi sisvolge. Il titolo di questa edizioneè “L’architettura della città euro-pea: progetto, struttura, immagi-ne”, un tema attraverso cui svi-luppare ulteriormente le proble-matiche del rapporto tra architet-tura e città, coinvolgente al tem-po stesso aspetti di qualità dellestrutture spaziali, funzionali, pae-saggistiche e ovviamente socialidei fenomeni insediativi. La que-stione che si vorrebbe porre al-l’interno di questo indirizzo tema-tico riguarda però anche il pro-blema della caratterizzazione eu-ropea dell’architettura e della cit-

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tà nella più generale e per certiaspetti assai dinamica scena in-ternazionale. L’internazionalizza-zione di strumenti e metodologiedel progetto architettonico com-porta da una parte la circolazionedi modelli quale stimolo all’evolu-zione della qualità insediativa,dall’altra il rischio di produrreomologazione soprattutto làdove non vi siano condizioni cul-turali in grado di elaborare un’in-terpretazione critica originale de-

gli stessi modelli circolanti. Inquesto quadro di evidente com-plessità non è difficile riscontrarel’emergere di certo provinciali-smo oppure di pratiche di straor-dinaria validità, derivate da unacapacità di rielaborazione consa-pevole da parte del progetto nelconiugare identità, caratteri edesigenze contestuali in rapportoad altre esperienze da cui trarreincentivo al’innovazione. Il Festi-val organizza quindi una settima-na di presentazioni, conferenze,seminari ed incontri rapportabili atre temi: il progetto di architetturanelle scuole europee (Parma, Pa-lazzo del Governatore, 19 otto-bre); 7 città europee per l’archi-tettura (Reggio Emilia, Ex Sina-goga, 20 ottobre); progettare ilcostruito: strategie architettoni-che per la città compatta (Mode-na, Teatro Fondazione San Carlo,21 – 22 ottobre).

Parma, Modena, Reggio Emi-lia, 19 – 22 ottobre 2011

UNA MOSTRA DEDICATA AJOSEF ALBERSLa retrospettiva dedicata a JosefAlbers (1888-1976), curata dalDirettore della Galleria Civica diModena Marco Pierini si terrà neidue spazi espositivi della GalleriaCivica: Palazzo Santa Margheritae Palazzina dei Giardini. La mo-stra, la più ampia mai organizza-ta in Italia, intende ricostruire ilpercorso dell’artista in tutte lesue fasi salienti, dagli anni delBauhaus di Weimar, di Dessau edi Berlino a quelli del BlackMountain College, della Yale Uni-versity, a quelli, infine, nei quali –lasciato l'insegnamento – si de-dicò esclusivamente alla pittura.Del periodo del Bauhaus, la stra-ordinaria scuola fondata da Wal-ter Gropius di cui Albers è statoprima allievo e poi ininterrotta-mente docente fino alla chiusu-ra, sono esposte 12 opere in ve-tro realizzate dal 1921 al 1932,29 fotografie e photocollage,una piccola selezione di xilogra-

fie e di gouache e alcuni mobili.Se i vetri denunciano già conpienezza il rigore della composi-zione e lo straordinario senti-mento del colore che caratteriz-za la successiva e più celebratapittura a olio di Albers, le foto-grafie – assai spesso assembla-te dall’artista in forma di photo-collage – rappresentano la testi-monianza di un occhio attento eappassionato, capace di sottrar-re i volti degli amici e dei colleghi(Klee, Kandinsky, Gropius) alladimensione quotidiana e allostesso tempo di rivelare straordi-narie geometrie, forme e caden-ze nascoste nella natura e nelle

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cose. Di particolare interesse imobili disegnati in questo perio-do, che uniscono una spiccatafunzionalità alla purezza di linee ea una forte inclinazione per i di-versi materiali e la loro combina-zione (vetro, legni, stoffe).

Modena, dal 9 ottobre 2011all’8 gennaio 2012

BIENNALE INTERNAZIONALE“BARBARA CAPPOCHIN”Torna a Padova la Biennale inter-nazionale di Architettura “BarbaraCappochin”, giunta quest’annoalla quinta edizione. Un appunta-mento importante per richiamarel’attenzione sulla qualità dell’ar-chitettura contemporanea, intesacome fenomeno sociale e cultu-rale che oggi più che mai, per ri-spondere davvero alle esigenzedei cittadini, deve saper coniuga-re la qualità estetica con la fun-zionalità tecnica e la sostenibilità,in un rapporto rispettoso dell’am-

biente e del territorio e attentoalla qualità della vita dei suoi abi-tanti. Promossa dalla Fondazione“Barbara Cappochin” e dall’Ordi-ne degli Architetti, pianificatori,paesaggisti e conservatori dellaprovincia di Padova insieme alComune di Padova, la Biennalevede anche la collaborazione del-la Regione del Veneto, dell’Unio-ne internazionale degli Architetti edel Consiglio Nazionale Architetti,Pianificatori, Paesaggisti e Con-servatori. Cuore dell’iniziativa,come sempre, il Premio interna-zionale “Barbara Cappochin”,nato per valorizzare le opere diarchitetti e costruttori che privile-giano la qualità nelle scelte pro-gettuali e costruttive, e la tradizio-nale mostra a Palazzo della Ra-gione, che quest’anno sarà in-centrata sul tema della rigenera-zione urbana sostenibile. Sarà ilracconto delle esperienze più in-novative di riqualificazione e rin-novo urbano in chiave sostenibiledi diverse città del mondo. Tre i

