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Geografia e GeologiaPosta al centro del Mediterraneo, la Sicilia è

la maggiore isola di questo bacino (25.460 Kmq).Attorno ad essa si dispone una serie di isole mino-ri: a nord, le Eolie ed Ustica, ad ovest le Egadi, asud le Pelagie e Pantelleria (complessivamente25.708 Kmq). La sua linea costiera, prevalente-mente rocciosa a nord, sabbiosa a sud, è lungacirca 1.000 Km. Il paesaggio siciliano è caratteriz-zato da grande movimento: l'isola infatti è mon-tuosa e collinare, con un'unica estensione pianeg-giante nei pressi di Catania.

Il massiccio più importante è quello dell'Etna(il cui comprensorio è interamente protetto dal-l'istituzione di un grande parco naturale) nellazona orientale della Sicilia. Il vulcano, alto circa3.300 m, è attivo ed è il più grande d'Europa.

Lungo la costa settentrionale si dispongono,da Est verso Ovest, un tratto dei monti Peloritani,i Nebrodi e le Madonie, le cui vette raggiungonoanche i 2.000 metri.

Alle Madonie si sostituiscono, appena adovest del fiume Torto, irregolari formazioni calca-ree, isolate o raggruppate a dominare basse collinetondeggianti. Ad Est, tra Messina e l'Etna, prose-gue la catena dei Peloritani, del tutto simile aimonti calabri.

Più a sud, sempre nella zona orientale del-l'isola, è tutto un susseguirsi di alti tavolati for-mati da lava, tufo e soprattutto calcare, profonda-mente incisi da suggestive gole formate dallo scor-

rimento delle acque. Il centro della Sicilia, infine,è collinare. Si tratta del cosiddetto altopiano solfi-fero, di altezza variabile fra i 500 e 700 metri (fattaeccezione per il cocuzzolo, alto quasi 1.000 metri,sul quale sorge Enna).

Il ClimaÈ decisamente mediterraneo, con estati

calde, inverni brevi e miti. Le ore di sole sono inmedia 2.500, contro le 2.000 dell'Italia peninsu-lare - e le 1.800 della Francia meridionale. Leprecipitazioni, poco abbondanti, si concentranonei mesi invernali da ottobre a marzo. La tempe-ratura massima si registra in luglio e agosto - inmedia 26°C - la minima tra dicembre e febbraio- in media 10°-14°C.

La temperatura dell'acqua varia dai circa16°C registrati in inverno ai 27°C dell'estate. Perun viaggio in Sicilia che non abbia esclusivamen-te finalità "balneari" sono consigliabili i mesi pri-maverili e autunnali e segnatamente dalla metà diaprile alla metà di giugno e settembre - ottobre.

Governo e popolazioneLa Sicilia, con le isole che le fanno corona, è

costituita in Regione Autonoma, con capoluogoPalermo, dal 1946, ed ha un proprio Parlamentodal 1947.

La sua popolazione è stimata in circa5.000.000 di abitanti, con una densità di 190 abi-tanti per Kmq.

L’Isolainfinita

“Quanti non hanno vagheggiato almeno di conoscerla? Pochi o nessuno;tanto è universale la fama della sua bellezza, tanto il ricordo di essa va unitoalla storia delle più diffuse civiltà". Così si legge nella prefazione dell'ampiovolume che il Touring Club Italiana dedicò alla Sicilia nel 1933.Osservando le vecchie foto, non possiamo fare a meno di notare come i 60anni trascorsi abbiano lasciato il segno: essi hanno scurito le facciate di vetu-sti monumenti, hanno colmato le piazze e le strade di automobili, hanno can-cellato scialli neri e antiche usanze, hanno mutato il volto delle campagne.Nondimeno, sebbene la sua fama si sia offuscata, sebbene siano ormai lonta-ni i tempi in cui Palermo era meta ambita di ricchi e potenti, impazienti diincontrare il jet set locale, frutto di secolari nobiltà, ancor oggi val la penadi conoscerla, questa Sicilia dai mille volti, povera e ricca ad un tempo, chiu-sa e diffidente nella sua nobile decadenza eppure tutta protesa ad inserirsi inun mondo ed in un tempo moderni, "nazione più che regione e per giuntauna nazione plurale, tante sono le identità difformi" (Bufalino)."Un'isola non abbastanza isola" (Borghese) o forse "troppo isola", mitologi-ca e concreta, cupa e solare, magnifica e terribile.

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Storia cronologica della Sicilia

Preistoria - 35.000 - 5.000 a.C. - TardoPaleolitico. I siciliani vivevano di caccia e raccolta.Graffiti nelle grotte di Monte Pellegrino e Levanzotestimoniano di questo periodo.

1.900 - 1.800 a.C. (ca.) - Gruppi di popolazioniindoeuropee penetrano in Sicilia fondendosi congli indigeni e dando inizio all'Età del Bronzo.Reperti da Castelluccio, Naro, Filicudi, Siracusa,Pantalica.

1.400 a.C. - Si notano tracce della civiltà egeo -cretese. Giungono in Sicilia gli Elimi, fondatoridi Erice e Segesta, ed i Siculi. Questi ultimiimportano in Sicilia l'uso del cavallo, del rame,insegnano l'agricoltura ed il culto dei morti.

1.200 - 1.000 a.C. - Ha inizio l'età del Ferro.Reperti da Barcellona, Pozzo di Gotto, MonteFinocchitto (Noto), Sant'Angelo Muxaro. Tral'XI ed il X secolo giungono in Sicilia i Fenici chefondarono Solunto, Mozia, Palermo.

I Greci - 753 a.C. - Con la fondazione di Naxosda parte di coloni Greci, la Sicilia entra nella storiadel Mediterraneo greco. Nel corso degli anniseguenti è tutto un fiorire di colonie: Siracusa

(734), Catania (729), Gela (689), Selinunte (650),Agrigento (582). Le colonie si svilupparono fino adiventare vere e proprie città, ricche e ornate dimonumenti.

485 a.C. - Gelone, tiranno di Gela, conquistaSiracusa, che diverrà negli anni seguenti unadelle principali città del Mediterraneo.

405 - 367 a.C. - Dionisio I il vecchio raggiungel'apice del potere a Siracusa, facendosi eleggeretiranno della città. Assieme al re di Persia è il piùmagnifico principe del suo tempo per lo splendoredella sua corte e per la potenza del suo esercito,capace di tenere in scacco i Cartaginesi che con-tendevano ai Greci il dominio sulla Sicilia.

316 - 289 a.C. - Agatocle tiranno di Siracusa. èil primo signore dopo la morte di Dionisio capacedi competere con la potenza del suo predecessore,tenendo testa ai Cartaginesi e riportandoSiracusa agli antichi splendori. Dopo la suamorte, la città si ritrova in mano ai governantideboli fino all'ascesa al trono di Ierone II (276a.C.), re mite ma di polso fermo che si allea conRoma, neonata potenza italica. Testimonianzemonumentali della Sicilia greca a Siracusa,Agrigento, Selinunte, Segesta, Gela.

Reperti nel museoarcheologicodi Agrigento.

I Romani - 264 a.C. - I Mamertini, popolazioneitalica che aveva occupato Messina, sentendosiminacciati dai Cartaginesi, chiamano in aiuto iRomani, i quali, appoggiati in Sicilia da Ierone II,scatenano contro Cartagine la Prima GuerraPunica. Al termine di essa la Sicilia - ad eccezionedell'alleata Siracusa - viene proclamata provinciaromana (241 a.C.).

219 - 212 a.C. - Seconda Guerra Punica. IRomani conquistano e sottomettono ancheSiracusa. La storia della Sicilia sotto i Romaninon è particolarmente ricca di eventi, fatta ecce-zione per le rivolte servili (135 e 101 a.C.). È unaprovincia tranquilla, apprezzata soprattutto perla produzione agricola. Reperti e testimonianzemonumentali a Termini Imerese, Tindari,Taormina, Catania, Piazza Armerina ed altri.

I Barbari - 440 d.C. - Genserico, re dei Vandali,sbarca a Lilibeo (oggi Marsala) e devasta laSicilia. Dopo una serie di scorribande occasionalinegli anni seguenti, nel 468 inizierà un vero eproprio dominio che durerà fino al 476. Allacaduta dell'Impero Romano d'Occidente laSicilia sarà ceduta ad Odoacre che a sua voltapasserà il Governo ai Visigoti di Teodorico.

I Bizantini - 535 - Guerra greco-gotica. Fu sca-tenata per volere di Giustiniano, imperatored'Oriente, che desiderava ricomporre l'integritàdell'impero. In Sicilia viene inviato il generaleBelisario che rapidamente conquista l'isola con-segnandola all'imperatore. La Sicilia rimase nel-

l'orbita orientale per quasi tre secoli, assorbendo-ne numerosi aspetti sociali e culturali.Testimonianze monumentali a Randazzo,Castelbuono, Pantalica.

Gli arabi - 827 - Gli arabi sbarcano a Mazara,dando inizio alla campagna di conquista dell'iso-la. Essa verrà completata nell'arco di 100 anni esegna un profondo mutamento per la vita socialee culturale della Sicilia che viene catapultata nelmondo musulmano dopo secoli di cristianesimo.La capitale siciliana è Palermo, splendida metro-poli di stampo islamico. Testimonianze monu-mentali a Palermo, Favara, Cefalà Diana,Caccamo.

I Normanni - 1060 - Guidati da Roberto ilGuiscardo e da Ruggero d'Altavilla, i Normanniiniziarono con la benedizione papale la riconqui-sta della Sicilia alla cristianità. Riusciranno nellaloro impresa nell'arco di 31 anni. I discendenti diRuggero d'Altavilla saranno re di Sicilia fino al1194, e lasceranno il ricordo di un regno prosperoe pacifico, crogiolo dei popoli più diversi eppureperfettamente integrati fra loro. Sarà soprattuttoRuggero II, figlio del precedente a dare impulsovitale a questo regno con una sapiente azioneamministrativa che coinvolgeva tutte le etnie. Lacapitale è ancora Palermo, magnifica città ornatadi palazzi e di giardini. Testimonianze monumen-tali a Palermo, Monreale, Cefalù, Messina, PiazzaArmerina, Caccamo, Troina, Calascibetta, Favarae altri.

Graffiti paleolitici

nella Grottadel Genovese

a Levanzo(Isole Egadi -ph. Zinna da“Egadi”, ed.

l’UlivoSaraceno).

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Gli Svevi - 1194 - Con l'incoronazione di EnricoVI Hohenstaufen a re di Sicilia, il trono passa allafamiglia tedesca degli Svevi. Alla sua morte eredi-terà il titolo il figlio Federico II (incoronato nel1208) uno dei più grandi monarchi del Medioevo.Alla sua corte palermitana, fioriscono le arti, lescienze e la letteratura, tanto che la prima scuolapoetica italiana vedrà la luce proprio tra le muradi Palazzo dei Normanni. Testimonianze monu-mentali a Siracusa, Catania, Salemi, Agrigento.

Gli Angioini - 1270 - La morte di Federico II sca-tena aspre lotte per la successione. Il Papa, datempo in lotta con lo Svevo, assegna arbitraria-mente la corona a Carlo d'Angiò e con l'esercito diquest'ultimo, venuto a far valere i propri diritti, siscontreranno gli eredi diretti di Federico: il figlioillegittimo Manfredi ed il nipote Corradino. Avutala meglio su entrambi, Carlo d'Angiò si insedia sultrono e, spostata la capitale a Napoli, dà inizio adun governo vessatorio, mal sopportato daiSiciliani. Testimonianze monumentali a Sperlinga.

Gli Aragonesi - 1282 - Rivolta del Vespro.Partita da Palermo, questa ribellione porterà alladefinitiva cacciata dei Francesi dalla Sicilia. Iltrono dell'isola passa a Pietro d'Aragona, generodi Manfredi. Testimonianze a Palermo, Messina,Caltanissetta, Trapani, Agrigento, Taormina,Mussomeli, Aragona, Augusta.

Gli Spagnoli - 1409 - Con l'estinguersi dellalinea siciliana degli Aragona, i rapporti direttidell'isola con la corona spagnola si fanno piùstretti. Il matrimonio tra Ferdinando d'Aragonae Isabella di Castiglia pone le basi per la nascita

di uno stato spagnolo di cui anche la Sicilia faormai parte. L'isola è governata da vicerè eresterà alla corona spagnola per 300 anni circa.Testimonianze monumentali a Taormina,Palermo, Siracusa, Enna, Nicolosi, Isole Egadi.

I Savoia e gli Austriaci - 1713 - Come stabili-to nella pace di Utrecht, la Sicilia passa aVittorio Amedeo II di Savoia. La famiglia pie-montese manterrà la signoria dell'isola perappena cinque anni. Nel 1718, infatti, gli spa-gnoli intraprendono una campagna di riconqui-sta, bloccati però dagli Austriaci. In base al trat-tato dell'AIA (1720) Carlo VI d'Austria diven-ta nuovo re di Sicilia.

I Borboni - 1734 - Con la Battaglia di Bitontotra le truppe borboniche e austriache, la Siciliarientra nell'orbita spagnola. Carlo I di Borbone,figlio del re di Spagna, verrà incoronato re diSicilia nel 1735. I borboni governeranno l'isolaper 125 anni. Testimonianze monumentali aPalermo, Noto, Avola, Ragusa, Modica,Catania, Siracusa e Trapani.

Il Regno d'Italia - 1860 - A seguito dell'impre-sa garibaldina la Sicilia viene annessa al regnod'Italia. Da allora l'isola seguirà le sorti del neo-nato regno.

L'Autonomia - 1946 - Al termine della secondaguerra mondiale la Sicilia diviene RegioneAutonoma nell'ambito della nuova RepubblicaItaliana. Il suo Parlamento si riunisce dal 1947nel Palazzo dei Normanni - come già faceva piùdi otto secoli fa.

La chiesa normanna diSan Giovanni dei Lebbrosi a Palermo.

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Mai come in Sicilia tanta gente si è fer-mata, si è incrociata, si è amata, com-

battuta o a malapena tollerata. Occhi cosìchiari da sembrare trasparenti che fanno capo-lino sotto chiome corvine, parole d'originearaba che si intrecciano a termini francesi,nitide geometrie elleniche che stanno fianco afianco con riccioli barocchi e voluttuose curveliberty sono il risultato di tutto questo: ilcapoluogo è il frutto più maturo di un cosìcomposito passato.

Un passato che per Palermo significa snel-li colonnati punici, rosse cupole islamiche,giardini e corsi d'acqua, tronfi palazzi nobilia-ri e chiese monumentali, vicerè e santi.

Fu fondata dai fenici in riva al mare quasi3.000 anni fa, il suo nome allora pare fosseZiz, fiore. Certo era molto bella, anche se diquesta città oggi non ci rimane nulla, se nonla traccia del primo impianto urbanistico,ricalcato per secoli: un lungo viale che dalmare porta alla bassa collina dove - oggi comeallora - sorge il palazzo del governo.

Fu base dei cartaginesi, poi, dopo la lorosconfitta da parte dei romani, fu occupata daquesti ultimi. Anche dell'epoca romana non cirimane pressoché alcuna traccia, sebbene fossedivenuta un fiorente municipio. In effetti lacittà si trovava in posizione piuttosto margi-

nale rispetto al cuore dell'impero e ancor piùlo divenne rispetto a Costantinopoli, quandola Sicilia entrò a far parte dei possedimentidell'Impero romano d'Oriente.

Nell'831, dopo un assedio durato circa unanno, Palermo cadde in mano agli Arabi. Fuquesto l'inizio di una nuova vita per la cittàche nel volgere di pochi anni si trasformò inuna splendida metropoli, paragonata per ilsuo splendore a Cordova e Il Cairo. Palazzi emoschee si ergevano fra gli splendidi giardinidella "Medina d'Occidente", lo skyline eracaratterizzato da numerosi, snelli minareti. Lacittà che fu chiamata Balarm, era la capitaledell'emirato siciliano e si dice che contasse300.000 abitanti.

Nel 1061 l'esercito normanno guidato dalconte Ruggero e da Roberto il Guiscardointraprese la campagna di conquista dellaSicilia. Undici anni dopo erano a Palermo. Lavenuta dei nuovi dominatori non significòperò, la decadenza della città islamica, tutt'al-tro. I normanni infatti, se da una parte demo-lirono le moschee, si avvalsero dall'altra diarchitetti arabi per la costruzione delle lorosontuose dimore palermitane; e se si impadro-nirono saldamente della signoria sull'isola,lasciarono tuttavia in mano a funzionari isla-mici l'amministrazione del regno.

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Sotto Ruggero II, Palermo - capitale delnuovo regno normanno - raggiunse grandissi-mo splendore. Era centro di commerci traOriente ed Occidente e da ogni parte accorre-vano nobili, commercianti, avventurieri atti-rati dal miraggio della ricca città e della fasto-sissima corte. Furono edificati i palazzi e lechiese di stile arabo-normanno che ancor ogicostituiscono una delle principali attrattive diPalermo.

Questa grandezza proseguì sotto il regnodi Federico II di Svevia, il quale rese la corte ilmaggior centro di vita culturale dell'epoca.

Mai più, nei secoli seguenti, fu raggiuntauna simile magnificenza, anche se, durante ladominazione spagnola, la città si arricchì displendidi monumenti barocchi.

Uno sprazzo di passato splendore fu vis-suto dalla città al principio del XX secolo,allorché Palermo visse la sua "belle epoque"grazie all'affermarsi di giovani famiglie diimprenditori che portarono alla città una ven-tata di modernità, elevando, oltre al livelloeconomico, anche quello culturale ed artistico.

Dal 1946, Palermo è il capoluogo dellaRegione Autonoma. È una città moderna eattiva, con circa 730.000 abitanti, ricchissimadi monumenti di ogni epoca.

Per una visita accurata della città e deidintorni sono necessari sei giorni.

Testimonianze artisticheDel periodo precedente alla dominazione

normanna scarsissime sono le testimonianzemonumentali ed altrettanto scarsi i repertirinvenuti nel corso delle campagne di scavicondotte negli anni (peraltro in maniera piut-tosto sporadica).

Solo alcuni avanzi di mura sotto laCappella di San Cataldo ci ricordano la cittàpunica, mentre la presenza romana è attestatadagli avanzi di una villa patrizia all'internodella Villa Bonanno. Scavi condotti nell'areadetta "Castello San Pietro" hanno portato alrinvenimento di alcune sepolture e di avanzidi insediamento urbano, ma gli studi sonoancora in corso.

Del periodo arabo la testimonianza piùefficace, rimasta pressoché intatta nei secoli, èla lingua. Il dialetto siciliano, infatti, risultamolto ricco di influenze arabe e, allo stessomodo, sono numerosi i toponimi che si rifannoapertamente ad una matrice islamica (aPalermo, ad esempio, Cassaro, Kalsa,Kemonia, ecc.). Anche i mercati palermitanihanno un'impronta islamica che risulta evi-dente, inoltre, nella quasi totalità dei monu-menti dell'epoca normanna, edificati da mae-stranze arabe.

Palazzo dei Normanni - È probabile chesia i fenici che i romani abbiano edificato sullacollinetta, dove oggi è il palazzo, una cittadel-la fortificata a dominare l'intera area dellacittà. Di queste prime costruzioni, però nullaè rimasto. Gli arabi, dopo avervi costruito aloro volta un castello, lo abbandonarono, poi-ché l'Emiro preferì trasferirsi con tutti i suoifunzionari e le truppe nel quartiere a mare diAl-Halisah.

Si deve così ai normanni il restauro e latrasformazione dell'edificio in una reggia son-tuosa. Il cuore di essa era costituito da unaspaziosissima aula regia, detta anche aulaverde, dove il re teneva assemblee e banchetti.Gli appartamenti di soggiorno, i servizi e glialloggi del personale erano ubicati in alidiverse, collegate da terrazze, loggiati e giar-dini ricchi di verde e bacini d'acqua, che rive-lavano già il gusto arabeggiante dei sovraniche qui come altrove si avvalsero di architettiislamici.

Dal punto di vista dello stile il palazzorappresenta uno dei culmini dell'arte palazia-le fatimita dell'Occidente, sia per le qualitàarchitettoniche che per le decorazioni che gliartisti profusero nei vari ambienti.

Dopo il 1250, alla morte di Federico II,iniziò la decadenza del palazzo, che continuòper circa tre secoli, fin quando i vicerè spagno-li non lo elessero a loro residenza. Essi però, seda una parte salvarono il palazzo dal completoabbandono, dall'altra lo modificarono secondoil proprio gusto. Così ben pochi degli ambientioriginari normanni hanno mantenuto l'aspet-to originale. Tra essi però si celano due auten-tici gioielli: la Sala di Ruggero e la CappellaPalatina.

La Sala di Ruggero era originariamenteuna camera da letto. Si tratta di un ambientebelvedere che si affaccia sul golfo di Palermo.Le pareti sono elegantemente decorate damosaici raffiguranti scene di caccia animateda figure e piante stilizzate. Si tratta di unarara testimonianza dell'arte musiva secolaredell'epoca, che affondava le proprie radicinell'Oriente persiano e nel Nord Africa.

L'ambiente che da solo vale una visita aPalermo è la Cappella Palatina. Iniziatanel 1130, anno dell'incoronazione di RuggeroII a primo re di Sicilia, fu completata nell'ar-co di 13 anni e consacrata, come attesta un'i-scrizione nella cupola, nel 1143. In questachiesa, definita da Maupassant "il più belgioiello religioso sognato dal pensieroumano", si attua, tradotto in termini visivi,la fusione dei molteplici caratteri diversi dicui la Sicilia era formata: l'europeo, il sicilia-no, il bizantino, l'arabo. La cappella ha la

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A sinistra,Porta Felice.

Palermo

forma di una basilica occidentale a tre navate,divise da colonne di granito con ricchi capitel-li corinzi dorati; sempre di stampo occidenta-le, seppure influenzati dal gusto meridionale, ipavimenti decorati e gli intarsi dei gradini,delle balaustre e della parte inferiore dei muri,come anche, infine, il gigantesco ambone,incastonato d’oro, malachite e porfido, ed ilcandelabro pasquale, un vero e proprio bestia-rio di marmo, donato dall'arcivescovo Ugo diPalermo in occasione dell’incoronazione diGuglielmo, figlio di Ruggero II.

I mosaici sono i più bei prodotti dell'artebizantina, senza eguali in alcuna delle chiesedi Costantinopoli. Si distinguono fra gli altriil Cristo Pantocratore della cupola, gli angeliche lo circondano e gli Evangelisti assorti neiloro studi, che sono i mosaici più antichi.

La tradizione islamica è infine rappresen-tata dal soffitto ligneo a "muqarnas" (stalatti-ti), la più imprevedibile copertura per unachiesa cristiana. Si tratta infatti del classicosoffitto che ci aspetteremmo di trovare nellemoschee più grandi ed eleganti, ma mai inuna chiesa. Intricate decorazioni ornano lestalattiti e, caso più unico che raro nella sto-ria dell'arte islamica, si tratta di decorazionicomprendenti figure umane. Gli artisti arabiinfatti, nell'atmosfera tollerante dellaPalermo normanna, si convinsero ad azzarda-re questo tipo di figurazioni e così, con l'aiutodi un binocolo, possiamo distinguere oggirealistiche scene di vita quotidiana di dignita-ri ed ancelle affaccendate.

San Giovanni degli Eremiti - Fu fonda-ta per volere di Ruggero II nel 1142 e durantegli anni più splendidi della dominazione nor-manna l'annesso monastero fu il più ricco eprivilegiato convento siciliano.

La chiesa, oggi sconsacrata, è molto picco-la e, nonostante le tracce di piastrelle, mosaicied affreschi ed il soffitto a stalattiti dellamoschea sulla quale fu edificata, non ha ele-menti di particolare interesse per un profano.Quello che affascina è piuttosto l'esterno del-l'edificio. Colpiscono anzitutto le sue cinquecupole rosse, elemento caratterizzante didiversi edifici arabo-normanni. E poi il giardi-no: la costruzione è immersa nel verde e neicolori di alberi di agrumi, di agavi, bouganvil-lee, rose, melograni e alti cespugli fioriti.

Le piante lussureggianti si arrampicanosulle pareti, insidiano le bianche colonnine delpiccolo chiostro, stordiscono con il loro profu-mo. È uno dei monumenti più caratteristicidella Palermo normanna, spesso scelto comesimbolo della città.

Cattedrale (Madonna Assunta) - Sitrova nella più antica area sacra di Palermo,dove già i fenici, i romani, i bizantini e gliarabi avevano elevato i loro luoghi di culto. Inormanni, preso il potere, si preoccuparonosubito di sostituire la moschea musulmanacon una chiesa cristiana.

Nel 1184 l'arcivescovo di Palermo,Gualtiero Offamilio, fece abbattere l'edificio eintraprendere la costruzione di una nuovasplendida cattedrale, simbolo del potere reli-

La cattedraledi Palermo.

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gioso in città. Dopo un anno la chiesa fu con-sacrata e dedicata a Maria Assunta. Nel corsodei secoli seguenti, aggiunte e restauri hannomodificato l'edificio originario. L'unione, pit-torescamente incongrua di stili, dà vita ad uninsieme grandioso e nel complesso non sgra-devole. La facciata, serrata tra le alte torri abifore e colonnine, è unita da due archi ogivalial campanile che la fronteggia. Vi si apre ungrande portale trecentesco dai battenti bron-zei. Il lungo fianco destro si orna di uno sce-nografico portico in stile gotico-catalano, sottoil quale si apre un ornatissimo portale,anch'esso quattrocentesco. Infine, di particola-re bellezza e suggestione, la parte absidale,l'unica ad avere mantenuto le forme origina-rie del XII secolo.

L'interno, ampio e candido, risulta freddoa confronto dell'esterno. Lungo le pareti siallineano statue gaginesche in marmo, raffi-guranti santi. Nella prima e seconda cappelladella navata destra si trovano le sepolturereali ed imperiali. Tra gli altri vi riposanoRuggero II, Enrico VI di Svevia, Costanzad'Altavilla e Federico II di Svevia, tutti inimponenti sarcofagi di porfido: nella tomba difamiglia si trovano così il fondatore del regnonormanno di Sicilia, il suo distruttore, l'invo-lontaria causa della sua fine ed il suo ultimobeneficiario.

Fra le numerose cappelle, segnaliamoquella di santa Rosalia, dove, in un'urnaargentea del 1631, sono custodite le ceneridella santa patrona di Palermo.

Pregevole infine il tesoro, comprendenteoggetti preziosi e ricami rinvenuti nelle tombereali ed imperiali (da notare, in particolare, latiara d'oro di Costanza d'Aragona), paramen-ti sacri, calici, ostensori, ecc.

