affari di gola settembre 2014

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Supplemento al n. 33 de “La Rassegna” del 18 settembre 2014 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. - via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - ? 2,60 settembre 2014 9 771826 772006 40007 Oltre il porcino un mondo tutto da scoprire Meglio ampliare la conoscenza che aguzzare la vista. Così il cestino sarà ricco di gustose alternative

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in rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio bergamasco

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SETTEMBRE 2014

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SOMMARIO

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PENNA ALL’ARRABBIATAIl meteo? Un carico da undici sul groppone di tante insegne

IL PRODOTTOFunghi, spontanee bontà

L'INTERVISTAAgnelli (Ais):"Bergamo deve avere un luogo dove promuovere tutti i vini del territorio"

L'ITINERARIOQuelli che sul Bitto ci mettono la "faccia"

GASTRONOBIRRABirra nei bar e ristoranti, la Quattroerre fa il punto

TENDENZESurgelati, passione quotidiana

GUSTIIl ritorno dei formaggi spalmabili

LOCALECalusco,una “Conchiglia” piena di sapori napoletani

Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giusep-pe Mazzini, 24- 24128 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Diret-tore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi - Editri-ce: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicità: La Rassegna srl - via Giuseppe Mazzini, 24- 24128 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abra-ti, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Leonardo Bloch, Laura Ceresoli, Fulvio Fac-ci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Rosanna Scardi, Giordana Talamona, Donatella Tira-boschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Lito-stampa Istituto Grafico, Bg

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settembre 2014

9771826

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Oltre il porcinoun mondo tuttoda scoprire

Meglio ampliarela conoscenzache aguzzarela vista. Cosìil cestino sarà ricco

di gustose alternative

Page 4: Affari di gola settembre 2014

CONFIGURAZIONEPER RISTORANTE• Gestione di 1000 Tavoli, 10 Sale.• Gestione prenotazioni.• Gestione camerieri/operatori: provvigioni,chiavi e/o password d’accesso.• Gestione conto: ricevute/ fatture fiscali,scontrini fiscali, conti proforma.• Conti separati, alla romana, conti sospesi.• Gestione clienti.• Gestione dei corrispettivi non riscossi.con fatturazione riepilogativa a fine mese.• Gestione pagamenti: contanti, cartedi credito, misti e calcolo del resto.• Gestione ticket restaurant con tallons restoe fatturazione riepilogativa a fine mese.• Gestione piatti a menu: prezzo liberoe/o prezzo a peso.• Listini: 6 listini diversi su fasce orarie programmate, Happy hours, serate musicali ecc..• Multilingua: possibilità di stampare il contoin più lingue.• Gestione varianti con variazione prezzoa valore o in percentuale.• Menu a prezzo fisso.• Collegamento con registratore di cassa.• Stampa elenco piatti.

• Stampa menu.• Stampa prenotazioni.• Chiusura contabile giornaliera: chiusuradi cassa, rapporto finanziario (doc. emessi).• Statistiche: rapporto del venduto,rapporto per cameriere.

MODULI AGGIUNTIVI• MODULO KITCHEN PRINTER• MODULO MAGAZZINO• MODULO SHOP / VENDITA TABACCHI• MODULO ENOTECA• MODULO ASPORTO• MODULO FIDELITY CARD / CARD BUONO PASTO• MODULO BANCHETTI• MODULO RADIOFREQUENZA E PALMARI

PUNTI VENDITAOFFICE MULTIPOINT• Il pacchetto Office Multipoint è il software di sede per la gestione centralizzata di più punti vendita. Attraverso un collegamento web è possibile gestire a distanza i vari punti vendita per l’invio delle varia-zioni anagrafiche e la ricezione dei dati di vendita.• Con il modulo (aggiuntivo) Magazzino è possibi-le gestire lo scarico delle materie prime per ogni punto vendita.

BERGAMO - Passaggio Cascina Alberta, 13 (zona Boccaleone)tel. 035.217487 - 035.244920 - www.stevadata - e-mail: [email protected]

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al servizio della Ristorazione

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PUNTI VENDITAOFFICE MULTIPOINT• Il pacchetto Office Multipoint è il software di sede per la gestione centralizzata di più punti vendita. Attraverso un collegamento web è possibile gestire a distanza i vari punti vendita per l’invio delle varia-zioni anagrafiche e la ricezione dei dati di vendita.• Con il modulo (aggiuntivo) Magazzino è possibi-le gestire lo scarico delle materie prime per ogni punto vendita.

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Innovazione e Tecnologiaal servizio della Ristorazione

M ia zia mi dice sempre che il meteo l’hanno in-ventato per farci chiacchierare tra noi. Forse non ha tutti i torti e, comunque la si pensi, nei

mesi passati abbiamo parlato così tanto, al riguardo, da scorticarci la lingua.E come se non bastasse un’estate che nessuno ha an-cora incontrato, pare che le previsioni per le settimane a venire siano assolutamente catastrofiche.Com’era bello, una volta, quando ci lamentavamo che non c’erano più le mezze stagioni.Adesso non ci sono più nemmeno quelle intere.E se le bizzarrie di Giove Pluvio hanno fatto contenti i ven-ditori di ombrelli e mantelle, di certo non si può dire che il comparto dell’ac-coglienza turistica e dei pubblici eser-cizi in genere ne sia uscito trionfante.Quante vol te , in ques ta sed icen -te estate, ci siamo sentiti ripetere dal ristoratore di tur-no: “Eh, è un vero peccato, avere una terrazza così bella, con un panorama davvero accattivante, e averla potu-ta apparecchiare quasi mai, con questo tempo!”Come se non bastassero, all’esercente di turno, le tas-se che cambiano nome e pure numero di euro da scu-cire, il costo del lavoro e delle materie prime, una clien-tela che ha le tasche più verdi dell’Irlanda.Evidentemente tutto ciò non bastava e, per sovram-mercato, s’è dato latitante pure l’anticiclone delle Az-zorre. Con le conseguenze del caso: la vendemmia sta procedendo a tentoni e già si parla di percentuali spaventose di uve andate perse e, quindi, di vino da proporre. Era già noto il rincaro delle nocciole, per la disperazione degli amanti di quel gusto di gelato e, in generale, dell’esercito mondiale di Nutelladipendenti. La grandine ha fatto strame di frutta ed ortaggi, fichi

e pomodori marciscono rigonfi di acqua. Insomma, un disastro.Ragionavo, con lo sguardo cupo a detta di chi m’in-contrava, su questa variabilità impazzita, davanti alla gelateria di amici carissimi. Che, ovviamente, appena usciva uno sprazzo di sole andavano via di coni e cop-pette. Ma, con la stessa ovvietà, come si rannuvolava restavano con le mani in mano a guardare il deserto davanti alla loro vetrina multisapore.E pensavo a quanto fosse ingiusto questo recente cambiamento climatico da aggiungere agli impegni

ed alle grane de-gli altri giorni co-muni. Recente sì, perché un tem-paccio così infa-me non si ricorda-va da decenni. O, meglio, non s’era visto mai. Ricor-diamo le nostre stagioni quando si era giovanot-ti, roba recente, non precisamen-te ai tempi delle guerre puniche: ebbene, d’esta-te faceva caldo e d’inverno faceva

freddo. Punto. E così uno si attrezzava: preparava in giardino o in terrazza oppure accendeva il camino, ma sempre con una certa sicurezza.Ora non più: con gli uomini-meteo ormai in ginocchio causa reiterate figuracce, nessuno s’azzarda più a prendere prenotazioni anche per la terrazza. Perché, se poi arriva lo scrollo malefico, dove li metti i commensali che hai pieno pure all’interno?Per non parlare di alberghi e ristoranti delle nostre val-li oppure su in montagna: un pianto unico.Eppure uno ci mette l’anima, spesso è tutta la famiglia che si sbatte, e s’ingegna, e prepara, e s’industria, e s’aggiorna. Poi cambia il tempo e ti disdicono metà delle preno-tazioni.

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Il meteo? Un carico da undici sul groppone di tante insegne

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di Pier Carlo Capozzi

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settembre 2014

M ia zia mi dice sempre che il meteo l’hanno in-ventato per farci chiacchierare tra noi. Forse non ha tutti i torti e, comunque la si pensi, nei

mesi passati abbiamo parlato così tanto, al riguardo, da scorticarci la lingua.E come se non bastasse un’estate che nessuno ha ancora incontrato, pare che le previsioni per le settimane a venire siano assolutamente catastrofiche.Com’era bello, una volta, quando ci lamentavamo che non c’erano più le mezze stagioni.Adesso non ci sono più nemmeno quelle intere.E se le bizzarrie di Giove Pluvio hanno fatto contenti i ven-ditori di ombrelli e mantelle, di certo non si può dire che il comparto dell’accoglienza turistica e dei pubblici esercizi in genere ne sia uscito trionfante.Quante volte, in que-sta sedicente estate, ci siamo sentiti ripe-tere dal ristoratore di turno: “Eh, è un vero peccato, avere una terrazza così bella, con un panorama davvero accattivante, e averla potuta appa-recchiare quasi mai, con questo tempo!”Come se non bastas-sero, all’esercente di turno, le tasse che cambiano nome e pure numero di euro da scucire, il costo del lavoro e delle materie prime, una clientela che ha le tasche più verdi dell’Irlanda.Evidentemente tutto ciò non bastava e, per sovrammerca-to, s’è dato latitante pure l’anticiclone delle Azzorre. Con le conseguenze del caso: la vendemmia sta procedendo a tentoni e già si parla di percentuali spaventose di uve andate perse e, quindi, di vino da proporre. Era già noto il rincaro delle nocciole, per la disperazione degli amanti di quel gusto di gelato e, in generale, dell’esercito mondiale di Nutelladipendenti. La grandine ha fatto strame di frutta ed ortaggi, fichi e pomodori marciscono rigonfi di acqua. Insomma, un disastro.Ragionavo, con lo sguardo cupo a detta di chi m’incontra-va, su questa variabilità impazzita, davanti alla gelateria di amici carissimi. Che, ovviamente, appena usciva uno sprazzo di sole andavano via di coni e coppette. Ma, con la stessa ovvietà, come si rannuvolava restavano con le mani in mano a guardare il deserto davanti alla loro vetrina multisapore.

E pensavo a quanto fosse ingiusto questo recente cam-biamento climatico da aggiungere agli impegni ed alle grane degli altri giorni comuni. Recente sì, perché un tempaccio così infame non si ricordava da decenni. O, meglio, non s’era visto mai. Ricordiamo le nostre stagioni quando si era giovanotti, roba recente, non precisamen-te ai tempi delle guerre puniche: ebbene, d’estate faceva caldo e d’inverno faceva freddo. Punto.E così uno si attrezzava: preparava in giardino o in ter-razza oppure accendeva il camino, ma sempre con una certa sicurezza.Ora non più: con gli uomini-meteo ormai in ginocchio causa reiterate figuracce, nessuno s’azzarda più a pren-dere prenotazioni anche per la terrazza. Perché, se poi

arriva lo scrollo malefico, dove li metti i commensali che hai pieno pure all’interno?Per non parlare di alberghi e ristoran-ti delle nostre valli oppure su in mon-tagna: un pianto unico. Eppure uno ci mette l’anima, spesso è tutta la fa-miglia che si sbat-te, e s’ingegna, e prepara, e s’indu-stria, e s’aggiorna. Poi cambia il tempo e ti disdicono metà delle prenotazioni.

Certo, non è che il meteo avverso penalizzi solo gli ope-ratori turistici e dell’ospitalità enogastronomica: anche un autista di pullman è più a suo agio sulle strade asciutte, così come un carpentiere, un vigile urbano che gli si ba-gna il blocchetto delle multe, gli antennisti costretti a peri-colosi equilibrismi su tetti scivolosi, il pony-pizza che non deve annacquare la Quattro Stagioni (quattro?), il portiere di calcio che vede trasformarsi il pallone in saponetta.Però mi piacerebbe che chi di dovere ci pensasse su un po’, a questo ulteriore carico da undici che arriva sul groppone di tante insegne: ovvio, è una variabile alla quale nessuno può far nulla (“Almeno lì” - sempre se-condo mia zia - “non possiamo mettere mano”), però sarebbe bello se si ricordassero di gente che, oltre a qualche sacrificio, oggi come oggi deve avere anche paura delle previsioni del tempo.E, senza scomodare l’abusato “Piove, governo ladro”, avessero per loro quel briciolo in più di attenzione e com-prensione che, per i nostri gusti, manca troppe volte.