nodi tematici attorno ai quali sisvilupperà la mostra, coerente-mente con il documento del Co-mitato economico e sociale euro-peo (maggio 2010) “Necessità diapplicare un approccio integratoalla riabilitazione urbana”: le sfidedella contemporaneità e dei nuo-vi stili dell’abitare, del lavorare,del vivere e della multietnicità; lasostenibilità mediante l’uso ditecnologie compatibili con l’am-

biente; infine, l’integrazione e lacontinuità con il tessuto urbanoesistente, la storia dei luoghi el’identità locale. L’esposizionesarà accompagnata da conferen-ze e tavole rotonde, che appro-fondiranno in un’ottica interdisci-plinare i criteri di applicabilità diun approccio integrato alla riabili-tazione urbana.

Padova, 26/10/’11 –12/02/2012

Tel. 059.694346 - Fax 059.647293www.fratellivellanisnc.191.it - [email protected]

FRATELLI VELLANI CONTROTELAI

La pubblicazione di questi schemi completale spiegazioni e i relativi disegni dei lavorieseguiti dalla Ditta F.lli Vellani, già apparsinei numeri precedenti di Archiline.

Tra le diverse realizzazioni dell’Azienda, ilmiglior risultato è stato ottenuto dalla“Muratura 3” (vedi figura), costruita con 2muri divisi da un isolante termico ed acusticoe da un falsotelaio tutto in legno.

1. isolata con cappotto esterno 0,20 0,24(spalla non isolata)

2. isolata con cappotto esterno 0,080 0,18(spalla isolata)

3. isolata internamente 0,085 0,14(superficie esterna intonacata)

4. isolata internamente 0,16 0,20(superficie esterna a faccia a vista)

5. isolata con cappotto interno 0,042 0,085

Muratura Trasmittanza termica lineareControtelaio“LLSZ 70”W/(m k)

Controtelaio“LLCZ 120”W/(m k)

Muratura 1 Muratura 2 Muratura 3

Muratura 4 Muratura 5 Legenda

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iBLU FAENZA

Lo showroom iBLU Faenza sipresenta come un’importantestruttura commerciale di 1000mq a tre piani, concepitasecondo le più moderneevoluzioni dell’architettura e delmerchandising, che uniscel’esposizione di prodotti perl’arredobagno (e non solo)all’impiantista idraulica, nell’otticadell’offerta di un serviziocompleto a 360 gradi. Lastruttura espositiva è stataprogettata per rispondere allemolteplici esigenze dei clienti, chehanno la possibilità di entrare incontatto con proposte bagno daldesign classico, contemporaneoe minimale. Ad accogliere ilvisitatore una grande hall conreception, divanetti e riviste perla consultazione, postazioni diincontro fra consulenti d’arredoe visitatori; proseguendo, unapiccola area 'coffee break' e altermine lo spazio dedicato a relaxe spa. iBLU Faenza offre unavasta gamma di prodotti:pavimenti e rivestimenti ceramici,parquet, eco-malte, pietrenaturali, porte e finestre,accessori di interior designe body-care, saune, hammame arredobagno.

EUROFORM

Fondata nel 1989 da Mirko DeLucia, Euroform è un’azienda chenasce da una lunga tradizione difamiglia: l’esperienza artigiana nelsettore dell’arredo. Specializzatanella produzione di divani esedute per l’arredamentoresidenziale e il contract, èattualmente una delle realtà piùrilevanti nel panorama del madein Italy, una delle pocheeccellenze a produrre secondole tradizionali e rigorose regoledell’artigianalità italiana. Dallasinergia tra la creatività del centrostile e il rigore del repartoproduzione, prendono vitaprodotti dal design raffinato edelegante, che rispondono astandard qualitativi elevatissimi eche hanno decretato il successodi Euroform anche sui piùimportanti mercati esteri. Èquesto il risultato ottenutodall’impiego delle più avanzatetecniche industriali sapientementeunite alla meticolosa curaartigiana e alla passione di 30qualificati esperti. Solo un’aziendaitaliana al 100% poteva sceglieredi percorrere la sua storia nelsolco della tradizione e diprodurre nel rispetto della piùrigorosa etica del lavoro.

ERREMME

Da anni la nostra aziendaproduce, con passione emestiere, arredamenti su misuradi ogni tipo: classico, moderno,in stile. Realizziamo pavimentiin legno, porte per interni edesterni, controsoffitti acassettoni e boiserie sia intonalità legno che decorate,mobili bagno, cucine e tantoaltro. La nostra produzione èpiuttosto diversificata masempre caratterizzata dallaqualità dei materiali.Prevalentemente utilizziamolegno massello: rovere,castagno, abete etc.; siamospecializzati anche nellacostruzione di coperture di tettiin abete o castagno e di casein legno di qualsiasi metratura,finemente rifinite, coibentatecon materiali ecologici. Laqualità dei materiali utilizzati ela lunga esperienza maturatanel settore insieme a efficienzae puntualità, garantiscono lapiena soddisfazione del cliente.Lo staff di ERREMME arredaqualsiasi tipologia di casa e/onegozio, fornendo un serviziodi progettazione qualificato eseguendo in prima personalo svolgimento dei lavori.