Chiesa di S. Maria dell'Ammiraglio oMartorana - Fu completata nel 1143 graziead una generosa donazione dell'ammiraglioGiorgio d'Antiochia. Un viaggiatore arabo,Ibn Jubair, che la visitò nel 1184, la definì"l'opera più bella che vi sia al mondo". Oggipurtroppo la chiesa non si presenta più nell'o-riginario splendore, avendo subito numerosemodifiche che ne hanno deturpato il carattereprimitivo. Cionondimeno resta uno tra gliedifici religiosi più belli di Palermo e dellaSicilia. Nel 1436 fu ceduta alle monache delvicino convento "della Martorana", da cuideriva il suo secondo nome, come cappella delconvento. Nel 1588, al fine di poter contenereil sempre crescente numero di suore, l'edificiovenne sottoposto a lavori di ampliamento: fuallungato abbattendo la facciata originale(sostituita da una barocca), atrio e nartecefurono incorporati nella nuova costruzione.

Nel 1683 fu demolita l'abside, sostituita daun'ampia cappella affrescata.

Intatto nelle sue splendide proporzionirimase solo il campanile romanico, elevatosull'ingresso della chiesa originaria, seppureprivo, purtroppo, a causa di un terremoto nel1726, della cupoletta che lo sormontava.Entrando nella chiesa è ancora possibilecogliere l'originario impianto a croce grecache tanto aveva colpito Ibn Jubair. I mosaicidella Martorana, come quelli di Cefalù ed ipiù belli della Cappella Palatina, sono opera diun gruppo di artisti fatti venire apposta daCostantinopoli a Palermo e che qui lavoraronotra il 1140 ed il 1155. A differenza di essi,però, non comprendono aggiunte posteriori.

Presso l'ingresso, sul lato settentrionaledella navata, c'è un mosaico dedicatorio in cuiè ritratto Giorgio Antiochieno ai piedi dellaVergine, quest'ultima giuntaci in perfettostato di conservazione. Sul lato opposto tro-viamo il tesoro forse più prezioso dellaMartorana: un mosaico raffigurante RuggeroII simbolicamente incoronato da Cristo.

Zisa - La costruzione di questo "solla-tium" (luogo di piacere) fu intrapresa negliultimi anni di vita di re Guglielmo I e termi-nata dal figlio Guglielmo II. Si può datarequindi tra il 1165 ed il 1167. Il suo nomederiva dall'arabo Al-Aziz, cioè splendido, eancor oggi si tratta in effetti di uno dei piùmagnifici edifici civili arabo-normanni.

Il palazzodella Zisa.

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Palermo

Secondo la testimonianza di Romualdo diSalerno, il re fece costruire il palazzo nelparco Genoardo e "lo circondò di magnificialberi da frutto e di bellissimi giardini cherese ameni con vari corsi d'acqua e grandivasche per pesci". La Zisa ha subito nel corsodegli anni restauri e rifacimenti non semprefelici, e solo recentemente è stata restituita -per quanto possibile nella sua integrità - allafruizione pubblica. Il castello è stato infattitrasformato in "Museo dell'Islam" e raccoglieinteressanti testimonianze del mondo arabo inSicilia. Inoltre, poiché nel corso del restauro siè cercato si rispettare il più possibile la strut-tura originaria dell'edificio, la visita dell'in-terno consente di apprendere quale fosse l'ar-chitettura dei palazzi medioevali islamici.

Di particolare interesse risulta il sistemadi areazione e refrigerazione delle sale e, traqueste, la cosiddetta Sala della Fontana, deco-rata di mosaici.

Palazzo Chiaramonte o Steri - È il piùpregevole monumento che ci sia rimasto dellapotente famiglia di Chiaramonte che a partiredal XIV secolo, ebbe parte importantissimanella storia politica ed economica della Sicilia.Capo storico della famiglia fu Manfredi I, chevolle dimostrare tutta la propria potenzaanche attraverso la costruzione di un grande,magnifico palazzo fortificato, un "Hosterium",la cui prima pietra fu posta nel 1307. La

costruzione fu proseguita dal figlio ManfrediII e dal nipote Manfredi III.

Dopo il declino della famiglia Chia-ramonte, l'edificio fu adibito a sede della corte da re Martino ed in seguito fu sede dei tribunali, dei vari governi che si sussegui-rono in Sicilia, nonché del tribunaledell'Inquisizione. Attualmente nei suoi localiè ospitato il rettorato dell'università diPalermo. Da un punto di vista artistico loSteri è il principale esempio di architetturasiciliana del '300 detta appunto "chiaramon-tiana", che risente fortemente delle esperienzeislamica e normanna.

Chiesa di San Francesco d'Assisi -Edificata nel corso del XIII secolo, fu più volteampliata e modificata nei secoli seguenti.Dopo i bombardamenti della seconda guerramondiale se ne intraprese il graduale restauroche ha restituito alla chiesa il suo aspetto due-centesco. Sulla severa e alta facciata si apre unmagnifico portale gotico sormontato da ungrande rosone. Il vasto interno, che mostradiscendenza da modelli tardo-romanici, è a trenavate con ampie arcate gotiche.

Vi si custodiscono numerose opere d'artedi scultori e pittori famosi fra i quali la fami-glia Gagini, Pietro Novelli, FrancescoLaurana, Giacomo Serpotta.

Fontana Pretoria - Fu creata originaria-mente per la villa fiorentina di Don Pietro di

VillaPalagonia a

Bagheria.8

Toledo dall'architetto manierista FrancescoCamilliani. Il figlio del committente però pre-ferì venderla al Comune di Palermo, che lapagò una cifra esorbitante. Nel 1574 fu tra-sportata a Palermo in 644 pezzi e per montar-la fu interpellato il figlio dell'autore, CamilloCamilliani. L'antica piazza, su cui prospetta-no vari eleganti edifici, tra cui il Palazzo delleAquile, sede del Municipio, fu risistemata infunzione della fontana che da allora fu onore evanto della città. Di pianta circolare, è forma-ta da bacini sovrapposti sui quali si susseguo-no allegorie, divinità, teste di animali, il tuttoanimato da piacevoli giochi d'acqua. La can-cellata che la circonda fu disegnata da GiovanBattista Basile e collocata nel 1858.

Quattro Canti di Città - È il nome piùcomune della piccola Piazza Vigliena, centrodella parte più antica della città. È detta anche"teatro del sole", perché illuminata dai suoiraggi dall'alba al tramonto. Il progetto per lasistemazione della piazza fu redatto nel 1608ed i lavori iniziati quello stesso anno. Unavolta terminata la sistemazione delle partiarchitettoniche si poté procedere alla decora-zione delle quattro pareti su tre ordini: inbasso quattro fontane, sormontata da una sta-tua raffigurante una delle stagioni; sopra lestatue dei monarchi spagnoli Carlo V eFilippo II, III e IV; in cima le quattro santeprotettrici della città: S. Caterina, S. Oliva, S.Ninfa, S. Agata. La piazza fu a lungo il cen-tro della città, luogo di elegante passeggio, discambio di pettegolezzi, mercato di servitoriin cerca di padrone. Fu anche simbolo dellariforma urbanistica spagnola, che volle daremagnificenza alle due arterie principali dellacittà, la via Maqueda ed il Cassaro, (oggicorso Vittorio Emanuele), aprendo una piazzaal loro incrocio.

Chiesa del Gesù (Casa Professa) -Sorge su un rialzo ricco di anfratti tenebrosidove, secondo la tradizione, un tempo si rifu-giavano santi eremiti e dove ancora si trovanocatacombe paleocristiane.

La prima costruzione sul poggiolo fu unconvento di monaci basiliani, edificato nel IXsecolo. A partire da quella data furono diversigli edifici costruiti in questo luogo, fra i qualicinque chiese che furono assorbite dalla primachiesa dei Gesuiti, fondata nel 1564. A suavolta questa chiesa fu inglobata in un'altra, lacui costruzione fu intrapresa nel 1591 e ter-minata nel 1633. Un violento bombardamen-to, nel 1943, distrusse gran parte del presti-gioso monumento.

I restauri hanno portato al ripristino diquasi tutti gli stucchi e gli affreschi, restituen-do alla chiesa il suo aspetto originario.L'interno fonde il rigore tardo rinascimentale

alla nuova spazialità barocca. Per ogni dove siestende un manto ininterrotto di decorazioni,composto dagli elementi più diversi: fiori,frutta, foglie, animali, puttini, in un intarsiomarmoreo di estrema mobilità e grazia in unagamma pressoché infinita di colori.

Oratorio del Rosario di SanDomenico - Questa piccola cappella fucostruita nel 1578 a spese della compagnia delRosario, fondata dieci anni prima e che riuni-va i più facoltosi commercianti e artisti dellacittà. Giacomo Serpotta la decorò internamen-te nel corso della seconda decade del '700,lasciando qui un'opera di eccezionale bellezza.Lungo le pareti candide sculture, animate quie là da qualche tocco dorato, si offrono all'am-mirazione del visitatore, la cui attenzione ècalamitata soprattutto dalle belle figure fem-minili - non esattamente ascetiche! - che raffi-gurano le Virtù, circondate da una miriade diputtini. Tra le statue pendono quadri raffigu-ranti i Misteri, e la volta è decorata da unaffresco del Novelli. L'altare si orna di unapregevole tela del van Dyck, raffigurante laMadonna del Rosario.

Oratorio di San Lorenzo - Fu edificatointorno al 1569 dalla compagnia di S.Francesco, nei pressi della chiesa dedica-ta al santo di Assisi. Tra il 1699 ed il1706 fu decorato da GiacomoSerpotta che qui raggiunse unagrande perfezione formale, crean-do il suo capolavoro. La fantasiadell'artista, libera da ogni lega-me esplica un'esauribile capa-cità creativa.

Un ininterrotto fluire diputtini festosi incorniciarilievi con scene della vitadi San Lorenzo e statueallegoriche, dando vita ad un insieme di grandebellezza.

Teatro Massimo - Èuno dei più grandi e magni-fici teatri d'Europa, ideato daG.B. Basile, sotto la cui dire-zione iniziarono i lavori(1875), e completato dal figlioErnesto (1897). Sorge sullapiazza G. Verdi, nata dall'ab-battimento di una grandequantità di costruzioni dellacittà barocca, alcune di grandevalore. Il teatro, di nobile archi-tettura ispirata al neoclassicismo,occupa una superficie di 7730 mqe risponde in pieno alle esigenzedi decoro ed equilibrio dellaborghesia del secolo scorso.

Una delle sculture diVilla Palagoniaa Bagheria.

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Palermo

BAGHERIASorge in mezzo ad una vallata folta di

agrumeti, oliveti e vigneti. Andò formandosinel corso del '700 all'ombra della residenza delprincipe Giuseppe Branciforti che mise a coltu-ra la campagna e edificò la propria villa nel1657. Nel 1769 Salvatore Branciforti tracciò ilrettifilo che dalla villa punta verso il mare e lastrada che lo incrocia, costituendo gli assi delsuccessivo sviluppo urbano. La cittadina è notaper le numerose ville che la nobiltà palermitanavi fece realizzare per la propria villeggiaturanel corso del '700.

Villa Gravina di Valguarnera - Fu erettanel 1721 su progetto di Tommaso MariaNapoli. È la più fastosa e meglio conservataanche per quel che riguarda il parco che la cir-conda. È inoltre la più fedele al progetto "clas-sico" cinquecentesco che prevedeva due corpibassi protesi a guisa di quinte davanti allacostruzione centrale, un tipo di impostazione

architettonica che nel '700 aveva grandissimosuccesso e che fu largamente applicato nellacostruzione delle ville. Davanti alla casina siapre un vasto piazzale a doppia esedra e ungrande scalone a tenaglia mena all'ingresso delpiano nobile. Sull'attico si susseguono statuedi Ignazio Marabitti e all'interno vi sono ricchedecorazioni pittoriche di Elia Interguglielmi.

Cefalù. In alto,

la facciata del duomonormannofondato da

Ruggero II.

A destra: ilmosaico a

fondo oro raf-figurante il

CristoPantocratorenella cupola.

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Villa Palagonia - Fu progettata dallostesso architetto della Villa Valguarnera e pre-senta infatti alcune caratteristiche comunicon essa.

Tuttavia ben diversa è la sua originalità efama, legata non tanto all'edificio in sé maalle incredibili statue volute da uno dei nipotidel fondatore e di cui ci riferiscono tra lo stu-

pito e l'inorridito i viaggiatori del '700, daGoethe a Brydone, da Swinburne a Houël.Quest'ultimo eseguì un'accurata serie di dise-gni che ci permettono di immaginare comefosse in originale la villa dello stravagantesignore.

Ferdinando Gravina, questo il nome delprincipe, preso da una bizzarra fantasia - da

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molti contemporanei interpretata come unavera e propria follia - commissionò a diversiartigiani seicento statue mostruose e, a giudi-care dai risultati, questi gareggiarono tra loroper creare quello più brutto, più deforme, piùimpressionante o semplicemente più buffo.Oggi di questa singolare parata di statuerestano solo 62 esemplari, posti tutt'intornoal muro di cinta della villa, quasi a corteggiar-la in grottesco convegno.

CEFALÙGrazie all'importanza strategica del

luogo, protetto da un'imponente rocca, e allafertilità del territorio, già in epoca primitivaesseri umani si stanziarono nella zona diCefalù. La loro presenza è testimoniata daireperti ritrovati nelle grotte del versanteorientale della rupe.

La storia urbana del centro ha inizio perònel V secolo a.C. l'epoca a cui risalgono i restidelle mura megalitiche che perimetravano lacittadina ai piedi della rocca. Fu proprio quest'ultima, per la sua posizione preminente,a dare il nome all'insediamento, che fuCephaloedium, cioè "testa", per la forma dellarupe stessa. Il centro fu poi rifondato da

Ruggero II nel XII secolo e risistemato in baseal disegno urbanistico che ancor oggi lo carat-terizza. Il significato di questa rifondazione sicoglie soprattutto nel duomo, simbolo e sintesidel potere di Ruggero, che accentrò nelle pro-prie mani non solo il potere politico ma anchequello religioso.

A partire dalla seconda metà del XIII seco-lo ebbe indiscussa supremazia nella cittadinala famiglia Ventimiglia, la cui residenza eral'Osterio Magno, un palazzo fortificato difondazione normanna, ancora visibile lungo ilcorso principale.

La cittadina, demanializzata nella secondametà del XV secolo, visse un periodo di tran-quillità e benessere, interrotto da un periododi relativa decadenza nel corso del XIX secolo,dal quale negli ultimi decenni si è risollevatagrazie ad una fiorente industria turistica.

La Cattedrale (Trasfigurazione di NostroSignore) fu fondata nel 1130 per volere diRuggero II il quale, secondo la leggenda,aveva fatto voto di costruirla se fosse uscitosano e salvo da una terribile tempesta cheaveva investito la sua nave in viaggio perPalermo. La furia degli elementi lo scagliòsulla spiaggia di Cefalù, dove dunque il re

Dettaglio dellafacciata del

duomo diMonreale.

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pose la prima pietra dell'imponente costruzio-ne. Si tratta indubbiamente di una delle piùbelle cattedrali del mondo, perfetto esempiodello stile romanico meridionale. Il prospetto èfortemente caratterizzato dalle due torri ango-lari, aggiunte nel 1240, la cui massiccia moleè alleggerita da monofore e bifore. La facciata èdecorata da un intreccio di due ordini di finteloggette che la percorrono da un'estremitàall'altra. Nel 1472 vi fu aggiunto un ariosoportico a triplici archi.

L'interno è a tre navate, scandite da duefile di colonne in marmo sulle quali poggianosette arcate. Il soffitto della navata centrale èin legno dipinto e costituisce un importanteesempio di arte islamica in Sicilia. L'abside, lacrociera e le pareti adiacenti sono decorate damosaici decorati che fanno capo ad un magni-fico Cristo Pantocratore, perfetto esemplare dipuro stile e lavorazione bizantina, forse la piùsublime rappresentazione del Cristo realizzatanell'arte cristiana.

Al di sotto si trovano la Vergine, gliAngeli, gli Apostoli, disposti seguendo i crite-ri della gerarchia liturgica.

MONREALESulle pendici del Monte Caputo, a 300

metri s.l.m., questa cittadina si formò lenta-mente nel corso del basso Medioevo, intornoall'abbazia benedettina e al monumentaleDuomo. Quest'ultimo (S. Maria la Nuova)sorse in breve tempo tra il 1174 ed il 1176 pervolontà di Guglielmo II. Si narra che il re feceintraprendere la costruzione del grande edifi-cio sacro dopo un'apparizione della Madonna,la quale gli aveva rivelato il luogo in cui erasepolto un ricco tesoro, che egli avrebbe dovu-to utilizzare per uno scopo pio. Guglielmoprobabilmente era spinto da un forte desideriodi non essere da meno del nonno Ruggero,fondatore della Cattedrale di Cefalù, di S.Giovanni degli Eremiti e della CappellaPalatina a Palermo.

La grande chiesa sarebbe servita così aperpetuare anche il suo nome nei secoli.

Per la progettazione della chiesa furonochiamati architetti islamici, legati all'arte fati-mita, che trasferirono e adattarono al manu-fatto cristiano modi espressivi e soluzioni spa-ziali tipiche dell'architettura palaziale del loropaese. Malgrado le aggiunte ed i restauri nonsempre felici, il duomo è giunto ai giorninostri sostanzialmente intatto nel suo splendore.

La facciata è decorata da un motivo diarchetti ciechi, oggi parzialmente nascosti daun portico, realizzato nel XVIII secolo, sotto ilquale si apre un grande portone dai battenti

bronzei del 1186, opera di Bonanno Pisano. Lungo il fianco sinistro si svolge un altro

lungo portico, opera cinquecentesca di GianDomenico e Fazio Gagini, ed infine si incon-trano le tre grandi absidi, ancora intatte emagnifiche nella loro decorazione in calcare epietra lavica.

L'interno del duomo si presenta ancoranell'aspetto che aveva nel XII secolo (a parte ilsoffitto ligneo, che è stato rifatto dopo unincendio nel 1811).

La pianta è basilicale, la superficie vastis-sima: 102 m di lunghezza per 40 di larghezza.Le pareti sono quasi interamente coperte di undorato manto musivo per un totale di 6340mq. Il livello generale di queste decorazioni,sia riguardo al disegno che all'esecuzione, èsorprendentemente alto.

L'esecuzione dei mosaici fu affidata a mae-stranze bizantine e l'iconografia è infattigreca. Tuttavia gli atteggiamenti rilassati deipersonaggi, le loro vesti morbidamente drap-peggiate, il ritmo dei movimenti, rivelano unachiara evoluzione dello stile rispetto a quellodella Cappella Palatina e della Martorana,un'evoluzione tipicamente italiana.

Alla fine del XII secolo, infatti, erano gliartisti italiani a detenere il primato dell'arteiconografica. Il ciclo musivo svolge il concettodel trionfo del Cristianesimo in tre diversimomenti, raffigurando: fatti anteriori all'in-carnazione (Antico Testamento); episodi dellavita di Gesù (Vangelo); fatti posteriori allamorte di Cristo e vita degli Apostoli (Vangeloe Atti degli Apostoli). Il tutto è dominato daun gigantesco Cristo Pantocratore (la solamano destra è lunga due metri) nell'absidemaggiore, che rappresenta la sintesi e lo scopodi tutta la complessa figurazione.

Il chiostro, anch'esso risalente all'epocadi Guglielmo II, faceva parte di un'abbaziabenedettina adiacente al duomo. Si tratta diun quadrato di 47x47 m, la cui indicazioneplanimetrica appartiene indubbiamente all'a-rea cristiana, ma il cui tono generale rimandaallo spirito e all'atmosfera dei cortili porticatimusulmani.

Gli archetti che delimitano il ricco giardi-netto sono sostenuti da 228 colonnine abbina-te, tutte doviziosamente decorate e con i capi-telli intarsiati di motivi vegetali, animali efantastici. È di particolare interesse il 19mocapitello della corsia occidentale, ove è raffigu-rato Guglielmo II che offre il duomo allaMadonna.

Nell'angolo sud, in un piccolo recintoquadrato, è collocata una deliziosa fontana, lacui acqua cristallina sgorga da una colonninaintarsiata.

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Palermo

“Una primavera splendida come quella checi ha sorriso stamane al levar del sole,

certo non ci è mai stata concessa nella nostravita mortale (...).

Il tempio della Concordia si vede appenaspuntare all'estremità meridionale di questopiano tutto verde e tutto fiori; a oriente lescarse rovine del tempio di Giunone; le rovinedi tutti gli altri edifici sacri sulla stessa linearetta dei due menzionati non si presentanoall'occhio di chi sta in alto, che corre più versoNord, lungo la costa, protesa ancora per unamezz'ora verso la marina (...)".

Ancor oggi poco o nulla del paesaggio cheGoethe potè ammirare nell'aprile del 1787 ècambiato, e la Valle dei Templi è la zona piùconosciuta e decantata di Agrigento. I monu-menti che vi si ergono sono quanto ci è rima-sto dell'antica città di Akragas, fondata nel VIsecolo a.C. da coloni gelesi e divenuta nel vol-gere di circa cento anni "la più bella città deimortali" (Pindaro). Distrutta dai cartaginesinel 406, fu rifondata da Timoleonte nel 340a.C. e visse nuovi momenti di splendore puravviandosi inevitabilmente alla decadenza,definitiva con l'avvento dei Bizantini. La cittàantica fu abbandonata nel IX sec., dopo laconquista araba, ed il nucleo urbano sirestrinse su una collina soprastante prenden-do il nome di Gergent. Passata ai Normanni,la città fu nominata diocesi e si abbellì dinumerose chiese. Palazzi e monumenti conti-nuarono a sorgere anche tra il Trecento ed ilQuattrocento e nuovamente tra il Seicento edil Settecento. Nel 1927 la città ha preso ilnome Agrigento e conta oggi circa 56.000 abi-tanti. Per la visita è necessario un giorno.

Testimonianze artisticheLa Valle dei Templi

Il Tempio di Giove Olimpico - "I sacritempli e quello di Giove particolarmente, pro-vano lo splendore della Città a quell'epoca.Gli altri templi furono incendiati o rovinati,poiché la città fu conquistata parecchie volte.L'Olimpio rimase senza tetto per una soprag-giunta guerra e rovinata la Città, gliAgrigentini non si trovarono più in grado diportarlo a compimento..." così Diodoro Siculodescriveva questo immenso edificio sacro, unodei più grandi in assoluto nell'antichità. Essopresenta numerose singolarità rispetto aicanoni costruttivi dei Greci: periptero esastilo,lungo più di 112 metri e largo quasi 57, (peruna superficie complessiva di poco meno di6500 mq) era diviso all'esterno da mezzecolonne (7 per 14), alte circa 57 metri e conun diametro di ben 4,50 metri (!) aggettantida una parete piena intercolonnare. Costruito

nel periodo più splendido della storia diAkragas, cioè dopo la vittoria di Himera, que-sto immenso tempio, alto più di trenta metri,presentava una soluzione del tutto nuova dalpunto di vista architettonico: i telamoni,colossali figure umane con le braccia piegateai lati della testa in modo da costituire un ido-neo piano di appoggio per la immane trabea-

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Agr

igen

to

zione e, pertanto, partecipi assieme alle colon-ne della funzione portante. L'esatto posiziona-mento dei telamoni, tuttavia, non è certo:diverse ipotesi sono state formulate dagli studiosi e le relative ricostruzioni in miniatu-ra sono esposte al Museo Archeologico diAgrigento, nella stessa suggestiva sala checonserva l'unico gigante superstite (un calco

di quest'ultimo giace, supino, nell'area deltempio). Allo stesso tempo i telamoni eranoelementi di ornamentazione architettonica digrande importanza ed assolvevano ad unafunzione simbolica precisa, quella, cioè, dirichiamare nell'Olympieion il trionfodell'Olimpo sui Giganti quando questi aveva-no tentato la scalata al cielo.

Nella valleverdeggiante,un’immaginedelle rovinedel Tempio diErcole.

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Gli akragantini avevano quasi portato atermine la costruzione del colossale edificio (sipensi, per avere un'ulteriore idea delle dimen-sioni, che l'altare che gli stava di fronte, gran-de come un tempio normale, veniva usato perle ecatombi, sacrificio di cento buoi in una solavolta!). E non vi mancava che il tetto, quandola città venne presa dai cartaginesi. Imilconelo saccheggiò e ne devastò l'interno, ma nonriuscì, per la grandiosità e la saldezza di esso,a demolirlo.

Menomato così di sculture ed ornati,rimase in piedi sino al medioevo quando, apoco a poco, per l'abbandono, le intemperie, iterremoti e la ferocia di barbari ed arabi,rovinò completamente.

Per quanto grande sia, oggi, la mole diquelle rovine, esse non sono nulla rispetto alledimensioni dell'Olympieion: i suoi ruderivennero infatti utilizzati come materiale dacostruzione e principalmente per realizzare,su ordine del re Carlo III di Borbone e sugge-rimento del vescovo agrigentino LorenzoGioieni, il molo di porto Empedocle (sic!).

Il Tempio dei Dioscuri - Nell'ampiaarea sacra circostante il Tempio di Giove, oveinsistono numerosi santuari, tracce di altritempli e la stessa agorà, svettano elegantissi-me le quattro colonne residue del piccolo edifi-cio realizzato nel V secolo. Il suo nome, presu-mibilmente, deriva dalla terza ode delleOlimpiche cantata da Pindaro nelle Tessenieper la festa dei Dioscuri. Il tempio, doricoperiptero esastilo, era il più piccolo della colli-na sacra, ma, per forme, numero ed disposizio-ne delle colonne (6 per 13) non si dissociavadagli altri più grandi. Gravemente danneg-giato dai cartaginesi, è possibile che siastato restaurato e modificato più tardi, inepoca ellenistica, così come dimostrano ledifferenze statistiche riscontrabili.

Completamente rovinato nei secoli succes-sivi, venne parzialmente ricostruito nel 1836,quando vennero rialzate le quattro colonnecon la relativa trabeaziojne.

Il Tempio di Ercole - Forse il più anticodei templi akragantini (fine VI sec.) - cometestimoniano alcuni caratteri arcaici dellacostruzione, quali l'area allungata (6 per 15colonne) e la rastremazione delle colonne - eritenuto tra i più belli della collina, era certa-mente il più celebre della città.

Periptero esastilo, aveva una dimensionedi 74 metri per quasi 28, pari ad una superfi-cie complessiva di circa 2000 mq e, quindi,secondo solamente al Tempio di Giove.Sicura la sua dedicazione al semidio, la cuistatua di bronzo, di bellissima fattura, eraospitata in fondo alla cella e posta su un pie-

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distallo per la venerazione dei cittadini.Dell'antica costruzione - posta in posizio-

ne spettacolare sopra la Porta Aurea - riman-gono, purtroppo solo otto colonne (sulle quali,sia pure in minima parte si possono scorgeretracce di pittura purpurea) di cui quattro coni relativi stupendi capitelli, nonché il basa-mento e gli avanzi dell'altare. Ad arricchirequesto splendido monumento, nel suo interno,era una straordinaria pittura di Zeusi, rap-presentante Alcmena ed Ercole nella culla chestrozza i serpenti. Di quest'opera, mirabil-mente descritta da Plinio, si racconta cheessendo parsa all'artista eccezionalmentebella, egli non volle cederla ad alcuno a nes-sun prezzo, e decise invece di collocarla neltempio.