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La stagione dei funghi ci ha portato a Valtorta per un’escursione guidata in compagnia dei micologi di Fungolandia. Il segreto per un bottino ricco? Ampliare la conoscenza delle specie:si aprirà un nuovo mondo al di là del porcino

Spontanee bontà

na stagione scattata in anticipo e con la promessa di buoni raccolti (per la serie “i lati positivi della non-estate 2014”) ha acceso gli animi dei cerca-tori di funghi, esperti o estemporanei, mossi, prima ancora che dai piaceri del palato, dal gusto più sottile ed in-trigante della scoperta. Confessano infatti quasi tutti che la soddisfazione più grande - talvolta addirittura l’emo-zione – è nel momento in cui si indivi-dua il prezioso esemplare, intuito con un fortunato colpo d’occhio tra radici e foglie oppure lì, bello in vista in una sorta di mistica folgorazione, come destinato ad esser colto proprio e so-lo da quella mano.Di questo dietro le quinte che dà più sapore a ciò che arriva in tavola sia-mo andati alla ricerca partecipando ad una delle escursioni in compagnia dei micologi proposte da Fungolandia, manifestazione organizzata per il no-no anno dall’associazione Altobrem-bo, che riunisce 11 comuni dell’Alta Valle Brembana. Attorno ai giubbetti rossi del Gruppo Ercole Cantù di Agrate Brianza, parte di quella grande famiglia che è l’Asso-ciazione Micologica Bresadola che ri-unisce 132 gruppi dall’Alto Adige alla Sicilia, si stringe una variegata comi-tiva, decisa a scandagliare con atten-zione il bosco di Valtorta, cercando sì il porcino che darebbe un tocco in più alla cena ma ben felice anche di sa-perne di più sui funghi dall’aspetto curioso, umili o meno invitanti. Se ne scopriranno tante di caratteristiche

e curiosità, informazioni e dritte, con un’unica e ben precisa certezza di fondo: solo lo studio e la conoscenza possono dire se un fungo è commesti-bile o meno, se è innocuo o velenoso. D’un colpo si fa quindi piazza pulita di tutte le altre convinzioni, da quel-le più palesemente popolane, come il fatto che l’annerimento di un cucchia-io d’argento o dell’aglio in cottura sia sinonimo di tossicità al pari del fatto che la “carne” cambi colore quando esposta all’aria, a quelle ammantate da un’aura di scientificità come quella che vorrebbe i funghi bianchi primave-rili sempre sicuri (mentre c’è una pe-ricolosa amanita pronta a dimostrare il contrario). «Non è vero neanche che i funghi cre-sciuti vicino al ferro o alle tane delle vipere diventino tossici – spiega Giu-seppe Costanzo, determinatore e do-cente del Gruppo Ercole Cantù -. Ve-ro è però che i funghi assorbono fa-cilmente le sostanze dall’ambiente e quindi non conviene mangiare un esemplare cresciuto sul ciglio di una strada trafficata o in una zona inqui-nata, per quanto classificato come specie commestibile». L’Asl prescri-ve inoltre di cuocere sempre – a lun-go - i funghi, modalità che consente di eliminare le tossine termolabili, e ne sconsiglia il consumo da parte di bambini e anziani per la difficoltà di di-gestione. «Il nutrimento apportato dai funghi – rileva Costanzo – è pochissi-mo, essendo composti per il 90% da acqua. In pratica sono solo aroma,

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di Anna FacciIL PRODOTTO

Page 7: Affari di gola settembre 2014

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dal punto di vista nutrizionale è un po’ come bere un bicchiere d’acqua profumata. La scarsa digeribilità è do-vuta invece alla composizione della loro membrana cellulare, fatta di una sostanza simile alla cheratina, quella che nel corpo umano è presente nei capelli e nelle unghie». Un’ulteriore precauzione è perciò di consumare funghi sempre in quantità moderate, capita infatti che i malesseri dopo un pasto non siano dovuti alla tossicità del raccolto, ma a problemi digestivi.Nonostante i numerosi “contro”, re-stano ambitissimi, veri e propri tesori, tanto che nessun cercatore è dispo-sto a rivelare il luogo dei ritrovamenti. «Andare per funghi – prosegue il mico-logo – significa soprattutto imparare a conoscere il bosco, che è anche la co-sa più affascinante. Per alcune specie l’habitat è fondamentale, alcune ad esempio crescono solo sotto determi-nati alberi e saperlo può dare preziose indicazioni per trovarli e riconoscerli. Il porcino invece è ubiquitario, si può tro-vare in pecceta, pineta, lungo le ferro-vie, diciamo che ha sviluppato più pos-sibilità di sopravvivenza». La grande varietà e una sorta di “imprevedibilità congenita” rendono difficile inquadra-re la vita dei funghi spontanei in regole

troppo strette, come dimostrano i non rari ritrovamenti di specie fuori stagio-ne. «Di certo si può dire che umidità e caldo favoriscono la crescita, mentre il vento è un nemico perché li fa disi-dratare – ricorda l’esperto -. Assodato è anche il fatto che il clima incide sul-la loro qualità gastronomica. Più sa-poriti e rinomati sono infatti i prodotti dell’Appennino, mentre nel Nord Eu-ropa hanno poco sapore, tanto è vero che se ne trovano tantissimi dapper-tutto e nessuno li raccoglie».Ma più che inerpicarsi su pendii im-pervi e sentieri poco battuti, il segreto per tornare a casa con un buon botti-no è allargare la platea delle specie conosciute. Si aprirà così un nuovo mondo al di là di porcini, ovoli, finferli e mazze di tamburo. I cercatori che amano anche la buona tavola vanno matti per le “trombette dei morti” (Craterellus cornucopioi-des, parente del finferlo) così chiama-ti per il periodo in cui crescono (ma ne sono stati trovati anche ad inizio settembre nel corso di Fungolandia) e probabilmente anche per il colore scu-ro che conferisce loro un che di “fune-reo”. «L’aspetto e il nome li penalizza-no, ma hanno un profumo e un sapore molto intensi – confermano i micologi

settembre 2014

Che si tratti – fino ad ora – di una stagione generosa di funghi lo confermano anche gli accessi all’Ispettorato micologico dell’Asl di Bergamo, in crescita rispetto agli anni scorsi. L’Asl è l’unico ente preposto a certificare la comme-stibilità degli esemplari raccolti e nel periodo clou della crescita, da agosto a fine ottobre, mette a disposizione un servizio gratuito di controllo in città ed in alcune sedi in provincia (in giorni e orari stabiliti o previo appuntamento te-lefonico). Qui oltre ad identificare il fungo si valuta anche il buono stato dello stesso. Si restituiscono solo i funghi idonei al consumo. Vengono infatti trat-tenuti non solo gli esemplari tossici o non commestibili, ma anche quelli in avanzato stato di maturazione o intaccati da parassiti. Il numero di accessi viene registrato, così come le quantità sottoposte al controllo e quelle resti-tuite all’utente. In media la percentuale di funghi “bocciati” negli anni scor-si è stata del 30-35%. Il servizio fornisce inoltre indicazioni sulle modalità di consumo (ad esempio se il gambo va scartato o meno o la cuticola rimossa) e di conservazione. Oltre che per avere la certezza di ciò che si mette in pen-tola (la prescrizione è di cuocerli sempre e a lungo) il servizio rappresenta quindi un’opportunità per migliorare la conoscenza delle diverse varietà. Per l’utilizzo dei funghi nella ristorazione la certificazione dell’Asl è obbligatoria.

All’Asl il controllo gratuito. Un terzo del raccolto

viene “bocciato”

-, sono ottimi sulle tagliatelle o essic-cati». Uno dei funghi più bastonati è in-vece la Russula mustelina. «Da chiusa assomiglia ad un porcino – nota Costanzo -, ma quando ci si ren-de conto che non lo è viene buttata ed è un peccato perché è forse anche più buona del porcino stesso». Sorte simi-le hanno i boleti che cambiano colore quando si ossidano: pagano lo scotto della presunta tossicità e invece sa-rebbero buoni da mangiare, cotti o es-siccati. Il Tylopilus felleus invece somi-glia moltissimo al porcino e capita che se ne facciano anche belle incette, salvo scoprire poi che è amarissimo e magari rovinare l’intera spadellata. Un buon sapore hanno i lattari, co-sì chiamati perché quando vengono spezzati emettono un latticello. II Lac-tarius deliciosus, o sanguinello, che cresce sotto i pini, in particolare, è il migliore per qualità gastronomica ed è apprezzato soprattutto in Spagna. E pure nel giardino di casa può capitare di trovare qualcosa da mettere in pen-tola, come il Coprinus comatus, detto anche “fungo dell’inchiostro” perché quando appassisce la carne si liquefa ed è possibile notare un liquido nero che sgocciola dal cappello. «I funghi commestibili sono moltis-simi, al pari di quelli non commesti-bili, cioè quelli che non sono tossici ma che non ha alcun senso mangia-re, perché sono membranosi, amari o pizzicano – afferma Giuseppe Costan-zo -. Quelli buoni in cucina invece non sono moltissimi, ma è una questione di gusti. Una volta sicuri della specie, l’unica via è provarli per decidere se varrà la pena continuare a raccoglier-li». Conoscere i funghi significa affina-re i propri sensi in tutte le direzioni. La capacità di osservare, il tatto, l’atten-zione al suono, l’olfatto. «I funghi van-

Giuseppe Costanzo

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IL PRODOTTO

no annusati fino in fondo», sottolinea il micologo. Con un po’ di esercizio si imparano a riconoscere sfumature al di sotto del generico “odore di fungo” che tutti percepiscono. Ci sono specie che odorano di pera, di anice, ma anche di patata marcia, di carogna (espediente per attirare le mosche e disperdere le spore), di pollaio (la pericolosa Clitocybe phae-ophtalma) ed individuare i sentori è uno strumento in più per inquadrarli. Un po’ più arduo, per la verità, è indi-viduare il “cuoio di Russia” o il “balsa-mo del Perù”, paragoni ben poco chia-rificatori con i quali libri definiscono certi odori specifici (!). Un altro suggerimento per riconosce-re i funghi è raccoglierli interamente, con delicatezza, perché alcune carat-teristiche peculiari si trovano nella parte sotto terra. Una volta che si è optato per portarli a casa, vanno pu-liti sul posto e trasportati in cestini aperti in modo che le spore possa-no rimanere nell’ambiente. Bisogna inoltre avere l’accortezza di non farli sbattere l’uno contro l’altro. Vanno conservati al fresco e consumati il pri-ma possibile o essiccati, se la specie si presta. I micologi assicurano che il massimo è il “misto funghi” raccol-to in giornata, cucinato nelle maniere più semplici, senza condimenti che li sovrastino e appesantiscano. D’obbligo anche qualche raccoman-dazione sull’attrezzatura per muover-si con sicurezza nel bosco: mai sti-vali, ma scarponcini, niente gambe scoperte, un bastone per sostenersi sulle pendenze più pronunciate e un fischietto per richiamare l’attenzione. Le raccomandazioni dei micologi non sono rivolte solo agli escursionisti-raccoglitori. «Anche la ristorazione può avere un ruolo importante nella riscoperta dei funghi selvatici – affer-ma il presidente nazionale dell’Asso-ciazione micologica Bresadola Luigi Villa –, ma occorre migliorare la cono-scenza. Un caso che ha fatto scalpo-re è stato quando lo scorso 22 mag-gio alla trasmissione tv “La Prova del Cuoco” è stata presentata come morchella una pericolosa Gyromitra esculenta. È il chiaro segnale che oltre a sapere come cucinare un prodotto gli chef so-no chiamati a sapere cosa cucinano».

Caccia, pesca e da qualche anno, complice la manifestazione Fun-golandia e i suoi appuntamenti di-vulgativi, pure la raccolta di funghi. Nella gastronomia Pasticci e Ca-pricci aperta quattro anni fa con la moglie Michela a Piazza Brembana (in via Roma 36), Andrea Midali, trent’anni, riversa la sua voglia di vivere il contatto con la natura, con-vinto che il territorio dia un impor-tante valore aggiunto ai piatti. «L’in-contro con i micologi mi ha aperto un mondo – rivela -, ho scoperto sa-pori che non immaginavo nemme-no, un po’ come succede con il vino che a chi non è esperto sembra più o meno tutto uguale, ma conoscen-dolo svela tutte le sue sfumature».

«Non ho regole precise per decide-re come cucinare e abbinare le di-verse varietà di funghi – racconta -, il mio “metodo” consiste nell’an-nusare, valutare la carnosità, la fi-bra, la consistenza. Poi li assaggio cucinati nella maniera più sempli-ce, solo con un filo di olio, e questo mi suggerisce l’idea per l’abbina-mento ed i tempi e metodi di cottu-ra». È così che finiscono in tavola funghi sconosciuti ai più come le “trombette dei morti”, poco invi-tanti nell’aspetto e nel nome, sul cui conto però Midali è pronto ad affermare che, «chi non le ha mai provate non può dire di aver man-giato funghi». Per via del loro sapo-re intenso, ha scelto di unirle, sal-

«Eccezionali le “trombette dei morti”»

I consigli del cuoco-raccoglitore

Andrea Paleni“Trombette dei morti” e Russula mustelina, due funghi poco conosciuti, o fraintesi, capaci di stupire il palato

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tate, al delicato impasto degli gnocchi alla romana e di condire il tutto con una fonduta di Taleggio. «Ma si prestano anche per crostini, nei ripieni e nei ra-violi – rimarca – e secche sono eccezionali, ideali nei risotti o in polvere sulle carni». Rubiamo i suoi consi-gli anche per un fungo più conosciuto come la “mazza di tamburo”. «La morte sua è impanare il cappello – afferma -, magari con una panatura aromatizzata con qualche erba, e friggerlo: regala il piacere della coto-

letta mangiata da bambini. L’accortezza è quella di togliere il “bottone” dove si innesta il gambo, perché è piuttosto duro. Il gambo poi può essere seccato e grattugiato per dare più gusto ai piatti, mentre l’anel-lo è ottimo crudo». La sua indicazione per il porcino, che resta in ogni caso la star del cestino, è invece di apprezzarlo crudo, «affettato su un’insalata di bresao-la e scaglie di Grana o, più opportuno ancora, Formai de Mut stagionato». «Secco è però ancor meglio che fresco, a mio parere – prosegue -. Se si decide invece di conservarlo surgelato, anziché metterlo così com’è nel freezer, suggerisco di pulirlo e saltarlo per una quindicina di minuti, conserverà meglio il suo valore e potrà essere utilizzato per la preparazione preferita». Tra le regole generali, la sua scelta è di non lavare mai (tranne in rari casi) i funghi - «sono delle spugne e si in-zupperebbero» -, ma di togliere la terra in eccesso con un pennellino o un panno umido. Midali ha lavorato in Trentino, Sardegna, Sicilia, a Roma ma poi ha scel-to di restare in montagna. «Oggi mi sa che è più facile che vivere in città – rileva -, se non altro è una vita più semplice, con meno obblighi. E poi, se si ha voglia di darsi da fare, le potenzialità sono tante, l’allevamen-to, le coltivazioni, le erbe, i cosmetici, servirebbe forse fare un po’ più rete». A lui si deve l’idea della prima Fe-sta del Brembo e Sagra della Trota nel comprensorio Altobrembo, che andrà in scena il 4 e 5 ottobre: «Tro-vare nel piatto prodotti pescati o, come funghi ed erbe spontanee, raccolti sul posto regala tutto un altro sen-so, un’altra emozione», assicura.

La gastronomia come uno dei fattori di attrazione per il territorio. Una chia-ve che l’associazione Al-tobrembo, composta da 11 comuni dell’Alta Val Brembana (Averara, Cas-siglio, Cusio, Mezzoldo, Olmo al Brembo, Ornica, Piazza Brembana, Piaz-zatorre, Piazzolo, San-ta Brigida e Valtorta) e un’ottantina tra aziende e associazioni, sta svi-luppando. Fungolandia è la manifestazione che ha

fatto da apripista in que-sta direzione, nata nove anni fa, prima ancora che si costituisse formalmen-te l’associazione. Sono seguite Erbe del Casaro, che valorizza il connubio tra erbe spontanee e for-maggi tipici, e la debut-tante Sagra della Trota, che oltre al pesce vuole fare riscoprire l’ambien-te fluviale. «I funghi come risorsa? Con Fungolan-dia – spiega il presiden-te di Altobrembo Andrea

Paleni – non vogliamo in-crementare l’afflusso di chi raccoglie, anche per salvaguardare l’equilibrio dei boschi. Cerchiamo in-vece di promuovere la co-noscenza e l’educazione per muoversi in sicurezza nell’ambiente montano. Ciò su cui puntiamo è l’e-nogastronomia, che si sta dimostrando un attratto-re turistico interessante. Non proponiamo però un grande evento, la classi-ca fiera dai grandi nume-

ri. Le nostre sono “sagre diffuse”, che si sviluppa-no nei locali che aderisco-no al circuito, con menù e pacchetti per il soggiorno, e con le iniziative messe in campo nei singoli Co-muni». Insomma, mani-festazioni che quasi non si vedono. «Non saranno mai fenomeni di massa – rileva - ma forse proprio per questo offrono l’occa-sione di entrare meglio in contatto con il territorio, le persone ed i sapori».