ANTICORODAL

Azienda artigiana con officinaper lavorazione dell’alluminio,Anticorodal è nata nel 1973 eha sempre investito sulla qualitàe nella professionalità del teamoperativo. I prodotti Anticorodaloffrono una flessibilità disoluzioni in perfetta sintonia conle esigenze del mercato italiano,legati ad un moderno concettodi qualità dell’abitare che vuolela casa sicura, perfettamenteisolata, senza rumori e sprechidi energia. L’azienda producein officina, su commissione,finestre, porte, portoni, persiane,scuroni, persiane blindate,vetrate estensibili, vetratescorrevoli, vetrine. Inoltrecommercializza e posa manufattiin legno e PVC, portoni blindati,basculanti, sezionali, cancellettidi sicurezza, sempreprivilegiando prodotti di qualitàe design, garantendo serietà eprofessionalità: è in grado disoddisfare qualsiasi esigenzalegata alla vendita, installazionee manutenzione, con unacopertura nel settore a 360°.Negli anni si è guadagnata unruolo di primo piano nel settorediventando un punto diriferimento nel territorio.

Arredobagno Arredamento Falegnameria Serramenti

Via Morse, 847122 Forlìtel. 0543.783260fax 0543.783096www.euroformcollection.comwelcome@euroformcollection.com

via Farini, 13Cavazzona di Castelfranco Emilia(Modena)tel. e fax [email protected]

Via Risorgimento, 748018 Faenza (Ra)tel. 0546.643731fax 0546.643732www.cilafaenza.it/iblu

Via Antonio Bandoli, 9Zona Artigianale- 48012 Villanovadi Bagnacavallo (RA)tel. 0545.49974fax [email protected]

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professional service

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VETRERIA BONDI

Fondata dai fratelli Bondi nel1961, la Vetreria Bondi è unadelle più antiche vetrerie dellaRomagna. Al servizio delleaziende e del privato, la qualitàdei prodotti, l’esperienza, laserietà e la disponibilità verso ilcliente sono i suoi punti di forza.Realizza porte scorrevoli e abattente in vetro laminato,anche con stampa digitale,carta, stoffa, cercando di andareincontro a qualsiasi richiesta edesigenza del cliente. Si occupaanche di parapetti in vetro perinterni ed esterni, pareti divisoriein vetro, integrate con porte abattente o scorrevoli, blindaticalpestabili, scale e pavimenti,box doccia in cristallo temperatosu misura. Produce, inoltre, vetriper arredo: tavoli, tavolini,librerie, mensole e specchi diqualsiasi tipo, molati, decorati,verniciati ed incisi. Foto inbasso: progetto dello StudioRaoul Benghi; realizzazioni invetro: Vetreria Bondi - Forlì;realizzazioni in acciaio: A.Z.Inox - Forlì; Studio diArchitettura Raoul Benghi,via Missirini, n.6, 47121 Forlì.(Progetto protetto ai sensi dellalegge 22 aprile 1941 N 633).

ZAMBELLI S.r.l.

Zambelli s.r.l. opera da oltre 40anni nel settore della lavorazionedella pietra, realizzando opere direcupero e restauro di strade,piazze, mura e palazzimedioevali nei centri storici dellecittà più belle del nostro Paese:Siena, Firenze, Pisa, Arezzo,Assisi, Milano, Bologna, Padova,Treviso, Alessandria, Genova,Rimini e tantissime altre.Lastricati, selciati, cubetti eacciottolati sono lavorazioniche realizziamo con le nostremaestranze, con lapreoccupazione di recuperarelo stile e la cura di un tempo,i metodi e la tradizione di ieriper un servizio alla città di oggi.L’azienda è disponibile asoddisfare qualsiasi esigenzanel campo delle pavimentazionie dei restauri, dispone dimaestranze specializzate capacidi far fronte ad ogni specificasituazione, mettendo in operapietre, marmi, gneis, porfidi,graniti, secondo i più svariatischemi compositivi edeseguendo tutte quelle rifinitureartigianali che il lavoro richiede.L’esperienza della Zambelli è adisposizione per la progettazionee la realizzazione di case private.

MIDÀ ARREDAMENTI S.r.l.

Un progetto di arredo è come unbel vestito cucito su misura il cuicompito è quello di esaltare leforme, unire stile e design acomfort e praticità, attrarre chi loosserva e riflettere l'animo di chilo abita. Con questo spiritol'azienda Midà definisce gli spazidi hotel, ristoranti, bar, showroome residenze private, offrendosoluzioni innovative e uniche,modellate per ciascun ambientegrazie a una produzione chemescola moderne tecnicheindustriali con la flessibilità el'accuratezza di una lavorazioneartigianale totalmente made inItaly. Le creazioni Midà sono dialto valore estetico e funzionale,ricercate nello stile e nella curadei particolari, con un occhioattento ai costi e all'impiego dimateriali ecologici. L'aziendaopera in sinergia con architettie interior designer per i qualisegue la realizzazione deiprogetti in tutte le fasi diproduzione e allestimento mafirma anche propri lay out, ideatidal team di qualificati progettistidel Centro Stile Midà e poiaccompagnati dal bozzettoall'ambiente (ri)finito, prontoper essere indossato.