Il Tempio della Concordia - "NelTempio della Concordia, scrive Pietro Griffo,uno dei massimi studiosi di Akragas - l'archi-tettura dorica della metà del V secolo a.C. sipresenta in tutta la gamma di raffinate sotti-gliezze che ne caratterizzano lo stile. L'interoedificio, solo che lo si guardi da posizione ido-nea, offre anche ad occhio nudo - nel basamen-to, nelle colonne, nella trabeazione - curvaturee rastremazioni quali sono note da altri templigreci (ultimo, per cronologia, nel Partenone)ma che qui raggiunsero, forse, estremi diapplicazione tali da farne un capolavoro asso-luto di forme euritmiche, di squisite armonie,impossibili ad esprimersi con le parole.

Finezze di questo genere non sarannomancate nei templi agrigentini coevi alnostro: e se ne hanno qui e lì singole riprove;

ma mai più quella percezione d'insieme percui il Tempio della Concordia, a parte la sug-gestione del grandioso paesaggio che gli stad'intorno, si riflette nella sensibilità del visi-tatore con vibrazioni che sanno di musicale,con rapimenti di stupefatto incantesimo. Evoglia Dio che il visitatore vi capiti nellamagica ora del tramonto: ne riporterà un'im-pressione che non lo lascerà più per tutta lavita".

Il nome del tempio è del tutto convenzio-nale, essendogli stato assegnato poiché vi furinvenuta un'iscrizione romana, riferentesialla consacrazione di un santuario allaConcordia tra Agrigento e Lilibeo che, tutta-via, con il tempio stesso non ha nessun rap-porto. L'ottimo stato di conservazione è dovu-to ad un fortunato episodio: contrariamenteagli altri templi pagani, che la superstizione èl'ignoranza dei cristiani vollero demolire(venne promulgato un apposito editto), essofu convertito, nel VI secolo, in chiesa cattolicaintitolata a S. Giorgio. In tale occasione ven-nero realizzati gli archi nei muri della cella edoperate altre manomissioni: tale "conversio-ne", tuttavia, ne consentì la conservazione.Soltanto nel 1788 l'edificio è stato restituito (aparte gli archi) alla sua antica, ineguagliataforma. In questo magnifico sacrario è anchepossibile cogliere l'assoluto rigore tecnico-costruttivo che contraddistingue il tempio,rilevabile sia nella precisione con cui sonostati squadrati i poderosi blocchi tufacei dellacella, al fine di consentire la massima aderen-za, sia nelle scanalature delle colonne (che

A sinistra, lecolonne delTempio diErcole.

In alto, calcoin gesso diuno deiTelamoni.

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venivano realizzate dopo la sovrapposizionedei tamburi) i cui sottili listelli, che corronolungo la colonna stessa, offrono un'assolutacorrispondenza tra un tamburo e l'altro. Inbreve, un'opera sublime che, in manierasuperba, rappresenta la cultura greca diSicilia in tutto il mondo.

Il tempio di Giunone Lacinia - Il suonome, come quello del vicino Tempio dellaConcordia, è convenzionale (frutto di unaconfusione con il tempio di Hera a Crotone),ma è bello pensare che questo tempio, postospettacolarmente su un dirupo, nella partesommitale est della magica collina, possa aver

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ospitato il culto della dea della fecondità.Le tracce di fuoco, straordinariamente

ancora ben visibili sulle mura della cella,richiamano all'infausto 406 a.C. quandoanche questo magnifico tempio, quasi del tuttoidentico a quello della Concordia, vennedistrutto dai Cartaginesi.

Nei pressi sono ancor ben visibili ungrande altare per i sacrifici (ad Est) ed untratto di strada profondamente solcato dalleruote dei carri, proveniente dalla porta IIIdella città.

Il tempio di Esculapio e la Tomba diTerone - Questo piccolo tempio, sempre del Vsecolo, si differenzia dagli altri sia per l'inso-lita ubicazione fuori le mura (a Valle delTempio della Concordia), sia per la forma (inantis) che per le contenute dimensioni (20 per10 metri circa). Citato da Polibio, a propositodell'assedio romano del 262 a.C., e daCicerone (nelle Verrine), custodiva una sta-tua di Apollo, opera di Mirone, trafugataprima dai cartaginesi e, una volta restituitaagli akragantini da Scipione l'Africano, defi-nitivamente da Verre.

Nel cuore della necropoli romana (c.daGiambertoni) che si estende sulle pendicidella collina, fuori dalle antiche mura (pochedecine di metri a sud del Tempio di Ercole) sitrova la tomba di Terone o Hereon, un magni-fico esempio di architettura dorico-ionica risa-lente al III secolo a.C. e che, naturalmente,nulla ha a che fare con il tiranno akragantino.Molto probabilmente il monumento venneinvece innalzato dai Romani a memoria dei300.000 loro soldati morti durante l'assediodella città.

Il Poggio San Nicola ed il Quartiereellenistico-romano - Questa zona archeolo-gica ricchissima, si trova al centro del pianorosu cui sorgeva la città, ed è accertata una suc-cessione di numerosi monumenti, oggetto diculto, a partire dai tempi greco-arcaici.

Vi fanno spicco soprattutto l'Oratorio diFalaride, l'ekklesiasterion, trasformato in etàrepubblicana in comitium e la chiesa conl'annesso monastero di San Nicola.

L'Oratorio di Falaride (la cui denomina-zione trae origine dalla tradizione secondo laquale in quel sito era ubicato il palazzo delprimo tiranno akragantino) è un elegante edi-ficio in antis, risalente al I sec. a.C., parzial-mente sovrapposto all'ekklesiasterion, forte-mente rimaneggiato dai goti. Quest’ultimoera il luogo di assemblea dei cittadini (nepoteva accogliere tremila) di esso, oggi,rimangono solamente le gradinate. Nella stes-sa area, recentemente è stato scoperto anche ilbouleuterion.

Immediatamente ad est di questo straordi-nario insieme archeologico è ubicato il quar-tiere ellenistico-romano, un'area di oltre10.000 mq, sulla quale si estende il magnificocomplesso urbano, parte della città, i cui resti,sovrapposti, sono databili tra il V ed il IVsecolo a.C.

Tempio deiDioscuri.

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Agrigento

Di grandissima importanza, questo spac-cato della città dell'epoca di Timoleonte eromana, offre al visitatore la possibilità di con-statare la perfezione del sistema stradale ippo-dameo, le grandi insulae ed i resti dellemagnifiche costruuzioni.

La descrizione di tutta questa zona meri-terebbe ben altro spazio; qui ci limiteremo asegnalare la "Casa del peristilio", la più inte-ressante che conserva anche numerosi pavi-menti musivi, la "Casa a due piani”, quella"delle svastiche" dai mosaici raffiguranti ilsimbolo magico che rappresenta il movimentodel sole, la "Casa della Gazzella", la "Casa delmaestro astrattista" e quella "delle Afroditi".

Numerosi altri sono i siti archeologiciagrigentini che meritano una visita: ci limi-teremo a segnalarne alcuni. Nei pressi delcimitero, le rovine del Tempio di Demetra eKore, sulle quali, in epoca normanna, èstata edificata la chiesa di S. Biagio; ilSantuario rupestre di Demetra di forme gre-che arcaiche e presumibilmente adibito aculto indigeno pre-greco; i resti della PortaI e delle fortificazioni greche. All'internodell'area del Tempio di Giove, numerosearee sacre, la piscina e l'agorà.

Lungo tutta la metà orientale della collinadei templi, la necropoli cristiano-bizantina enumerose tracce della rete viaria che collegavai templi all'agorà.

Il centro storicoAbbazia di Santo Spirito - È uno dei

più bei monumenti siciliani. Costruito nel1260, il complesso è costituito dalla chiesa edall'adiacente monastero cistercense. La chie-sa è caratterizzata, all'esterno, da un magnifi-co portale di stile chiaramontano sormontatoda un ricco rosone, in un contesto barocco piùrecente. All'interno, settecentesco, si possonoammirare numerosi stucchi serpottiani cheornano fantasiosamente le pareti della chiesa,un'acquasantiera del '500, una Madonna delGagini (o di scuola gaginesca) ed un magnifi-co soffitto ligneo a cassettoni del 1758 nelquale è dipinto lo stemma araldico della fami-glia Chiaramonte: fu infatti la moglie diFederico Chiaramonte, Marchisia Prefoglio, aconsentire, con una ricca donazione, la fonda-zione del complesso. L'adiacente monastero, oBadia Grande, risalente al 1290, è impreziosi-to dal magnifico chiostro quadrangolare, unodei meglio conservati della Sicilia, nel qualespiccano vari portali gotici: splendido edimponente quello a sesto acuto fiancheggiatoda bifore, d'ingresso all'Aula Capitolare.All'interno del monastero sono conservatialcuni affreschi risalenti ai secoli XVI e XIX.

Chiesa di San Lorenzo e Ipogei -Denominata anche "del Purgatorio", la chiesafu costruita nel XVII secolo nel sito di unapiù antica ed omonima costruzione sacra.Presenta un elegante prospetto rinascimenta-le-barocco con due ordini di lesene, un riccoportale ingentilito da due colonne tortili efiancheggiato da gruppi allegorici rappresen-tanti la Fede e la Carità e, in alto, un'ampiafinestra.

L’altare maggiore

della Chiesa diSanto Spirito,

con gli stucchidel Serpotta.

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L'interno, ad un'unica navata, è impreziosi-to da otto statue femminili di Giuseppe eGiacomo Serpotta, raffiguranti le Virtù. A sini-stra della chiesa, sotto un leone di pietra, si apreil principale degli ingressi agli antichi ipogei:una perfetta rete di acquedotti sotterranei chealimentavano di acqua potabile Akragas.Realizzati nel V secolo a.C. dall'architetto Feace,gli ipogei erano noti in tutta la Magna Greciacome una delle tante meraviglie della città.

Chiesa di San Domenico - Sulla piazzaPirandello si trova il bel complesso costituitodalla Chiesa di San Domenico e dall'adiacenteex Convento dei Padri Domenicani, sorto sulprecedente impianto del Palazzo del Principedi Lampedusa. La chiesa, un'elegante costru-zione del XVII secolo, presenta un prospettorinascimentale barocco a due ordini, affiancatoda un campanile e caratterizzato da un gran-de portale fiancheggiato da due colonne sor-montate da un timpano spezzato da un meda-glione raffigurante San Domenico. Il prospet-to è completato da un ordine di lesene che rac-chiudono le nicchie laterali e un'ampia fine-stra centrale.

Nell'adiacente ed elegante edificio del-l'ex convento, sede del Municipio, è ricava-to il Teatro Luigi Pirandello, opera di G.B.Basile, oggi finalmente restaurato e restitui-to, dopo un lunghissimo periodo, agli anti-chi splendori.

La Cattedrale - Costeggiando verso nordla Chiesa di San Domenico, si imbocca (a sini-stra del prospetto) la via delle Orfane e sigiunge al vasto piazzale sul quale svetta,magnifica, la cattedrale.

Fondata verso la fine dell'XI sec. dalvescovo Gerlando, il tempio, di stile norman-no-gotico, venne più volte ingrandito e rima-neggiato a partire dal XIV e sino al XVIIsecolo, conservando dell'originario impiantosolamente le magnifiche monofore visibiliancora sul fianco destro.

Presenta una facciata a cui si accede permezzo di un'ampia e morbida scalinata, fian-cheggiata dal magnifico ed incompiuto campa-nile del XV secolo abbellito da due ordini dimonofore cieche gotico-catalane e da una fine-stra con balcone sormontata da un bellissimoarco ogivale riccamente ornato.

L'interno, a croce latina, è caratterizzatoda tre navate divise da archi ogivali poggiantisu pilastri ottagonali, da un magnifico soffittoligneo riccamente dipinto, al centro del quale èrappresentata l'aquila bicipite di Carlo V e daricchi stucchi ed affreschi che danno un carat-tere di sontuosità all'insieme. Nell'ala destradel transetto si apre la piccola cappella di SanGerlando, sormontata da un portale goticofinemente modellato e nella quale è conservatal'Arca, un reliquiario del 1639; nella navatadi sinistra, segnaliamo, la Cappella DeMarinis; nell'abside di destra, un gruppomarmoreo di Madonna con Bambino del 1495e, ancora, numerosi altri monumenti sepolcra-li ad arricchire il magnifico interno di questogrande monumento. Di notevolissima impor-tanza il Tesoro della Cattedrale, particolar-mente ricco di opere d'arte di alto valore stori-

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Agrigento

co ed artistico e nel quale spicca il famosissi-mo sarcofago di Fedra, stupenda ed elegantis-sima opera marmorea romana degli inizi delIII secolo d.C. ispirata allo stile greco del Vsecolo.

Descritto e decantato da tutti i grandiviaggiatori stranieri in Sicilia del XVIII seco-lo, da Riedesel a Bartels, questo capolavoro(attualmente custodito nella Chiesa di SanNicola) rinvenuto nella necropoli romana diAgrigentum, rappresenta alcuni episodi delmito di Fedra ed Ippolito.

Un singolare quanto misterioso documen-to è conservato nell'archivio della cattedrale:la "lettera del diavolo", un manoscritto delXVII secolo, vergato in caratteri indecifrabili,indirizzato ad una suora.

Di fronte alla cattedrale agrigentina, sullastessa piazza, prospetta il SeminarioVescovile, fondato dal Vescovo Narullo nel1574 e completato nel 1611; nel suo internoun elegante ampio atrio porticato a due ordinidi logge.

Santa Maria dei Greci - Attraverso la

via di Santa Maria dei Greci si accede all'o-monima chiesetta, nel più antico quartieredella città medioevale.

Costruita nel XII secolo, essa poggia lesue fondamenta sul basamento di un tempiodorico del V secolo a.C. che alcuni ritengonoessere quello di Athena, sull'acropoli diAkragas (nel quale si sarebbe ucciso Gellia, unricco e nobile akragantino, per non caderenelle mani dei cartaginesi).

La Chiesa di Santa Maria dei Greci, prece-duta da un piccolo ed elegante cortile, presen-ta una raffinata facciata ingentilita da un por-tale duecentesco arabo-normanno e da bellefinestre e monofore.

L'interno è a tre navate con un bel soffittoche ricorda quello della cattedrale ed è arric-chito da alcune tracce di affreschi trecenteschi,da una statua in legno del '500 e da un sarco-fago che custodisce i resti di un nobile paler-mitano. Dalla navata di sinistra è possibile,attraverso uno stretto corridoio, accedere albasamento nord del tempio dorico, del qualesono visibili alcuni tamburi di colonne.

Sciacca. In alto,

il rosone gotico sulla facciatadella Chiesa

del Carmine.

A destra, il portale gotico

della Chiesa di Santa

Margherita.

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SCIACCATombe paleolitiche, unitamente a numero-

si reperti venuti alla luce negli ultimi anni,dimostrano che già nel corso della preistoriagli uomini si stabilirono su questo tratto dicosta. La frequentazione di questi siti proseguìper tutto il periodo seguente: sicani, fenici,greci ed ancora romani, bizantini, arabi.

Durante il dominio di questi ultimi,Sciacca, detta Xacca, (dal latino Ex Aqua -con chiaro riferimento alle acque termali checopiosamente ancora sgorgano dal terreno,formando un bacino idrotermale fra i più ric-chi e completi del mondo) divenne uno deiporti più attivi dell'isola, com'è ancor oggi. Siabbellì inoltre di monumenti e rafforzò le pro-prie mura difensive. Tutti coloro che in segui-to governarono Sciacca la arricchirono a lorovolta di opere d'arte, tanto che - come si leggenella guida della città di Salvatore Cantone -vi sono "significativi esempi di architettura,scultura, pittura (per non parlare delle cosid-dette arti minori) di tutti i tempi".

Il duomo, nell'omonima piazza, è dedica-to a Santa Maria Maddalena, e fu fondato nelXII secolo dalla figlia del conte Ruggero,Giulietta. Della costruzione originaria, è oggivisibile solo l'esterno delle tre absidi: tutto l'e-dificio, infatti, fu rifatto nel '700. All'interno,diviso da pilastri in tre navate, si custodisco-no pregevoli opere d'arte, fra le quali spicca,nella quarta cappella a destra, una statuadella Madonna della Catena attribuita aFrancesco Laurana. All'estremità occidentaledel Corso Vittorio Emanuele sorge maestoso ilPalazzo Steripinto, uno tra i più classiciesempi di arte plateresca in Sicilia. L'edificio,fondato nel XV secolo, ha un'ampia facciata a

paramento di conci a punta di diamante, coro-nata da merli. Sopra l'elegante portone rina-scimentale si aprono tre bifore che mitiganoalquanto l'aspetto severo dell'antico palazzo.

La Chiesa di Santa Margherita, di stilegotico-rinascimentale, fu fondata nel 1342 erifatta circa 250 anni dopo. La facciata si ornadi un bel portale gotico risalente all'annodella fondazione, mentre un altro eleganteportale, capolavoro di Francesco Lauurana, sipuò ammirare sul fianco della chiesa.

La Porta di San Salvatore è una delletre superstiti di quelle che si aprivano nellapossente cinta muraria che nel XVI secolocingeva la città e di cui in più punti è possibi-le scorgere qualche rovina. La porta, che sitrova proprio di fronte alla Chiesa di SantaMargherita, è un mirabile esempio dell'appa-rato decorativo spagnolesco che fonde insiemearchitettura e scultura. Il nome deriva da unachiesa vicina, ormai scomparsa, inglobata inparte nella settecentesca chiesa del Carmine,in cui elementi decorativi più interessantisono la cupola majolicata ed il rosone goticosulla facciata. Le sorgenti termali di Sciaccasono circa dieci e le acque vanno a costituireun bacino idrotermale di rara completezza - dicui si ha notizia fin dall'antichità - e che cura-no una vastissima gamma di affezioni di variogenere. Rinomate le Stufe di San Calogero,due grotte naturali in cui, grazie all'unione diun fenomeno carsico con una manifestazionedi vulcanesimo secondario, aleggia un vaporedi temperatura oscillante fra i 38° e i 42° C,ottimo per la sauna. Secondo la leggenda, lestufe sarebbero opera di Dedalo che raccolsenelle grotte il vapore cocente che fuoriuscivadal sottosuolo.

In basso, lostabilimentotermale diSciacca.

Agrigento

Grandi differenze caratterizzano il paesag-gio siciliano, ora morbido e verde, ora

arido e aspro, azzurro di mare, nero di vulca-no, grigio di rugose montagne. Il giallo digrano, di zolfo e di sole, è il colore diCaltanissetta.

Questa città, costruita su una collina di600 m, forse è l'antica Nissa di cui parlaTucidide, oppure è solo con gli arabi che videla luce, figlia del castello Pietrarossa, cui siaggrappavano case e casette.

Nel 1086, con la conquista da parte deinormanni, inizia la sua storia feudale, prose-guita per secoli fino ad un passato non troppolontano.

Grande prosperità le venne dall'attivitàmineraria di estrazione dello zolfo, culminataal principio del nostro secolo. Oggi, schiaccia-te dalla concorrenza internazionale, molteminiere sono chiuse, e lontanissimi sembranoi tempi dei "carusi". Con un'intelligente azio-ne promozionale si sta tentando di recuperarele miniere come luoghi della memoria cittadi-na, aprendole così anche ad una fruizioneturistica.

Per la visita di Caltanissetta è necessarioun giorno.

Testimonianze artisticheLa Cattedrale - Dedicata a Santa Maria

La Nova e San Michele, fu eretta sulla piazzaGaribaldi tra il 1570 e il 1622. La sua largafacciata è spartita da lasene ed affiancata dadue campanili (1840), con portale medianobaroccheggiante.

Il soffitto della navata principale fu ornatoda affreschi dal pittore fiammingo GuglielmoBorremans nel 1720. Nella volta a botte domi-nano tre grandi composizioni: l'ImmacolataConcezione, l'Incoronazione della Vergine edil Trionfo di San Michele. Intorno si dispon-gono “Santi”, “Storie dei SS. Pietro e Paolo”,“Antico Testamento”. A completare le decora-zioni della navata vi sono infine eleganti stuc-chi. Sempre al Borremans si deve la grandepala d’altare posta nel presbiterio raffigurante“Immacolata e i Santi”.

Tra le opere d’arte custodite nella catte-drale, vi sono una bellissima statua lignea seicentesca del Li Volsi, rappresentantel’Immacolata con panneggiamenti in laminad’argento; un sontuoso organo con cantoria epannelli dipinti, intagliati e dorati del 1600,contro la parete destra del presbiterio, e nelbraccio sinistro del transetto, un Crocifissoattribuito a Frate Umile da Petralia. Nel teso-ro, infine, si custodisce un pregevole ostenso-rio gotico del Quattrocento.

Di fronte alla cattedrale, nel centro della

piazza, si trova la bella Fontana del Tritone,con un gruppo bronzeo realizzato nel 1956 sucalco di famosi gruppi mitologici dello sculto-re nisseno Tripisciano.

Palazzo Moncada - Si erge sul lato sini-stro del Municipio con prospetto sulla salitaMatteotti. Costruito tra il 1635 ed il 1638 perconto di Don Luigi Guglielmo Moncada,Vicerè di Sardegna e di Sicilia e Conte diCaltanissetta, rimase incompleto forse perinsufficienza di mezzi o per via del trasferi-mento di Don Luigi in Spagna. Sintesi delbarocco siciliano, ha forme architettonicheesterne monumentali e spazi interni grandio-si; sulla mossa facciata vi sono mensoloni aforma di figure antropomorfe e zoomorfe, forsesimbolo catalizzatore del potere del signore.

Il palazzo, le cui imponenti mura sonospesse due metri, fu iniziato su disegno delcappuccino frate Pietro da Genova, usandoril ievi architettonici e pietre tolte dalCastello di Pietrarossa e calcare del MonteGebel Habib.

L’interno del palazzo, adibito dal 1819 per150 anni a sede di Tribunale, Corte d’Assise,Regia Procura e Procura Mandamentale, hasubito gravi manomissioni per l’adattamentodegli ambienti alle nuove funzioni. Restaancora una galleria sotterranea (detta “u tra-buccu”), che si dipartiva dalle carceri sotto ilpalazzo per sboccare vicino al Convento deiCappuccini in viale Regina Margherita. Inessa, secondo la tradizione, spariva chi nongodeva delle simpatie del signore.

Chiesa di Sant’Agata al Collegio -Iniziata nel 1605 per i Gesuiti, si caratterizzaall’esterno per una severa facciata, realizzatasu disegno di Natale Mesucci. L’interno, acroce greca, è decorato con ricche tarsie mar-moree di evidente gusto barocco. Notevole l’al-tare della Madonna del Carmine in fondo albraccio laterale destro, il cui paliotto èanch’esso decorato a profusione con marmipolicromi. Di fronte, nel braccio sinistro, unaltro altare simile fu decorato con una grandepala marmorea, “S. Ignazio in gloria”, daIgnazio Marabitti. A quest’ultimo artista sideve inoltre la cornice in marmo che racchiudela pala sovrastante l’altare maggiore, operaseicentesca di Antonio Scilla.

Castello di Pietrarossa - Il castello diPietrarossa, unico della zona interna dellaSicilia ad essere inserito in un tessuto urba-no, si erge in cima ad una rupe solitaria. È diorigine araba e documenta il nuovo insedia-mento cittadino intorno alla rocca dopo l’ab-bandono del territorio di Sabucina - S.Spirito in cui si erano stabilite le popolazioniin età precristiana.

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Cal

tani

sset

ta

Esso crollò improvvisamente la notte del27 febbraio 1567, forse per una scossa di terre-moto, lasciando solo un muro alto e diroccato,una torre di guardia in pietra viva, terrapieni,bastioni ed un ponte di comunicazione. Iruderi del castello, detti “la murra di l’Ancili”sono oggi testimonianza di un’epoca storicaimportantissima per Caltanissetta, quand’eraroccaforte del potere reale nel Medioevo alcentro di una Sicilia contesa e divisa dallelotte per la supremazia.

Abbazia di Santo Spirito - Si trova acirca 3 km dal centro, immersa in un sugge-stivo paesaggio che include la valle dell’lmera,il Castello di Pietrarossa, i profili di Enna e diCalascibetta e, nelle giornate più limpide,l’Etna sullo sfondo. È la più antica chiesa delnisseno, costruita assai prima della sua consa-crazione, avvenuta il 2 giugno 1151.

Fondata dal conte normanno Ruggero eda sua moglie Adelasia, è una chiesa romanica

in stile paleocristiano con tre piccole absidispartite da lesene collegate con archetti. Nellelunette del portale si nota il “CristoBenedicente”, affresco del sec. XV (per motividi sicurezza e per evitare danneggiamentimetereologici, l’affresco sul portale è un dupli-cato dell’originale che si conserva all’interno);subito a destra dell’ingresso principale sitrova una vasca romanica per il battesimo adimmersione (praticato dall’inizio delCristianesimo fino al XII sec.) ed unCrocifisso su tavola del sec. XVII. Nell’absidedi sinistra all’arcata è l’epigrafe della consa-crazione.

In sacrestia si trovano un arco originalearabo, un’urnetta romana ed un calice di sta-gno, il cui uso fu proibito dapprima nel 220 epoi, tassativamente, da Papa Leone IV nel-l’anno 855. Vi si conservano inoltre dipinti dinotevole valore artistico, una portantina cin-quecentesca ed antichi testi sacri.

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Le rovine delCastello diPietrarossa.

Pittoresca e chiassosa, Catania è la città delvulcano. Scuro e chiuso come un dio scon-

troso, l’Etna domina dall’alto il continuo via-vai che anima le vie cittadine e che sta a sim-bolo invisibile di una caratteristica intrinsecadei Catanesi: l’operosità.

La qualità che già fu notata da Bartels,erudito tedesco che visitò la Sicilia nel 1786, eche definì Catania “città di gente attiva chetira su le rovine e guarda coraggiosamenteverso l’avvenire”. La qualità che ha consentitoa questa città di risorgere volta su volta dalleproprie ceneri, novella araba fenice, incurantedi terremoti e guerre antiche e moderne. Bensi adatta ai Catanesi il loro simbolo cittadino,l’elefante, animale buono e forte e la lorosanta, Agata, vergine e martire capace perfinodi fermare la furia dell’Etna con la forzasoprannaturale del suo velo.

Catania è città scura, edificata con la nerapietra del vulcano e tuttavia assolutamentesolare e luminosa, in virtù delle sue 2528 oreannuali di sole - la media più alta d’ltalia.

È città antica, che vanta origini pregreche,eppure spesso pressoché indifferente al suo

passato, tanto che il Teatro Greco è quasinascosto, in fondo ad una piccola strada. Cittàdi gente frivola, dedita alle chiacchiere dibrancatiana memoria ma al contempo doloro-samente consapevole della tragica realtà dellavita, della necessità di rimboccarsi le manichecontro chi, mafioso e criminale, sommerge lacittà di cemento e malaffare.