Gastronomia fattore di attrazione,ma con la formula della “sagra diffusa”

LA MANIFESTAZIONE

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NEWS

edizione 2014 del Concorso Enologico Internazionale “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme” (16-18 ottobre prossimi) celebra un traguardo rilevante. Nato in terra bergamasca da un’idea dell’enologo Sergio Cantoni e realizzato dal 2004 grazie alla cooperazione tra Vignaioli Bergamaschi, Consorzio Tutela Valcalepio, Centro Studi Assaggiatori Brescia e Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, il concorso compie infatti 10 anni. E quello del decennale sarà uno dei temi cardine di quest’edizione. Nel corso della cena di gala, in programma per il venerdì 17, in-fatti, saranno insigniti con un premio speciale tutti coloro che hanno preso parte sin dalla prima edizione al concorso, che richiama ogni anno produttori, tecnici e giornalisti dai quattro angoli del globo.Ma vediamo più da vicino qualche anticipazione sul decimo concorso. Innanzitutto gli sponsor che rendono possibile questa kermesse in terra bergamasca sono la Camera di Commercio di Bergamo, la Banca Popolare di Bergamo, SIAD e Marengo Sugheri. Grazie al loro supporto il Consorzio Tu-tela Valcalepio e Vignaioli Bergamaschi possono ogni anno dare vita ad un importante appuntamento che permette di

presentare al mondo in chiave sempre nuova Bergamo e i suoi vini (Valcalepio Doc e Terre del Colleoni Doc), la storia e la tradizione del territorio orobico.Il tema scelto per il decennale coinvolge un’importante atti-vità tradizionale del territorio: il tessile, la sua storia e il suo sviluppo e i suoi influssi culturali. Ma Emozioni dal Mondo è prima di tutto un concorso enologico, e venerdì 17 le com-missioni di degustazione, composte per il 50% da tecnici del settore enologico e per il 50% da degustatori stranieri, si riuniranno per selezionare i vini che otterranno le medaglie OIV. Il concorso dedicato ai vini Merlot, Cabernet e ai loro tagli, infatti, è l’unico a livello internazionale riconosciuto dall’Organization International de la Vigne et du Vin, l’ente internazionale che soprintende ai Concorsi Enologici su scala mondiale. E l’internazionalità è certamente un pregio di questo Concorso che ha vantato negli anni il più alto rap-porto tra giudici e campioni degustati e che punta, nel 2014, a vedere rappresentate 25 nazioni per quel che riguarda la provenienza dei campioni in gara e 30 nazioni per quanto concerne l’origine dei giurati.Come già anticipato, per il 2014 gli organizzatori hanno scelto di concentrare l’attenzione degli ospiti italiani e in-ternazionali su due filoni principali: la tradizione tessile e la cucina del recupero. Due temi che ben si sposano al luogo scelto per ospitare le degustazioni delle giurie internazionali, il Filandone di Martinengo che ha ospitato le riprese del celeberrimo film “L’albero degli Zoccoli” di Ermanno Olmi. Come oramai tradizione, infatti, “Emozioni dal Mondo Mer-lot e Cabernet Insieme” parla al mondo di vino ma anche, e soprattutto, di territorio. “Vogliamo mostrare al mondo la grande ricchezza del territorio bergamasco - sottolinea Sergio Cantoni -. Ogni anno scegliamo un tema legato alla storia e alla tradizione bergamasca e conduciamo i nostri ospiti attraverso un percorso emozionante che unisce storia, territorio ed enologia”. Dopo il successo del 2013, inoltre, insieme alla Giuria Tecnica (che assegna le medaglie OIV) e alla Giuria Stampa (che conferisce i Premi della Stampa) alla degustazione prenderà parte la Giuria dei Consumatori. Sono stati infatti selezionati 21 giurati tra i consumatori che prenderanno parte alle degustazioni e che, con i propri voti, contribuiranno a premiare La Scelta del Consumatore.

"Emozioni dal Mondo" conto alla rovescia

per la decima edizione

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Dal 16 al 18 ottobre il concorso enologico riservato a Merlot e Cabernet e ai loro tagli. Le giurie riunite al Filandone di Martinengo

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L'EVENTO

Associazione Seriana Turismo e Risto-razione Alberghiera di Clusone (Astra) apre le porte ai prodotti tipici. Lo fa con la seconda "Rassegna Gastrono-mica". Ogni venerdì - dal 19 settembre al 28 novembre prossimi - in 9 locali saranno proposti menù a prezzo fis-so (30 euro), tutti a base di prodotti locali e di stagione, con la possibilità di pernottamento nelle strutture ade-renti all’iniziativa, a Clusone, Rovetta, Fino del Monte, Bossico, Onore, Parre e Gromo. I principali obiettivi prefissati, oltre alla promozione del territorio, sono la diffusione, la conoscenza e la va-lorizzazione dei prodotti tipici offerti da questa area territoriale, così vicina ai grandi centri urbani e nello stesso tempo così spesso poco conosciuta. "I menù proposti dai ristoranti coinvol-ti in questa manifestazione - sostiene l'Associazione - vogliono dare risalto ai sapori locali offrendo una cucina semplice ma ricca di fantasia, accom-pagnata ovviamente da un'ottima se-lezione di vini. Quindi, gusto, semplici-tà, tradizione, cortesia e professiona-lità vi attendono sulle nostre tavole". L’appuntamento sarà "spalmato" su 9 venerdì, 9 come i ristoranti coinvolti che inviteranno i loro ospiti (a partire dalle 20) ad assaporare i migliori piat-ti della cucina bergamasca, facendo

conoscere anche ai palati più raffinati i menù tradizionali dell’Alta Valle Se-riana a prezzi speciali appositamente concordati tra i gestori in occasione della manifestazione. Si comincia il 19 settembre all'Hotel Gromo e si prosegue il 26 all'Hotel Vecchio Mulino di Rovetta. A ottobre sarà il turno dell'Hotel Commercio di Clusone (il 3), dell'Hotel Miralago di Bossico (il 10), dell'Hotel Belvedere di Parre (il 17) e dell'Hotel La Busso-la di Clusone (il 24). A novembre toc-cherà all'Hotel Betulla di Onore (il 14), all'Hotel Ambra di Clusone (il 21) e all'Hotel Libia di Fino del Monte (il 28).I 9 ristoranti partecipanti alla secon-da edizione rappresentano ad ampio spettro la cucina dell’Alta Valle Se-riana in tutti i suoi stili, dai ristoranti storici ai ristoranti di alta fascia. In

ognuno di essi sarà possibile trovare menù studiati per l’occasione, classi-ci o tematici, quasi un compendio del-la cucina bergamasca con colori e sa-pori locali. Si potrà spaziare tra specialità note e meno conosciute, piatti della cucina tradizionale locale, con grande atten-zione ai primi piatti, secondi di carne, formaggi, salumi e selvaggina. La Rassegna Gastronomica si intrec-cia e segue la manifestazione appe-na terminata "Clusone verso l'Expo" durante la quale Astra ha contribuito con i propri banchi itineranti a propor-re piatti tipici offrendoli a visitatori. Un modo per ribadire che l'Expo 2015 sa-rà un'occasione da non perdere per far conoscere a un pubblico sempre maggiore la valle.Info: www.astraseriana.com

Val Seriana, nove ristoranti

rilanciano i prodotti tipici

L'Al via la seconda Rassegna Gastronomica promossa dall'Associazione Astra di Clusone. Fino al 28 novembre, i locali aderenti all'iniziativa proporranno, a turno, menù al prezzo fisso di 30 euro

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Giordana Talamona

L'INTERVISTA

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ota coi bicér" è il suo motto, una fra-se che dal luglio scorso ripete co-me un mantra al suo nuovo gruppo di lavoro. Roberta Agnelli, nuovo volto della de-legazione bergamasca dell’Associa-zione Italiana Sommelier, ha accolto la notizia della sua nomina con entu-siasmo e voglia di mettersi in gioco. Nella vita fa la docente, più che un lavoro una vera vocazione per l’inse-gnamento, che le dà la consapevo-lezza di quanto nella vita gli esami non finiscano mai. “Non è un punto d’arrivo, l’essere diventata delegata Ais, semmai un punto di partenza - dichiara -. Ci ho messo l’anima per imparare, tempo e fatica. In fondo la mia nomina è un buon esempio per tutti, perché signi-fica che con lo studio e la passione, si possono varcare nuovi confini. Raccolgo il testimone da Nives Cesa-ri, storica delegata di Bergamo, rin-graziandola per tutto ciò che in que-sti anni mi ha insegnato, rivolgendo un pensiero anche a Italo Castelletti, che ho avuto la fortuna di conoscere e che mi ha trasmesso la passione per questo settore”. È cresciuta in una famiglia dove il vi-no era di casa? “No, tutt’altro, i miei erano quasi astemi, quindi il vino l’ho scoperto tardi. Mia madre è tuttora un po’ per-plessa su questa passione. Sono

convinta che sia orgogliosa, anche se non lo dice apertamente. Mentre il nonno, da quanto mi hanno raccon-tato, era una specie di sovversivo, uno che ne capiva anche di vino, oltre che di altro. Si vede che l’attrazione per il mondo del vino ha saltato una generazione, passando direttamen-te a me!”. Quindi quando nasce questa pas-sione?“In età adulta, durante gli studi uni-versitari. Per un periodo ho vissuto in Francia, nella regione della Loira, e proprio lì ho cominciato a girare per vigne e produttori. Poi, circa una deci-na d’anni fa, ho frequentato il primo corso Ais e dopo qualche anno sono diventata sommelier”. A chi dice “grazie”? “A Lucio Marinelli, dirigente scolasti-co di Calusco D’Adda. Ricordo che ero diventata da poco docente di ruolo e, parlando di questa passione con delle colleghe, era sembrato loro quantomeno “strano” che una don-na, per di più insegnante, si interes-sasse di vino. Mentre Marinelli, fuori da qualunque pregiudizio, fu il primo a dirmi di andare avanti a coltivare questa passione. Anzi, grazie a lui quella che soli dieci anni fa poteva sembrare una “stranezza” - una don-na che beve vino - è stata capita per quello che è: passione e cultura”. Ne parla coi suoi studenti?

«Bergamo deve avere un luogo dove promuovere tutti i vini del territorio»

"S

Parla la nuova delegata dell'Ais provinciale, Roberta Agnelli: "Uno spazio fisico sarebbe utile per far conoscere i nostri prodotti anche ai turisti e aprire i mercati esteri”. "Serve però una vera coesione tra le realtà produttive, le associazioni e le istituzioni. Sarebbe la svolta per una più efficace promozione"

“Le mie tre passioni sono l’insegnamento, i libri e il vino. Per certi versi sono interessi simili, perché possono crescere e svilupparsi attraverso il tempo e la dedizione"

Roberta Agnelli, nuova delegata dell'Ais di Bergamo (foto Lorenzo Iorino)

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“Certamente, anzi, da quando sono diventata sommelier, parte del mio metodo d’insegnamento è cambiato. Quando spiego ai miei bambini qual-cosa sul nostro Paese, dalla storia alla geografia, parlo anche della ter-ra e delle nostre tradizioni vinicole. Non entro ovviamente nello specifi-co dei vitigni, ma cerco di trasmet-tere loro l’amore per questa cultura secolare”. E sulla Lombardia vinicola, cosa di-ce?“Innanzitutto che la viticoltura è pre-sente. I testi di geografia della prima-ria e della secondaria, infatti, descri-vono la Lombardia come una regione a vocazione quasi esclusivamente industriale. Così i nostri bambini cre-scono con l’idea che nella nostra re-gione non ci siano più i contadini, quando al contrario i lombardi non hanno mai abbandonato questa anti-ca vocazione. Nelle ultime riedizioni dei testi scolastici ho fortunatamen-te notato qualche piccolo cenno in più, ma credo che siano tematiche legate alla nostra tradizione, che me-riterebbero maggiore attenzione”. Vitigni preferiti?“Non posso dirlo, non sarebbe giu-sto”. Piccola mania da sommelier?“Annusare gli odori della cantina, in particolare quelli provenienti dai le-gni delle botti. L’odore che sento mi dà l’idea di come lavori il produttore. È come un vestito. Nulla di scientifi-co, chiaramente, ma spesso gli odo-ri che sento in cantina rispecchiano, nel bene o nel male, il vino di quel viticoltore”.Chiunque può cominciare ad apprez-zare un vino, anche chi non ha un “buon naso”?

“Ma certo, soprattutto perché un buon vino non ha bisogno di nulla per esprimersi. Lo versi, lo fai respi-rare e dopo un po’ senza che tu fac-cia niente, comincia a parlare. La co-sa difficile, semmai, è saper ascolta-re, ma questo vale per tutte le cose davvero importanti della vita”. Venendo ad altro, lei fa parte delle “Signore della Valcalepio”, cosa ri-tiene che serva al nostro territorio per promuovere meglio i suoi pro-dotti?“Serve vera coesione tra tutte le re-altà produttive, le associazioni e le Istituzioni. E’ chiaro che è un po’ co-me “inventare l’acqua calda”, ma se riuscissimo a farlo davvero, sarebbe la svolta per promuovere il vino, il territorio e, più in generale, la cultu-ra bergamasca. Servirebbe, inoltre, un luogo fisico in cui i turisti possano conoscere, provare e acquistare tutti i vini del territorio. Sarebbe un buon modo per veicolare i nostri prodotti e farli conoscere anche agli stranieri”. Come ha accolto la notizia della su-a nomina a delegata di Bergamo?“Con grandissimo entusiasmo. La mia candidatura è stata proposta dai colleghi sommelier con cui ho sempre fatto servizio. Il nostro è un gruppo di lavoro molto affiatato e so-no certa che continueremo a fare belle cose assieme”. A chi dedica questo traguardo?“A nonna Angelina, che per motivi di salute doveva consumare dei succe-danei, come l’orzo al posto del caffè, ma che appena poteva mi diceva: “Un goccio di vino e caffè, ma di quello buono!”. Ecco, lei che era una buongustaia sa-rebbe stata fiera di me”. Un’insegnante prestata alla

sommellerie, crede che la sua pro-fessione inciderà in qualche modo sulla delegazione?“Le mie tre passioni sono l’insegna-mento, i libri e il vino. Per certi versi sono interessi simili, perché posso-no crescere e svilupparsi attraverso il tempo e la dedizione. Per questo vorrei che il mio periodo da delegata si ricordasse per aver diffuso la cul-tura del vino attraverso i corsi e le serate di degustazione”. Qualche anticipazione sulla prossi-ma stagione?“A ottobre riparte il secondo livello e molto presto pubblicheremo il ca-lendario delle serate. Vorrei organiz-zare un buon numero di incontri a prezzo contenuto, con percorsi sen-soriali legati ai territori e ai vitigni, e qualche serata speciale con vini più ricercati”. Per finire, perché il suo motto è “so-ta coi bicér”?“Perché bisogna bere per conoscere il vino. Quello che consiglio è di pro-vare, provare e provare ancora, sen-za eccedere ovviamente, ma con la curiosità di chi vuole sperimentare. Non sentitevi mai arrivati, siate cu-riosi e lasciate parlare il vino: sôta coi bicér!”.