ANTINCENDIO MERCURY

L’azienda è in grado di fornire aipropri clienti un servizio integratodi qualità in materia diprevenzione antincendio esicurezza nei luoghi di lavoro.La sicurezza è un bene a cuinon si può rinunciare e Mercuryè una sintesi di esperienzemolteplici e consolidatenecessarie per rendere unambiente sicuro e garantire alcliente un interlocutore unico.Sono numerosi i dispositivi diprotezione che possono risultareutili nello svolgimento dell’attivitàlavorativa e Mercury dispone ditutto il necessario. Oltre allaconsolidata attività commercialee di manutenzione dei presidiantincendio, dispositivi diprotezione individuale esegnaletica, Mercury puòaffiancare le aziende anchenella gestione della sicurezzaper l’ottenimento del Certificatodi Prevenzione Incendi (CPI),la realizzazione delle necessarieprotezioni antincendio e lagestione degli adempimenti sullasicurezza e l'igiene del lavoro.Il qualificato personale tecnicoagisce con grande professionalitàrispettando tutti i parametri dettatidalle normative vigenti.

Vetro Pavimentazioni Arredamento Sicurezza

Via A.Cimatti, 11 -47010 Galeata (FC)tel. 0543.981678 - fax 0543.981150www. [email protected] di Cantù (CO): Via Baracca, 45tel. 340.8597047

Via Ettore Benini, 5447121 Forlì[email protected]

Via Virgilio, 1547122 Forlìtel. 0543.756535fax [email protected]

Via Balzella, 41d47122 Forlìtel. 0543.796423fax [email protected]

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professional service

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products

Sempre di più, negli ultimi anni, si è affermato l’inte-resse per la cottura a vista. Il cliente, affascinato dal ri-tuale della preparazione con la quale vengono elabo-rati e guarniti i piatti proposti, partecipa alla scelta de-gli ingredienti stessi, sino ad arrivare ad assaporarneil gusto e a godere del risultato finale. La vista, anco-ra una volta, stimola la scelta, veicola la preferenza edanticipa il piacere. Del resto, come è noto, anche l’oc-chio vuole la sua parte. Rinnovarsi culturalmentesenza rinunciare alla tradizione: il progetto PastaShow nasce con l’obiettivo di esaltare la cultura del-la pasta, prodotto simbolo della dieta mediterranea, esi-bendone ogni fase di preparazione.Non si tratta di una semplice apparecchiatura da “na-scondere” in cucina, ma di un sistema comprensivodi tutti gli elementi necessari alla conservazione (a tem-peratura positiva e negativa), preparazione, cottura sinoad arrivare alla spettacolare “spadellata finale “dove vi-sta, olfatto e udito preparano il cliente a gustare la ri-cetta prescelta. È una linea di cucine progettata da Em-mepi srl, che dal 1947 produce soluzioni a supportodella moderna ristorazione e del vivere “fuori casa”.Pasta Show è una perfetta sintesi tecnologica defini-ta “Work Station”, dove lo chef ha a disposizione tut-to l’occorrente per la preparazione di un ottimo piat-to, rispettando tutte le fasi di lavoro, ma accelerandonei tempi di realizzo: moduli di varie dimensioni per sod-

disfare i molti amanti della pasta arrivando a produr-re dai 50 ai 200 piatti ogni ora. Ottenendo così rapi-dità di servizio per cibi salubri, appetitosi, attraenti, daigiusti valori nutrizionali, all’altezza delle aspettative.Pasta Show dispone di zone di cottura che rispondonocompletamente all’esigenza di funzionalità, igiene, si-curezza, affidabilità. La gamma, rigorosamente in ac-ciaio Inox AISI 304, prevede piastre a induzione o ve-troceramica e vasche cuocipasta, queste ultime concontrollo automatico del livello dell’acqua e solleva-mento temporizzato dei cestelli, nonché soluzioni ido-nee al mantenimento dei condimenti in vaschette (a cal-do o a freddo). La parte sottostante al piano di cotturaè costituita da cassettoni refrigerati (positivi e/o negativi)atti alla conservazione degli ingredienti base per la pre-parazione dei piatti. È il sistema di cottura ideale alleesigenze di un piacevole pasto in sale ristorante di al-berghi, centri commerciali, fast food, supermercati,mense e ovunque si voglia proporre una soluzione ver-satile per gustare un buon piatto di pasta, nel rispet-to della tradizione italiana.