Katane fu fondata sulle fumiganti rovinedi una borgata sicula da coloni calcidesi nel729 a.C. Il suo nome significava collina, e suuna collina, infatti, fu costruita l’acropoli,nell’area oggi occupata dal grande conventodei Benedettini. Con gli anni sorsero intornoad essa templi, ippodromo, ginnasio, zecca,odeon, acquedotti e terme.

Nel 476 a.C. Ierone di Siracusa attaccò laprospera città. Sconfittene le difese, deportògli abitanti a Leontinoi, ripopolò la città concittadini siracusani e con nuovi coloni dorici ele diede il nome “Etna”. Solo 15 anni, però, iCatanesi rimasero in esilio: nel 461, infatti,ripresero possesso della loro città e del suoantico nome, giurando eterna ostilità aSiracusa. Nel 415 Katane si prestò dunque a

In alto, il duomo.

Nella pagina a fianco:la statua di

Sant’Agata.

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Cat

ania

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far da base agli ateniesi in guerra con i siracu-sani e ciò le costò nuove distruzioni. Sconfittii nemici, infatti, il tiranno aretuseo Dionisio I,volse la sua ira contro Katane, lasciandola inbalia dei suoi soldati.

Nel 263 a.C. Katane fu espugnata dairomani e dichiarata colonia. Sotto l’impero diAugusto accrebbe notevolmente il numero deisuoi abitanti, s’abbellì di nuovi prestigiosi edi-fici (come il grandioso anfiteatro) mentre altrivenivano restaurati.

Nel corso dei secoli successivi Cataniaseguì le vicende siciliane, discostandosi dalcomune destino isolano però, per via del suoparticolare, intimo rapporto con il vulcano. Lastoria della città, infatti, si lega sì alle vicendeumane, ma anche ai capricci dell’Etna,dispensatore di vita e al contempo di morte edistruzione.

Diverse date si potrebbero enumerare: il1169, quando un forte terremoto causò lamorte di circa 15.000 persone; il 1669, quandola lava si spinse fino al porto per tuffarsi sfri-golando nel mare, lasciandosi alle spalle solodisperazione; il 1693, anno in cui la città inte-ra fu completamente rasa al suolo dal terremo-to, che seppellì nelle macerie circa 16.000innocenti. Quest’ultima data, tuttavia, haanche risvolti meno infausti. L’ultimo scorciodel XVII secolo vide infatti il fervere di un’a-lacre ricostruzione, i cui prodotti più belli

sono ancor oggi il vanto della città. Per la visita di Catania sono necessari due

giorni.

Testimonianze artisticheLa Fontana dell’Elefante - Al centro di

piazza Duomo, è opera di Giovan BattistaVaccarini. È composta da un elefante in pietralavica di epoca romana e da un obelisco egizia-no di granito di Syene con geroglifici riguar-danti il culto di Iside.

In una peculiare combinazione di sacroe profano, l’elefante regge l’obelisco sormon-tato da una palla e dalle insegne di S.Agata: la croce, il giglio, la palma e la tavo-letta angelica.

L’elefante, come la tartaruga, ha spesso lafunzione rappresentativa di animale suppor-to del mondo ed è considerato un animalecosmico in quanto il suo corpo ha in sé lastruttura del cosmo: quattro pilastri chesostengono una sfera.

La Cattedrale di Sant’Agata -Costruita fra il 1078 e il 1093 sulle TermeAchilliane, di quell’epoca mantiene le tre absi-di e il corpo dell’alto transetto.

Fu ricostruita poi da Girolamo Palazzottodopo il terremoto del 1693 recuperando anchemateriali appartenuti ad altri edifici come, peresempio, le colonne romane nel prospettoprincipale, opera di Vaccarini che per il suo

In alto: il Castello

Ursino, oggisede del

Museo Civico.28

completamento richiese oltre trent’anni. Lafacciata è considerata dagli studiosi tropporigida rispetto all’irraggiarsi delle colonne. Labalaustrata marmorea è dell’800 e vi si alter-nano vasi e statue di santi.

All’interno della cattedrale si trovano letombe di Vincenzo Bellini e di re aragonesi frai quali Federico II e Costanza d’Aragona,moglie di Federico III. Lungo la parete destraun portale molto ornato chiude il saccello dovesono conservate le reliquie e il tesoro di S.Agata, patrona della città.

Quest’ultima viene festeggiata per più diun mese dal 5 gennaio al 12 febbraio ma ilculmine della festa è nei giorni 3 – 5 febbraioquando il fercolo con le reliquie della santaviene portato in giro per la città.

Castello Ursino - Il castello fu costruitoper ordine di Federico II di Svevia fra il 1239e il 1250 ed è sede oggi del Museo Comunale.Un tempo circondato dal mare, nel XIV secoloera la residenza dei reali aragonesi; trasforma-

to secondo il gusto rinascimentale nel XVIsecolo, fu circondato dalla lava nell’eruzionedel 1669 e sorge quindi oggi sulla terraferma.L’edificio è a pianta quadrata con quattro tor-rioni cilindrici agli angoli e torri semicilindri-che, delle quali ne sono rimaste solo due,addossate a metà di ogni lato. Simile al castel-lo pugliese di Castel del Monte, il CastelloUrsino fonde il razionalismo svevo e il gustoarabo per la stereometria. Sull’arco acuto, chesovrasta l’ingresso, c’è un’edicola con l’aquilasveva che artiglia una lepre.

Il museo, che ospita la collezione deiBenedettini, parte di quella dei principi diBiscari e le donazioni del barone ZappalàAsmundo, è in fase di restauro, e dunque èpossibile visitare solo l’ingresso e il cortile delcastello.

Il Teatro Romano e l’Odeon - Il teatroaveva un diametro di circa 87 metri e potevacontenere oltre 7.000 spettatori. Fu costruitosu un fianco della collina su cui si trovava

Il TeatroRomano potevaaccogliere 7.000spettatori.

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Catania

l’acropoli greca, e non si può escludere che ori-ginariamente fosse stato fondato proprio daigreci. L’orchestra, dal diametro di 29 metri,pavimentata con lastre di marmo, è spessoallagata dalle acque del fiume Amenano. Al disotto della cavea attuale vi sono tracce di altredue cavee distinte, tutte comunque di etàromana imperiale. Contiguo è l’Odeon, dapoco riaperto al pubblico, che serviva perprove di cori e concorsi e poteva ospitare 1300spettatori. Lo spazio fra la cavea e il muroesterno era diviso in diciassette ambienti deiquali ne restano sedici.

Chiesa della Badia di Sant’Agata -Opera di Giovan Battista Vaccarini realizzatadal 1735 al 1767. Si affaccia su via Raddusacon un prospetto elegante le cui aperturehanno mostre di calcare bianco. Convessanella parte inferiore, la costruzione si risolvein forme concave più in alto, con grande equi-librio. È sormontata da una cupola che armo-nizza, otticamente, le costruzioni circostanti.

All’interno tutte le superfici sono in stuc-co bianco sul quale si stagliano gli altari inmarmo giallo di Castronovo. Il pavimento haun ricco disegno a fasce intrecciate a fioroni evolute in marmo bianco su fondo grigio.

Palazzo Biscari - Opera di FrancescoBattaglia è un magnifico esempio di baroccocatanese. La facciata che dà sul porto è classi-ca e presenta una terrazza rettangolare. Il por-tale dà accesso ad una corte dominata da unascala a tenaglia tipica delle ville baroccheanche del palermitano; la facciata a Sud è lapiù antica, probabilmente realizzata su pro-getto di Alonzo Di Benedetto, mentre i corpi aoriente sono un progetto di GiuseppePalazzotto del 1750.

All’interno, terminato nel 1766, è notevo-le il salone delle feste, “il più libero saggio didecorazione rococò che si conosca in Sicilia.Ha la forma di un ottagono allungato termi-nante in un’alcova, che si vuole contenesseoriginariamente un lit de parade. Il centro delsoffitto concavo è forato da un lucernarioovale, attraverso il quale l’occhio corre ad unacupola esterna, decorata da un affresco allego-rico, che prende luce da finestre sotto il livellodella cupola interna; una galleria gira intornoal lucernario e qui, durante i balli, prendevaposto l’orchestra” (Blunt). Per le decorazionia rocailles sono intervenuti probabilmentestuccatori veneti o bavaresi; gli affreschi sonodi Sebastiano Lo Monaco. Nella galleria sullamarina si trova una scala a chiocciola anch’es-sa testimonianza dello stile rococò a Catania.

La via Crociferi - Si imbocca dalla piaz-za S. Francesco d’Assisi, passando sotto l’arcodi S.Benedetto (1704). Si tratta di uno degli

ambienti più significativi del barocco catane-se. Esso deve il proprio nome a quello di unordine religioso che si occupava di cura aimalati. La maggior parte degli edifici di viaCrociferi è stata realizzata su progetto diVaccarini o di suoi stretti collaboratori comeGiuseppe Palazzotto e, anziché allinearsiall’asse prospettico della strada, “compongo-no” la via.

Particolare attenzione meritano: ilCollegio dei Gesuiti con l’adiacente chiesa diSan Francesco Borgia, la chiesa di SanGiuliano e quella di San Benedetto.

Saverio Fiducia, facendo parlare viaCrociferi in prima persona, scrive: “Alloramusiche celestiali piovevano dalle cantorie edai coretti pensili sulle schiene curve dei devo-ti, e fumo degli incensi, uscendo dai grandiosiportali di marmo, avvolgeva anche me inun’atmosfera profumata, salendo dolcementeverso i fastigi inargentati della luna...“

Il Monastero dei Benedettini di SanNicolò l’Arena - Intorno al 1136 alcunipadri Benedettini si erano ritirati a meditaresull’Etna fondando il convento di San Leo conl’aiuto del conte Errico. Tuttavia le intempe-rie, le eruzioni e i terremoti forzarono i mona-ci a scendere a Nicolosi al monastero di S.Nicolò sorto all’inizio come ospizio per imonaci malati. Poiché la situazione lì non eramigliore e inoltre c’era il pericolo dei ladri,intorno al 1550 decisero di trasferirsi aCatania e venne costruito il monastero, secon-do d’Europa per grandezza, che adesso ospitala facoltà universitaria di Lettere e Filosofia.Dopo il terremoto del 1693 che aveva distrut-

A sinistra, il Convento deiBenedettini,descritto ancheda Federico De Roberto ne “I Viceré”.

In alto, dettaglio di una decorazione diPalazzo Biscari.

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Catania

to quasi completamente la chiesa e il conven-to, intervennero, fra gli altri, AntoninoAmato, Francesco Battaglia e, infine, ilVaccarini.

Superato il portale barocco e il cortile,uno scalone d’onore a tenaglia dà l’accessoall’edificio. Si giunge così ai corridoi organiz-zati lungo i due chiostri. Il primo, con unchiosco neogotico, come il secondo ha porte efinestroni realizzati su disegno di AntoninoAmato. Il secondo chiostro si raggiunge attra-verso il corridoio dell’orologio e presenta unportico marmoreo dell 1606 e, al centro, restidi una fontana marmorea del XVII secolo.

Nell’ala ovest del monastero si trovano lebiblioteche riunite Civica e Recupero: aperte

nel 1897 sono composte dal nucleo originariodi 50.000 volumi della biblioteca dei padribenedettini ai quali sono state aggiunte lelibrerie delle corporazioni religiose soppresse,quella donata dal barone Ursino Recupero(composta da circa 40.000 volumi e opuscoli,è una raccolta preziosa per la storia locale esiciliana), quella del poeta Mario Rapisardi eduna emeroteca siciliana.

Anfiteatro Romano - Quel che resta diquesto magnifico edificio, databile con tuttaprobabilità al II secolo d.C., si trova su unlato della piazza Stesicoro, lungo la quale ori-ginariamente si estendeva fino alla odiernavia Penninello. Poteva contenere 16.000 spet-tatori ed era alto 31 metri.

Qui sopra,Acireale, la

Chiesa di SanSebastiano.

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Il corridoio inferiore è ben conservato intutta la sua estensione e l’arena, seconda soloa quella del Colosseo di Roma, aveva un dia-metro di 71 metri. Da notare ancora la singo-lare miscellanea di materiali da costruzione:basalto, pietra calcarea e mattoni rossi conferi-vano all’edificio una particolare policromia.

ACIREALEAcireale sorse tremila anni fa sulle sponde

dei ruscelli in cui si divide il fiume Aci.Nel Mille avanti Cristo divenne un

emporio fenicio di importanza rilevante e tre-cento anni dopo fu colonizzata dai greci che labattezzarono Xiphonia ciòè “spada”, forse pervia della forma del promontorio su cui sorge-va. I Romani, più tardi, la chiamarono Aci,da Akis, una parola che ha lo stesso significa-to di Xiphos.

La storia cittadina è segnata da conquiste,devastazioni - non solo per mano degli uominima anche causate dall’Etna - e ricostruzioni.Oggi Acireale si eleva su una terrazza di fron-te al mare - posizione scelta nel XIV secolo -nell’aspetto che assunse nel XVIII secolo dopoil terremoto del 1693. Accanto ad elementibizantini e moreschi, sopravvissuti al sisma,troviamo dunque numerosi aspetti barocchi.

Il monumento principale è il duomo,costruito a cavallo del 1600, dalla facciata instile gotico del primo Novecento, su disegnodi Giovan Battista Basile, in cui si apre unportale barocco (1667-72).

Nell’interno, diviso in tre navate, vi sonoaffreschi di Giuseppe Sciuti e Pietro PaoloVasta. Tra le opere d’arte, un’acquasantiera diAntonello Gagini (1525) e una statua d’ar-gento di Santa Venera (titolare della chiesainsieme all’Annunziata) nell’omonima cap-pella. In sagrestia si custodisce il fercolo dellastessa santa, utilizzato nella processione insuo onore.

Notevole anche la Chiesa di SanSebastiano, dalla movimentata facciatabarocca, decorata con putti, statue, fregi efestoni. L’interno, a tre navate, è decorato conaffreschi di Pietro Paolo Vasta.

CALTAGIRONEReperti risalenti al Neolitico e alla prima

metà dell’Età del Bronzo testimoniano la pre-senza dell’uomo nella località in cui sorgeCaltagirone fin dai tempi più remoti.

Gli arabi vi costruirono un castello chedivenne in breve un avamposto militare diprimaria importanza attorno al quale si svi-luppò un centro urbano, di cui però poco onulla sappiamo per quanto riguarda il periodoanteriore alla conquista normanna, avvenuta

nel 1090. Pochi edifici sono rimasti degli anniprecedenti al terremoto del 1693 e dunque lacittadina si presenta con un aspetto tipica-mente barocco.

Caltagirone è celebre per la bellezza e laqualità delle sue splendide ceramiche, la cuilavorazione iniziò già nella preistoria, graziealla ampia disponibilità della necessaria mate-ria prima.

Il duomo , nella piazza dedicata adUmberto I, si trova proprio nel cuore dellacittà. Fu fondato nel periodo normanno, marifatto al principio dello scorso secolo.Notevole la facciata, in stile liberty-floreale deiprimi del ‘900. Poco lontano il lungo edificiodella Corte Capitanale, il cui prospetto èscandito da portali e finestre di Antonuzzo eGiandomenico Gagini (XVIXVII sec.).

Tra le chiese barocche meritano una men-zione la chiesa gesuita del Gesù e la Chiesadi San Giacomo.

Notevole, infine, la maestosa scalinatadi Santa Maria del Monte, decorata conpiastrelle di ceramica colorata, costruita nel1608 per superare il dislivello fra le due partidella città.

In basso,Caltagirone.

Catania

“Folleggiavamo, nel prato cogliendo i fioriamabili, le iridi, il bellissimo croco e le gio-

vani rose e gigli appena sbocciati, stupendigiacinti e narcisi, con essi e col croco fiorivaquella terra immensa: e mentre li coglievo conl’animo tutto felice il suolo si ruppe e da essone balzò fuori il dio...”

Così comincia la storia di Proserpina, ladolce figlia di Cerere, dea della fecondità, rapi-ta da Plutone sulle sponde del lago diPergusa, ai piedi di Enna, una città che è dasempre un luogo magico, epicentro dei mitipiù antichi della Sicilia, quelli legati alla ferti-lità e alla terra.

Cerere aveva ad Enna il suo tempio, vene-ratissimo, cui giungevano doni e legati daogni parte e da qui si mosse alla ricerca dellafiglia, disperatamente invocandola, indifferen-te alla terra che s’inaridiva.

La Rocca di Cerere, su cui sorgeva il san-tuario, si vede ancora oggi, gialla e bianca,

solitaria, meno misteriosa, certo, d’un tempo.Non è una vera e propria “attrazione turisti-ca“ così come tanti altri monumenti di Enna,ma vale la pena di darle un’occhiata. Magarimentre si sta ammirando il panorama, che èuno dei più celebrati della Sicilia: dall’altodella torre Pisana, nei giorni chiari, si scorgeil mar d’Africa, d’un azzurro evanescente chesi fonde con il cielo. Da ogni altra parte, sisvolgono colline e montagne, a perdita d’oc-chio e, su tutti, l’Etna, la cima nascosta danubi d’ovatta e veli bianchi.

Sicuramente fu proprio l’ampiezza delpanorama a convincere i Sicani, prima, ed iSiculi, poi, a stabilirsi qui, dove facilmentepotevano difendersi.

L’archeologia ha testimoniato di questepresenze preistoriche.

La grotta della Guardiola, ad esempio, erauna tomba ad inumazione collettiva già inepoca neolitica. Di questi primi insediamenti,tuttavia, si sa poco: scavi sistematici, sonostati intrapresi, infatti, solo dal 1978. NelVII-VI sec. a.C. la città fu sotto l’influenzagreca e rafforzò sempre più la sua importanzaquale centro principale del culto in onore diCerere.

Henna, centro di una terra ricchissima dileggende e miti, attirava anche interessi piùumani che religiosi.

Il possesso di questa florida città, infatti,era indispensabile per assicurarsi non solo ildominio completo ed incontrastato dellaSicilia, ma anche il godimento dei beni prodot-ti nell’ubertoso territorio circostante.

Nel 307 a.C. Henna dovette piegarsi aldominio dei siracusani, più tardi, dopo unbreve intervallo di indipendenza, a quello deiRomani.

Ogni nuovo dominatore della Sicilia, perassicurarsi il potere in modo definitivo, dove-va fare i conti con gli avversari arroccati nellacittadella degli Erei e spesso solo il tradimentoconsentiva la conquista. È il caso degli arabiche penetrarono nella città grazie al tradimen-to di un prigioniero bizantino. Ed è il caso deinormanni che, cinta d’assedio la città nel1061, riuscirono ad espugnarla con l’ingannosolo nel 1088.

Al termine della dominazione araba, conl’avvento dei normanni, Henna, ormai dive-nuta Castrogiovanni (dall’arabo Qasr -Jannih, a sua volta derivato dal latinoCastrum Hennae) si arricchì di monumentireligiosi, un arricchimento che proseguì pertutto il Medioevo, e che dotò la città di unricco patrimonio che per alcuni versi è visibileancor oggi.

Per la visita di Enna è necessario un giorno.

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Enn

a

Testimonianze artisticheCastello di Lombardia - È la più impor-

tante testimonianza delle fortificazioni checingevano Henna. Edificato sulla cittadellache fece meritare ad Henna l’appellativo di“Urbs inexpugnabilis”, fu definito daStrabone la più bella fortezza della Sicilia, ed èdi origini antichissime.

Quello che oggi si visita è il risultato dinumerosi rifacimenti cui ogni conquistatoresottopose la fortezza. Tra gli interventi piùimportanti quello degli arabi, che lo trasfor-marono in una roccaforte a tutti gli effetti,quello degli svevi, che diedero definitivo asset-to alle opere murarie esterne, quelli compiutida Federico d’Aragona che lo scelse come pro-pria dimora. Il suo nome deriva probabilmen-te dalla guarnigione lombarda cui i norman-ni affidarono il controllo del castello, anchese, ad onor del vero, gli Arabi definivanoLombardia la costa orientale dell’Adriatico ele zone della Calabria occupate dai normannie, pertanto, non si può escludere un’originediversa del nome.

La pianta irregolare della fortezza, che ètra quelle meglio conservate della Sicilia,ricorda i castelli federiciani in Puglia, in par-ticolare quello di Lucera, e la sua area com-plessiva è di 26.000 mq circa. Il castello è divi-so in tre cortili - di San Nicola, dellaMaddalena, di San Martino - separati darobusti muraglioni rinforzati da torri, cosic-ché la capitolazione di un cortile non pregiu-dicava la resistenza degli altri. Il cortile piùinteressante è quello di San Martino: vi si tro-vano i resti degli appartamenti reali, di unachiesa, della sala regia, nonché un oratoriorupestre sotterraneo che conferma l’antichitàdel luogo fortificato, sicuramente anterioreall’attuale castello. Da questo cortile si accedealla torre Pisana detta anche “delle aquile”per via della presenza, anticamente, di nume-rosi rapaci sui suoi merli.

La Torre Ottagona - Posta a guardiadella zona meridionale della città, è rimastaintatta e si erge solitaria al centro di un giar-dino pubblico. Di questa torre, chiamataanche “di Federico II”, gli storici non sonoriusciti ancora a stabilire con certezza l’età:c’è chi sostiene che risalga all’imperatoresvevo Federico II, chi a Federico d’Aragona,chi, ancora, a epoca manfrediana.

La teoria più affascinante, però, è quellache la identifica con l’antico centro geodeticodella Sicilia. Dall’alto dei 24 m di questatorre, infatti, antichi astronomi, facendoperno su questo centro, avrebbero dato vitaalla delimitazione dell’isola e alla creazionedel suo sistema viario. Più tardi gli arabi si

sarebbero serviti dello stesso punto di parten-za per dividere l’isola in tre valli.

Il pianterreno presenta strette monoforeogivali, il primo piano due ampie finestre rettangolari decorate, aperte nel 1457. Il terzopiano manca di copertura. Vi si sale da unascala a chiocciola ricavata nello spessore delmuro (che è di 3,30 m) e dalla cima come, delresto, da ogni punto di Enna, si può ammirareun amplissimo panorama.

Il Duomo - È il monumento principale diEnna. Fu fondato forse sui ruderi di un tem-pio dedicato a Proserpina verosimilmenteprima del 1307, anno di nascita dell’infantePietro, in occasione della quale la madre, laregina Eleonora, espresse la volontà di farrestaurare “il tempio principale della città”.Quasi del tutto distrutto da un incendio nel1446, fu ricostruito a partire dal 1451: i lavoriproseguirono per tutto il Cinquecento.

Domina la facciata cinquecentesca un alto

A sinistra ilCastello diLombardia. In alto, la TorreOttagonale.

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campanile del Seicento su due ordini di lesene.Sul fianco destro due portali: uno, opera cin-quecentesca di Jacopino Salemi, di gusto rina-scimentale, decorato al centro da un bassori-lievo raffigurante S. Martino ed il povero; l’al-tro, detto Porta Santa, in stile gotico. Sempreall’esterno sono notevoli le absidi ed il transet-to, originari del Trecento, ed un arco che face-va parte dell’ambulacro cimiteriale della chie-sa, unico superstite di un porticato a chiostri.

L’interno è a croce latina con tre navatedivise da colonne di alabastro nero con basa-menti e capitelli riccamente ornati. La secondaa destra e la seconda a sinistra, in particolare,sono autentici capolavori di Gian DomenicoGagini.

Meritano attenzione particolare, inoltre, letre cappelle che si aprono nel transetto: quelladi sinistra, dedicata al SS. Sacramento, apparenuovamente, dopo i lavori di restauro, nell’o-riginale concezione trecentesca; la cappella didestra è dedicata alla patrona di Enna, laMadonna della Visitazione, il cui simulacro,custodito per l’appunto nella cappella, vienecondotto in processione ogni anno il 2 luglio;la cappella centrale, del XVI secolo, è dedicataalla Vergine Assunta, ed è riccamente decora-ta in ogni sua parte con stucchi, statue e qua-dri illustranti vari momenti della vita dellaMadonna. Il soffitto della chiesa, infine, costi-

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tuito da tre differenti tipi di cassettoni inta-gliati, è una vera e propria opera d’arte inlegno di noce: pregevole, in particolare, quelloche sovrasta la navata centrale ed il transetto,opera dello scultore Scipione di Guido, che vilavorò, con i suoi assistenti, per cinque anni.A lui si devono anche le cantorie della navatacentrale ed il coro dell’altare maggiore.

MORGANTINALa città di Morgantina, si trova a circa 6

km dal paese di Aidone. Fin dal 1955, grazie ascavi sistematici compiuti dalla MissioneArcheologica della Università di Princeton,venne ivi identificata una città nelle sue variefasi architettoniche ed urbanistiche, dal perio-do ellenistico a quello romano.

Una prima fase di occupazione sarebbe daascriversi all’Età del Ferro (1000 - 850 a.C.)ed è documentata da frammenti ceramici eresti di capanne, per l’area superiore della col-lina chiamata “Cittadella”.

Più in basso, ai piedi di questa, in numerosecampagne di scavo vennero dissotterrate le rovi-ne del santuario di Demetra e Kore, le stoai, imercati, l’aula del Senato o bouleuterion, isacelli di culto, il teatro, il santuario ctonio del-l’agorà, l‘ekklesiasterion, la grande fornace, ilgranaio di stato, tutte strutture appartenentialla città del periodo ellenistico e romano.

Ciò che fa da trait d’union fra queste duecosì diverse realtà abitative è lo stanziamentoin questo luogo di una forte componente greco- calcidese proveniente da Katane, nella primametà del VI sec. a.C. circa. Tra il IV ed il IIIsec. la città raggiunge l’apice della sua gran-dezza. Sebbene favorita dalla prosperità delperiodo ieroniano, per il suo schieramentocontro Roma a favore dei Cartaginesi nellaSeconda Guerra Punica, la città venne assali-ta e distrutta da forze collegate romane regola-ri e mercenarie ispaniche nel 211 a.C. Da allo-ra assegnata a questi iberici, essa non ebbeuna buona ricostruzione, ma solo una ristrut-turazione approssimativa che non rispecchia-va la passata grandezza.

Coinvolta nei torbidi delle guerre servili,scaduta nell’architettura (il teatro diventauna cava di pietre), Morgantina cessò, perprogressivo abbandono, la sua vita urbana trail I e II sec. a.C. Il monumento principale è ilteatro.

PIAZZA ARMERINARicca di monumenti medievali, palazzi

barocchi, eleganti edifici religiosi e giardini, sidispone in cima a tre alture nella zona collina-re interna della Sicilia.

La città è di origine tardo medievale,essendo sorta nel XII secolo dalle rovine della

Nella pagina a fianco, in alto,panorama diEnna; in basso,l’urna del Cristomorto durante la processione del VenerdìSanto a Enna.

In alto, il teatrodi Morgantina,cittadina elleni-stica nei pressidi Aidone.

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più antica Piazza, distrutta da Guglielmo Iperché colpevole di aver dato ospitalità abaroni ribelli.