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sempre fatto servizio. Il nostro è un gruppo di lavoro molto affiatato e so-no certa che continueremo a fare

A chi dedica questo traguardo?“A nonna Angelina, che per motivi di salute doveva consumare dei succe-danei, come l’orzo al posto del caffè, ma che appena poteva mi diceva: “Un goccio di vino e caffè, ma di quello buono!”. Ecco, lei che era una buongustaia sa-

Un’insegnante prestata alla

coi bicér!”.

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di Leonardo Bloch

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TRADIZIONI

Il brodo nero dei contadini

entenziano ieraticamente le guide ga-stronomiche che l’unico depositario delle chiavi d’accesso all’Elisio del “cacio e pepe” sia l’inossidabile An-tonello Colonna, o che il casato mon-ferrino degli Alciati abbia esclusivo ti-tolo a fregiare il proprio blasone di un agnolotto del plin. In realtà la quasi la-palissiana raccomandazione di avva-lersi, per assaporare al meglio le spe-cialità regionali, di un autorevole in-terprete del territorio è vecchia alme-no di venticinque secoli. Narrano in-fatti Cicerone e Plutarco che il tiranno siracusano Dionigi, ammaliato dalla fama del leggendario brodo nero dei Lacedemoni, avesse convocato un cuoco addirittura da Sparta affinché la misteriosa minestra gli fosse quan-to più acconciamente imbandita. Preceduta forse da troppo elevate aspettative, la torbida zuppa a base di vino scuro e sangue di porco suscitò tuttavia il risentito ribrezzo dell’auto-crate, che non esitò a manifestare le proprie rimostranze al cuciniere tan-to laboriosamente reperito. Tutt’altro che intimorito, questi lamentò a pro-pria discolpa l’indisponibilità di due condimenti reperibili esclusivamente nella riottosa città-stato da cui pro-veniva. Più in dettaglio, lo scaltro cre-denziere precisò che le salse cui allu-

deva erano l’esercizio fisico dei giochi atletici e le ritempranti abluzioni nelle gelide acque dell’Eurota, a sottende-re che, dinnanzi ad un sincero e robu-sto appetito, anche un così poco in-vitante intruglio finisse per risultare grato al palato.Quella dell’iracondo despota siculo non fu certo l’unica curiosità illustre ad essere suscitata dalla storica vi-vanda spartana. Dopo lunghi e labo-riosi studi, all’alba del diciottesimo secolo l’insigne grecista francese An-na Dacier riuscì a recuperare la ricet-ta dell’arcaica sbobba, celebrandone la riscoperta con un banchetto che vi-de la partecipazione dei più eminenti cultori di lettere classiche dell’epoca. Pur ignorando se la portata d’onore avesse raccolto il gradimento degli eruditi commensali, dalla diabolica penna del camaleontico Olindo Guer-rini siamo comunque ragguagliati che

“le conseguenze del dotto convivio fu-rono velocemente purgative”. A dispetto dell’incontrastata celebri-tà letteraria, per lungo tempo l’epi-co brodetto Lacedemone stentò ad affermarsi come fonte d’ispirazione culinaria. Dagli antichi romani le mi-nestre che non fossero a base di ce-

S L’uso di allungare le minestre con una generosa aggiunta di vino rosso è ancor oggi tutt’altro che estinto. Una tradizione che ha radici molto lontane e che era in diffusa anche nella Bergamasca

Teofilo Folengo

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Riconoscimento alla nostra

collaboratrice Giordana Talamona

Lo scorso 29 luglio, al Circolo Antico Tiro a Volo di Roma, s'è tenuta la seconda edizione del Premio Internazionale Meronis, promosso e organizzato da Cantina Moronia per premiare illustri personaggi che, nella propria professione, si siano distinti nella valo-rizzazione del patrimonio enogastronomico italiano. Numerosi i premiati. Per la categoria Cucina e vino lo chef del noto ristorante Sushisen di Roma, Eiji Yamamoto. Per la sezione Televisione e vino, Eleo-nora Daniele, per anni volto storico di LineaVerde, e Francesca Barberini, volto storico di Gambero Rosso Channel. Per la sezione Cultura e Vino, la sommelier Adua Villa e Riccardo Cotarella, da sempre tra i più prestigiosi enologi al mondo e presidente di Assoe-nologi. Per la sezione Turismo e vino Carlo Esposito, restaurant manager dell’Hotel 5 stelle Tragara di Capri. Ancora per Turismo e vino, Elena Martusciello, presidentessa dell’associazione nazionale Donne del Vino. Per la sezione Giornalismo e vino, Francesca Romana Maroni, ad della Guida Maroni, la guida dei migliori vini italiani. Ancora per Giornalismo e vino, Giordana Talamona, giornalista apprezzata per il suo impegno nel far conoscere il vino attraverso il mondo dei media. Esperta di enogastronomia, Talamona collabora con diverse testate del settore, tra le quali ViniPlus, periodico dell'Ais Lombardia e Affari di Gola. Ancora nella sezione Giornalismo e vino, Gian Marco Chiocci, direttore de Il Tempo. Per la categoria Inter-nazionalizzazione e vino, Simona Frignani, segretaria generale della Camera di Commercio Italia-Inghilterra, e Michele De Gasperis, presidente della CdC italo-mongola. Per la categoria Storia e vino, Gaetano Pascale, presidente di Slowfood. Per Imprenditoria e vino, Giacomo Campora, direttore generale Allianz, e infine il presidente del Circolo Antico Tiro a Volo Miche-le Anastasio Pugliese.

reali erano infatti accolte con aperta diffidenza, mentre nel corso del Medio evo la cucina nobiliare, attenta ai colori prima ancora che ai sapori, aborriva le pietanze dalle tonalità cromatiche più cupe. All’origine di questa avversione v’erano i dettami della dottrina medica gale-nica, imperante in Europa dalla tarda età classica sino alla rivoluzione cinquecentesca di Paracelso. Secondo gli epigoni di Galeno, l’assunzione di alimenti dalle tin-te scure finiva appunto per stimolare la secrezione di

quello che era ritenuto il più depres-sivo e corrompente tra gli umo-

ri corporei, ovverosia la bile nera - cui peraltro si ricol-lega l’ancor attuale locu-zione dell’ “essere di umo-re nero”. Per un’originale rivisitazione della ricetta spartana bisogna dunque

attendere gli afflati neoclas-sicisti del rinascimento, che

anche nel dominio della gastrono-mia promossero il riavvicinamento ai mo-

delli dell’antichità greca e latina, e l’avvento nel sedice-simo secolo del più colto tra i cucinieri d’ogni epoca, il ferrarese Cristoforo di Messisbugo. Questi nel suo Libro novo offrì diverse ricette di bro-di neri - generalmente in abbinamento alla selvaggina - elaborati a partire da una base di vino speziato. Ma la sempre vigile fronda maccheronica non poteva cer-to esimersi dal fare il verso agli aulici manicaretti dello scalco estense: dagli strampalati esametri del coevo Teofilo Folengo esce infatti l’irriverente minestra di pap-pardelle in brodo che nella Zanitonella la villica Tomma-sina tingeva d’ebano mescendo direttamente dal fiasco alla scodella. E v’è ben da credere all’ineffabile Merlin Cocai - inesauribile miniera di informazioni sull’alimen-tazione tardomedievale e protomoderna - quando anno-ta che la zotica, dopo averne sorbite la bellezza di cin-que ciotole, “parlando stabat alegra”. L’uso campagno-lo, riferito dal poeta mantovano, di allungare le minestre con una generosa aggiunta di vino rosso è ancor oggi tutt’altro che estinto, a partire proprio da quel bevr’in vin - noto anche come sorbir d’agnoli - che rappresenta forse la più inconfondibile icona gastronomica delle ter-re folenghiane. Ancor più arditamente, nella Langa asti-giana gli agnolotti vengono talvolta serviti direttamente nella mordace e sanguigna barbera d’alta quota che si vinifica da quelle parti. Anche nel contado bergamasco, sino a qualche generazione fa, il minestrone d’ordinan-za del desinare serale era di regola beneficiario di una tanto corroborante correzione. Ai nostri antenati non fa-cevano certo difetto gli essenziali condimenti di cui lo stizzoso Dionigi era sprovvisto: le fatiche del lavoro nei campi, ancora più aspre di quelle dei giochi atletici, e le algide acque di rogge e sorgive, non meno gelide di quelle dell’Eurota. E c’è da giurare che - come accadeva alla Tommasina di cinque secoli fa - dopo qualche fon-dina del loro rustico brodo nero, pure ai nostri bisnonni riuscisse assai facile conversare amabilmente.

Giordana Talamona ritira il premio "Meronis"

Premio Internazionale Meronis

quello che era ritenuto il più depressivo e corrompente tra gli umo

ri corporei, ovverosia la bile nera - cui peraltro si ricol

spartana bisogna dunque attendere gli afflati neoclas

sicisti del rinascimento, che anche nel dominio della gastrono

mia promossero il riavvicinamento ai mo

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di Lara AbratiL’ITINERARIO

Quelli che sul Bitto ci mettono la "faccia"

L a buona volontà non deve mancare per raggiungere il Passo San Marco da città e dintorni. Dopo aver percorso tutta la valle Brembana sino a Mezzoldo, si deve affrontare l’ultimo tratto di salita e, dopo alcuni tornanti, ci si trova attorniati da pascoli e da una vista mozzafiato. Il viaggio vale assolutamente la pena perché non è solo la vista che se ne giova, ma anche l’olfatto e le papille gustative! Molte le tipologie di formaggio prodotte negli alpeggi dell’Alta Valle Brembana, ma nella zona del Passo San Marco è il Bitto Storico a fare da padrone. A fargli compa-gnia ecco la famosa “mascherpa”, una particolare ricotta pro-dotta a partire dal siero ricavato dalla lavorazione ed estrazio-ne del formaggio dalla caldaia. L’alpeggio è in genere molto vasto; è formato dai prati dove vengono lasciati a pascolare gli animali e dalla casera, in cui viene lavorato il latte. L’atto di andare in alpeggio è detto “ca-ricare l’alpeggio” e, nella zona del Passo San Marco, questo avviene verso la seconda metà del mese di giugno in relazione alla presenza di neve e alle condizioni del pascolo. Man mano che la stagione prosegue, gli alpeggiatori salgono di quota con gli animali e, qualora le condizioni di trasporto del latte siano difficoltose, anche la lavorazione del latte avviene a quote più elevate, in altre baite oppure nei calecc, piccole costruzioni for-mate da muretti a secco, senza il tetto, adibite alla trasforma-zione del latte in formaggio Bitto; la copertura è formata da un telo che, man mano, viene spostato con la caldaia da un ca-lecc all’altro, in base alla posizione della mandria. «Un tempo – spiega Rocco Fognini, impegnato con il nipote Lino sull’alpe Parissolo – gli alpeggi si misuravano in paghe. Una paga equi-valeva a una mucca oppure a due manze o a tre vitelli. Gli al-levatori che d’estate salivano in alpeggio si dividevano così lo spazio, potendo quindi portare un numero massimo di capi in relazione alle paghe che erano state attribuite loro». Tempi dilatati, fatica, routine, sole che illumina le piccole case-re e fredda pioggia battente nelle brutte giornate: queste alcu-ne parole d’ordine della quotidianità degli alpeggiatori. La vita in alpeggio è caratterizzata dalla sana fatica che si legge negli sguardi di questi giovani, senza telefono e senza orologi, ma dotati di beni ben più grandi, la capacità di sorridere e la sem-plicità degli umili.Il Bitto Storico è una vera chicca casearia, caratterizzata dalla presenza di un’associazione che ne segna le linee guida per la produzione. L’associazione raggruppa circa 15 soci che ca-

ricano gli alpeggi tra la Val Gerola e il passo San Marco, in Alta Valle Brembana. È un formaggio a pasta semi-cotta prodotto a partire da latte vaccino crudo e intero, un formaggio grasso che viene stagionato minimo 70 giorni prima di essere messo in vendita. Uno degli obblighi consiste nell’aggiungere al latte vaccino almeno un 10% di latte di capra. Il Bitto Storico può raggiungere stagionature molto lunghe nel tempo; è cura e compito della sensibilità e dell’esperienza di ogni alpeggiatore selezionare le forme migliori da destinare alle lunghe stagiona-ture. Questo formaggio viene prodotto da latte proveniente da bovini alimentati con sole erbe spontanee di alpeggio, infatti viene prodotto esclusivamente nel periodo estivo. La crosta deve essere costantemente pulita e curata, così come i rivolta-menti. La forma è cilindrica con uno scalzo leggermente conca-vo. La pasta è leggermente gialla, più carica di colore se la sta-gionatura viene prolungata. I carotenoidi presenti nelle erbe spontanee di montagna incidono molto sul colore del formag-gio. Il latte viene lavorato appena dopo la mungitura, due volte al giorno. Dal siero viene prodotta la mascherpa, una partico-lare ricotta grassa che può essere consumata fresca oppure salata e stagionata, da grattuggia o da mangiare a scaglie. La sua produzione prevede un ulteriore riscaldamento del siero e l’acidificazione mediante l’utilizzo dell’agra, il siero acidificato delle lavorazioni precedenti. Si tratta di una ribellione da parte di questi produttori, che da secoli realizzano questo formaggio nelle valli del Bitto, alla “in-dustrializzazione” e standardizzazione del processo che ha in-vestito la Dop. Il formaggio prodotto in alpeggio, in condizioni quasi estreme, avrebbe diritto a una maggiore tutela, pena la