PASTA SHOWLA COTTURAFA SPETTACOLO

In alto: esempio di unmodulo integrato in unsistema di preparazionee distribuzioneA destra: un dettagliodel piano di cotturaSotto: esempio di unmodulo attrezzato

EMMEPI SRLStrada Gerbido 70, 29010Gerbido di Mortizza (Piacenza)Tel. 0523.575111 - Fax 0523.575196www.emmepi-pc.com

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products

INNOVAZIONEARTISTICADEL CEMENTOE RESINA

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Dar vita alla propria casa è una ricerca diarmonia, bellezza, innovazione ed equilibriodelle parti. Oggi il mercato immobiliare è ca-ratterizzato in larga parte da una clientelaesigente e consapevole, che vuole un’abi-tazione confortevole, personalizzata e sen-za dubbio i pavimenti e le pareti sono tragli elementi maggiormente caratterizzanti.Lyon’s Technologies è una società dinamicache opera nel settore edile con lavorazio-ni speciali. Si occupa della realizzazione di

pavimenti e rivestimenti in cemento e resinacon aspetto decorativo per interni e peresterni. L’esperienza maturata, la capaci-tà innovativa e l’attenzione alle esigenze dimercato consentono all’azienda di fornirerealizzazioni con soluzioni e prodotti di altaqualità e di soddisfare al meglio i desideridella clientela. «Ci occupiamo di tutto, af-fianchiamo il cliente passo dopo passo»,spiega Franco Marvelli, fondatore della Lyo-n’s Technologies. «Dall’assistenza nella

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scelta fino alla consegna del lavoro “chiavi in mano”».Il prodotto offerto è realizzato con materiali fabbricatiin regime di Qualità Totale ISO 9000, coperti da garanziadel produttore rispondenti alle norme di sicurezza e am-biente vigenti. «Ciò vuol dire - continua Marvelli - chenon rilasciano nessun tipo di sostanza nociva omeno, neppure in fase di applicazione». Anche se qua-lità e funzionalità restano caratteristiche primarie, l’at-tenzione al lato estetico del lavoro non deve mai ve-nire meno in un ambiente privato ma anche in un am-biente lavorativo come, per esempio, l’ufficio. Loconferma Marvelli: «Architetti e designer sono oggi lefonti principali di richieste fantasiose e originali che cistimolano a realizzare pavimenti e rivestimenti unici,quasi artistici. Siamo in grado di realizzare qualunquetipo di finitura e colore e le possibilità di esecuzione sonomolteplici. Sappiamo operare su qualunque tipo di sup-porto, nuovo o vecchio, con mattonelle preesistenti omeno».Una delle ultime tendenze del mercato sono le superficispatolate in cemento. Questo sistema richiede di la-vorare con grande abilità e maestria il cemento che as-sume un aspetto estetico di straordinaria bellezza.Prerogativa importante è la praticità di mantenimen-to dovuta al tipo di finitura, che offre un effetto natu-rale e facilità di pulizia. Si presta alle abitazioni priva-te come agli uffici o alle spa. Continua Franco Marvelli:«L’utilizzo di malte cementizie a spessore, con la giu-

sta scelta del tipo di finitura e deicolori, crea effetti cromatici cheriscontrano un ampio gradimen-to in ambientazioni particolari, an-che con architetture a arredamentimolto originali. Con lo stesso sistemasi realizzano rivestimenti spatolati di ce-menti decorativi di spessore variabile, appli-cati su qualunque tipo di supporto». Il prodotto diLyon’s Technologies maggiormente rivolto al settoreindustriale è il pavimento in resina, i cui requisiti fon-damentali sono la robustezza e la facilità di pulizia. Il

materiale utilizzato, resine bicomponenti modificate,danno la possibilità di ottenere finiture monocromati-che o difformi nel tono, con lavorazione effetto nuvo-lato o spatolato. «La nostra attività di pavimenti in re-sina - spiega Marvelli - è rivolta principalmente al set-tore industriale con rivestimenti a basso o alto spes-sore, di altissima resistenza meccanica».Lyon’s Technologies è leader anche per i rivestimentida esterno, come dimostra il brevetto ottenuto per ri-vestimenti ad alto spessore utilizzati per finiture di pi-scine, bordi e vialetti. L’innovazione nella finitura del-le piscine è l’utilizzo di materiali naturali. «Usiamo sem-pre materiali a base cementizia - ci tiene a precisareFranco Marvelli - utilizzando cementi modificati di al-tissima valenza estetica, garantendo nel contempo l’im-permeabilizzazione della piscina con la stessa malta,eventualmente colorata». Molto interessante è l’utiliz-zo delle malte impermeabili per piscine, che possonoessere modificate con l’aggiunta di inerti naturali, ciot-toli di fiume colorati o altri materiali per ottenere finitureche maggiormente si integrano con l’ambiente circo-stante. « La composizione di malte e graniglie naturalio ciottoli di fiume nasce dall’abbinamento di colori emateriali diversi. Questo tipo di finitura che abbiamobrevettato è una variante estetica ai tradizionali rive-stimenti interni e bordi piscine. Le pietre conferisconoun aspetto naturale all’ambientazione armonizzando-si perfettamente con l’ambiente circostante».