Il duomo, dedicato all’Assunta, dominadall’alto l’intera città. Fu edificato al principiodel Seicento su una chiesa preesistente, di cuirimane solo la parte inferiore del campanile, distile gotico-catalano. Al suo interno, tra lealtre numerose opere d’arte, si custodisce unprezioso crocifisso in legno del Quattrocento,opera di un non meglio identificato “maestrodella croce di Piazza Armerina”.

A breve distanza dall’abitato, su una colli-na, si visita il Priorato di Sant’Andrea,costruito su ordine di un nipote di Ruggero I,Simone conte di Butera, nel 1096. L’interno èdecorato di affreschi dei secoli XII, XIII e XV,raffiguranti, tra l’altro, scene della Passione diCristo.

A Piazza Armerina si lega, soprattutto,la Villa Romana del Casale, uno tra i piùinsigni ritrovamenti archeologici dellaSicilia. Fu costruita nel III - IV secolo d.C.per un ignoto committente, identificato daglistudiosi ora in questo ora in quel membrodell’aristocrazia senatoria romana o addirit-tura della famiglia imperiale. Chiunque siastato, il padrone della villa era un uomomolto ricco, amante del lusso, della comoditàe dell’arte. Per la decorazione della sua pre-stigiosa residenza di campagna fece veniredall’Africa valenti mosaicisti che per cinqueanni si dedicarono alla creazione di splendidimosaici che ancora oggi ci danno un’immagi-ne vivida della vita romana e della mitologiadi quel popolo.

Su una superficie di ca. 3500 mq si susse-guono infatti scene di caccia e di danza, perso-naggi mitologici ed animali, pescatori ed ognisorta di piante e frutti, modelli e capostipiti diuno stile di mosaici che nei secoli seguentiebbe ampia diffusione in Italia, Francia eSpagna.

Arabi e normanni vissero, secoli dopo, fraqueste mura, apportando tutte le modificheche ritennero necessarie per adattare l’anticavilla alle loro esigenze, causando anche danni,purtroppo, alle originarie strutture. Nel XIIsecolo, una terribile alluvione diede origine adun fiume di fango che, invasa la valle, distrus-se la parte superiore della villa, ricoprendolainteramente.

Ma non tutto il male viene per nuocere, sidice, ed in questo caso il detto trova conferma:il fango, infatti, se da una parte ha distrutto levolte, che dovevano essere splendide, ha pro-tetto per secoli i mosaici che, così, sono giuntipressoché intatti fino ai giorni nostri.Campagne di scavi, condotte quasi amatorial-

mente, prima, sempre più sistematicamente,poi, hanno portato, nel 1950, al recupero dellavilla, sotto la guida dell’archeologo GinoGentili.

Il complesso residenziale è costituito daquattro gruppi distinti di costruzioni, ognunoadibito alle diverse funzioni della vita sociale,

La caccia al cinghiale,

dettaglio delmosaico detto

“la grande caccia” nella

Villa Romanadi Piazza

Armerina.

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Enna

dell’ospitalità, del riposo ecc.. Ancora sottoter-ra si trovano le abitazioni della servitù, le stal-le, i magazzini e altro.

Tra gli ambienti di particolare interesse leterme, che si sviluppano in varie stanze, e che,oltre ai mosaici, mostrano tracce del sistema diapprovigionamento idrico della villa; l’ambu-

lacro della grande caccia, decorato con scene dicaccia e cattura di fiere; la sala delle dieci pale-strite, nel cui pavimento sono raffigurate gin-naste intente a vari sport; gli appartamenti delsignore della villa, nei quali, fra l’altro, visono la decorazione di Ulisse e Polifemo e lacelebre “scena erotica”.

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Si è fortemente tentati quando si debbatrattare della storia di Messina di lasciarsi

prendere dalla magia della leggenda e di per-dersi nel mito e nella favola. Poche città, delresto, sono così ricche di credenze popolaricome quella dello Stretto: da Cariddi aGlauco, da Mata e Grifone alla Dama Bianca,da Colapesce alla fata Morgana, le origini e lastoria stessa di Messina sono permeate di que-sti straordinari “avvenimenti”. Ma, a dirciche non è vero che Nettuno separò la Siciliadal continente con un sol colpo di tridente eche Saturno, invaghito dalla bellezza di questoluogo, vi fondò l’antica città, sono gli scien-ziati e gli archeologi che, meno poeti e più sto-rici degli antichi scrittori, meno fantasiosi epiù razionali, hanno ricostruito la “vera”vicenda di questo luogo straordinario.

Se scarne sono le notizie relative al perio-do pregreco - sulle rive dello Stretto lasciaronotracce della loro presenza agricoltori e caccia-tori siculi e mercanti fenici - più abbondantisono, invece, quelle legate alla colonizzazioneellenica del sito.

Fu proprio qui, peraltro, nel breve trattodi costa ionica che va dallo Stretto sino aSiracusa che iniziò, con la fondazione diZancle, Nasso e Siracusa, l’epopea greca diSicilia. Qui, coloni provenienti da Cuma e daCalcide, intorno al 756 a. C. (ovvero al 730a.C. o al 727 a.C., secondo le versioni dei varistorici) fondarono la loro città, Zancle, ovverofalce. La planimetria di quell’antico abitatorealizzato con ogni probabilità sul lato sud delgrande porto è stato possibile ricostruirlasulla base dei rinvenimenti archeologici: unimpianto regolare con edifici divisi fra loro daangusti passaggi, alcune strutture sacre, comequella di un santuario del tardo VIII secoloa.C., sulla punta estrema della lingua di terrache chiude il porto e, ancora, monumentifunebri come quello (in largo Avignone), nel-l’area della necropoli stessa, a camera ipogei-ca.

Le vicende della città - Zancle, Messana,Messina - saranno sempre strettamente con-nesse all’importanza economico-strategica delsito: luogo d’incontro e di scontro per tantipopoli e per i più svariati interessi.

Conquistata e riconquistata da sicelioti ecartaginesi, Messana - così ribattezzata daltiranno di Reggio - sarà la prima coloniaromana in Sicilia e raggiungerà, durante gliultimi due secoli prima dell’era cristiana, unaposizione di grande rilievo, tanto da esser defi-nita da Cicerone “civitas maxima et locuple-tissima”. Tale splendore durerà almeno sinoalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente(476 d.C.), all’inizio delle invasioni barbari-

che, cioè, per poi riprendere con i bizantini,divenendo Messina protometropoli dellaMagna Grecia e della Sicilia.

Rilanciato il proprio ruolo di importantescalo strategico nei rapporti con l’oriente,posto sotto controllo il litorale calabro, fortifi-cata ed amministrata da proprie strutture, lacittà dello Stretto riusciva, almeno sino allo843 d.C., a tenere testa ad una nuova invasio-ne, quella musulmana. Dopo un nuovo egrave periodo di decadenza - la città saràabbandonata dai Messinesi e soltanto nel 965ripopolata, sempre sotto il dominio arabo -essa diverrà normanna nel 1061 e da questidotata di privilegi che furono alla base di unacostituzione municipale durata sino al XVIIsecolo. Passava, poi, Messina agli Angioini ediveniva importante porto militare all’epocadelle Crociate, accrescendo la propria prospe-rità commerciale e culturale. Furono, quelli,gli ultimi secoli di grande splendore della cittàdello Stretto: alla ricchezza, al grande svilup-po urbanistico monumentale, all’importanzapolitica corrispondeva il grande sviluppo dellacultura ed a Messina fiorirono letterati edumanisti, pensatori ed artisti: un nome fratutti, quello di Antonello.

Poi, ebbe inizio la sua decadenza, permano dell’uomo e della natura. Ribellatisi agliSpagnoli negli anni tra il 1675 e il 1678, iMessinesi resistettero sino a quando poteronocontare sull’aiuto dei francesi per ricadere poisotto il dominio spagnolo. Questi abrogarono iprivilegi secolari della città dello Stretto,demolirono il palazzo senatorio e costruironocome monito severo - la cittadella poderosa diS. Ranieri. Poi la peste, che nel 1743 spopo-lerà la città, il terremoto del 1783, i furibondibombardamenti di Ferdinando II di Borbone -il “re bomba” - il terribile terremoto del 1908 -sessantamila vittime e la distruzione del 90%dell’abitato - e le devastazioni dei bombarda-menti alleati del 1943 avrebbero fatto il resto,cancellando, in buona parte, i segni di unfastoso passato. È tuttavia fuorviante pensarea Messina come ad una città completamente“nuova”, sostanzialmente ricostruita dopo ilterremoto ed i bombardamenti: la stessa acca-nita, vincente resistenza dei Messinesi chesconfisse Carlo d’Angiò nel 1282, ha fatto sìche potesse essere sconfitta anche la colpevolecupidigia e la barbarie dell’uomo così come laferocia innocente della natura.

Oggi Messina è, così, una città bella esuggestiva, ricca per natura, ma, anche, perquanto i Messinesi hanno saputo conservare ericostruire.

Per la visita di Messina è necessario ungiorno.

Il duomo di Messina

con il suo campanile,

ornato di un grande

orologio astronomico.

40

Mes

sina

Testimonianze artisticheSanta Maria d’Alemanna (o degli

Alemanni) - I resti della chiesa insistono, bel-lissimi, tra la via Sant’Elia e la via S. MariaAlemanna.

Importantissimi questi ruderi, poiché sonol’unico segno di architettura gotica siciliana.Edificato nella prima metà del sec. XIII, per

l’Ordine dei Cavalieri Teutonici, il tempio fuprogressivamente abbandonato già a partiredalla fine del XV sec. e, nel 1808, si smise diprofessarvi il culto.

Nonostante guerre e terremoti si sianoaccaniti contro questo piccolo gioiello svevo,esso conserva ancora, nelle sue rovine, tutti ipropri caratteri di eleganza e raffinatezza.

La Chiesa deiCatalani,

una riuscita fusione di

stili diversi.

42

Chiesa di Santa Maria Annunziatadei Catalani - È uno dei tesori più preziosidi Messina. Eretta nella seconda metà del XIIsecolo durante il regno dei Normanni - probabilmente su di un tempio preesistente -è caratterizzata da una semplice quanto ele-gante facciata duecentesca, nella quale si apro-no tre portali, dalla cupola e dalle splendideabsidi.

Elegantissimo esempio di riuscita fusionedi stili - bizantino, romanico, arabo e norman-no - il tempio ha un interno a tre navate sucolonne con volta a botte e crociera e la cupolapoggiante su pennacchi bizantini.

Nella piazzetta antistante la chiesa si ergela statua bronzea di Giovanni d’Austria, vin-citore nella battaglia di Lepanto (1571) dellaflotta ottomana, qui rappresentato nell’atto dischiacciare la testa recisa di Al Pascia, coman-dante della flotta.

Interessanti, anche, i bassorilievi del basa-mento che ricordano alcuni momenti dell’e-vento storico.

Il Duomo - La stupenda costruzione nor-manna, realizzata nel 1160 sotto il regno diRe Ruggero II e rimaneggiata nel 1300 e nel1500, si sviluppa su una pianta basilicale tri-partita da una doppia fila di colonne con treabsidi semicircolari, accanto alla quale svettail bel campanile.

Il duomo, che è una delle chiese più anti-che di tutta la Sicilia, è simbolo delle sventuredella città dello Stretto ma anche della vogliadei Messinesi di non piegarsi, mai, di fronteall’ineluttabile.

Già nel XIII secolo fu vittima di un vio-lento incendio, poi dei terremoti del XVII eXVIII secolo, quasi interamente distrutto daquello del 1908 e, una volta ancora ricostrui-to, fortemente danneggiato dalle bombe ameri-cane, nel 1943.

Oggi esso conserva nella splendida faccia-ta, tre magnifici portali del XV e XVI secolo,di cui il principale, ultimato da Pietro diBonato nel 1468, è opera originaria diBaboccio da Piperno, autore trecentesco diquella statua della Madonna già nella lunettaed oggi conservata nel locale museo.

Alcune finestre ed il bel rosone sono stateanch’essi oggetto di recupero ed attentorestauro. All’interno, dal bel soffitto ligneodipinto, di notevole interesse sono i numerosimonumenti sepolcrali, tra i quali spicca quellodel Cardinale Guidotto de Tabiatis, opera tre-centesca di Goro di Gregorio, dodici altaririsalenti al XVI secolo, un San Giovanni, pro-babile opera di Antonello Gagini, ed un rilievorappresentante San Girolamo, del XV secolo.Di grandissimo pregio il tesoro, ricco di raffi-

nati ori, argenti e tessuti, opera di maestranzelocali note in tutta Europa.

Adiacente al tempio il bel campanile, piùvolte ricostruito, il quale ospita il più grandeorologio astronomico del mondo, realizzato nel1933 a Strasburgo: composto da numerosiquadranti animati indicanti ore, giorni, mesi,pianeti e feste religiose, esso dà luogo a mezzo-giorno ad un vero e proprio spettacolo musica-

Il portale principale delduomo.

43

le e di animazione della durata di un quartod’ora. Spettacolo da non mancare, così come l’ascesa del campanile stesso (65 metri

d’altezza). Fonte di Orione - Opera monu-

mentale cinquecentesca delMontorsoli, raffigura, appunto,Orione, uno dei mitici fondatoridella città.Fontana del Nettuno -Ugualmente opera del 1557 delMontorsoli, si trova in piazzaUnità d‘Italia. Più volte rima-neggiata, la fontana rappre-senta Nettuno che placa il

mare dello Stretto.

TAORMINALe origini della città

si possono far risa-lire alla preistoria:

nella tarda Età del Bronzoun gruppodi siculi sistabilì incima ad

una collina di fronte al mare sulla costa jonicadella Sicilia. Nel piccolo centro urbano diTauromenion trovarono rifugio nel V secoloa.C. gli abitanti di Naxos, distrutta daDionisio I di Siracusa.

Quest’ultimo la occupò nel 392 a.C. Seguìle vicende della Sicilia greca e romana. Con ibizantini le sue sorti, alquanto decadute, sirisollevarono, e fu una delle ultime città a soc-combere agli arabi, nel 902.

La dominazione islamica fu sempre maltollerata, tanto che la cittadinanza insorse duevolte. Dopo la seconda rivolta, nel 969, fudecretata la distruzione della città, cui soprav-visse solo la fortificazione a protezione diNaxos, chiamata Tambermin.

Nel XIII secolo, a seguito della fondazionedi alcuni conventi, anche Taormina rinacque anuova vita, rimanendo tuttavia sempre pocopiù che un villaggio. La sua fortuna ebbe ini-zio nell’Ottocento, quando, dopo la visita diGoethe che ne cantò le bellezze in tuttaEuropa, divenne quasi un must tra le tappe

del “Grand Tour”. I viaggiatori del secolo scorso furono gli

antesignani dei numerosissimi turisti cheogni anno visitano Taormina, capitale delturismo siciliano.

Il principale monumento della cittadina èil Teatro Antico, non solo per il suo intrinse-co valore artistico, ma anche per la scenografi-ca posizione in cui è collocato. La vista che sigode da lassù è addirittura definita il “panora-ma per eccellenza”, assolutamente da non per-dere, una volta in Sicilia.

È il secondo teatro antico dell’isola (dia-metro m 109) dopo quello di Siracusa e fucostruito in epoca ellenistica (I - II secoloa.C.). Modificato ed ampliato circa 300 annidopo, fu adibito dai Romani a venationes ecombattimenti di gladiatori. Il teatro, la cuiacustica è notevole, è utilizzato per spettacolimusicali e teatrali nella stagione estiva.

Ai romani si devono inoltre l’Odeon, pic-colo edificio alle spalle dell’odierna chiesa diSanta Caterina, forse il bouleuterion (luogo diriunione), e la Naumachia. Quest’ultima,insieme al teatro, è il secondo principale avan-zo della città romana ed anche uno dei mag-giori monumenti romani dell’isola. Si trattadi un grande terrazzamento che proteggevauna ormai inesistente cisterna. Pare che vi sisvolgessero battaglie navali, donde il nome.

Palazzo Corvaja, elevato nel Quattro-cento su una struttura del secolo precedente,fu sede nel 1410 del Parlamento siciliano.

Sul prospetto si sviluppa una fascia sullaquale furono incise in latino una serie di sen-tenze morali. Più in alto, al primo piano, siaprono grandi bifore. Assai pittoresco il cortile interno.

Il Duomo, dedicato a San Nicola, fu edifi-cato nel XIII secolo sull’omonima piazza. Inseguito, nel Quattrocento, Cinquecento eSettecento fu rimaneggiato. Nell’aspetto squa-drato e severo ricorda le cattedrali normanne.

Il portale principale, sovrastato da un pic-colo rosone e affiancato da due monofore ogi-vali, è del 1636 e di stile rinascimentale; altri due portali, del Quattrocento e delCinquecento, si aprono rispettivamente sulfianco sinistro e destro (notevole, in particola-re, il primo).

All’interno, a tre navate, si trovano inte-ressanti dipinti di Antonino Giuffrè (1436) edun Polittico di Antonello de Saliba (1504).

L’elegante Palazzo dei Duchi di SantoStefano , costruito fra il Trecento ed ilQuattrocento, è un bell’esempio di architettu-ra siciliana. Le possenti mura perimetrali sonoalleggerite da bifore, quattro in basso e quattropiù eleganti al piano nobile.

In alto,il Fonte

di Orione.

A destra,Cariddi,

particolaredella fontanadel Nettuno.

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TINDARIFondata sul sito del centro siculo Abaceno

nel 396 a.C. da Dionigi I di Siracusa al fine distabilire un avamposto militare contro even-tuali incursioni cartaginesi, Tyndaris fu unadelle ultime colonie greche di Sicilia.

Cresciuta rapidamente, la città esercitò unruolo strategico di grande importanza a guar-dia delle vie marittime tirreniche e visse tuttele travagliate vicende dei conflitti tra sicelioti,cartaginesi e romani per il controllo dell’isola.Occupata dai cartaginesi nel 264 a.C., fu con-quistata dai romani dieci anni dopo e divenne,successivamente, una delle cinque colonieromane, godendone tutti i privilegi.

Una frana di grandi proporzioni, un ter-remoto, nel 365 d.C., e le devastazioni degliarabi, nel 836 d.C. misero fine all’epopea diTyndaris: ma la sua bellezza sopravvisse.

Il teatro, costruito probabilmente allafine del IV secolo d.C., fu completamenteristrutturato e trasformato in arena durantel’epoca romana, con la demolizione, purtrop-po, anche della struttura della scena.

La basilica era una grande sala di riu-nione ad archi, originariamente strutturata sutre piani e che dava accesso all’agorà. Risale,probabilmente, alla fine del I sec. a.C., fonden-do mirabilmente gli stili e le tecniche greche eromane.

È discretamente conservato solo il primodei tre piani da cui era composto, costituito daun’unica ampia navata coperta da una serie dinove archi di cui due sono ancora in piedi(uno fu ricostruito nel 1956) insieme a partedei due muri perimetrali. Da vedere, ancora,le terme, forse del II secolo d.C., dagli interes-santi mosaici; le case romane con cortili ecolonne, risalenti al periodo imperiale; l’im-pianto viario, organizzato su tre decumaniintersecati da ripide strade trasversali e gliampi tratti di mura, tra le cinte più grandiosee meglio conservate della Sicilia.

Il Santuario della Madonna di Tindarisorge sul sito dell‘antica agorà, proprio incima al capo Tindari. È meta di pellegrinaggiper via dell’effige della Madonna Nera, operabizantina ritenuta miracolosa. Tindari è ancheuno dei siti paesaggistici e naturalistici piùbelli dell‘isola: dall’alto dei suoi 230 m d’al-tezza si apre uno scenario straordinario. Unaparticolare notazione merita la laguna diOlivieri, oggi riserva naturale. Formata dacordoni litorali di sabbia e ghiaia, estrema-mente variabili nella loro conformazione colgioco delle correnti e dei marosi e da trelaghetti - Verde, Marinello e Vergolo - essacostituisce un importante luogo di sosta di un’interessante ornitofauna durante lemigrazioni.

In alto:Taormina,

il teatro antico.

Nella pagina a fianco:

Tindari, i restidella Basilica,

luogo di riunio-ne che si apriva

sull’agorà.46

Ragusa sta proprio nel cuore della “terradel carrubo, dell’ulivo e del miele” che

mirabilmente racconta Gesualdo Bufalino,discoprendo con dolcezza, davanti ai nostriocchi, scenari silenziosi e tranquilli, la piat-tezza uniforme rotta dalle limpide geometriedi bassi muriccioli che disegnano labirintiinesistenti.

Si protende bianca e grigia su un lungo estretto sperone di roccia racchiuso tra dueprofondi valloni scoscesi. Un terzo avvalla-mento, quasi un istmo, separa i due nucleidella città: Ibla, ad Est, la parte più antica,dalla accidentata e pittoresca planimetria,ricca di splendidi edifici barocchi, Ragusasuperiore, ad Ovest, dall’aspetto moderno, chesi estende verso Sud, scavalcando la cava diSanta Domenica con tre arditi ponti.

Così, vista da lontano, con l’occhio lucidodel viaggiatore.

Da vicino Ragusa è una sonnacchiosacittà di provincia, le domeniche a passeggiareper il corso, con l’ambizione di avere la solu-zione per tutto; a sbirciare tra le imposte chiu-se a celare la frescura di splendide magioniavite; a contare le colombe tra i riccioli del-l’affollato barocco che scolpisce le case. Ragusaè città antica a misura d’uomo, di donna, dibambino, linda, color della pietra, nell’ariacome un odore di miele.

Ibla, l’antica Hyblea Heraia dei siculi che

dominavano la valle dell’Irminio fu colonizza-ta dai greci di Siracusa e condivise, nei secoli,la sorte dell’intera Sicilia passando alternati-vamente sotto il dominio dei romani, bizanti-ni, arabi, normanni, angioini e spagnoli.

Totalmente distrutta dal terribile terremo-to del 1693, risorse estendendosi verso Ovested ornandosi di bei monumenti barocchi che siincontrano, praticamente, ad ogni passo.

Per la visita di Ragusa è necessario ungiorno.

Testimonianze artisticheLa cattedrale - Dedicata a San

Giovanni, si eleva imponente presso l’incrociodei due viali principali di Ragusa superiore,via Roma e Corso Italia. Fu costruita a partiredal 1694 e prospetta con un’ampia terrazzapensile sulla piazza San Giovanni. La larga emovimentata facciata è affiancata da una mas-siccia torre campanaria terminante a cuspide.All’interno, a tre navate, le cappelle ottocente-sche sono decorate da pregiati stucchi.

S. Maria delle Scale - È una piccolachiesa fondata per i cistercensi nel XIV secolo,nei pressi della lunga scalinata che collegaRagusa superiore a Ragusa Ibla. Fu riedificatain seguito al terremoto, conservando, all’ester-no, l’originale portale ed il pulpito gotici e, all’interno, quattro cappelle con le arcate goti-che e rinascimentali.

Giardino Ibleo - È il parco comunale aRagusa Ibla. Al suo interno c’è la Chiesa diSan Domenico.

Poco lontano la Chiesa dei Cappuccini, lacui importanza è legata al fatto che in essa èconservato un trittico dipinto da PietroNovelli e l’antico portale della diruta chiesa diSan Giorgio Vecchio, pregevole esempio d’ar-chitettura gotica.

Il Duomo - Intitolato a San Giorgio,domina alto sulla piazza Duomo dalla cima diun’imponente scalinata che conduce al portalesormontato da bellissimi altorilievi raffiguran-ti scene dal martirio di San Giorgio.

La facciata altissima e slanciata, quasi avoler raggiungere il cielo, è un capolavoro diRosario Gagliardi (che firmò anche, tra l’altro,la simile, splendida facciata di San Giorgio aModica). All’interno, a croce latina, spicca ilmaestoso organo Serassi, dal 1881 chiamatoOrganum Maximum, in quanto il più grandeche sia mai stato costruito dalla ditta Serassi.

Oltre agli archi e alle volte decorate, risal-tano 33 vetri istoriati, dodici dei quali rappre-sentano episodi del martirio di San Giorgio, ilsanto protettore di Ibla (San Giovanni lo è diRagusa superiore).

In alto, la facciata

della cattedraledi Ragusa.

A fianco, panorama

dell’anticoquartiere di

Ibla.

48

Rag

usa

L’interno delduomo diSiracusa: lungola navata sini-stra si vedono chiaramentele colonne delTempio diAthena.

51

“È piccola, carina, seduta sulle rive delgolfo, con giardini e passeggiate che scen-

dono fino alle onde”. Siracusa, nelle parole diGuy de Maupassant, che la visitò sul finiredell’Ottocento, è tutt’altra cosa rispetto allamagnifica metropoli che era stata nel V secolo.Allora, quando sedeva sul trono Dionisio I,era una tra le più grandi e potenti città delMediterraneo, ornata di templi e palazzi, giar-dini e fontane, ricca di denaro, cultura e pote-re. Una città ideale secondo Platone, che lavisitò più volte, riponendo in essa le propriesperanze di rinnovamento politico e sociale.Una città magnifica secondo Simonide,Pindaro, Bacchilide, Eschilo, che ne cantaronola bellezza. Una città di enorme potenza mili-tare, capace di dare scacco alle temibiliCartagine ed Atene.

Siracusa fu fondata nel 734 a.C. da colonidi Corinto che si ispirarono, per il nome, aquello indigeno di una vicina palude, chiama-ta Syraka.

È impossibile che questi coloni avesserogià un’idea del grande futuro che era riservatoalla loro colonia, ma certo è che l’espansioneiniziò quasi subito, con la sottomissione dipiccoli centri vicini.

Nel V secolo l’influenza di Siracusa sifaceva sentire in tutto il Mediterraneo e a que-sta città sono legati eventi decisivi per la sto-ria di quegli anni: la sconfitta dei cartaginesipresso Imera nel 480 a. C.; la sconfitta deglietruschi a Cuma nel 474, che ne impedì l’e-spansione a sud; la vittoria sugli ateniesi nel413, in una battaglia navale fra le più gran-diose dell’antichità. Solo con grandi sacrifici econ l’inganno i romani, nel 212 a.C., riusciro-no ad espugnare la città, difesa dalle mirabiliopere di Archimede. Nonostante la decadenza,Siracusa rimase la città più nota ed importan-te della Sicilia, tanto che lo stesso imperatored’Oriente Costante II per un periodo ne fece lacapitale del suo impero.

Con la conquista da parte degli arabi, nel1878, le fu tolta la supremazia fra le città sici-liane e iniziò il suo lento declino. Le domina-zioni comuni a tutta la Sicilia furono condivi-se anche da Siracusa che mai più raggiunsegli incredibili vertici del V secolo, trasforman-dosi nella tranquilla cittadina che è oggi,silenziosa ed orgogliosa erede di un magnificopassato.

Per la visita di Siracusa sono necessaridue giorni.

Testimonianze artistiche - OrtigiaIl Tempio di Apollo e di Artemide - Le

rovine di questo tempio si trovano sul largoXXV Luglio ad Ortigia.