Tra scenari mozzafiato e soste golose, al Passo San Marco si può conoscere da vicino la vita dell’alpeggio e incontrare giovani che non temono la fatica e i ritmi della natura. Qui nasce il Bitto Storico, che su ogni forma porta inciso il nome del produttore

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sparizione di questa attività. Il Bitto Storico è anche presidio Slow Food e la sua promo-zione è curata da Paolo Ciapparelli, fondato-re del “tempio del Bitto” a Gerola Alta, dove è possibile acquistare il formaggio oppure semplicemente assaggiarlo, accompagna-to dagli ottimi vini valtellinesi. Le forme di-sposte a stagionare possiedono inciso il nome dell’alpeggio in cui sono state pro-dotte, un vero e proprio marchio che testi-monia la disponibilità di questi produttori a “metterci la faccia”, a garanzia della qualità della loro produzione. La maggior parte dei produttori di Bitto Storico proviene comun-que dalla Valtellina, in particolare da Mor-begno e dintorni, dove vivono e lavorano il resto dell’anno. Rispetto a quello che si potrebbe pensare, sono molti i giovani che, seguendo le orme dei genitori e non, hanno deciso di continuare con l’attività dell’alpeg-gio. Perché non andare a trovarli non rinun-ciando a una bella passeggiata e a una so-sta golosa nei rifugi del passo San Marco? Gli alpeggiatori si possono trovare a ridosso del passo, ma anche sui piani dell’Avaro e sul sentiero delle casere, con partenza da Mezzoldo. Di seguito tre possibilità, per i più allenati, ma anche per chi non vuole rinun-ciare alla comodità dell’auto o della moto.

settembre 2014

In quota c’è l’intera famigliaAzienda Agricola F.lli Duca

Carlo Duca

L’alpeggio Ancogno Soliva, dove opera Carlo Duca con tutta la sua famiglia, è facilmente raggiungibile dalla stra-da per il passo San Marco. Ci si arriva in auto e i suoi formaggi si possono acquistare anche in una piccola baita prima di arrivare alla casa Cantonie-ra. Non è necessario quindi munirsi di scarponi per conoscere Carlo Duca, classe 1981, alpeggiatore dalla na-scita. «Quest’alpe – spiega Carlo – è caricata dalla mia famiglia da molti an-ni. Ci lavoriamo praticamente tutti, da mio papà Aldo a mia mamma. Ci sono anche mio fratello Luigi e mia sorella Rita». Oltre alla famiglia Duca, lavora in alpeggio anche la compagna di Car-lo, Erica Mazzola, con la piccola Anita. Curiosa la storia di Erica, originaria di Mozzo, con una laurea in lingue, ca-sualmente si trova a lavorare nel pe-riodo estivo in un bar della zona di Cu-sio. «Un po’ per scherzo - spiega Erica - ho iniziato a passare qualche giorno

in alpeggio, con gli alpeggiatori locali e non me ne sono più andata». Dopo aver conosciuto Carlo, lei e le sue ca-pre sono diventate parte integrante della famiglia Duca e dell’azienda di famiglia. L’azienda conta 40 bovini e 21 capre e ha sede a Talamona (So) in Valtellina. Stanno in alpeggio da metà giugno a metà settembre per la produ-zione del Bitto Storico; Carlo Duca è membro infatti dell’associazione che tutela il formaggio Bitto prodotto in al-peggio. Le lavorazioni del latte attua-te nel corso della giornata sono due, a seguito di ogni mungitura. Dopo la produzione del formaggio, la mattina il siero viene riscaldato e acidificato per la tradizionale produzione della mascherpa; la sera invece, il siero vie-ne centrifugato per la produzione del burro. L’azienda è ben visibile dalla strada grazie a un’insegna rustica in legno che segnala la vendita di for-maggi e ricotta.

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Azienda Agricola Fognini Roberto, Rocco e Lino

«La produzione estiva è tutto per noi»Per chi vuole fare una passeggiata in montagna, con scarponcini, ma sen-za faticare troppo, è consigliata una visita a Lino Fognini, che insieme al-lo zio Rocco e a Primo, fidato aiutan-te, carica l’alpe Parissolo. Questo al-peggio è un poco diverso da Ancogno Soliva, infatti è praticato un alpeggio “nomade”, che prevede non solo lo spostamento degli animali, ma an-che degli alpeggiatori stessi, di baita in baita. Lino e la sua mandria arriva-no fino a quasi 2.000 metri di altitu-dine e, nel corso della stagione, com-piono più spostamenti. Le baite “alte” sono poco più che dei calecc, in cui si mangia, si dorme e si lavora anche il latte e dove è il fumo a fare da padrone. Non era infatti pre-vista la presenza dei camini perché sarebbero stati facilmente distrutti dalla neve invernale. «Tutti qui hanno cominciato a venire in alpeggio all’e-

tà giusta», spiega Rocco Fognini. Già, ma quale è l’età giusta per iniziare l’alpeggio? «Sette anni!» replica mol-to spontaneamente. «Venire in alpeggio – dice Lino – per me significa dare un valore aggiunto alla produzione. Puntiamo molto al-la produzione estiva del formaggio, tanto che nel periodo invernale il lat-te lo conferiamo alla latteria e non lo

trasformiamo direttamente. Il ritorno di reddito del periodo estivo è molto importante per garantirci il sostenta-mento e anche spronarci al ritorno in alpeggio. Diversamente gli alpeg-gi verrebbero abbandonati e la mon-tagna con loro. Importantissima per produrre un formaggio di alta qualità è l’attenzione al benessere anima-le e alla pulizia, tutte cose da siste-mare di anno in anno per migliorare sempre più». C’è lungimiranza quindi nelle parole di Lino Fognini, che vor-rebbe caricare l’alpeggio ancora per molti anni, vista anche la sua giova-ne età, classe 1985, sposato con tre piccoli bimbi. Produce essenzial-mente Bitto Storico e la mascherpa. Nel periodo invernale i suoi animali sono sistemati nella stalla a Morbe-gno (So), dove è possibile continuare ad acquistare il formaggio prodotto d’estate.

L’ITINERARIO

Azienda Agricola Sonia Marioli

Il perito meccanico conquistato dai pascoli: «Non è un lavoro,

è uno stile di vita»Per gli amanti delle escursioni in montagna, potrebbe es-sere un’ottima occasione per unire una scarpinata e una sosta golosa. Da Mezzoldo, in particolare dal rifugio Ma-donna delle Nevi, parte il sentiero delle casere, con segna-via CAI n. 111 che poi si dirama nel n. 101. Seguendo que-sto sentiero si percorre idealmente il tragitto di Alfio Sas-sella e dalla sua mandria. Prima di iniziare il cammino, ci si può fermare al vicino ristorante Genzianella dove si può trovare Sonia, moglie di Alfio e titolare dell’azienda stes-sa, che oltre a vendere formaggio e mascherpe di propria produzione, può fornire importanti indicazione sulla preci-sa posizione di Alfio. Anche lui è un alpeggiatore “noma-de” che nel periodo estivo arriva a superare i 2.000 metri in cinque tappe. Nel mese di agosto raggiunge quelle più alte per poi ripercorrerle nello scendere verso Mezzoldo. Perito meccanico, Alfio non proviene da una famiglia di al-peggiatori. All’età di 20 anni ha caricato il suo primo al-peggio con Guido, il papà di Sonia. «Lui faceva il casaro,

sia in latteria a Talamona che in alpeggio. Aveva passato anche dei periodi a lavorare nella vicina Svizzera, sempre come casaro. Per circa 20 anni ha caricato l’alpe Pevena ad Albaredo», ricorda Alfio, che ora ha 44 anni ed è quindi il suo 24esimo alpeggio. Accompagnato dalla moglie So-nia e dagli aiutanti Mosè e Fortunato, prepara Bitto Sto-rico e mascherpa con il latte prodotto dalle 35 vacche in lattazione e dalle 60 capre orobiche. Una parte del latte di capra viene aggiunta anche al siero per la produzione del-la mascherpa. Nel periodo invernale conduce una stalla a Talamona (So), lavorando in proprio il suo latte. «Per me il venire in alpeggio non è un lavoro, ma un vero e proprio stile di vita. L’alpeggio e gli alpeggiatori sono stati dimen-ticati per due o tre decenni, ora l’attenzione e la visibilità di questo tipo di attività sta crescendo» conclude, prima del saluto finale.

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Antico non è solo il formaggio (pare sia nato tra le popolazioni celtiche e il nome derive-rebbe da “bitu”, ossia “perenne”), ma anche la manifestazione che lo celebra. Raggiunge infatti la 107esima edizione la Mostra del Bit-to di Morbegno, rassegna che partendo dal re dei formaggi valtellinesi accende i riflettori anche su tutti gli altri prodotti tipici della filie-ra agroalimentare locale, l’artigianato artisti-co, le tradizioni e il folclore. L’appuntamento è sabato 18 e domenica 19 ottobre nel cen-tro storico della bella cittadina, per un percor-so goloso che si snoderà a partire dalla stori-ca piazza Sant’Antonio, dove verrà posiziona-to il “calecc”, la struttura mobile in cui antica-mente i casari in alpeggio si dedicavano alla lavorazione del Bitto. Nel calecc si svolgeran-no con continuità le lavorazioni tradizionali del formaggio, la degustazione della cagliata e la lavorazione della ricotta. Nata all’inizio del secolo scorso per premiare le forme migliori prodotte in estate sugli al-peggi, la Mostra del Bitto prendeva il via pro-prio in piazza Sant’Antonio, dove i casari e gli abitanti delle valli si incontravano in autunno per vendere e acquistare le pregiate forme, che venivano consumate durante l’inverno o fatte stagionare per anni. Come da tradizione anche in questa edizione saranno selezionati, da una giuria di esperti assaggiatori, il miglior Bitto Dop e il miglior Valtellina Casera Dop prodotti durante l’an-no. Si potrà poi andare a spasso alla scoperta di tutte le altre eccellenze enogastronomiche valtellinesi, visitando gli angoli più suggestivi, le viuzze più antiche e i nobili palazzi in quel-la che è stata definita una vetrina interattiva e degustativa, un’immensa aula didattica a cielo aperto per scoprire le “mille forme del Bitto”, tra produzione in diretta del formag-gio nelle grandi “caldere”, show cooking degli chef, street food, pranzi e cene “a Km 0” nelle tradizionali cantine del centro di Morbegno, la fattoria didattica e l’area “green”.

Info: www.mostradelbitto.com

E a Morbegnoi “rivali” lo celebrano con la mostra centenaria

L’EVENTO

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Non può mancare una sosta golosa vista la ricchezza ga-stronomica che questa zona, a cavallo della Valle Bremba-na e della Valtellina, offre. Prima dell’arrivo al valico del passo San Marco, si incon-tra il rifugio Passo San Marco 2000, nato nel 1995 dalla vo-lontà e dall’impegno di Clau-dio Balicco. Attualmente è gestito con entusiasmo dalla moglie Antonella Salvini e dal-le figlie Serena, classe 1989, e Silvia, classe 1982. Il rifu-gio dispone della zona bar, del ristorante e anche di alcune camere. «In cucina lavoriamo io e mia sorella Silvia - spiega Serena –, siamo entrambe di-plomate all’Ipsar di San Pelle-grino Terme con indirizzo cuci-na». Serena si dedica di più ai dolci, mentre Silvia al resto. Grande attenzione è riservata alla scelta di fornitori e mate-rie prime, «quello che possia-mo reperire in loco - racconta

ancora Serena – preferiamo acquistarlo dai produttori lo-cali. Ad esempio salumi e car-ni li acquistiamo da un arti-giano macellaio di Talamona (So), mentre erbe spontanee e frutti di bosco li raccogliamo noi». Tutte le paste sono fatte in casa così come le confet-ture di mirtilli e lamponi. As-solutamente da assaggiare i piatti a base di erbe sponta-nee come i cornagì o il parùc. Da non sottovalutare la lista dei dolci, con 15 possibilità di scelta tutti i giorni, tra semi-freddi, crostate, strudel e tor-te. Un’attenzione particolare anche agli intolleranti al glu-tine. Il posto merita davvero una sosta, meglio in settima-na, quando l’affluenza è mi-nore. Il rifugio rimane aperto tutto l’anno. Nel periodo esti-vo tutti i giorni (dall’apertura alla chiusura del passo San Marco); in inverno tutti i fine settimana.

Dove mangiare/ Rifugio Passo S. Marco 2000

Imperdibili i piatti con le erbe spontanee

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Birra nei bar e ristoranti,la Quattroerre fa il punto

A l via la settima edizione della Rassegna Birrogastronomi-ca firmata dall’azienda Quattroerre di Torre de’ Roveri. “La birra nel fuori casa” sarà il tema centrale dell’appuntamen-to - in programma il 6 e il 7 ottobre prossimi - volutamente pensato per mettere in rilievo le differenti occasioni di con-sumo in cui la birra è presente, dal pub al bar per passare alla pizzeria fino ad arrivare alla ristorazione tradizionale e moderna. Importante novità di questa edizione sarà la sala di degu-stazione che si fa in tre per sottolineare la valenza commer-ciale del prodotto. Area birra: saranno presenti otto birrerie europee con un proprio corner e un banco di degustazione Quattroerre de-dicato alle specialità nazionali e internazionali.Area bar: dedicata al bere miscelato con cocktail a base di birra proposti dal barman Sebastiano Garbellini e con l’op-portunità di stare dietro il banco con lui per realizzare la pro-pria ricetta e proporla al pubblico. La distilleria Roner pre-

senterà i propri prodotti e sarà da trait d’union tra il mondo della birra e quello degli spirits.Area ristorazione: concepita come un vero e proprio risto-rante, con tanto di tavoli, vi si potrà degustare il piatto tipi-co italiano per eccellenza, da sempre parte di un matrimo-nio birrogastronomico molto felice: la pizza. Il forno a vista farà da sicuro richiamo per coloro che vorranno provare abbinamenti collaudati, ma pure inediti con le pizze di ten-denza firmate dallo chef-pizzaiolo Tiziano Casillo, docente dell’Accademia del Gusto - Ascom Formazione, ente part-ner dell’evento.“Abbiamo nuovamente deciso di investire ingen-ti risorse umane ed economiche nel progetto lega-to a una formazione globale per titolari di ristoranti e bar - afferma Giampietro Rota, presidente della 4R -. Come sempre, noi non vogliamo solo vendere un prodotto, ma siamo convinti che sia fondamentale essere competen-ti e capaci di gestire al meglio l’attività di somministrazio-

Il 6 e il 7 ottobre la settima edizione della rassegna Birrogastronomica promossa dalla società di Torre de’ Roveri. Giampietro Rota: «Un preziosomomento di formazione per gli operatori professionali»

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ne. La nostra rassegna rappresenta dal 2005 un momento fondamentale di confronto tra professionisti del settore, ot-tenendo da diversi anni il patrocinio della Camera di Com-mercio di Bergamo, della Provincia e dell’Ascom”.Nelle giornate di lunedì 6 e martedì 7 ottobre, dalle 10.30 alle 18.30, gli ospiti potranno svolgere degustazioni libere ed assistite. Le otto birrerie selezionate andranno ad offrire le loro spe-

cialità alla spina presso la propria postazione, mentre le bir-re in bottiglia potranno essere degustate nell’area comune predisposta e gestita direttamente dalla Quattroerre. Nel Centro di Formazione dell’azienda, adiacente allo spa-zio dedicato alla rassegna, si svolgeranno invece i classici incontri tra professionisti dove le tematiche affrontate ser-viranno per approfondire i temi cruciali della rassegna stes-sa. In entrambe le giornate, alle 11, Tiziano Casillo terrà un incontro informativo/formativo per raccontare le pizze di tendenza e presentare al meglio le opportunità di interes-santi abbinamenti con le birre. Alle 15,30, invece, Seba-stiano Garbellini terrà un approfondimento dedicato al ser-vizio delle birre all’interno dei locali.