LYON’S TECHNOLOGIES Srlvia Achille Grandi, 10 - 44028Poggio Renatico (FE) -Tel. 0532.829117-Fax 0532.824343Franco Marvelli [email protected]

Nelle foto: alcuni esempidi realizzazione di pavimentie rivestimenti in cementoe resina con aspetto decorativo.I materiali utilizzati sono fabbricatiin regime di Qualità Totale ISO9002, coperti da garanzia delproduttore rispondenti alle normedi sicurezza e ambiente vigenti

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Con queste righe vorrei darvi una chiave di lettura del-la domotica, un po’ pragmatica e derivata dalla quo-tidiana esperienza di Innovatech maturata negli anni(www. innovatec.it). Vorrei supportare progettisti, de-signer d’interni, e perché no, utilizzatori finali che deb-bano approcciare il mondo degli impianti digitali. Mavediamo innanzitutto perché dobbiamo occuparcene.

Tecnologia ubiquaAl di fuori del mondo dell’edilizia cosa è successo conla tecnologia? Di tutto e di più. Oggi molti di noi leg-gono riviste e notizie sul tablet o smart phone in tem-po reale, guidano assistiti da software di navigazioneavanzatissimi e affidabilissimi, utilizzano auto con cli-matizzazione automatica. Quando acquistiamo un cel-lulare o un’auto dedichiamo molta attenzione alle do-tazioni più o meno opzionali che la tecnologia ci of-fre. Se riservassimo alle dotazioni tecnologiche dellenostre case e uffici la stessa attenzione, allora avrem-mo capito immediatamente cos’è la domotica.Trovare un ristorante, le migliori offerte su un prodot-to, o il film da vedere in compagnia di amici, sono coseche si facevano anche quando le case avevano solouna presa del telefono all’ingresso di casa. Oggi peròapprezziamo la flessibilità, rapidità, ampiezza di scel-ta che la tecnologia ci offre, non ne faremmo a meno.E naturalmente vogliamo che la nostra “prossima casa”ci fornisca questi comfort nel modo più pratico, per-ché è sempre più la casa il luogo in cui si svolgono lenostre attività, ludiche e non solo. E poi, se posso pre-notare la vacanza dal mio Smart Phone comodamenteseduto sul divano, o vedere le foto digitali sul TV incompagnia di amici al ritorno, perché non posso conlo stesso sistema regolare le luci in giardino, alzare latemperatura in casa, chiudere il cancello o vedere letelecamere esterne? Eccoci qua, è arrivata la domo-tica, che fa in modo che la casa, o l’ufficio, siano pen-sati per darci questi servizi.Qualcuno potrebbe obiettare: ma dai, sono anni che

mi alzo per chiudere il cancello o regolare il termostato,perché dovrei desiderare di poterlo fare dal cellulareo dal televisore? Per lo stesso motivo per cui se dabambini era normale pensare di alzarsi dalla sedia perpassare dal “primo” al “secondo” canale della RAI, ogginon lo accetteremmo mai, anche perché di canali neabbiamo migliaia fra cui scegliere…

Progettare prima di comprareLa cosa a questo punto cambia di importanza, so-prattutto per chi si occupa di progettazione. Non cre-do si possa essere soddisfatti di una casa con un de-sign curato, ma che fornisce funzionalità pari a quel-le della casa del nonno. Ma neppure di una casa doveil nonno non è in grado di accendere la luce. Non mibasta più chiedere al mio bravo installatore di realiz-zare un impianto di antenna o un sistema di riscal-damento, devo innanzitutto sapere cosa chiedere. Lasoluzione non può stare semplicemente nell’utilizza-re i prodotti più tecnologici che il mercato offre, per-ché il televisore piatto che mi fa vedere le foto in com-pagnia, potrebbe non essere compatibile con la visionedelle telecamere intorno a casa. La caldaia che si co-manda col cellulare potrebbe non essere ideale dalpunto di vista energetico. Ossia occorre individuare leesigenze, “metterle d’accordo” integrandole tra loroe individuare una soluzione giusta per il caso specifi-co. Insomma è materia da progettista, non da forni-tore o da installatore. Non c’è tecnologia avanzata chepossa da sola, con una logica consumer, ossia ri-prodotta meccanicamente sempre uguale, risponderea queste esigenze. D’altro canto è davvero raro cheun progettista di impianti elettrici e/o termici possa es-sere anche esperto di sicurezza, intrattenimento, te-lecomunicazioni e non ultima, dell’ “usabilità” di tuttoquesto. E non si può neppure pensare di progettarequeste funzioni avanzate in maniera sconnessa dal-la fornitura e dalla garanzia del risultato, come si faspesso sugli impianti di base.

L’ingegnereMassim

oLabbrozziè

Amministratore

DelegatodiInnovatech,Gruppo

RielloElettronica,sioccupa

daoltre

20annidi

domotica

edibuilding

automation

alivello

professionale.Èun

formatore

nell’ambito

domotico,ha

insegnatoalivello

universitarioehacurato

unmastersulla

domotica.È

unprogettista

diimpiantitecnologici.È

contattabilesu:m

[email protected]