Risale alla fine del VII secolo e dunque è ilpiù antico dei grandi templi greci in Sicilia.Nel corso dei secoli fu trasformato successiva-mente in chiesa bizantina, moschea, basilicacristiana e di tutte queste successive costru-zioni si sono rinvenute tracce nel corso dellacampagna di scavi svoltasi fra il 1938 ed il1943. Il tempio era dorico e presenta alcuneparticolarità dovute all’arcaismo.

La Cattedrale - Prospetta sulla piazzaDuomo, circondata da eleganti palazzi baroc-chi (questi ultimi, peraltro, costituiscono unadelle particolarità di Ortigia, trovandosi disse-minati per tutta l’isola) e che occupa un’anti-ca area sacra. Scavi condotti qui e nelle imme-diate vicinanze hanno consentito di ricostrui-re le vicende edilizie cittadine fin dagli inse-diamenti siculi. Vi si trovava un tempio ioni-co, l’unico del suo genere noto nell’occidentegreco, i cui scarsi ruderi sono visibili nei sot-terranei del Palazzo Comunale.

La cattedrale è il risultato delle successivetrasformazioni subite dal grandioso tempio diAthena, opera voluta probabilmente daiDiomenidi, la stirpe fondata da Gelone, primotiranno aretuseo.

Era periptero esastilo, con 36 colonne altequasi nove metri e dal diametro di due. La suamagnificenza fu celebrata da Cicerone. Peraverne un’idea, basti pensare che le sue porteerano d’oro e avorio, mentre sulla sua cimarisplendeva lo scudo d’oro di Athena, a guidadei naviganti.

Intorno al VII secolo gli intercolumnifurono chiusi e il tempio trasformato in chiesacristiana, più tardi proclamata cattedrale. Lafacciata, che risale al XVIII secolo, si presentaimponente e ricca di movimento, ornata distatue e colonne corinzie. L’interno, a trenavate, è basilicale: la mediana occupa la celladell’antico tempio, le cui colonne sporgonodalle pareti.

Numerose le opere d’arte conservate, fra lequali citiamo la tavola a fondo oro raffiguran-te San Cosimo, attribuita ad Antonello daMessina nella Cappella del Crocifisso; la sta-tua, gaginesca, della Madonna della Neve sul-l’altare dell’abside sinistra, l’unica originariadella chiesa bizantina; il fastoso altare mag-giore barocco la cui mensa è costituita da unblocco monolitico della trabeazione del tempiodi Athena.

La Fontana Aretusa - In una piazzaprospiciente il mare, questa piccola fonte, abi-tata da bianche papere e circondata da snellipapiri, è la metafora dei rapporti fra Siracusae la città madre Corinto, mai interrotti nono-stante la distanza.

Narra la leggenda che la ninfa Aretusa,

Sir

acus

a

per sfuggire all’amore impetuoso di Alfeo, sigettò in mare. La dea Artemide, impietosita, latrasformò quindi in una sorgente che, sparitasottoterra in Grecia, riapparve al di qua delmare ad Ortigia. Alfeo, a sua volta, fu mutatoin fiume.

Ma tutto questo non fu sufficiente a tener-lo lontano dall’amata ninfa. Le sue acque,infatti, attraversarono anch’esse il mare persgorgare prorompenti in una polla d’acqua abreve distanza dalla fonte Aretusa.

Castello Maniace - Incorporato oggi aduna caserma, si eleva imponente sul lungoma-re di Ortigia. Fu edificato per volere diFederico Il intorno al 1239. Il castello, cheunisce l’architettura militare all’eleganza diuna corte, conserva ancora la struttura ester-na duecentesca a pianta quadrata con massic-ce torri angolari. L’ingresso è ornato di unmagnifico portale marmoreo di stile gotico.

Castello Eurialo - Nel quartieredell’Epipoli, fu fatto costruire da Dionisio I alprincipio del V secolo a.C. ed è uno dei piùinteressanti complessi militari dell’anticomondo greco.

Si tratta di una grande fortezza di 15.000mq di superficie, alla congiunzione delle muraa nord e a sud di Siracusa, in un luogo rialza-to, da dove si poteva osservare facilmentebuona parte del territorio e del mare intornoalla città.

Fu più volte rifatto nei secoli successiviper adattarlo a nuove esigenze e tecniche militari.

Il grande fortilizio, il cui nome deriva da“Eurvelos”, cioè “chiodo dalla larga base”, eraprotetto a Ovest da tre grandi fossati, il terzodei quali si collegava all’intero sistema difen-sivo, costituito da un intricato dedalo di galle-rie e passaggi per uno sviluppo complessivo di480 metri, e da cinque torri alte ben 15 metri.

Il parco archeologico della Neapoli Le Latomie - Sono le cave dalle quali furonotratti i materiali per l’ampliamento urbanisti-co di Siracusa. La più suggestiva è la Latomiadel Paradiso, immersa in un lussureggiantegiardino. In essa si apre il cosiddetto“Orecchio di Dionisio”, una grande grottaartificiale in cui si verifica uno straordinarioeffetto acustico di amplificazione. Si raccontache il tiranno da cui la grotta prende il nome,appostato presso una fessura in cima allacaverna, ascoltasse ogni parola, anche sussur-rata, dei prigionieri in essa rinchiusi.

Poco lontano si trova la “Grotta deiCordari”, così chiamata perché vi lavoravanoappunto dei cordai. Più oltre, infine, le piùpiccole latomie dell’lntagliatella e S.Venera.Nelle latomie, a scontare spaventosi lavori for-zati, furono gettati i 7.000 superstiti dell’e-norme esercito ateniese sconfitto da quellosiracusano nel 413 a.C. Si narra che alcunivenissero liberati solo perché sapevano recitarea memoria i versi di Euripide, ma i più periro-no miseramente.

Il Teatro Greco - È la più perfetta espres-sione di architettura teatrale giunta fino a noi

La fonteAretusa,

sull’isola diOrtigia, centro

storico diSiracusa.

52

ed uno dei teatri più grandi del mondo greco(138,60 m di diametro). Se ne hanno notiziefin dal V secolo a.C., epoca in cui Siracusa siera già imposta quale uno dei centri culturalipiù importanti del Mediterraneo. La forma incui lo possiamo oggi ammirare è però piùtarda e risale con ogni probabilità ad un rifaci-mento del II secolo a.C.

Nel teatro, che è scavato nella roccia dellacollina, si svolsero le “prime” di opere tragi-che e di commedie di famosi autori comeEschilo ed Epicarmo ed ancora oggi l’anticascena è calcata da attori. Ogni due anni, infat-ti, l’Istituto Nazionale per il Dramma Anticoorganizza qui le “Rappresentazioni classiche”,presentando per l‘appunto drammi dell’anticaGrecia.

L’Ara di Ierone - Gli avanzi di questagigantesca struttura si trovano a breve distan-za dal teatro. Si trattava di un altare, lungoquasi 200 metri, sul quale si svolgevano ipubblici sacrifici della città.

L’Anfiteatro romano - Risalente al III oIV secolo d.C., è di forma ellittica, con i dia-metri esterni di 140 e 119 metri, di poco infe-riore, dunque, all’Arena di Verona.

A partire dal 1526 gli Spagnoli iniziaronouna sistematica spoliazione dei monumentidella Neapoli per la costruzione delle fortifica-zioni di Ortigia, arrecando ovviamente gravedanno alle strutture che, probabilmente, all’e-poca erano ancora ben conservate.

I monumenti furono riportati alla luce nelcorso di campagne di scavi successive a parti-re dal XIX secolo.

NOTONeas sarebbe stata fondata da popolazioni

sicane, all’epoca della caduta di Troia, sul colledella Mendola. Caduta nelle mani dei conqui-statori siracusani, la città assimilò costumi eculto ellenici, e fu elevata a sede di gimna-sium. Passata sotto il dominio romano, comecittà federata, in epoca imperiale fu dichiaratamunicipium latino, una singolare condizioneche procurò alla città notevoli privilegi, tracui quello di potersi governare con proprieleggi. Conquistata dagli arabi, che ne fecerouna roccaforte munitissima, prese il nomeattuale e fu capitale di una delle tre valli incui essi avevano suddiviso la Sicilia. Dopodue secoli di dominio musulmano, nel 1090,Noto trattò la resa con Ruggero.

La storia di Noto, però, oltre che dagliuomini è segnata dalla natura: nel 1693,infatti, fu distrutta dal terremoto che colpìl’intera Sicilia Sud orientale. Ideata come ungrande teatro senza quinte, concepita comecittà libera ed aperta, movimentata e conti-nua, Noto risorse sontuosa e superba, suldeclivio del colle Meti, alle pendici meridiona-li dei monti Iblei.

La vicenda architettonica della nuova cittàfu dominata dall’estro artistico di tre architet-ti, Rosario Gagliardi, Vincenzo Sinatra ePaolo Labisi i quali seppero sviluppare unostrabiliante capolavoro di unità architettonica.Tre diverse personalità che, pur vivendo edoperando in provincia, conferirono alla cittàun’impronta originale che esula dal rigido lin-guaggio barocco, arricchendolo di elementi

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Siracusa

Il teatro greco di Siracusa,uno dei piùgrandi delmondo.

rinascimentali, spagnoleschi e neoclassici edando vita ad uno stile fantasioso e sognante.

L’Arco di trionfo, lungo il corso, segnal’inizio della città. Sormontato da tre simboli-che sculture - una torre merlata (la potenza),un cane (la fedeltà), un pellicano (il sacrificio)- il monumento fu eretto in occasione di unavisita a Noto di Ferdinando Il di Borbone chelo inaugurò nel 1838. La porta reale fucostruita col caratteristico calcare dorato uti-lizzato, nel secolo precedente, per edificarechiese e palazzi della città.

La chiesa di San Francesco all’Im-macolata si innalza, in cima ad un’imponen-te scalinata, sulla destra del corso. Fu costrui-ta, con l’annesso convento, tra il 1704 ed il1745. La chiesa è ad un’unica navata, secondol’uso francescano.

Tutte bianche, le pareti sono decorate con

stucchi di stile rococò. La chiesa di Santa Chiara, opera del

Gagliardi, espressione di un delicato barocco,fu costruita nel 1785.

L’interno, piccolo e ovale, ornato di stuc-chi e putti, è scandito da dodici colonne ed èuno dei più interessanti esempi delle soluzionispaziali di questo architetto.

Il monastero del SS. Salvatore è il piùgrande edificio della città, costruito tra il 1710ed il 1791 su un’area rettangolare di 11.000mq. Piatti pilastri gemelli incorniciano alprimo piano le grandi finestre il cui riccodecoro ricorda lo stile plateresco portoghese.

Segue un’ala sporgente che ha la funzionedi chiave nella concezione costruttiva; si elevaimponente come una torre su costruzioni ecupole circostanti, e non lascia adito a dubbisulla superiorità di questo convento rispetto

Panorama diOrtigia con il

porticciolo.

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agli altri ordini. Quest'impressione è sottoli-neata dal ricco decoro in pietra e dalle infer-riate in ferro battuto.

L’omonima chiesa, edificata sul finire delSettecento, si eleva su un ampio piazzale. Lasua particolarità è l’evidenza, sulla sua faccia-ta, del passaggio dal barocco al classicismo.

La cattedrale, che sorge in cima ad unamonumentale scalèa, fu iniziata già pochimesi dopo il terremoto, ma fu completata solonel 1770.

La facciata, spoglia di ornamenti e strava-ganze, incorpora motivi barocchi ed elementiclassici.

Le tre navate della chiesa sono divise daalti pilastri con doppie lesene. Nella cappelladi fondo della navata destra è custodita l’Arcaargentea del santo patrono della città, SanCorrado.

Di fronte alla cattedrale si trova PalazzoDucezio, sede del Municipio. Progettato dal-l’architetto Sinatra, il palazzo, rialzato rispet-to alla piazza su cui sorge, fu costruito tra il1746 ed il 1830 su un’unica elevazione. Centoanni dopo vi fu sovrapposto un secondo pianoche purtroppo ha compromesso la linea neo-classica originaria.

Interessante, all’interno, il salone di rap-presentanza, ricco di ori e stucchi.

Poco lontano si trova Palazzo Villado-rata, che prospetta su via Nicolaci, una stret-ta traversa del corso.

L‘ampia facciata è movimentata da pan-ciuti balconi in ferro battuto sorretti da men-sole d’ogni sorta, con figure antropomorfe ezoomorfe tra volute ed arabeschi, che rappre-sentano la manifestazione più accentuata delbarocco netino. Costruito nel 1731, il palazzo,che fu a lungo residenza dei principi diVilladorata, di recente è stato per buona parteacquistato dal comune.

Esso conta novanta vani, con le volteaffrescate con dipinti settecenteschi.

Nel mese di maggiola via Nicolaci è prota-gonista di una tradi-zionale “Infiorata”.

La via è chiusa infondo dalla chiesa diMontevergine, attri-buita all’architetto Si-natra. Esternamente aforma concava, chiusatra due torrette laterali,nel suo interno è adun’unica navata, scan-dita da colonne corinzie.

La chiesa del Cro-cifisso è il secondo tempiodella città dopo la catte-drale. Essa sorge nellaparte alta di Noto,nella piazza Mazzini. Progettata dal Ga-gliardi (1715) è la piùricca di opere d’arte.All’interno, oltre a dueleoni stilofori in pietra,di epoca romanica,recuperati dalle mace-rie dell’omonima chiesadell’antica città, si con-serva la statua inmarmo bianco dellaMadonna della Neve,del 1471, opera diFrancesco Laurana.

Siracusa

Mensola di un balcone dipalazzo Zoccoa PalazzoloAcreide.

PALAZZOLO ACREIDEAkrai, dalla quale discende l’odierna citta-

dina, fu la prima colonia fondata da Siracusa(664 a.C.) nel corso della sua espansione versol’interno dell’isola. Era un’importante stazio-ne di controllo sulla cosiddetta viaSelinuntina, che collegava Siracusa con lecittà della costa meridionale. Se ne hannonotizie certe fino all’età romana e bizantina.Fu probabilmente distrutta dagli arabi.

Le prime notizie della Palazzolo attuale sihanno a partire dal XII secolo, allorché si svi-luppò un abitato intorno ad un castello nor-manno non più esistente.

La crescita della cittadina medievale fuarrestata dal terremoto, in seguito al quale,tuttavia, Palazzolo fu ricostruita ed allargata.A questa ricostruzione risalgono la Chiesa diSan Paolo, costruita, pare, dall’architettoSinatra, con un’interessante facciata precedu-ta da un portico, ricca di decorazioni e statue,e la Chiesa dell’Annunziata. Quest’ultimaè una delle più antiche di Palazzolo.

Particolarmente notevole è la facciata,decorata da un portale barocco con colonnetortili e decorazioni in pietra. All’interno sitrova un prezioso altare maggiore ad intarsimarmorei abbastanza ben conservato.

La zona archeologica di Akrai si trovapoco lontano dal centro urbano. Le parti fino-

ra conosciute si riferiscono al periodo ellenisti-co e tardo imperiale, sebbene sussistano anchereperti più antichi. Gli scavi hanno riportatoalla luce la “plateia” (via) principale che colle-gava le due maggiori porte della città (la“siracusana” e la “selinuntina”), ed il piccoloteatro, ancora ben conservato ed utilizzato perrappresentazioni.

Poco lontano, ancora, il bouleuterion(luogo di riunione) e le due latomiedell’Intagliata e dell’Intagliatella, nelle qualisi praticava il culto dei morti ed utilizzate piùtardi, in età paleocristiana, come abitazioni esepolcreto. Anche la latomia detta dei “templiferali”, nella parte orientale della collina, erafrequentata per il culto dei morti-eroi.

A ridosso delle latomie, sulla collinasovrastante il teatro, sono visibili le fonda-menta di un tempio arcaico dedicato adAfrodite. A breve distanza, nella contradaSanticello, si trovano i “Santoni”, dodici scul-ture rupestri sfortunatamente piuttosto rovi-nate scolpite dentro nicchie ricavate nella roc-cia. Si collegano al culto della Magna MaterCibele e rappresentano, per la maggior parte,la stessa dea in piedi, seduta con tre leoni o incompagnia di altri personaggi di difficile iden-tificazione.

Il complesso, il più vasto e completo per-venutoci, risale al III secolo a.C..

In alto, il teatro greco

di Akrai, la colonia dacui discende

l’odiernaPalazzolo

Acreide.

A destra,panorama

di Trapani.

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Ai piedi dell’aspro monte Erice, che sem-bra vigilare su di essa, Trapani si stende

fino al mare, allungandosi su un promontorioarcuato.

Lungo la sponda adiacente alla città e poivia via lungo la costa, fino a Marsala, cumulidi sale biancheggiano lungo la riva, custoditida mulini a vento che, con le loro grandi pale,si stagliano contro il mare simili a fantasticimostri. Di fronte, spesso avvolte da una legge-ra foschia che ne rende incerti i contorni,emergono tre isole, le Egadi, che danno il ben-venuto al visitatore che giunge dal mare.

Città piccola, Trapani, nella sua culla dimare, l’aspetto un po’ dimesso di chi cela isuoi tesori per mostrarli solo a chi li saapprezzare. Le origini di Trapani storicamentesi fanno risalire ai Sicani, che qui avrebberofondato un loro villaggio, ma forse, come nar-rano antichi scrittori, sorse sulla falce cadutaa Cerere mentre, disperata, vagava per ilmondo alla ricerca della figlia Proserpina,rapita da Plutone. Certo è che su questi lidi siavvicendarono numerose popolazioni, più omeno fantastiche.

A cominciare dai Ciclopi, vissero qui gliElimi, i Giganti, i Troiani, i Fenici e numerosialtri, ma Trapani acquistò importanza solo nel260 a.C., quando Amilcare fece trasportarequi gli abitanti di Erice, città della quale era

stata lungamente l’emporio (porto). Durantela dominazione romana la città perdette moltodel suo prestigio. L’unico avvenimento dirilievo fu l’arrivo degli ebrei, che si trovaronocosì bene da fondare qui una importantissimacomunità israelita.

Trapani seguì nell’ombra le vicende dellaSicilia, tornando alla ribalta della storia nelDuecento, quando Ferdinando d’Aragona leconcesse il proprio favore. Fiorivano i com-merci: sale, tonno e pregevoli lavorazioni arti-stiche in corallo, pietre dure, legno, venivanovenduti ed esportati in tutto il mondo alloraconosciuto. La città era base d’appoggio per lenavi dei crociati che si recavano in Terrasanta,e ospitava i consolati di Catalani, Genovesi,Veneziani, Pisani, Francesi e molti altri.L’apice della potenza fu raggiunto nel corsodel governo di Carlo V, che sbarcò qui di ritor-no dalla vittoria di Tunisi e concesse alla cittàparticolari privilegi, permettendole di miglio-rare ancor più la propria posizione. Nel dicias-settesimo secolo sorsero gli edifici barocchi cheancor oggi caratterizzano il suo centro storico.L’attività del porto andò sempre più incre-mentandosi, e ancora oggi, sebbene in misuraminore rispetto ai tempi d’oro, è al centro del-l’economia cittadina.

Per la visita di Trapani è necessario ungiorno.

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Trap

ani

Testimonianze artisticheIl Santuario dell’Annunziata - È il

principale monumento cittadino. Fu eretto trail 1315 ed il 1332, successivamente ingrandi-to ed infine totalmente rifatto nel 1760.

La facciata è originale ed è ornata di unmagnifico rosone e di un portale gotico deiprimi del Quattrocento. Sui piccoli portalilaterali si trovano due statue cinquecenteschedell’Angelo e dell’Annunziata. All’interno sivisitano in particolare la Cappella dei Marinaie la Cappella dei Pescatori. La prima si trovasulla sinistra del presbiterio e fu costruita intufo fra il 1514 e il 1552. Nel suo caldo coloregiallo si fondono stili e motivi diversi: gotici,rinascimentali, orientali, interpretati col pro-fuso decorativismo di timbro locale.

La seconda, sul lato opposto, risale al seco-

lo XVI. A pianta quadrata, sormontata daun’abside ottagonale, è decorata nelle trombeche reggono la stessa con affreschi rappresen-tanti le storie della Genesi. Dietro l’altaremaggiore vi è l’accesso al santuario propria-mente detto, nel cui fondo è la Cappella dellaMadonna, del 1530. Il grande arco marmoreoesterno è opera di Antonello, Antonio eGiacomo Gagini, che lo ornarono di preziosirilievi (Padreterno e Profeti). Sull’altare sitrova la magnifica Madonna col Bambino,opera di Nino Pisano e della sua bottega.

Secondo l’opinione più accettata la statuagiunse a Trapani nei primi anni del Trecento,portata da un cavaliere gerosolimitano di ori-gine pisana, il committente dell’opera. La tra-dizione popolare ci tramanda che questi inprincipio aveva portato con sé la statua nellasua commenda d’Oriente. Qualche anno piùtardi decise di sottrarla alle insidie deiSaraceni e s’imbarcò alla volta dell’Occidentecon il prezioso simulacro. Durante la naviga-zione la nave fu sorpresa da una tempesta edil cavaliere fece voto di lasciare la statua sullaprima terra che avesse toccato. Caso volle chequesta fosse proprio la Sicilia, che da allora laospita. L’artista seppe unire nella sua operarara bellezza, grande nobiltà e finezza, e lasuggestiva statua è stata per secoli modellodelle opere degli artisti locali, dal Laurana aiGagini, i quali, soprattutto, cercavano dieguagliare il dolcissimo e ineffabile sorrisodella Madonna, che l’ha resa celebre.

La Cattedrale - Dedicata a San Lorenzo,fu eretta nel 1635 su una precedente chiesadel Trecento, nel luogo in cui fin dal 1129 viera la loggia dei Genovesi, i quali hannolasciato il loro segno in uno stemma all’inter-no dell’edificio. L’elegante portale barocco fuarricchito nel Settecento da un arioso portico eda una cupola, bizzarramente affiancata dacupolette minori. All’interno, decorato nellostile del primo barocco, sono custodite nume-rose opere d’arte, fra le quali una“Crocifissione” attribuita a Van Dyck.

S. Maria di Gesù - Risale alla primametà del XVI secolo. La facciata si presenta informe miste gotico-rinascimentali e si orna diun bel portale di forme catalaneggianti. Infondo, sulla destra del presbiterio, è laCappella Staiti, al cui interno, sotto un pre-zioso baldacchino marmoreo di A. Gagini(1521), si trova una statua in terracotta inve-triata raffigurante la Madonna degli Angeli,pregevole opera di A. della Robbia.

Chiesa del Collegio - Fu costruita nellaprima metà del 1600, con una salda strutturarinascimentale ornata con fini decorazioniscultoree. L’interno a croce latina a tre navate

In alto: Trapani, Chiesa

dell’Annunziata.

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è armoniosamente decorato a mischio e stuc-chi. Sull’altare maggiore è collocato un basso-rilievo marmoreo dell’lmmacolata di IgnazioMarabitti (1766) ed in sacrestia si trova unmagnifico armadio in noce con delicatissimiintagli del XVIII secolo.

Palazzo Ciambra - Si trova nella viaGiudecca, all’interno dell’omonimo quartiereebraico. Si tratta di un caratteristico esempiodello stile plateresco di derivazione catalanache si diffuse in Sicilia dalla Spagna nelCinquecento. Il palazzo - risale alla metà delsecolo XVI - fu un tempo splendido, per l’usodella pietra intagliata e per la dovizia degliornamenti. Un estroso artista tradusse nellapietra il fascino sottile dell’oreficeria e dellegemme, nella cui lavorazione gli ebrei eranoinsuperati maestri.

ERICESorge sulla cima di un monte solitario che

domina su Trapani, la vallata ed il mare. Lesue origini sono antichissime e misteriose,avvolte nella leggenda. Sulla vetta era sortodapprima soltanto un tempio, dedicato a unadivinità femminile della natura feconda. Essafu sempre veneratissima da tutte le popolazio-ni del Mediterraneo e fu sua cura principaleproteggere i naviganti, i quali da lontano scor-gevano il fuoco che ardeva nel sacro edificio eche serviva anche da orientamento.

Ben presto vi fu edificata una munitissimafortezza, contesa da fenici, greci, cartaginesi eromani. Fu distrutta dai cartaginesi nel 260a.C. e gli abitanti furono trasportati aTrapani. ln epoca romana la vecchia fortezzaebbe scarsa importanza. Non così il tempio,che anzi fu messo a capo di una confederazio-ne religiosa di diciassette città siciliane, difesopermanentemente da una guarnigione.

Non si hanno più notizie della città e delsantuario fino all’epoca araba, quando il cen-tro riappare con il nome di Gebel Hamed.Durante la dominazione normanna e nelcorso dei secoli successivi Erice compose ilvolto urbanistico che è giunto intatto fino anoi e che ne costituisce l’attrattiva principale.Tutta raccolta in un perimetro triangolare, èuna delle cittadine più singolari della Sicilia.Le stradine acciottolate e strette, le piccolepiazzette, i cortiletti fioriti, un ricco artigiana-to che comprende ceramica, dolci, tappeti, larendono méta irrinunciabile di ogni escursio-ne nel trapanese.

La Chiesa Madre sorse nel corso dellaprima metà del secolo XIV e fu dedicata allaVergine Assunta. La precede un poderosocampanile isolato, coevo alla chiesa, origina-riamente una torre di vedetta. Alla facciata fu

aggiunto nel XV secolo un portico rettangola-re su quattro arcate ogivali. L’interno si pre-senta in un ibrido stile gotico, dovuto ad unrifacimento del 1865. Vi si conservano nume-rose testimonianze d’arte pittorica, scultorea eartigianale attribuite a noti artisti siciliani,quali il Laurana ed il Mancino.

Il Castello sorge sulle rovine dell’anticotempio dedicato a Venere, del quale conservatestimonianze del V - VII sec. a.C., su un’altarupe isolata cui si accedeva anticamente perun ponte levatoio. Fu reso inespugnabile dainormanni, che lo dotarono di mura orlate dimerli. Del tempio furono rinvenuti, al princi-pio di questo secolo, alcuni rocchi di colonne eframmenti di cornice, risalenti al rifacimentoromano. Più tardi, si trovarono anche i resti diun pavimento musivo. Intorno al castello siestendono i Giardini del Balio, magnificiper la disposizione a terrazza e la varietà dellepiante coltivate. Prendono il nome del gover-natore normanno (Bajulo) che risiedeva nel-l’adiacente castello.

Le Torri Medievali costituivano l’avam-posto del Castello di Venere, cui erano unitida poderose cortine murarie. Furono parzial-mente ricostruite nella metà del secolo scorsoper volontà del conte A. Pepoli, cui si deveanche l’edificazione della Torretta Pepoli,una manierosa costruzione in vago stilemoresco.

In basso, Erice la Chiesa Madredel XIV secolo.

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Trapani

MARSALALa sua origine si fa risalire al 397 a.C.,

quando i fenici abitanti di Mozia, dopo lasconfitta subita ad opera dei siracusani, sirifugiarono sul promontorio Lilibeo fondandoivi una città che chiamarono appunto Lilibeoe che divenne il più forte e l’ultimo baluardodella potenza fenicia in Sicilia.