Partner dell’evento 2014 - Partner della settima Rassegna Birrogastronomica è l’Accademia del Gusto, un centro di formazione dedicato all’enogastronomia. La scuola rappresenta il coronamento degli sforzi e del-la professionalità acquisita nel settore della formazione dall’Ascom - Confcommercio di Bergamo, che da tempo è attiva nella promozione della cultura gastronomica. I docenti sono selezionati per garantire la massima effica-cia di apprendimento. Per informazioni, o per visitare i laboratori, contattare la se-de dell’Accademia al numero 035.41.85.706.

PROGRAMMA

lunedì 6 ottobre 2014martedì 7 ottobre 2014

SALA DEGUSTAZIONEdalle 10,30 alle 18,30• Degustazioni libere di birra di otto birrerie europee, sia alla spina che in bottiglia• Degustazioni libere delle varie interpretazioni di pizza in pala • Degustazioni guidate di drink aventi quale ingrediente la bir-ra a cura di:

- Sebastiano Garbellini - distillerie atesine Roner

SALA FORUMalle ore 11,00• Presentazione da parte di Tiziano Casillo (Accademia del Gusto - Ascom Formazione) delle “pizze in pala alla romana”, una tendenza di prodotto molto apprezzata dal pubblico e par-ticolarmente interessante, in termini di redditività, per chi la produce.alle ore 15,30• Approfondimento da parte di Sebastiano Garbellini sulle ragioni che fanno dell’apparente semplice gesto della mesci-ta della birra la costante assoluta per il raggiungimento della qualità sotto tutti i punti di vista del servizio.

Info: 035.580.701 oppure www.quattroerre.com

Assessorato Urbanistica, Agricoltura, Ambiente e Tutela risorse naturali

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APPUNTAMENTI

Un giro gastronomico tra le regioni d’Italia organizzato sotto casa. È il progetto dell’Associazione Csi C'Entro Parrocchiale Ogna di Villa d’O-gna che ogni anno, nell’ultimo fine settimana di settembre, organiz-za un tuffo nei sapori e nell’artigianato tipico di un diverso territorio. Dopo Friuli, Marche e Valle d’Aosta, sarà la Liguria la protagonista della “Festa della Natura”, in programma sabato 27 e domenica 28. Il clou è nel pranzo della domenica nella piazza di Ogna, con un me-nù dall’antipasto al dolce tutto a base di specialità liguri. Si spazierà dalle acciughe delle Cinque Terre al tortino di piovra alla genovese con olive taggiasche, da salumi come la Prosciutta castelnovese e il salame di Sant’Olcese alla focaccia. Per proseguire con trofie al pe-sto, pansotti con salsa di noci, cima ripiena e sformato ai porcini e concludere con una mousse di amaretti di Sassello con pasticceria ligure. A questa proposta, che comprende anche l’acqua proveniente dalle fonti Bauda di Calizzano, si può abbinare una selezione di vini del territorio. La manifestazione porta anche in piazza l’artigianato ligure, stand di prodotti tipici (olio, olive, paté, dolci, salumi e formag-gi). L’ulteriore chicca di quest’anno, vista la regione ospite, è la “fo-cacciata”, in programma alle 17 della domenica. Info: [email protected]

PASSEGGIAR GUSTANDO IMBANDISCE IL CENTRO DI TREVIGLIO

Dopo otto edizioni sul Sentierone di Bergamo, si trasferisce a Treviglio “Passeggiar Gustando”, la festa del commercio e della famiglia promossa dall’Ascom e dall’Aspan. L’appunta-mento è domenica 5 ottobre lungo via Matteotti, dove oltre 50 tra dettaglianti alimentati e panificatori saranno al la-voro per preparare assaggi e degusta-zioni di prodotti e piatti della tradizione bergamasca. La giornata punta a valo-rizzare le attività del commercio tradi-zionale, il loro ruolo di servizio all’inter-no dei centri urbani, la professionalità e l’esperienza dei negozianti, questa vol-ta partendo dal capoluogo della Bassa

per coinvolgere anche i paesi vicini.Basterà passare in rassegna gli stand tra le 10 e le 18 per comporre il proprio menù, tra i salumi, formaggi, primi e se-condi piatti caldi dei gastronomi e salu-mieri, la carne alla griglia dei macellai, la frutta e la verdura dei fruttivendoli, il pane ed i prodotti da forno dei pani-ficatori, la Turta de Treì, l’acqua e i vi-ni del territorio (in collaborazione con il Consorzio Tutela Valcalepio e con la gestione della Pia Unione San Lucio). Per accedere alle degustazioni occorre acquistare appositi gettoni (il contribu-to minimo è di 5 euro per tre degusta-zioni con acqua e pane offerti) con cui “pagare” le diverse portate. Il ricavato andrà, come ogni anno, in beneficen-za. Destinatario di questa edizione è il Comitato “Due Ambulanze per la Croce rossa”, promotore di una raccolta fon-di per rimpiazzare due mezzi arrivati a fine carriera del Comitato di Treviglio e Geradadda. La festa sarà completa-ta da animazione e giochi per tutta la famiglia.

FINO AL 16 DICEMBRE 5 OTTOBRE

Un cartellone teatrale dentro ai ristoranti. Lo propone Qui & Ora Residenza Teatrale, con l’obietti-vo di portare la cultura in luoghi insoliti e mettere in dialogo l’arte ed il mondo del commercio ribal-tando la visione che vuole la pri-ma sempre bisognosa di soste-gno per mostrare invece come possa diventare un’opportunità per le attività economiche. Dal 18 settembre al 16 dicembre so-no in programma sette appunta-menti, due nell’ambito progetto Storie in Comune e cinque nella rassegna “Masticare Cultura”, realizzata all’interno della stessa cornice generale, ma in collabora-zione anche con il Comune di Tre-violo e la biblioteca coinvolgendo i locali del paese con l’obiettivo di creare azioni culturali con for-te radicamento nel territorio. Si comincia al Ristorante Parsifal di Curnasco (18 settembre) con “Zia Severina è in piedi” della compagnia Babygang. Seguono le “Lezioni di giardinaggio plane-tario” di Casa degli Alfieri - Teatro e Natura, alla Trattoria Da Nor-berto di Albegno (8 ottobre); “Me-glio tarde che mai” con Le Tarde alla Locanda del Buongustaio della Roncola (6 novembre); “A corpo libero” di Silvia Gribaudi al ristorante Dalla Padella alla Brace (4 dicembre) e “Kitchen songs” della compagnia Odemà all’Osteria Oca Bianca di Curna-sco (16 dicembre). Il costo della cena teatrale è di 25 euro per tut-te le serate. Stessa formula ma al di fuori del circuito di Treviolo si ritrova ad Osio Sopra, al bar piz-zeria Joe Koala il 26 settembre (“Fuorigioco, l’anima del quartie-re” di Comteatro, costo 15 euro) e il 22 ottobre al Ristorante Sima-gò (“Metafisica dell’amore” con Le Brugole, 30 euro).

27 E 28 SETTEMBRE / VILLA D'OGNA

WEEK END CON I SAPORI E LE TRADIZIONI LIGURI

TREVIOLO E OSIO SOPRA, CENE TEATRALI IN SETTE LOCALI

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È arrivata alla 12esima edizione la Sa-gra della patata di Martinengo, la mani-festazione con la quale il Comune del-la Bassa promuove la riscoperta delle pregiate qualità gastronomiche del tu-bero, riconosciute anche da Veronelli e protette dalla De.Co. Da domenica 21 a domenica 28 settembre sarà possi-bile pranzare e cenare nei cinque locali del paese che partecipano alla rasse-gna con menù a prezzo fisso (dai 20 ai 35 euro a seconda dell’insegna), che vedono protagonista la patata locale (a pasta bianca) interpretata in moltepli-ci varianti, dai più classici gnocchi, ro-sti, purè agli sformati fino ai muffin, in versione salata (con salsiccia e fondu-ta di Branzi) e persino da dessert (con crema di mascarpone). Le giornate di apertura e chiusura saranno animate da eventi speciali, come la biciclettata “Natura e Gusto” (domenica 21) o, do-menica 28, l’esposizione e la vendita della patate in piazza, i Laboratori del Gusto con Slow Food, la sfilata storica, le visite al borgo e la degustazione del-lo “Gnocco fritto di patata di Martinen-go con cuore di taleggio bergamsco” a cura dello chef Chicco Coria. È prevista anche una tappa a Bergamo, marte-dì 23 al ristorante Ol Giopì e la Margì con la serata “La patata di Martinengo De.Co. incontra la cucina della tradizio-ne” che vedrà la presenza anche delle istituzioni. A Martinengo i ristoranti del circuito sono Martinenghì, Agriturismo Il Campo Rosso, Caffè Centrale, 3 Lan-terne e Trattoria al Tiro. www.comune.martinengo.bg.it

Mangiare una Mela della Valle Brembana fa stare bene per una setti-mana!”. L’Associazione Frutticoltori e Agricoltori della Valle Brembana (Afavb) ha modificato così il noto detto sulla salubrità della mela ed è con questo che invita a raggiungere Piazza Brembana il 18 e 19 ottobre per la quinta “Sagra della mela e dei prodotti brembani”. A tenere banco sa-rà la vendita delle mele degli oltre 250 as-sociati, che con il loro lavoro hanno con-sentito il recupero di aree montane altri-menti destinate al degrado. Un’attività che, grazie all’impegno negli anni, ha raggiunto livelli di qualità notevoli. Le mele raccolte in Val Brembana vantano infatti una quantità zuc-cherina fra i 15 e i 16 gradi Brix, un valore importante per frutti di montagna (superiore a quello di altre rinomate zone di produzione) che conferma presenze significative di minerali, vita-mine ed altri microelementi. Alla sagra sarà possibile as-saggiare le diverse varietà coltivate - Golden delicius, Gala, Red delicius, Renetta, Topaz – e scegliere quella che piace di più. La mani-festazione fa spazio anche agli altri prodotti tipici (con stand di miele, confetture, formaggi, salumi, birre, biscotti) e propone menù a tema e concorsi gastronomici. ww.sagramela.it

AL DEBUTTO LA FESTA DEL BREMBO E DELLA TROTA

Una nuova rassegna gastronomi-ca entra nel paniere di Altobrem-bo, l’associazione che riunisce 11 comuni dell’Alta Valle Brem-bana e un’ottantina di aziende ed associazioni, già attiva con Fun-golandia e Erbe del Casaro. È la “Festa del Brembo e Sagra della Trota”, in programma sabato 4 e domenica 5 ottobre. Come nelle altre manifestazioni, coinvolge i ristoratori nella creazione di me-nù a tema, questa volta con l’o-biettivo di riaccendere i riflettori sull’attività della pesca, da sem-pre praticata in Valle. Sabato sera

a Piazza Brembana è in program-ma una grande cena a base di tro-ta, mentre la domenica si terran-no il raduno di pesca Il Trotone, di-mostrazioni di cucina e assaggi. L’iniziativa punta anche a far co-noscere le risorse idriche e l’am-biente fluviale con giochi e attività per i bambini, la visita alla centra-le elettrica di Olmo al Brembo e il giro in elicottero fino alle sorgenti del Brembo. Mercatini di prodotti tipici e artigianato locale, mostre e concorsi fotografici e di cucina completano il menù.www.altobrembo.it

DAL 21 AL 28 SETTEMBRE VAL BREMBANA

E ALLA SAGRA DELLE MELE SI ASSAGGIA IL NUOVO RACCOLTO

LA PATATA DI MARTINENGO SI CELEBRAIN PIAZZA E NEI RISTORANTI

settembre 2014

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di Laura Bernardi Locatelli

Surgelati, passione quotidiana

L a gelata dei consumi arresta la cre-scita dei surgelati dopo venticinque anni di boom ininterrotto, ma la pas-sione per la provvista bella e pron-ta in freezer non è andata sottozero. Grazie a packaging innovativi, ricette gourmet, cotture leggere, prodotti a prova di intolleranza e monoporzioni da scaldare in men che non si dica in microonde, i surgelati stupiscono an-che gli integralisti della cucina tradi-zionale. Se il carrello della spesa dei bergamaschi si alleggerisce dietro la spinta della recessione, le speciali-

tà congelate - in vendita anche sfu-se - entrano ormai nella quotidianità di famiglie, coppie e single, a partire dalla pausa pranzo in ufficio. Le spe-cialità regionali e della tradizione non tramontano, così come le ricette inter-nazionali grazie alla proposta sempre più “glocal” delle aziende più attente: basta aprire lo sportello del freezer per lasciarsi trasportare col gusto su

e giù per l’Italia e attorno al mondo. La scelta “frozen” intercetta anche i consumatori attenti alla qualità del cibo, dall’assenza di conservanti, al confezionamento con prodotti a chi-lometro zero.