LA DOMOTICA, INTESA COME L’INSIEME DI TECNOLOGIE AVANZATEPER CASE ED EDIFICI, È UN MONDO ANCORA PIUTTOSTO SCONOSCIUTO.È DIFFICILE ORIENTARSI. SCOPRIAMO COME ESSA È PRIMA DI TUTTOUN CONCETTO, UN METODO. E POI FORSE ANCHE UN PRODOTTO

mutazioni

PRENDERE LA DOMOTICADAL VERSO GIUSTO: IL CONCEPT

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La soluzione comune, che non risolveMa allora siamo davvero convinti che il problema è cosìcomplesso da risolvere che è meglio non affrontarlo?Già perché è questo ciò che sta avvenendo. Nella mi-gliore delle ipotesi il progettista, il costruttore, e perfi-no alcuni utenti finali, pensano di affrontare la questionechiedendo la soluzione al proprio installatore, che cer-tamente farà l’impossibile per fornirla, ma finirà con ogniprobabilità per fornire una soluzione parziale e ben lon-tana dalle reali esigenze dell’utente. In realtà si spostail problema sull’installatore, a cui viene chiesto l’im-possibile, e di fatto l’utente alla fine non riuscirà ad ot-tenere quanto pensava, e si convincerà che non si po-teva fare meglio. Inconsciamente si sentirà tradito e in-capace, per aver speso molto ed aver ottenuto poco.Che ci crediate o no, nella nostra esperienza di tutti igiorni, questo è quello che succede.Vediamo un esempio reale, senza riferimenti: sono unutente finale, ho 45 anni e sto realizzando la secondacasa della mia vita, quella vera, bella, che lascerò ai mieifigli e in cui voglio vivere per molti anni. Incarico un bra-vo architetto di fare delle proposte, e gli do qualche spe-cifica. Ad esempio mi aspetto che la luce sia ben cu-rata sia dentro che fuori, perché penso di ricevere spes-so amici e parenti a cena; voglio che le aperture e chiu-sure degli infissi siano il più possibile automatizzate, lacasa è grande; voglio una casa sicura, perché temoper la serenità della mia famiglia; voglio risparmiare ener-gia più possibile, perché prevedo un forte rialzo del co-sto energetico mondiale.Spesso con una corretta analisi e con le domande giu-ste (che pochi fanno) di specifiche di questo tipo nevengono fuori alcune decine. Ma questa è solo unasemplificazione. Il nostro architetto si trova di fronte aduna serie di problemi mai affrontati prima, e lui non èun tuttologo, ma certamente il suo collaudato team dilavoro, progettisti di impianti e installatori, sapranno for-nire una soluzione. La cosa viene sottoposta al pro-gettista degli impianti elettrici, che pensa subito ad una

soluzione perfetta: inserire nel proprio progetto del-l’impianto elettrico i punti di comando e i punti di ali-mentazione aggiuntivi per i motori, così che questi fi-niscano nel preventivo dell’elettricista, e proporrà luistesso al cliente di chiamare un professionista della si-curezza che provveda a chiarirsi in cantiere con l’elet-tricista sulle predisposizioni impiantistiche necessarie.In quanto al risparmio energetico, la cosa riguarda sen-z’altro molto più il progettista degli impianti termici.Quest’ultimo, stimolato sul problema, propone un avan-zatissimo sistema di riscaldamento e condiziona-mento, con pompa di calore geotermica, che ha il mas-simo dell’efficienza. Inserisce un sistema di pannelli so-lari per l’acqua sanitaria, e un bel cronotermostato insala; ci penserà l’idraulico a tarare e far funzionare tut-te le stanze allo stesso modo. Poi si preoccupa di sol-leticare l’architetto sul grado di isolamento della strut-tura, che dovrà essere almeno in Classe B, così da ot-timizzare l’uso della pompa di calore.Tutto questo avviene praticamente senza consultareme utente, prendendo come indiscutibili le mie spe-cifiche, e proponendo di realizzare il tutto come da pro-getto. L’architetto è piuttosto bravo a giustificare le scel-te e i costi, un po’ salati, ma che discendono diretta-mente dalle mie specifiche iniziali, che nessuno pen-sa di discutere.Iniziano i lavori, arrivo in cantiere e noto che manca-no dei punti di comando, ad esempio le luci esternesi accendono solo da due punti, ne vorrei di più. Peròvedo che l’architetto ha coinvolto, a progetto elettri-co finito, un progettista della luce, e che il numero dipulsanti in molte pareti della zona giorno si sono ma-gicamente moltiplicati, così come i punti luce e i co-sti. Mi astengo dal proporre qualche pulsante in più perl’esterno, temo di complicare ancora le cose. Facciopresente la cosa all’architetto, ne segue una riunionein cui non vengo coinvolto, e la risposta che ne esceè: per fare un buon lavoro qui serve la domotica ed èuna cosa che l’installatore elettrico ha già fatto altro-ve, siamo a posto. L’elettricista fa la sua proposta e ilbudget raddoppia, ma mi assicurano che questa è l’uni-ca soluzione. Della sicurezza nessuno ne parla, lo fac-cio presente io e dopo qualche settimana, ad intona-ci quasi completati, mi viene presentato l’esperto del-la sicurezza. Due chiacchiere, preventivo (salato) del-l’esperto, vengo lasciato solo a decidere, d’altrondenon si tratta né di impianto elettrico, né termico, né distrutture… Però mi viene un dubbio: per me la sicu-rezza riguarda le persone che sono in casa, mi aspet-terei di essere avvisato prima che qualcuno entri. A cheservono i sensori che scattano quando qualcuno è giàin casa? Insomma non capisco un granché, ma i la-vori devono proseguire e siamo in ritardo, perdere tem-po a consultare qualcun altro significherebbe essereresponsabile dei ritardi del cantiere. Decido di sbloc-