Nel 241 a.C., dopo ripetuti e vani tentati-vi, i romani riuscirono ad impadronirsene; lacittà divenne provincia romana, fu sede delquestore e del pretore, rimanendo a lungo ilporto più importante dell’isola. Tale posizionepreminente fu mantenuta per tutto ilMedioevo, finché, nel XVI secolo, Carlo Vfece costruire il porto per difendere la cittàdagli assalti barbareschi.

Il rimedio, però, fu peggiore del male, per-ché da allora Marsala (che intanto avevapreso questo nome, dall’appellativo araboMarsa-Alì) prese inesorabilmente a decadere.Il suo nome è legato, nella storia italiana, allosbarco di Garibaldi, che da qui iniziò l’impre-sa che doveva portare all’unificazione delRegno d‘ltalia.

La maggior parte della gente, però, laconosce piuttosto come sede di produzione delpregiatissimo liquore omonimo. I primi stabi-limenti, detti “bagli”, sorsero qui nel 1773per iniziativa di un inglese, G. Woodhouse.

Il Marsala, nelle sue diverse varietà, èoggi noto in tutto il mondo.

Il Duomo, dedicato a San Tommaso diCanterbury, fu fondato in età normanna esuccessivamente rimaneggiato fino al XVIIIsecolo, quando fu ricostruito su modulo gran-dioso, rimanendo tuttavia incompiuto.Gravemente danneggiato nel corso dell’ulti-ma guerra, fu restaurato e la facciata, prece-dentemente ultimata solo nell’ordine inferio-re, fu completata. All’interno è ornato danumerose opere gaginesche e di scuola.

Il tesoro della chiesa è costituito da ottograndi arazzi di scuola fiamminga delCinquecento, donati dall’arcivescovoLombardo che, a sua volta, li aveva ricevutida Filippo II di Spagna.

Misurano circa 4 metri per lato e, in unaricca cornice di fiori, frutta e allegorie, rap-presentano episodi della guerra di Tito controi Giudei.

I Bagni Termali sono il principale edifi-cio ritrovato nell’area dell’antica Lilibeo, traruderi di altre costruzioni, resti della cintamuraria, avanzi dell’antico porto, necropoli,ceramiche, oggetti vari e sculture. Risalenti alIII - IV secolo d.C., facevano parte con ogniprobabilità di un grandioso complesso edili-zio, come testimoniano i continui ritrova-menti nella zona circostante.

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MOZIANarra un’antica leggenda che Ercole fu

una volta derubato dei suoi armenti. Dopoaverli cercati a lungo invano, ebbe fortunata-mente aiuto da una donna di nome Motya, laquale gli indicò una grotta nella quale eranonascosti gli animali. Per gratitudine il nostroeroe decise di fondare una città in onore delladonna e di darle il suo nome. Gli storici cihanno tramandato le vicende di una città fon-data nell’VIII secolo a.C. su un’isoletta delloStagnone non più grande di quaranta ettariche ben presto, grazie alla propria favorevoleposizione sulle rotte commerciali, divenne unadelle più floride colonie fenicie delMediterraneo. La città era circondata da altemura, scandite da torri di vedetta con merlisemicircolari, tipici dell’architettura semita, eaperte da due porte ancor oggi ben conservate.La sua economia si basava principalmente sulcommercio e sulla produzione di ceramiche.

Era importante base navale, e quindi erastato costruito un “kothon”, un bacino dicarenaggio per la riparazione delle navi, che,dopo quello più grande di Cartagine, è l’unicoritrovato nel Mediterraneo occidentale.Secondo Diodoro Siculo la città era adorna dicase eleganti e sontuosi palazzi, ma l’abitatonon è stato ancora scavato e sono visibiliattualmente solo due case: una di esse è ador-

na di mosaici pavimentali di ciottoli bianchi eneri, rappresentanti animali reali e fantastici.Tra le aree più interessanti scoperte è il“tophet”, un santuario al cui interno si trovaun campo sacro dove venivano deposti i restidei sacrifici umani offerti alle crudeli divinitàfenicie come Baal Hammon, che esigeva ilsacrificio dei primogeniti maschi. Nel 397 a.C.Mozia fu distrutta da Dionisio di Siracusa, edi superstiti si trasferirono sulla costa, fondan-do la colonia di Lilibeo, oggi Marsala.

Da allora questo fazzoletto di terra rimasedisabitato, finché Giuseppe Whitaker, innamo-ratosi del posto, acquistò l’isoletta. I risultatidegli scavi da lui avviati furono raccoltiall’interno di uno dei corpi bassi della suavilla, che fu così promosso a museo. Al largodi Mozia, sul finire degli anni ‘70, è stato rin-venuto il relitto di una nave punica, unico almondo, oggi esposto al Museo Baglio Anselmidi Marsala.

MAZARA DEL VALLOLa città antica si affaccia sul Canale di

Sicilia alla sinistra del fiume Mazarò, sullostesso sito in cui presumibilmente i Fenicifondarono la colonia commerciale Mazara,nome indigeno che significa forse “castello”.Grazie alla sua posizione acquistò importanzasia come emporio che come fortezza. Ebbe unacerta fioritura anche durante la dominazioneromana e di questo periodo vi sono alcunevestigia. Vero splendore fu raggiunto nelcorso della dominazione araba. Gli arabi sbar-carono a Mazara per iniziare l’occupazionedell’isola e misero la città a capo di uno dei tredistretti amministrativi in cui, in seguito,divisero la Sicilia. I vari viaggiatori islamiciche la visitarono la magnificarono, decantandola fertilità del territorio, la qualità e la quan-tità delle attività commerciali, la prosperitàeconomica, la floridezza delle piantagioni e deigiardini, la bellezza degli edifici. Tutto questoè rimasto oggi indelebile nella città, in quantosi è tramandato inalterato il tracciato viario.Con l’avvento dei normanni la città si arricchìdi chiese, conventi e monasteri e venne cintada mura. Nuovi interventi di carattere monu-mentale interessarono la città nei secoli XVI -XVIII, e nel 1852, con l’abbattimento dellemura ruggeriane, iniziò l’espansione nellazona circostante. Particolarmente interessanteda visitare è il porto canale, costruito sull’e-stuario del fiume Mazarò, centro commercialedella città. Vi si affaccia una delle zone piùantiche: lungo le sponde abitavano i commer-cianti arabi, il cui sangue si è visibilmenteperpetuato nelle vene della gente del luogo.

Il tempio dorico diSegesta.

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Trapani

All’arrivo dei motopescherecci e delle barche almattino, è un continuo vociare che richiamada vicino le grida dei mercanti di un tempo. Sitratta di uno dei porti pescherecci più impor-tanti d’ltalia, con una produzione annua dicirca 200.000 q di pesce.

Il principale monumento è la cattedralededicata a S. Salvatore. Fu edificata origina-riamente al termine dell’XI secolo e in seguitototalmente rifatta nel 1690 - 94.

Della primitiva costruzione conservaqualche avanzo, e precisamente le mura deltransetto e l’abside, ornata esternamente darincassi, come nell’antico stile arabeggiante diepoca normanna.

L’opera d’arte più notevole fra quellecustodite all’interno della chiesa è una“Trasfigurazione “, composizione marmorea disei statue realizzate con un forte gusto popola-re delle sacre rappresentazioni da AntonioGagini negli anni ‘30 del Cinquecento.

SEGESTALa città fu fondata in epoca preellenica

dagli Elimi, una popolazione di incerta origi-ne, probabilmente orientale. Assurse ben pre-sto a grande importanza sia economicamenteche per la sua posizione strategica tra le cittàpuniche delle coste settentrionali ed occidenta-li. Fu eterna nemica di Selinunte, contro laquale invocò nel 409 a.C. l’aiuto deiCartaginesi che la rasero al suolo.

La distruzione di Selinunte segnò definiti-vamente l’ingresso di Segesta nelI’orbita puni-ca, ma ciò non ebbe influenza sui costumi dellapopolazione che, al contrario, andarono semprepiù ellenizzandosi. Durante la dominazioneromana la città ebbe un buon trattamento gra-zie ad una supposta “parentela” fra i duepopoli, ma andò ugualmente sempre più deca-dendo, finché se ne perse anche il nome. Adoggi è stata molto poco esplorata, sebbene lacampagna di scavi in corso abbia già messo inluce le prime vestigia delle antiche abitazioni.

Sono stati portati alla luce solo due monu-menti, il teatro ed il tempio. Il primo, fondatonel V secolo sulla sommità del monte Barbaro,in posizione altamente scenografica, fu riedifi-cato in età ellenistica e mantiene oggi l’aspet-to di questa seconda costruzione. La cavea, di63 m di diametro, è in buono stato di conser-vazione, mentre della scena rimangono solo lestrutture inferiori. Il teatro viene utilizzatoper rappresentazioni classiche.

Il tempio è probabilmente l’edificio piùcospicuo di un santuario suburbano tuttorainesplorato. Eretto anch’esso nel V secolo, èun esastilo periptero. Si presenta incompiuto:le colonne non furono scanalate, non vi sonotracce della copertura e della cella. Il tempiograndeggia solitario su un poggio in posizionemolto suggestiva, ed è uno dei più perfetti emeglio conservati esempi di arte dorica.

SELINUNTESu una dolce collinetta si estendono le

rovine di Selinunte, considerata, a ragione,tra i più importanti bacini archeologici delMediterraneo e d’Europa.

Fondata nel corso del VII secolo dai colonidi Megara Hiblaea, costituiva la punta piùavanzata verso occidente dei territori greci inSicilia. Si svolse dunque qui, per circa tresecoli, l’incontro-scontro tra civiltà greca efenicio-punica, che dominò a lungo la vita deipopoli delle terre che si affacciano sulMediterraneo. Selinunte si era sviluppata neisecoli fino a diventare la più grandiosa fra lecittà della Sicilia ellenistica, specie per i suoicolossali templi, gli unici fra quelli siciliani adessere decorati con sculture. I suoi abitanti,

In alto: Tempio E di

Selinunte, areaarcheologica fra

le più importantidel Mediterraneo.

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orgogliosi di tanta potenza, si sentivanoinvincibili e quando, nel 409 a.C., i Segestani,con i quali erano in perenne contrasto, invoca-rono contro di loro l’aiuto dei Cartaginesi,non se ne preoccuparono più di tanto. Ma sisbagliavano. Un esercito di 100.000 uominisbarcò in Sicilia e cinse d’assedio Selinunte.Nonostante la strenua difesa, la città soccom-bette e l’esercito nemico si impadronì di essa.Gli storici narrano di una vera e propria stra-ge: 16.000 cittadini furono uccisi, 5.000 trattiin schiavitù. Ogni edificio fu saccheggiato edistrutto, compresi i magnifici templi, profa-nati dai guerrieri assetati di bottino.Selinunte non riuscì mai più a risollevarsi,nonostante il generoso tentativo di un siracu-sano, Ermocrate che, nei due anni successivi,si preoccupò di far ricostruire le mura.

Non esistono tracce di altri insediamentifino alla dominazione bizantina. In quel perio-do si stabilirono fra i ruderi eremiti e comu-nità religiose e più tardi, durante la domina-zione araba, delle tribù musulmane.

Col passare degli anni e dei secoli, l’anticaSelinunte fu del tutto dimenticata, e solo nelCinquecento lo storico T. Fazzello ne identi-ficò il sito. Nell’Ottocento si iniziò una siste-matica campagna di scavi. L’area archeologicasi distingue in due zone principali: quella deitempli orientali e l’acropoli.

Il tempio E, in base ad un’iscrizione,sarebbe stato dedicato ad Hera. Costruito nelV secolo, è tra i migliori esempi di tempiodorico. Da esso provengono quattro metope,oggi al Museo Nazionale di Palermo.

Il tempio F, di stile arcaico, sorse nel VIsecolo. E quello che ha subito le maggiori spo-liazioni, tuttavia furono ritrovate anche quialcune metope, rappresentanti Athena eDionisio in lotta con i giganti.

Il tempio G è uno dei più grandi templidell’antichità classica. Pare fosse dedicato adApollo, il dio tutelare dei Selinuntini. Questine intrapresero la costruzione nel 580 a.C. ecento anni dopo essa non era ancora termina-ta. Il tempio si estende su una superficie di

circa 6.000 mq, cinto da un peristilio di 46colonne alte 16,27 m, con una circonferenzadi 10,70 m. Dall’enorme ammasso delle suerovine emerge solitario il fusto di una colon-na, restaurata nel 1832, che può dare un’ideadella grandiosità dell’edificio.

Sulla spianata irregolare dell’acropoli,cinta da mura di due-tre metri di spessore,sono state riconosciute diverse torri e porte.Vi si trovano sei costruzioni templari oltre apiù modeste costruzioni a carattere sacro.

Anche questi templi sono indicati con let-tere dell’alfabeto. Fra di essi ha particolareimportanza il tempio C , il più grandedell’Acropoli, eretto alla metà del VI secolo sulpunto più alto della terrazza. I due frontoni,all’interno dei quali si trovava una mascheragorgonica di terracotta oggi al MuseoNazionale di Palermo insieme alle metopedello stesso tempio erano rivestiti di lastre diterracotta decorate con motivi floreali.Ricordiamo, inoltre, il tempio “delle piccolemetope” che ci ha restituito sei metope, lequali costituiscono il documento plastico piùantico di Selinunte, risalendo infatti al princi-pio del VI secolo.

All’estremità nord dell’Acropoli si puòvedere la porta principale, difesa da imponentiopere di fortificazione, risalenti in parte allacittà antica, in parte alla ricostruzione diErmocrate.

LE CAVE DI CUSASebbene non facciano parte dell’area

archeologica propriamente detta, le cave dallequali i Selinuntini traevano i materiali dicostruzione sono molto interessanti da visita-re, se non altro per la suggestiva bellezza delparco archeologico che le racchiude. Oliviargentei a perdita d’occhio circondano i gran-di rocchi di colonna abbandonati qui da più diduemila anni. Alcuni ancora attaccati allaroccia, altri già pronti per essere trasportati aSelinunte, i rocchi imponenti emanano qual-cosa di misterioso, legato al segreto dellacostruzione dei templi.

In alto,l’isola di Mozia.

Alle pagineseguenti,magnifico esemplare dipalma nana e una caletta dellaRiserva delloZingaro.

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La creazione, nel 1980, della RiservaNaturale dello Zingaro, la prima in Sicilia,

ha dato il via alla promulgazione di una seriedi decreti che, in tredici anni, hanno delineatola mappa delle aree protette dell’isola.

Oggi in Sicilia vi sono tre parchi naturali- Etna, Madonie e Nebrodi - che, senza solu-zione di continuità, interessano un insieme diambienti di grandissimo valore naturalistico epaesaggistico, pari a circa 200.000 ettari diterritorio, la più grande area protetta d’Italia,e più di cento riserve naturali o oasi faunisti-che, per un totale complessivo di quasi150.000 ettari, pari a più del 10% della super-ficie isolana.

LO ZINGAROLa prima riserva naturale istituita in

Sicilia ingloba un tratto di costa di circa settechilometri di splendida ed assolutamenteincontaminata costa affacciata sul Golfo diCastellammare e la catena di montagne che,alle piccole calette ed ai suggestivi strapiombisul mare, fa da magnifica cornice.Importantissimo per la grande ricchezza dipiante rare ed endemiche, lo Zingaro lo è forseancora di più dal punto di vista della fauna: l’e-sistenza di nicchie ecologiche molto varie con-sente infatti una diversità faunistica elevatanon riscontrabile in altri luoghi dell’isola. Allo

Zingaro nidificano e si riproducono almenotrentanove specie di uccelli, principalmenterapaci, tra i quali il falco pellegrino, il gheppio ela poiana. L’area della riserva riveste anche unagrande importanza archeologica in quantonella spettacolare grotta dell’Uzzo ha avutosede uno dei primi insediamenti preistoricidella Sicilia. Magnificamente organizzata dalpunto di vista della fruizione (sentieri con pre-cise indicazioni, rifugi, punti acqua, areeattrezzate, musei, parcheggio auto, etc.) lariserva è visitabile solamente a piedi, non esi-stendo al suo interno strade carrabili.

Tre i percorsi più rappresentativi dei variaspetti dello Zingaro: il primo si snoda, intera-mente lungo la costa, tra l’ingresso Sud - Est(versante Scopello) e l'ingresso Nord (versanteSan Vito); il secondo interessa per metà il pre-cedente per poi inoltrarsi in una delle zonedello Zingaro alto e far ritorno al mare; il terzo,infine, il più impegnativo, è praticamente untour completo, interessando sia la costa chel’intera parte alta della riserva.

L’ETNAIl più grande vulcano d’Italia e d’Europa si

eleva fino a 3.323 metri con una circonferenza,al piede, di 250 km circa ed un’area vulcanicacomplessiva di 1.400 kmq. Nonostante sia atti-vo e abbia più volte dimostrato il suo potenziale

64

Par

chi n

atur

ali

distruttivo, le sue pendici fertilissime sono col-tivate e abitate da migliaia di persone. L’Etna, acui sono legati più di un mito e che fu definitoda Pindaro “colonna del cielo”, è costituito dapiù centri eruttivi minori e due bocche eruttivemaggiori, il Trifoglietto, che si trova dove oggisi svolge la grandiosa Valle del Bove, ed ilMongibello.

Quest’ultimo spinge il proprio camino finoad una profondità di 50 km e mai, in tremilaanni, è stato tranquillo per più di brevi lassi ditempo. Da eruzioni vulcaniche del passato sisono originate curiose formazioni rocciose comei “dicchi” e le “bombe” - flussi lavici e masselaviche pietrificati - le “dagale” coperte di vege-tazione e perfino i faraglioni che emergono dalmare presso Acireale. Sempre ad eruzioni sideve la particolare conformazione di alcunezone come il Salto della Giumenta ed i MontiRossi.

Il paesaggio vegetale etneo è caratterizzatoda tre diversi piani altitudinali. Nel primo(dalla costa a 1.500 m s.l.m.) abbiamo vegeta-zione alofila lungo il litorale e, quindi, agrume-ti, noccioleti e pistacchieti, olivi e mandorli. Diseguito, i primi boschi, composti di lecci, quer-ce, castagni e pini.

Tra i 1.500 ed i 2.000 metri vi sono faggi eboschetti di betulla (Betulla aetnensis) infram-mezzati da grandi cespugli di ginestra. Infine,nell’ultimo piano, vaste distese di ceneri e lapil-li sono colonizzate da piantine di spinosanto(Astragalus siculus) ultimo baluardo, insiemea cerasti, antemidi e seneci, della vegetazione.

Esistono tali e tanti modi di viaggiaresull’Etna, per cui ci si trova in serio imbarazzonel consigliare questo o quell’itinerario da percorrere.

La rete viaria (strade statali, provinciali,comunali, le carrarecce del Corpo ForestaleRegionale, le piste) oggi esistente offre, infatti,svariate possibilità per affrontare l’ascensioneverso il vulcano e per visitare i suoi centri, tuttiinteressanti, ovvero per effettuare suggestiveescursioni nei boschi o, infine, per raggiungerealtri ex crateri del complesso etneo.

Il modo più semplice per scoprire l’Etna ècomunque senz’altro effettuare un percorso inauto che, in almeno cinque giorni, consente difare un giro completo.

Molteplici sono gli itinerari per gli appas-sionati di trekking, cui, ad ogni buon conto,consigliamo di rivolgersi ad una guida specia-lizzata.

In alto, il profilo

dell’Etna.66

Parchinaturali

LE MADONIEIl territorio di questo parco comprende i

rilievi più alti della Sicilia - eccezion fatta,naturalmente, per l’apparato vulcanicodell’Etna. Sulle Madonie vegetano quasi il50% delle specie di flora dell’isola e diverse spe-cie endemiche di grande importanza, comel’Abies nebrodensis, relitto del Terziario glacia-le. I boschi sono formati da lecci, frassini damanna, castagni e querce con un sottoboscofitto di cerfoglio, asperula e prugno spinoso.

Visitare l’ampio comprensorio madonita ècertamente un’esperienza unica: esso, infatti, ècaratterizzato da una molteplicità di ambientivari e suggestivi, che annoverano ora alti pic-chi, ora medie colline, ora il bellissimo tratto dimare che lambisce il margine tirrenico delparco stesso. Qualunque stagione dell’annopuò essere scelta per tale visita. Sia l’inverno,quando le vette più alte si coprono di nevi, avolte abbondantissime; sia la primavera,quando esplodono i colori del fittissimo sotto-bosco madonita; sia l’estate quando, tra unbagno e l’altro a Cefalù o nelle altre splendidevicine località marine, si vuole sfuggire alcaldo di quelle zone. Per la visita del parco sipuò effettuare un percorso ad anello intorno adesso, che comprenda una visita a tutti i comunidel parco stesso e, naturalmente, alle zone chedal punto di vista paesaggistico e naturalisticooffrono gli spettacoli più emblematici.

I NEBRODIQuesta catena montuosa, parte del-

l’Appennino siciliano (formato, altresì, daMadonie e Peloritani), si estende per circa 70km parallelamente alla costa settentrionale iso-lana. Elementi fortemente caratterizzanti delpaesaggio naturale dei Nebrodi sono la disim-metria dei vari versanti, la diversità di model-lazione dei rilievi, la ricchissima vegetazione egli ambienti umidi.

Alcuni siti rivestono di per sé particolareimportanza per le proprie caratteristiche pecu-liari, costituendo entità uniche a volte essenzia-li per la struttura degli equilibri geologici edecologici generali: il Biviere di Cesarò, leRocche del Crasto, il lago Tréarie, i boschi diMistretta, Monte Pomiere, San Fratello eMangalaviti sono alcuni di essi. La vegetazio-ne, che è motivo fondamentale dell’istituzionedel parco, è estremamente varia ed è suddivisa,come sull’Etna, in tre piani. Il primo, fino amille metri, è suddiviso in più fasce, laddove lezone più basse sono destinate a coltivazione, lepiù alte caratterizzate da lecci, sugheri, eufor-bie, cerri. Cerri e lecci sono presenti anche nelpiano successivo (fino a 1.400 m) insieme aboschi di faggio. Questi ultimi proseguono finoalla quota massima (1.847 m, Monte Soro).Infine aceri, frassini, alloro ed il tasso, raritàdei Nebrodi. Nel sottobosco, agrifoglio, bianco-spino, pungitopo e altri.

In basso, un bosco sui montiNebrodi.

Sulle rotte dei mitici Ausoni e dei navarchicnidii, a Nord Est della costa siciliana,

battuto dal vento salso, l’arcipelago delle Eoliedispiega, a ventaglio, le sue sette isole incan-tate che, per la loro natura vulcanica esplosi-va, sono sorelle delle Hawaii, le perle delPacifico.

Le Eolie, sin da remota antichità, furonocolonizzate da genti neolitiche interessate allosfruttamento dell’ossidiana, materia insupera-bile per fabbricare utensileria da taglio. Tra ilXVI ed il XIV secolo a.C., le isole divennerouna importante tappa commerciale, sulla viadei metalli, in modo particolare sulla rottadello stagno, che dalle isole britanniche scen-deva sino ad Oriente, transitando per loStretto di Messina.

Successivamente, in epoca romana,I’arcipelago prosperò sul commercio deglizolfi, dell’allume e del sale, via via decadendo,sino all’abbandono definitivo, determinato daulteriori eruzioni vulcaniche e dalla sua desi-gnazione, scaturita dal II Concilio di Nicea, adimora del diavolo ed a luogo delle manifesta-zioni fisiche di questa inquietante presenza.

In epoca normanna si ebbe una progressi-va ripopolazione delle isole che si avviarono a

vivere una vera stagione di splendori dise-gnando quello che perlopiù è il loro voltoattuale.

Vulcano appare ancora un relitto da prei-storia del mondo, perennemente fumigante fraflutti e fanghi ribollenti di gas. L’orrido dellabocca eruttiva si leva a 386 metri d’altezza,dove il cratere, raggiungibile senza troppafatica e grandi pericoli, affaccia il suo crinale adominare i porti di Levante e di Ponente, laValle dei Mostri ed il profilo, via via semprepiù lontano, delle altre isole. Interessanti davisitare le grotte dell’allume e le gallerie dellozolfo, nelle quali, in epoca borbonica, unapopolazione di dannati viveva coatta e con-dannata all’estrazione del prezioso minerale.Sulla costa, a nord ovest dell’isola, si apre,imponente, la Grotta del Cavallo, lungo illitorale selvaggio e semideserto che inclinadolcemente verso le nere spiagge di Gelsosovrastate dalla macchia di euforbie e da con-torte vegetazioni di fichi d‘India.

Lipari, il cui vivace e pittoresco approdo èdominato dalla rocca riolitica sulla quale sorgel’antica Cività, è stata, in ogni tempo, il cuoredell’arcipelago. Il suo museo, uno tra i piùinteressanti del Mediterraneo, conserva le

In alto, Salina.

A destra,Stromboli.

68

Le is

ole

innumerevoli testimonianze della storia delleisole e la stratificazione successiva, come inun gigantesco palinsesto del tempo, dei cin-quemila anni di civiltà perfettamente leggibilenegli scavi a cielo aperto racchiusi tra le pode-rose mura bastionate.

A Lipari si impone un itinerario vulcano-logico, giocato fra colate d’ossidiana e distesebiancheggianti di pomici, materie di identicacomposizione chimica, differenziate solo nelloro stato: vetrosa, la prima, ancorché spugno-sa, come l’altra, a causa dell’improvvisa dimi-nuzione della temperatura dei magmi, nellafase finale delle eruzioni. Tra Canneto edAcquacalda, due simpatici borghi marinariancora incontaminati dal turismo di massa,s’allunga verso il mare, in direzione di PuntaCastagna, la spettacolare colata ossidianicadelle Rocche Rosse. Tra le Gole di Pomiciazzoe Lami un paesaggio lunare anticipa il cratere,ormai inattivo, del Monte Chirica, oltre ilquale i soffici strapiombi di Campobiancoinclinano al mare, scendendo nelle acque cri-stalline della spiaggia di Porticello.Ineguagliabili sono, anche, i panorami che,dalle alture di Quattrocchi, si godono verso lemonumentali scogliere del Perciato, presidiatedalle quinte scenografiche dei faraglioni oltre iquali si levano i fumi gassosi e sulfurei diVulcano.

Ma Lipari non è soltanto questo. È anche,nel suo centro storico, un amabile salottoumbertino sul cui scenario si aprono finestre ebalconi lievi come merletti dalle cui balaustre

scendono cascate multicolori di gerani e didelicati garofani. Isola per tutti i gusti, offregiardini ombrosi, profumati di gelsomini e dibasilico e terrazze solari, aperte al mare, ove siperpetua una ospitalità gastronomica che hauna sua fisionomia ed una sua tradizione.