Uno sguardo sui consumi - Il merca-to del surgelato, nonostante tutto, ha sostanzialmente retto, anche se la crisi ha portato ad un calo dell’1,5% a volume e del 3,5% a valore nel 2013. “Questo calo sopraggiunge dopo ol-tre 25 anni di crescita ininterrotta del

settore - commenta Vittorio Gagliar-di, presidente dell’Istituto Italiano Ali-menti Surgelati - e dimostra che al di là delle avverse contingenze del mer-cato, i surgelati non rappresentano più una scelta emergenziale, ma si caratterizzano a tutti gli effetti qua-li interpreti quotidiani della giornata alimentare: offrono il grande vantag-gio del servizio, essendo pronti da

cucinare, sia finiti che semilavorati, e rispondono a due basilari requisiti moderni: qualità e sicurezza”. A dimo-strazione dell’importanza della sur-gelazione la presenza in ogni frigorife-ro del freezer e la diffusione del for-no a microonde che se dal 4% della popolazione ha raggiunto negli ultimi anni punte di penetrazione del 35%. (Dati Ismea - Istat). Diversamente da tutti gli altri metodi di conservazione, la surgelazione non necessita di ag-giunte di conservanti o altro: il prodot-to è intatto così come viene “raccol-

to”, una caratteristica fondamentale per i consumatori più attenti. I surge-lati offrono inoltre un “mondo” di pro-dotti, destagionalizzati e delocalizzati che consentono di gustare in casa un piatto internazionale. Da non sotto-valutare, infine, l’ "effetto dispensa" che rende il freezer anche nell’ap-partamento più piccolo, l’equivalente moderno della cantina della nonna.

Grazie a packaging innovativi, ricette gourmet, cotture leggere, prodotti a prova di intolleranza e pratiche monoporzioni, le specialità sottozero sono entrate a far parte dei consumi abituali delle famiglie. Dopo 25 anni di crescita, lo scorso anno la prima battuta d'arresto a causa della crisi

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TENDENZEdi Laura Bernardi Locatelli

Surgelati, passione quotidiana

la prima battuta d'arresto a causa della crisi

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L’andamento nel 2013Cresce il "door to door"

I dati dell'Istituto Italiano Alimenti Surgelati

settembre 2014

VEGETALIAnche nel corso del 2013 il segmento dei vegetali è il primo in valore assoluto: rappresenta circa il 43% delle vendite a volume nel retail, pari a 224.600 tonnellate consumate da 22 milioni di famiglie. Frutta e ver-dure surgelate sono un vero e proprio scudo anti - crisi, apprezzate per i loro valori di servizio, qualità e naturalità, ma anche per la stabilità dei prezzi. A fronte di una sostanziale tenuta dei vegetali semplici e di una incoraggiante affermazione di quelli preparati (+ 4,4%) si è registrato anche quest’anno un deciso calo delle zuppe.

PATATEIl segmento delle patate rappresenta un mercato importante (circa il 15% a volume sul totale surgelati, con una penetrazione della categoria nelle famiglie italiane di circa il 50%i) in grado di evidenziare un poten-ziale altamente innovativo, come la tendenza verso referenze “light”, che uniscono gusto e croccantezza alla praticità e leggerezza della cot-tura in forno.

PRODOTTI ITTICIAnche se i parametri qualitativi dell’ittico surgelato sono apprezzati sempre più, l’intero segmento ha subito una significativa frenata, dovu-ta in primis alla crisi economica. Il risultato meno penalizzante è stato realizzato dal comparto del pesce panato e pastellato (- 1,1%), in parti-colare per le ricette da preparare sia fritte che in forno, con un trionfo dei classici bastoncini.

PIZZE E SNACKSL’offerta di svariate tipologie di gusti, oltre alla classica margherita, che resta ancora la preferita, ha fatto registrare un lieve incremento (+8% nel periodo tra il 2009 e il 2013). Il peso del comparto sul totale rag-giunge quasi il 14%, con una penetrazione assoluta intorno al 63%. Me-rito anche dell’artigianalità della lavorazione della pasta e dell’introdu-zione della cottura a legna per alcune referenze.

PIATTI RICETTATII piatti pronti hanno continuato a subire un ridimensionamento, data la maggiore attenzione al prezzo del consumatore. Il settore continua ad avere un elevato valore aggiunto e ampi margini di crescita in un Paese che conta 7 milioni di single (dato Censis). Dopo alcuni anni di flessio-ne il consumatore sta tornando con maggiore frequenza verso referenze classiche della tradizione culinaria italiana.

“DOOR TO DOOR” Il porta a porta ha raggiunto negli ultimi 15-20 anni un buon successo. Rapporto diretto con il cliente, spesa ‘on line’ e ricette della tradizione gastronomica nazionale presentate con il giusto equilibrio nutrizionale e calorico sono tutti plus in grado di garantire al comparto ampi margini di crescita. L’identikit del cliente porta a porta è di età superiore ai 45 anni, con un profilo socio - economico alto e si concentra soprattutto nel Nord - Centro Italia; i prodotti preferiti sono le verdure, il pesce, le pizze.

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TENDENZE

Ha inaugurato da qualche mese, ad aprile, in Porta Nuova il negozio Picard, storico marchio francese,

nato ai primi del Novecento in Francia come società produttrice e distri-

butrice di ghiaccio per diventa-re poi leader del mercato sot-

tozero. La comodità dei negozi di prossimità abbinata alla qualità dei surgelati, con 750 referenze dalla co-lazione ai dessert, san-cisce il successo della formula distributiva che

Picard ha inaugurato negli anni Settanta con l’apertu-

ra del primo negozio nel cuo-re di Parigi. Il punto vendita cit-

tadino, aperto sette giorni su set-te con orario continuato, è una meta

per gli acquisti di famiglie e single, giovani

e non, oltre che di chi lavora in centro e sceglie piatti da infilare nel microonde in pausa pranzo. “E’ difficile trac-ciare un identikit del cliente-tipo, perché la proposta ab-braccia ogni esigenza, dalle monoporzioni a quelle per fa-miglie” spiegano in negozio. Quanto ai prodotti, la tradizione ha la meglio: “A riscuote-re un grande successo le specialità regionali italiane, dai pizzoccheri valtellinesi alla focaccia di Recco, oltre ai pro-dotti simbolo della gastronomia francese come la Quiche lorraine. In costante crescita i contorni pronti, in partico-lar modo quello mediterraneo con verdure miste, da spa-dellare in pochi minuti”. La “formula express” con oltre venti ricette in confezioni monoporzione da scaldare in quattro minuti in microonde conquista sempre più per la pausa pranzo in ufficio: “Si spazia dalle trofie al pesto al risotto allo zafferano, dall’a-matriciana al riso alla parmigiana. Nei secondi ci si può sbizzarrire dalle fajitas di pollo al pavè di pollack d’Alaska gratinato alla bordolese, ai trancetti di salmone con purè di verdure”. Tra le novità a stelle e strisce, pronti da gusta-re in 3 minuti, il bagel americano con formaggio e rucola,

Picard

Vendita a peso e forte attenzione alle ricette

della tradizioneI negozi a marchio “Sapore di ma-re” che fanno capo all’omonima ca-tena di franchising con casa madre a Macerata propongono un vasto assortimento di prodotti ittici se-lezionati con cura da acquistare a peso, anche in quantitativi minimi. Una formula innovativa che ha su-bito conquistato Paolo Cressi - tra i titolari dei punti vendita “Sapore di mare” di Albano Sant’Alessan-dro e Dalmine, inaugurati rispetti-vamente nel 2008 e nel 2010 - che ha abbandonato il lavoro in ufficio commerciale estero per diventare imprenditore e inseguire la passio-ne per l’alimentare e la cucina ere-ditati dalla famiglia di ristoratori. I surgelati sfusi e la proposta di ricet-

te gourmet conquistano consensi, ma fanno i conti con la crisi: “C’è una maggiore fiducia nei surgelati, ma purtroppo la crisi porta inevita-bili tagli alle spese, anche alimenta-ri- sostiene -. La sensazione è che il mercato dei surgelati sia in crescita e sia ormai pronto a conquistare un maggior numero di persone, anche se il carrello della spesa si allegge-risce. Lo scontrino medio è infatti passato dai 30-35 euro degli scorsi anni ai 20 euro”. I prodotti più ven-duti sono quelli pronti: dalla pael-la alla valenciana al misto scoglio, dall’insalata di mare al polpo all’i-solana con olive e patate. Ma la tra-dizione continua ad avere la meglio e cresce il successo delle speciali-

Sapore di mare

I pun

ti ve

ndita

Tra le 750 referenze anche le monoporzioni per la pausa in ufficio

Paolo Cressi

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settembre 2014I punti vendita

i muffins salati, i cheeseburger, i nuggets, ma non manca-no pizzette e torte brisée per chi vuol “restare” in Europa. Due banchi dedicati alle specialità etniche assicurano un viaggio d’evasione gastronomica attorno al mondo sen-za muoversi da casa, con oltre 40 ricette internazionali: “I piatti etnici incuriosiscono sempre più, in particolare la clientela più giovane. La scelta spazia dallle speciali-tà greche come la spanakopitas alla zuppa thailandese con pollo e latte di cocco tom-kha-ga, dal chili con carne messicano alla samosa di verdure indiana. Sono sempre apprezzati gli involtini primavera cinese, come l’insalata edamame giapponese”. I secondi di carne e pesce soddisfano i palati più esigenti, dal branzino all’arancia alla coscia d’anatra con padella-ta di verdure, dalla pescatrice con asparagi e patate alla faraona in salsa di Sauternes con purè di sedano. “Ri-scuotono sempre successo i piatti tradizionali, dal mer-luzzo alla livornese al filetto di orata alla triestina, alle zuppe di pesce, unitamente alle ricette più elaborate di selvaggina e cacciagione”.Non mancano scelte a prova di intolleranza alimenta-re e diete vegetariane, dai gelati senza lattosio agli hamburger vegetali. La scelta della monoporzioni nei dolci rimuove i sensi di colpa e salva la pro-va della bilancia. Ce n’è per ogni voglia: “dalle fette di torta sin-

gole (dal cheesecake alla fondant al cioccolato) al mini strudel, dalle creme brulée a crumble e brownie, dalla se-lezione di macarons alle tentazioni al cioccolato”. Quanto mai varia la proposta di sorbetti e gelati, con pro-dotti selezionati, dai fichi secchi di Calabria alla vaniglia del Madagascar. E’ ancora più facile ricevere ospiti a casa grazie a un ac-curato studio di packaging e contenitori pronti per esser portati in tavola: “I bicchierini da aperitivo stupiscono gli ospiti, con tre composizioni gourmand , come il crumble di pan speziato, ananas e foie gras . Le nuove confezione boiling bag garantiscono una cottura ottimale sottovuoto che esalta il gusto ed elimina gli odo-ri di pesci pregiati come tonno alalunga e pinne gialle. La cottura “bubble vapor” cuoce in modo uniforme al micro-onde in una bolla di vapore piatti di pesce senza eliminare la pellicola della confezione”.

tà regionali, soprattutto tra i primi piat-ti, oltre ai classici gnocchi al salmone, mare e monti e con crostacei e verdure: “Si spazia dalla Puglia con le orecchiet-te alle cime di rapa alla Sardegna con la classica fregola con arselle, passan-do per la Romagna con i garganelli con zucchine e gamberi alla Liguria con le trofie al pesto di mare - continua Paolo Cressi -. Da non perdere anche i cicatel-li alla molisana e la classica calamara-ta napoletana; per chi ama la semplici-tà ci sono poi le lenticchie in umido con pesce da abbinare a pane croccante”. Non tramontano le conchiglie: dalle ci-cale di mare ai canestrelli, dalle luma-chine alle vongole e alle cozze, fino ad ostriche e cappesante: “Nonostante la differenza di prezzo, penso alle vongole del pacifico a 3.78 euro contro quelle del Mediterraneo che vendiamo a 12 euro, il prodotto del mare nostrum ha la meglio. La tracciabilità è sempre più importante per il consumatore, attento oltre che alla qualità alla provenienza. Tra i secondi, la scelta tra filetti varia di

continuo, dal pesce spada al palombo al tonno, che provengono per il 90 % dal Nord, a differenza dei gamberi con Argentina, Thailandia ed Ecuador a far-la da padrone, anche se non manca-no, ad un prezzo decisamente più ele-vato, quelli del Mediterraneo”. Quanto all’identikit di chi acquista specialità sottozero a peso, la clientela di riferi-mento va dal single alla famiglia: “La famiglia fa la scorta, ma single e cop-pie acquistano volentieri pesce sfuso, riempiendo il sacchetto con lo stretto

necessario. I prodotti già pronti offrono la possibilità anche a chi non ha alcuna intenzione di mettersi ai fornelli di servi-re il pesce. Proponiamo sempre ricette e consigli per portare ancora più gusto a tavola”. Non tramontano le speciali-tà panate da sempre scelte dalle mam-me per far apprezzare il pesce ai più piccoli: “I risultati sono ottimi anche al forno senza ricorrere alla frittura. Cre-scono anche i consumi di polpettine di pesce, un modo divertente per proporle ai bambini”.