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care la cosa e firmo. Il lavoro è finito, entro in casa conmia moglie, che non essendo stata consultata ade-guatamente, sposta mobili ed arredi e quindi tutta lanutrita e un po’ ansiogena schiera di pulsanti domo-tici finisce nel posto sbagliato. Che si fa? Nulla. Nonpossiamo mica rompere tutto. Però c’è la domotica,sicuramente c’è una soluzione. Beh sì, possiamo spo-stare qualche accensione delle luci e delle tapparel-le, basta riconfigurare i pulsanti, ma il citofono, l’anti-furto e i comandi delle tende rimarranno dove sono,nel posto sbagliato. Il cantiere è finito, a trasloco av-venuto cerco di capire come si accendono le luci, comesi risponde al citofono, come si attiva l’antifurto, comecomando le tende esterne, come gestisco la tempe-ratura… e alla fine mi consegnano uno scatolone pie-no di manuali, raccolti con una certa diligenza, e midicono che li c’è tutto, basta leggere! Mi siedo, stan-co, con il conto in banca molto sottile, con una casache, pur avendo cercato di fare le cose bene, asso-miglia ad uno shuttle e mi fa sentire inadeguato ognivolta che provo a fare qualcosa, senza riuscirci.Suona familiare? O almeno plausibile ?

Cosa c’è che non va ?Il primo problema è la mancanza di integrazione. Ognu-no pensa al suo ambito, ma manca una figura tecni-ca di coordinamento. Manca la progettazione e con-sulenza delle funzioni della casa nel suo complesso.La domotica proposta dall’elettricista affronta l’impiantoelettrico, ma la sicurezza, la termoregolazione e tut-to il resto qui non considerato per brevità, restano nongestiti, o gestiti da chi si occupa normalmente d’altroe che non riesce ad essere efficace nello specifico.Ad esempio il risparmio energetico certamente deve

prevedere un grado di isolamento termico adeguato,ma ci sono innumerevoli funzioni che l’impiantistica puòe deve fare per ridurre gli sprechi. Il progettista dellaluce, per esempio, ha pensato ad usare lampade a Ledovunque possibile? Il progettista elettrico ha inseritoun piccolo impianto fotovoltaico per alimentare la pom-pa di calore? L’energia viene contabilizzata per garantireil controllo dei consumi nel tempo? Infine il cliente nonviene assolutamente coinvolto nel processo decisio-nale, non gli vengono prospettate soluzioni diverse perfunzionalità e costo, non viene consigliato, non gli vie-ne detto come si userà la casa nel suo insieme unavolta finita, che sarà complicata ma molto funziona-le, o semplice ma con funzioni essenziali. Insomma,se fosse un’automobile, è come se ci dicessero: “lasua auto potrebbe essere di tanti colori, purché sianera!”. Se l’architetto, nella fase preliminare del pro-getto, si fosse fatto affiancare da un progettista do-motico in grado di consigliare l’utente, di proporre fun-zionalità e costi budgettari, di discutere con lui le spe-cifiche portandolo ad allocare le risorse sulle cose im-portanti, di coordinare l’impianto elettrico con gli altriimpianti ed il resto della tecnologia… alla fine l’uten-te si sarebbe trovato meno pulsanti, qualche displayin più in grado di reagire meglio alle modifiche del-l’arredo, qualche scenario software per semplificarel’uso nelle varie situazioni tipo, la sicurezza sarebbe sta-ta integrata con telecamere, citofonia, termostati, inun tutt’uno semplice da usare ma totalmente funzio-nale rispetto alle reali esigenze della famiglia. E pro-babilmente il costo sarebbe stato il medesimo.

Affrontare il problema dal verso giustoLa domotica, alla fine, non è un prodotto o un insie-me di prodotti. È un altro modo di pensare che non ècompatibile con l’operosità di un installatore o con laprofondità di conoscenze normative e tecniche di unprogettista di impianti, per quanto bravo. Serve una vi-sione, come serve all’architetto, ma è indispensabileuna preparazione allargata alle caratteristiche fonda-mentali dei vari impianti, con una conoscenza profondadelle possibilità offerte dai sistemi digitali e dal software.Trovare la persona giusta è fondamentale e purtrop-po non è un’impresa facile. Non può essere un singoloprofessionista, perché deve fornire e garantire una so-luzione. Serve continuità nel tempo, quindi servonoaziende con una storia, una dimensione e una strut-tura ben radicate; serve aver fatto realmente impiantiche integrano tecnologie avanzate nei settori più diversi,dalla climatizzazione all’energia, dalla sicurezza all’in-trattenimento audio/video, al software, possibilmentesenza essere particolarmente desiderosi di fornire unoparticolare di questi ambiti se non quello di controllogenerale. E poi referenze, referenze, referenze. La pros-sima volta, prima di iniziare l’avventura, affidatevi ad unvero esperto di integrazione domotica.

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