A Salina non bisogna tralasciare unavisita al Monte Porri e al Monte Fossa delleFelci. In quest’ultimo, a quasi mille metrid’altitudine, l’antico cratere è stato colonizza-to da gigantesche felci aquiline che si aggiun-gono alla rigogliosa vegetazione di Salina con-ferendole un aspetto tipicamente tropicale.

Non lontano da qui, Filicudi ed Alicudi,intrammezzate dalla guglia, svettante al cielo,dello scoglio della Canna, si stagliano control’orizzonte. Entrambe lontane dai clamori delturismo d’assalto, le due isole offrono spazi diabbandono e di meditazione impensabili allalatitudine chiassosa della nostra civiltà. Neipressi della Canna, fondali ricchi di spugne edi coralli offrono inaspettate scenografie pergli appassionati della fotografia subacquea.Altro luogo di grande fascino, nell'arcipelago,è costituito dagli scogli basaltici di Basiluzzo,Dattilo e Lisca Bianca che fronteggianoPanarea, con la quale, come narra Strabone,costituirono un tempo un’unica isola,Evonimos, che un cataclisma scompose inquelle attuali. Solitudini monumentali carat-terizzano questo gruppo di scogli in vicinanzadei quali, da imponenti bocche di fumarolesommerse, si levano gorgoglianti bolle divapori gassosi che, nell’antichità, furono pro-

Lampedusa,l’Isola dei

Conigli.70

babile luogo di un culto dedicato ad Hefesto.A Panarea, sullo strapiombo di Cala Junco,Capo Milazzese conserva intatte le testimo-nianze di una facies culturale che qui si pro-trasse dal 1.440 al 1.270 a.C., dando vita adun insediamento di notevole interesse archeo-logico.

Più oltre, Stromboli si leva dall’acqua conla simmetria asciutta delle sue forme perenne-mente coronate da fumi eruttivi. Il suo imper-vio approdo di Ginostra è il porto più piccolodel mondo, mentre, oltre le Sciare del fuoco,dove gemendo e sfrigolando la lava tocca ilmare, si aprono, ariosi e biancheggianti, gliabitati di Piscità, Ficogrande e Scari, raccoltiattorno alla mole candida della chiesa di SanVincenzo. Oltre la spiaggia vetrosa e nerissi-ma, lambita da canneti rigogliosi dagli abissidel Tirreno, si leva Strombolicchio, il condottoprimordiale del vulcano, fantasiosa sculturanaturale nella quale il fuoco, l’acqua ed ilvento hanno impresso il loro segno eterno.

LE PELAGIEZattera di calcare tra mare e cielo,

Lampedusa emana un ambiguo e stranissimofascino. Piatta e quasi priva di vegetazione,sconfinatamente solitaria per via dell’assenza,all’orizzonte, di un qualsivoglia punto di rife-rimento, ha coste bellissime.

Irrinunciabile, per chi visita Lampedusa,un’escursione all’Isola dei Conigli, minuscoloisolotto dichiarato riserva naturale, sulle cuidune sabbiose depone le uova la tartaruga

Caretta caretta. Inoltre, al santuario dellaMadonna di Porto Salvo, attorno al quale siraccontano varie leggende.

È méta di un turismo molto esclusivo,fruibile dagli autentici appassionati dellanatura privi di velleità mondane.

Linosa, poco più di uno scoglio vulcani-co, è sorta dal fondo marino per successiveeruzioni che, nel corso dei millenni, si sonosuccedute, più in generale, lungo la “linea difuoco “ del sistema geologico italiano.

Completamente diversa dalla vicinaLampedusa, propaggine calcarea dell’altipianotunisino (tanto che, geologicamente quest’ul-tima fa senz’altro parte, insieme allo scoglioLampione, del continente africano), Linosa èla punta emergente di un vulcano sommersoche sprofonda fino a 1.000 metri.

La costa è molto frastagliata e scura, men-tre all’interno fertili pianure si dispongonointorno a tre crateri - Monte Rosso, MonteNero e Monte Vulcano.

L’ambiente naturale, sia terrestre chemarino, è rimasto pressoché integro ed è estre-mamente suggestivo.

PANTELLERIAPosta tra l’Africa e la Sicilia, più vicina al

Continente Nero che non alla nostra isola,Pantelleria, isola vulcanica, può considerarsiun vero paradiso naturalistico.

La sua forma è circolare e culmina, al cen-tro, nella Montagna Grande (836 m s.l.m.),dalla cui cima, nelle giornate limpide si può

In alto, il golfo diSanta Maria a Salina.

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ammirare quello spettacolo di incomparabilebellezza che è la vista delle coste africane esiciliane in un’unica prospettiva.

Di origine vulcanica, è ancor oggi possi-bile assistere ai residui segni dell’anticaattività, sia attorno al cratere ormai spentodella Montagna Grande, ove si trovano ven-tiquattro sbocchi chiamati localmente“Cuddìe”, sia all’interno stesso del cratere,ove si trova i l laghetto “Specchio diVenere”, alimentato da sorgenti termali lacui temperatura può raggiungere i 50° C,sia ancora in altri siti ove si manifestanoaltre attività, come la fuoriuscita di vaporifumosi, chiamati “favare” o “mofete”.

Morfologicamente l’area è interessantissi-

ma: spiagge, splendide coste ricche di faraglio-ni, insenature e formazioni rocciose singolari,come il famosissimo arco naturale denominato“Elefante”; altrettanto famose e affascinantisono le numerose grotte esistenti aPantelleria, tra le quali, interessantissima, la“Pertusa di Notaro”, detta anche “Cavità delfreddo” per l’aria fresca che fuoriesce dalle suefessure.

Da non perdere le facili escursioni al“Bagno dell’acqua”, alla Montagna Grande,alla Punta Spadillo, al grazioso centro diGadir, alla Cala di Levante, alla Balata deiTurchi, a Scauri, a Monte S. Elmo e ai Sesi,antichissime sepolture megalitiche a formadi cupola.

Tipiche costruzioni di

Pantelleria.72

EGADIFavignana, Levanzo, Marettimo, isole

forse meno turistiche delle altre che fannocorona alla Sicilia, sono appunto per questopiù godibili da chi non ama il turismo dimassa.

Questo arcipelago, abitato già durante lapreistoria (quando non era ancora staccatodalla terraferma), seppure mai teatro diimportanti fatti storici (a parte una battaglianavale che si svolse nel tratto di mare chedivide Favignana e Levanzo, tra Romani eCartaginesi), ha sempre attirato, però,I’attenzione dei naviganti del Mediterraneo,specie dei pirati che a Marettimo facevanoregolarmente scalo per rifornirsi di acqua.

La prima vera e propria apparizione diqueste isole alla ribalta della storia risale alXV secolo, quando furono trasformate in“baronia delle tonnare” e assegnate aGiovanni de Karissima.

Fu grazie alla pesca del tonno che le treisole, e specialmente Favignana, raggiunseronel giro di pochi decenni una vera floridezza,di cui godevano tutti, dall’ultimo pescatoreagli imprenditori.

Questi ultimi furono dapprima liguri -che acquistarono I’arcipelago nel XVII secolo -e poi i Florio, la potente famiglia palermitana,il cui palazzo, edificato dall’architettoAlmeyda, si può ancora ammirare aFavignana. Grazie ai Florio la “mattanza”, la

Il piccolo villaggio diMarettimo(isole Egadi).

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lavorazione e la conservazione del tonno rice-vettero nuovo impulso. Ancora oggi questaattività segna una voce in attivo dell’econo-mia delle isole.

Favignana, la maggiore delle isole Egadi,è anche quella dotata delle migliori strutturericettive. Il piccolo paese, tutto raccolto intor-no al porto, conserva ancora qualche costru-zione di un certo valore, come la palazzina deiFlorio e alcune chiesette barocche.

Il suo nome è indissolubilmente legato allamattanza. Qui si trova infatti la più grandetonnara del Mediterraneo, la quale, decisivaper l’economia isolana per diversi secoli, èoggi in fase di ripresa. Interamente percorribi-le in bicicletta senza difficoltà essendo piutto-sto pianeggiante I’isola è costituita in buonaparte da roccia tufacea, usata per le costruzio-ni da tempo immemorabile. Lungo i viottoli siaprono profonde cave, in parte scavate dal-l’uomo, in parte causate da sprofondamentidella roccia friabile, circondate e ricoperte dabassi cespugli. Le sue coste ricche di anfratti,

calette e grotte, sono lambite da un mare tur-chese e limpido dagli splendidi riflessi.

Levanzo è nota soprattutto per la Grottadel Genovese, che conserva decorazioni e graf-fiti ritenuti i più interessanti d’Italia. Lamano precisa di un ignoto artista di 15.000 -10.000 anni fa ha tracciato sulle pareti uomi-ni, donne, bambini, animali e pesci, traman-dandoci tutto un mondo antico e sconosciuto.

Da non trascurare tuttavia le sue bellezzenaturali, che nulla hanno da invidiare a quelledelle sorelle.

Marettimo, la più lontana dalla costasiciliana, è forse proprio per questo la piùincontaminata, ma anche la più diversa.Montuosa, a differenza delle altre due,nasconde nelle viscere delle sue grotte sorgentid’acqua dolce ed è ricoperta di una spontaneaed incredibile vegetazione, rigogliosa ed inparte costituita da piante rarissime ed uniche.Nel minuscolo paese bianco si può alloggiarenelle case dei pescatori, dai quali si può ancheaffittare una barca per compiere il periplo del-

La caletta diPunta Lunga a Favignana

(isole Egadi).

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l’isola, l’escursione in assoluto più interessan-te (ciò vale anche per le altre isole), poichéconsente di scoprire facilmente le bellezze piùinaccessibili della costa, fra le quali, soprattut-to, le grotte.

Tra queste meritano un accenno quella delCammello, della Bombarda e del Presepe, daicolori stupendi e ineguagliabili.

USTICADai reperti ritrovati su quest’isola, 57 km

a largo di Palermo, risulta che i suoi primiabitanti furono fenici o cartaginesi. Monete,mosaici e diversi oggetti d’uso quotidianotestimoniano inoltre della presenza dei roma-ni, che le diedero nome Ustom, “bruciato”, dacui deriva l’attuale.

Dall’VIII secolo fu dominio arabo, e talerimase fino al XVIII secolo, con un’unicainterruzione durante la dominazione norman-na - nel corso della quale furono costruiti ilConvento dei Benedettini e la Chiesa SantaMaria.

Soltanto nel 1763, dopo reiterati tentati-vi, il governo spagnolo riuscì ad occupare e aripopolare l’isola, che fu poi fortificata daiborboni.

La nuova popolazione fu fatta giungeredalle Eolie, ed è per questo che gli abitanticonservano usanze e dialetto di quelle isole.

L’attrazione principale di Ustica sono isuoi magnifici fondali, protetti da qualcheanno con l’istituzione di una riserva marina.Giungendo all’isola si attracca usualmentealla Cala S. Maria, che la nera sabbia vulcani-ca sotto la superficie dell’acqua rende di unprofondo colore turchese.

Diverse sono le escursioni interessanti: sipuò salire alla fortezza, a 157 m di altezza sulCapo Falconara, donde si gode un magnificopanorama sull’intera isola, il mare e la costasiciliana, o circumnavigare l’isola, visitando lenumerose grotte che si aprono lungo la costa.Fra queste ultime segnaliamo la GrottaAzzurra, la Grotta della Pastizza e la Grottadi Blasi.

La “piscina naturale” di Ustica.

75

76

Le notevoli differenze geologiche e clima-tiche che in Sicilia si riscontrano tra

una zona ed un’altra, anche limitrofe fra diloro, permettono lo sviluppo di una floradelle più varie, che vanta esemplari di pian-te tipiche di climi “nordici” così come diclimi subtropicali.

Lungo le zone costiere, e fino ad un’altez-za di circa 300 metri, si trovano soprattuttocoltivazioni di agrumi, olivi e vigneti. Laquasi totalità di queste piante, che oggi sonocaratterizzanti per il paesaggio campestre iso-lano, fu in realtà importata dai successivicolonizzatori dell’isola: a Greci e Fenici, adesempio si devono la vite, l’olivo, il fico ed ilmelograno; agli Arabi fra l’altro il limone e ilmandorlo. L’arancio si coltivò solo a partiredal XV secolo, così come il pomodoro ed il ficod’India, importati in Sicilia dopo la scopertadell’America. Il mandarino, infine, fu intro-dotto al principio del XIX secolo.

Sulle pendici dei monti, e fino a 600 metrid’altezza, vegeta rigogliosa la macchia medi-terranea, formata da un insieme di arbusti:ginestra, lavanda, rosmarino, oleastro, palmanana, lentisco e altri. Inoltre sugheri, olean-dri, carrubi, tamerici.

Flor

a e

Faun

a

Scomparse ormai le grandi foreste checoprivano per intero l’isola, estensioni boschi-ve sono rimaste solo nelle zone sommitali delle principali catene montuose, Nebrodi,Madonie, Peloritani e sull’Etna.

Lecci, sugheri, querce, roverelle, castagni,faggi, costituiscono questi boschi, tra i qualisono ormai rare le colonie di pini e di abetesiculo quasi scomparso.

Altre presenze nella flora locale sono l’oleandro, il platano ma anche piante intro-dotte dall’uomo in tempi più o meno recen-ti: accanto ai già citati fichi d’India, vite ealberi da frutta, troviamo agavi, palme,ficus beniamino, cedri, gelsi, eucalipti edogni sorta di fiori.

Alterazioni climatiche ed ambientali,

unite ad un’indiscriminata azione di stermi-nio da parte dell’uomo, hanno ridotto notevol-mente la presenza di animali selvatici nell’i-sola. Si sono estinti i grandi mammiferi cosìcome la gran parte dei rapaci ma rimangonopresenze significative il gatto selvatico, lamartora, il ghiro (raro), l’istrice, il coniglioselvatico, la lepre, la donnola.

Tra gli uccelli il capovaccaio, il falco pelle-grino, il gheppio, il nibbio e l’aquila, la cotur-nice, il corvo imperiale. In Sicilia, inoltre,fanno tappa alcuni uccelli migratori qualispecie comuni di trampolieri, il gabbianoroseo, la rondine di mare maggiore, la spatola.Numerosi gli insetti e gli invertebrati: tra iserpenti merita una menzione il bellissimocolubro leopardino.

La gastronomia siciliana, seppure a grandilinee sia abbastanza omogenea, è molto variadi provincia in provincia.

La variabile distanza dal mare e la disponi-bilità di prodotti diversi hanno determinatoquesta differenza, ma la varietà dei piatti èanche l’effetto delle diverse dominazioni chesi sono susseguite in Sicilia, che subì l’influenza allo stesso mododell’Europa e dell’Africa.

Antipasti A parte la vastissima scelta di verdure

sott’olio, in pinzimonio, fritte in pastella chevengono offerte in gran copia, vi è anchequalche specialità: gli “arancini” di riso, adesempio, le “sarde a beccafico”, le “panel-le” ed i “cazzilli” di Palermo.

Primi piatti Se a Palermo la regina è la “pasta con le

sarde” insidiata dappresso, peraltro, dallo“sformato di anellini” a Catania il primopiatto in assoluto è la “pasta alla Norma”,intitolata al capolavoro di Vincenzo Bellini.

Un altro grande siciliano, Pirandello, dà ilnome agli spaghetti con pomodoro e dadini di“tuma” della sua città natale, Agrigento.Sempre sulla costa, a Trapani, l’influenzaaraba ha dato vita al “cuscus” che più che unprimo piatto è un piatto unico. A Messina,gustate lo “sciusceddu”, deliziosa minestracon polpettine di car-ne e formaggio, nell’interno, infine, aCaltanissetta, i gustosi “cavateddi”.

Carne Dal famoso “falsomagro” rotolo di carne

ripieno di uove sode, prosciutto, carne trita ecaciocavallo, cotto nel vino e nella salsa dipomodoro alle salsicce, dal coniglio agrodolcealla carne di maiale variamente farcita parti-colarmente diffusa in provincia di Ragusa ètutto un susseguirsi di delizie gastronomiche.Molto comune la carne di capretto e “castra-to” (agnellone), arrostite generalmente sulla

carbonella ed insaporite con ogni sorta diaromi che la Sicilia offre in abbondan-

za.

Pesce Ancor più varia se possibile la scelta di pesce: “scoppularic-chi” (fritto di calamaretti e

minuscole seppioline) a Siracusa, “stummiabbuttunati” (sgombri farciti) a Catania,“stoccu ‘a missinisi” (stoccafisso con ver-dure) a Messina. E poi ancora pescespada,tonno catturato a Trapani ancora oggi conl’antica mattanza, aragoste e frutti di mare,cefali e cernie, a volte semplicemente arrostitie serviti con saporito “salmoriglio”, unasalsetta d’olio d’oliva, limone, sale, pepe,prezzemolo e a volte aglio.

Contorni Solo la fantasia può porre un limite alle pre-

parazioni di verdura: fave, carciofi, funghi,olive, pomodori, cipolle, melanzane, cavolfiorivengono conditi con i più vari aromi, cotti alvapore, arrostiti, fritti in pastella o lasciaticrudi, per formare da soli o in compagniagustosissimi contorni ed insalate: “alivicunzati” (olive condite con peperoncino esottaceti), “milinciani ‘a parmigiana”(melanzane fritte e poi passate al forno consalsa di pomodoro e parmigiano), “civu” dicarciofi imbottiti di prezzemolo e acciughe(Agrigento).

Dolci Ai dolci spetta da sempre un posto d’onore

nella cucina siciliana: miele e mandorle nesono gli ingredienti principali, insieme allamorbida, dolcissima crema di ricotta, elemen-to base della “cassata”, tipica torta diPalermo, e dei “cannoli”. A Messina spadro-neggia la ottima “pignolata”, a Siracusasono d’obbligo il “biancomangiare” di man-dorle e la “cuccìa”, a Catania le “olivette diSant’Agata”.

Un cenno a parte meritano i gelati e soprat-tutto le granite che vengono consumate, inestate, al mattino, con un ciuffo di panna eduna brioche calda. I gusti sono un’infinità!

Di tutto un po’ Bisogna almeno citare, infine, gli ottimi

formaggi (ricotta, tuma, caciocavallo, pri-mosale), le pizze (particolare lo ”sfin -ciuni”, pizza morbida condita con pomodo-ro e cipolle), le “schiacciate” che, specienel ragusano, sono farcite in ogni modoimmaginabile, ed i vini. Tra questi ultimiricordiamo i bianchi d’Alcamo, il Cerasuolodi Vittoria, il Marsala, il Moscato, laMalvasia, i vini dell’Etna e l’amaro diCaltanissetta.

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Gas

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Cosa comprareL’artigianato siciliano è moltovario, ed ogni area mantiene lesue peculiarità. Ciò risulta parti-colarmente evidente guardando idifferenti tipi di ceramica che sipossono trovare nell’isola. In Sicilia ci sono grandi caved’ar gilla dalle quali si estrae facil-mente la materia prima, ed alcunecittà, come Santo Stefano di Ca -mastra e Caltagirone, basano laloro economia quasi esclusiva-mente sulla produzione di cera-mica. Ognuna di esse ha un’anti-ca tradizione per quanto riguardale forme e le decorazioni, ma ac -canto ad essa si stanno svilup -pan do nuove tendenze decorative.Oltre a vasi, piatti, tazze di ognigenere, forma e misura, si posso-no acquistare appliques, porta-candele, piastrelle e, solo da alcu-ni artigiani, deliziose figurine peril presepe. Tipicamente siciliana è poi la“coffa”, cesta intrecciata e decora-ta disponibile in una va rietà dimisure. Ad Erice si comprano deliziositappeti multicolore tessuti a mano. Un po’ dappertutto, poi, si trova-no ricami, impiegati nella realiz-zazione di tovaglie, coperte, len-zuola, asciugamani e tovaglioli.Classici souvenir, infine, il carret-tino siciliano e il “pupo” del tra-dizionale teatrino, disponibilientrambi in tutte le misure.

Orario bancheLe banche sono aperte dalle 8.15

alle 13.20 e dalle 14.45 alle 16.00tutti i giorni escluso il sabato ed ifestivi.

Orario negoziI negozi sono generalmente apertidalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19.30con piccole variazioni. Tutti i ne -gozi, oltre al riposo domenicale,osservano mezza giornata dichiusura infrasettimanale, varia-bile secondo le categorie. Alcunigrandi magazzini non effettuanochiusura per l’ora di pranzo.

Orario uffici postaliGli uffici postali sono aperti dalle 8.30 alle 13.15. Il sabato e l’ultimo giorno delmese dalle 8.30 alle 11.20. La domenica chiuso.Effettuano orario pomeridiano iseguenti uffici:

Palermo:corso Pisani 246; piazza Verdi 7; via Danimarca 54; via Roma (Palazzo Poste); piazza Unità d’Italia; via Alcide de Gasperi.

Messina:via Garibaldi 190; via XXVII luglio 5;piazza Antonello.

Catania:viale Africa; corso Italia 33/35;viale Rapisardi 82.

ValutaLa valuta italiana è l’euro (€).

ManceLa mancia è sempre gradita, manon obbligatoria. Varia in base alservizio reso.

Telefonate internazionaliSi può telefonare all’estero da unqualsiasi apparecchio pubblico oprivato componendo il prefisso delpaese preceduto da 00 (es.: perchiamare Monaco in Germania,bisogna comporre lo 00 seguito da49 - prefisso internazionale - da89 - prefisso della città - e dalnumero dell’abbonato). In questo caso la telefonata vieneaddebitata al mittente. Si possono fare telefonate a caricodel destinatario o con carta di credito telefonica chiamando l’operatore nel proprio paese componendo un numero speciale(per informazioni si può chiamare il 176 InformationService ogni giorno dalle 8 alle23). Gli apparecchi pubblici inItalia accettano monete da 10, 20e 50 centesimi (uno scatto 10 cen-tesimi) o schede telefoniche delvalore di 1-2,50-5-7,50 €.

Per i trasporti regionali con-sultare il sito:www.regione.sicilia.it/turismo/trasportiPer il servizio di trasportiurbano, consultare i siti deicomuni

Per musei e siti archeologici,consultare il sito:www.regione.sicilia.it/beniculturali

Informazioni Utili

Edizione: © KREA srl - Palermo

Testi: M. C. Castellucci, F. Alaimo, D. Polizzi Piazza

Foto: Archivio Krea, ArchivioRegione Siciliana e LIPU (Gela)

Illustrazioni: E. Massara

Stampa: MediaCenter&Management

Finito di stampare: ottobre 2008

Public Relations OfficeRegione Siciliana - Assessorato

Turismo, Comunicazioni e Trasportivia Notarbartolo, 9 - 90142 Palermo

tel. +39 (0) 91 7078230/258/276fax +39 (0) 91 7078212

urp.dipturismo@regione.sicilia.it

Copia omaggiodell’Assessorato Regionale Turismo,

Comunicazioni e Trasporti

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Geografia e GeologiaPosta al centro del Mediterraneo, la Sicilia è

la maggiore isola di questo bacino (25.460 Kmq).Attorno ad essa si dispone una serie di isole mino-ri: a nord, le Eolie ed Ustica, ad ovest le Egadi, asud le Pelagie e Pantelleria (complessivamente25.708 Kmq). La sua linea costiera, prevalente-mente rocciosa a nord, sabbiosa a sud, è lungacirca 1.000 Km. Il paesaggio siciliano è caratteriz-zato da grande movimento: l'isola infatti è mon-tuosa e collinare, con un'unica estensione pianeg-giante nei pressi di Catania.

Il massiccio più importante è quello dell'Etna(il cui comprensorio è interamente protetto dal-l'istituzione di un grande parco naturale) nellazona orientale della Sicilia. Il vulcano, alto circa3.300 m, è attivo ed è il più grande d'Europa.

Lungo la costa settentrionale si dispongono,da Est verso Ovest, un tratto dei monti Peloritani,i Nebrodi e le Madonie, le cui vette raggiungonoanche i 2.000 metri.

Alle Madonie si sostituiscono, appena adovest del fiume Torto, irregolari formazioni calca-ree, isolate o raggruppate a dominare basse collinetondeggianti. Ad Est, tra Messina e l'Etna, prose-gue la catena dei Peloritani, del tutto simile aimonti calabri.

Più a sud, sempre nella zona orientale del-l'isola, è tutto un susseguirsi di alti tavolati for-mati da lava, tufo e soprattutto calcare, profonda-mente incisi da suggestive gole formate dallo scor-

rimento delle acque. Il centro della Sicilia, infine,è collinare. Si tratta del cosiddetto altopiano solfi-fero, di altezza variabile fra i 500 e 700 metri (fattaeccezione per il cocuzzolo, alto quasi 1.000 metri,sul quale sorge Enna).

Il ClimaÈ decisamente mediterraneo, con estati

calde, inverni brevi e miti. Le ore di sole sono inmedia 2.500, contro le 2.000 dell'Italia peninsu-lare - e le 1.800 della Francia meridionale. Leprecipitazioni, poco abbondanti, si concentranonei mesi invernali da ottobre a marzo. La tempe-ratura massima si registra in luglio e agosto - inmedia 26°C - la minima tra dicembre e febbraio- in media 10°-14°C.

La temperatura dell'acqua varia dai circa16°C registrati in inverno ai 27°C dell'estate. Perun viaggio in Sicilia che non abbia esclusivamen-te finalità "balneari" sono consigliabili i mesi pri-maverili e autunnali e segnatamente dalla metà diaprile alla metà di giugno e settembre - ottobre.

Governo e popolazioneLa Sicilia, con le isole che le fanno corona, è

costituita in Regione Autonoma, con capoluogoPalermo, dal 1946, ed ha un proprio Parlamentodal 1947.

La sua popolazione è stimata in circa5.000.000 di abitanti, con una densità di 190 abi-tanti per Kmq.

L’Isolainfinita

“Quanti non hanno vagheggiato almeno di conoscerla? Pochi o nessuno;tanto è universale la fama della sua bellezza, tanto il ricordo di essa va unitoalla storia delle più diffuse civiltà". Così si legge nella prefazione dell'ampiovolume che il Touring Club Italiana dedicò alla Sicilia nel 1933.Osservando le vecchie foto, non possiamo fare a meno di notare come i 60anni trascorsi abbiano lasciato il segno: essi hanno scurito le facciate di vetu-sti monumenti, hanno colmato le piazze e le strade di automobili, hanno can-cellato scialli neri e antiche usanze, hanno mutato il volto delle campagne.Nondimeno, sebbene la sua fama si sia offuscata, sebbene siano ormai lonta-ni i tempi in cui Palermo era meta ambita di ricchi e potenti, impazienti diincontrare il jet set locale, frutto di secolari nobiltà, ancor oggi val la penadi conoscerla, questa Sicilia dai mille volti, povera e ricca ad un tempo, chiu-sa e diffidente nella sua nobile decadenza eppure tutta protesa ad inserirsi inun mondo ed in un tempo moderni, "nazione più che regione e per giuntauna nazione plurale, tante sono le identità difformi" (Bufalino)."Un'isola non abbastanza isola" (Borghese) o forse "troppo isola", mitologi-ca e concreta, cupa e solare, magnifica e terribile.

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