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di Leo Bartoli

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GUSTI

C'

Il ritorno dei formaggi spalmabili

era una volta il mondo di Dover, il for-maggio nel bicchiere e prima ancora l’epopea dei formaggini, dalla Kraft alla Locatelli, che negli anni Sessanta rega-lavano gadget sontuosi, dalle mucche Caroline gonfiabili ai modellini di auto da costruire, fino all’approdo del Phi-ladelphia e dei suoi “nipotini”, quei ca-prini cilindrici in vaschetta che hanno invaso gli scaffali della grande distribu-zione, senza parlare della grande diffu-sione che ha avuto il mascarpone. Vit-time da sempre degli sferzanti giudizi dei puristi del cacio, i formaggi spalma-bili hanno conosciuto una lunga pausa di riflessione, fino all’odierno ritorno di

fiamma. Nei consumatori torna la vo-glia dei formaggi da utilizzare veloce-mente al cucchiaio, con tante variabili, spesso venduti anche in monodose per assecondare le esigenze dei single, co-modi da consumare anche solo su una fetta di pane o un cracker, soprattutto pratici, per una sosta golosa magari da-vanti alla tv, senza dover preparar tavo-la, spesso divorati in maniera famelica, un po’ come fanno gli americani con il burro di arachidi, oppure legati a una ric-ca merenda per i bambini. Un “ritorno al futuro” che ha contagiato anche diver-se aziende bergamasche, come Casa Arrigoni: l’azienda di Peghera, celebre

per i suoi Strachitunt e Taleggio Dop, ha presentato da qualche mese il suo Gor-gonzola Dop al cucchiaio, che, secondo il patron Alvaro Ravasio, “è in grado di unire tradizione e innovazione. Ci siamo accorti che il pubblico dei consumatori è tornato alla ricerca di un prodotto del genere e abbiamo cercato di farlo mol-to omogeneo e morbido, grazie a una particolare tecnica produttiva, che ren-de lo zola particolarmente piacevole e dolce”. Da qui il nome di “Dolce Crema”: i ri-sultati sono davvero lusinghieri, fin da subito è piaciuto, anche perché non avendo crosta, è molto comodo da uti-lizzare in ogni momento della giornata, per condire un primo piatto, ma anche per stuzzichini e bruschette da aperiti-vo, senza contare le merende dei bam-bini. E a proposito dei break di metà giornata, tra l’altro consigliati dai nutri-zionisti che intendono così contrastare le troppe calorie concentrate nei pasti principali, concorda Valentina Canò ti-tolare della Via Lattea di Brignano, che da sempre produce caprini freschi spal-mabili: “È un modo nuovo, ma in fondo antico, di riproporre il formaggio per una sosta golosa, ma sicuramente più sana di alcune merendine industriali che tro-viamo in commercio. Ci fa piacere che attorno a questa moda rivisitata torni a crescere l’interesse verso il formaggio, soprattutto da parte delle nuove gene-razioni”. Su più larga scala, a Treviglio, vengono prodotti dalla Mauri gli spal-

Tra vaccini e caprini, fino al Bufadelfia, anche a Bergamo i produttori stanno assecondandoi gusti dei consumatori. Ecco una carrellata delle "chicche" in commercio

Marco e Tina Arrigoni di casa Arrigoni

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settembre 2014

Le grandi birre, italiane e internazionali, per una settimana saranno protagoni-ste a Milano nei migliori locali dove ber-le. Parliamo della Milano Beer Week, in programma dal 22 al 28 settembre pros-simi, un festival “diffuso” che non avrà un’unica sede - come i festival tradizio-nali - ma sarà sparso in 18 locali" spie-ga Maurizio Maestrelli, ideatore e promo-tore l’iniziativa. "L’idea è nata sulla scia delle varie Beer Week che si tengono da anni in alcune città degli Stati Uniti come Filadelfia, New York e San Francisco. La Milano Beer Week è un modo per valoriz-zare e far conoscere i luoghi dove si può assaggiare il meglio della produzione italiana e internazionale. La settimana sarà una full immersion nel luppolo, nei malti e nelle spezie, grazie alla quale si potrà approfondire la conoscenza di que-sto mondo attraverso eventi mirati e la presenza di professionisti esperti e bir-rai che saranno presenti a Milano. E gli altri grandi protagonisti saranno proprio i gestori dei locali selezionati, ben 18 che promuoveranno grandi birre italiane e straniere offrendo così una vetrina alle centinaia di piccoli e medi produttori che creano birre straordinarie. Birre che so-no prodotte con materie prime di qualità, con grande perizia tecnica e, soprattut-to, con una bella dose di creatività. Ecco i 18 locali: lo storico birrificio milanese Lambrate, sia nella location di via Adel-chi sia in quella di via Golgi, e ancora il Lambiczoon, Baladin Milano, Pazzeria, la Belle Alliance, la Brasserie Bruxelles, il Mulligan’s Pub, la Ratera, lo Scott Duff, lo Scott Joplin, il BQ de Nòtt e il BQ Losan-na, l’HOP , l’Isola della Birra e i nuovissi-mi Sloan Square e Impronta Birraia. Dun-que pub e ristoranti con cucina alla birra ma anche un hotel, l’Hilton Milano, che ha recentemente inaugurato delle sera-te con menù abbinati a birre artigianali italiane. Durante la settimana nei locali saranno organizzate serate di degusta-zione guidate da esperti italiani, incon-tri con birrai artigiani, menù con abbina-mento birrario e tante altre occasioni per scoprire il variegato e affascinante mon-

Milano diventa "capitale" della birra

mabili “Caprì”, anch’essi adatti per preparare snack e antipasti, a base di latte vaccino pastorizzato, parzialmen-te scremato. Chi ha deciso proprio da quest’autunno di incrementare la pro-duzione di questo filone è la Arrigoni di Pagazzano, che peraltro vanta una lunga tradizione in fatto di spalmabili. “Capriccio, il nostro caprino vaccino - spiega il presidente Marco Arrigoni - è da sempre nel nostro assortimento, ma lo abbiamo finora considerato un completamento di gamma. Da qual-che mese invece abbiamo deciso di puntare molto su questo formaggio, anche in considerazione del crescente interesse dei consumatori: il suo uti-lizzo ideale è legato alla preparazione di snack e antipasti, anche abbinato a

verdure, grazie alla sua estrema ver-satilità in cucina e la sua caratteristi-ca cremosità”. Altro discorso invece per la crema di gorgonzola “che per noi -aggiunge Arrigoni - rappresenta una novità assoluta. Il progetto è sta-to sviluppato inizialmente partendo da una specifica richiesta di un no-stro importante cliente estero e da qualche settimana è partita la prima spedizione per l’Australia dove ora è in vendita. Credo potrà darci soddisfa-zioni soprattutto sul mercato estero: è gustoso da spalmare sul pane, per preparare snack e aperitivi ma è uti-lizzabile al meglio anche come condi-mento per primi piatti”. Anche in quel di Branzi sono sensibili al tema: da tempo la Ftb ha creato “Botticello”. “È un vaccino spalmabile a fermentazio-ne naturale - spiega il titolare France-

sco Maroni - particolarmente cremoso che si presta ad accompagnare piatti salati, ma anche dolci. Proprio questa sua propensione ad accompagnare il dolce piace a clienti e ristoratori, che spesso guarniscono il nostro formag-gio con mirtilli o lo gustano sempli-cemente con una spruzzata di cacao o di cannella”. Ma non ci sono solo vaccini e caprini: il mondo degli spal-mabili ha contagiato anche i prodot-ti a latte di bufala come il Bufadelfia, che richiama nel nome il celebre pro-dotto della Kraft per sottolinearne la cremosità: lo producono i fratelli Aldo e Luigi Casarotti dell’omonima azien-da di Casirate con sempre crescente successo negli ultimi anni. Creato con poco grasso, fatto senza caglio usan-

do solo fermenti, l’azienda ne produce una decina di chili la settimana: viene venduto in vaschette da 120 o 180 grammi al naturale o con l’aggiunta di erba cipollina o aglio e peperoncino e in passato ha già vinto due volte un concorso nazionale nato ad hoc per i prodotti di Bufala il “CacioBù”, orga-nizzato dall’Onaf nell’ambito della fie-ra Agrosud a Napoli. “È un formaggio che piace - spiega Luigi Casarotti - e che nel tempo abbiamo incrementa-to, proprio perché è diventato un qual-cosa che qui nella Bassa consumano tutti e a tutte le ore: dai ragazzi per la merenda, alle mamme per un buon condimento. I premi che abbiamo vin-to confermano che gli spalmabili, un po’ snobbati in passato, stanno tor-nando prepotentemente all’attenzio-ne dei consumatori”.

Dal 22 al 28 settembre

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di Laura Ceresoli

Il cuoco giramondo che piace ai vip

N ei caldi pomeriggi d’estate, lontano da-gli impegni scolastici, Paolo Zambelli amava trascorrere il suo tempo libero davanti ai fornelli. È stata sua nonna a tramandargli la passione per la cucina. Erano gli anni Ottanta e questa signo-ra di mezza età era solita coinvolgere il nipote, così attento e curioso nei con-

fronti dei segreti della gastronomia no-strana, nella preparazione di deliziosi manicaretti. «Cuoceva le conserve con i prodotti dell’orto per la stagione inver-nale e io rimanevo impressionato da tutti quegli aromi – ricorda Paolo con un pizzico di nostalgia –. Di qui, la scelta di frequentare l’Istituto alberghiero e di

buttarmi nel mondo della ristorazione». È un esordio semplice e genuino, il suo, che si è poi trasformato in un lavoro di alto livello in alcune delle più rinomate cucine internazionali. Originario di Almenno San Salvatore, oggi Zambelli è infatti lo chef del risto-rante “Favola” ad Oran, seconda città

Anche Schwarzenegger, Beyoncé e Alicia Keys tra i clienti di Paolo Zambelli, che da Almenno San Salvatore ha presto imboccato via dell’estero. Dopo Parigi e le Bermuda, la sua nuova sfida è in Algeria

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FACECOOKalla scoperta dei social chef

Quali sono le tappe che, da Bergamo, l’hanno condotta fino in Algeria?«Ho sempre desiderato girare il mondo, fin da ragazzo. Dopo aver conseguito il diploma alberghiero, grazie a qualche conoscenza, sono partito per l’Inghilterra per imparare la lingua e mi sono reso conto che potevo viag-giare con il mio lavoro. Poi ho avuto un’opportunità a Pa-rigi e, per chiunque faccia il mio mestiere, la Francia è sinonimo di gastronomia e alta cucina. Ho trascorso cin-que anni nella capitale francese lavorando in ristoranti e alberghi di lusso al fianco di grandi chef come Michel Troisgros. Dopo una breve permanenza in Italia, a Mi-lano e Portofino, ho deciso di partire per i Caraibi. Alle Bermuda ero il sous chef di uno dei più celebri ristoran-ti dell’arcipelago e, grazie a uno staff multietnico, sono entrato in contatto con ingredienti a me sconosciuti e ho allargato le mie visioni culinarie. E ora sono lo chef del Méridien di Oran». Tra l’altro lei ha cucinato per parecchi vip…«Quando lavoravo a Parigi avevamo come cliente abitua-le lo stilista Cerruti e vari giocatori di calcio. Al Méridien

è venuto Arnold Schwarzenegger. Poi cucino abitualmen-te per parecchi personaggi celebri del mondo arabo per-ché qui organizziamo il Festival del cinema arabo. Ho preparato anche un catering privato per Beyoncé e Ali-cia Keys». Quali segreti utilizza per prendere i musulmani per la gola?«La mia cucina rispecchia molto i miei gusti personali, nel senso che utilizzo ingredienti e spezie che mi piac-ciono. Sono molto aperto e se da un lato amo la tradi-zione, dall’altro mi piace sperimentare. Oltre ai sapori, penso che anche l’aspetto visivo abbia la sua importan-za. La scelta di affrontare una nuova sfida in Algeria si è rivelata vincente, avevo voglia di conoscere la cultura musulmana vera». Riesce a far apprezzare la cucina bergamasca agli stra-nieri?«Adoro la cucina bergamasca e quando torno a casa mi strafogo di piatti orobici. Purtroppo, però, non è sempre apprezzata all’estero. Forse dipende anche dai posti do-ve si va a lavorare. In località calde difficilmente la gente

«L'Algeria? Avevo voglia di conoscere la cultura musulmana»

L'INTERVISTA

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settembre 2014

«L'Algeria? Avevo voglia di conoscere la cultura musulmana»mangia polenta o brasato. I casoncelli forse si vendono di più. Comunque, quando un cliente mi chiede qualco-sa di particolare, propongo la polenta, soprattutto in in-verno». A quali chef si ispira?«Ho vissuto per quasi cinque anni alle Bermuda e ho su-bito la forte influenza dei programmi americani. Ho cono-sciuto chef statunitensi di grande livello. Ho visto cuochi provenienti da ogni parte del mondo rivisitare piatti tradi-zionali in chiave moderna, magari utilizzando ingredienti presenti sul mercato americano a noi sconosciuti. Tra gli chef internazionali che più stimo ci sono Marimoto, Ma-rio Batali, Thomas Keller, mentre tra i cuochi nostrani ap-prezzo Marchesi e Mei».È vero che gli stranieri hanno una visione stereotipata della cucina italiana?«Ci sono molti algerini qui a Oran che non sono mai stati in Italia e pensano che la nostra tradizione gastronomica sia solo pasta e pizza. La mia missione è fargli scoprire che abbiamo una cucina molto ricca e di ottimo livello. Forse dovremmo sponsorizzare meglio i nostri prodotti in

questi Paesi in via di sviluppo con mercati che crescono».Cosa ne pensa delle recensioni di Tripadvisor?«Tripadvisor potrebbe essere un buon mezzo per la clien-tela per conoscere meglio un ristorante. Purtroppo ci sono persone che lo trasformano in uno strumento per disinformare. A me è capitato, per esempio, di ricevere commenti non veritieri: si citavano paste che nemmeno servivamo a tavola. A volte penso che ci sia gente paga-ta per diffamare o fare concorrenza. Se il cliente venis-se invitato a postare la sua recensione in tempo reale, subito dopo aver pranzato nel locale, certi disguidi non accadrebbero».Che giudizio ha, invece, dei programmi di cucina in tv, oggi così di moda?«A me sinceramente non piacciono. Forse da cuoco e uo-mo del mestiere preferirei vedere più cucina e più ingre-dienti, invece in certe trasmissioni emergono più i sen-timenti personali che il lato culinario. Mi fanno ridere anche gli chef che partecipano a questi programmi tutti uguali o ai vari reality che spopolano nelle nostre televi-sioni: anziché fare cultura, secondo me, disinformano».

dell’Algeria, affacciata sulla costa; un locale elegante e raffinato che fa par-te della catena di alberghi francese Le Méridien. Paolo ha 35 anni ma nella su-a intensa carriera all’estero ha già avuto modo di sfornare prelibatezze per sva-riati vip, come Arnold Schwarzenegger, Beyoncé, Alicia Keys e lo stilista Cerruti. Alla Favola si possono gustare una tren-tina di piatti ispirati alla vera cucina ita-liana: dai fagottini con prosciutto e fun-ghi gratinati con mozzarella affumicata alle melanzane alla parmigiana; dalle tagliatelle alla ligure con pesto di prez-zemolo cremoso, gamberi e patate alle lasagne alla bolognese; dal risotto ai peperoni arrosto con calamari e salsic-ce grigliate alle linguine ai frutti di ma-re, zucchine fritte e pomodorino fresco.

Una perla nel cuore dell’Algeria dove il tocco orobico dello chef rende speciale ogni pietanza. E se un cliente gli chiede di assaggiare qualcosa di particolare, Zambelli non ha dubbi: prende acqua e farina e inizia subito a rimestare una fu-mante polenta. Per i più golosi, il pasto si conclude con una ricca carrellata di dolci: cannoncini di pasta sfoglia farci-ti con crema al cioccolato fondente, se-mifreddo alle mandorle e pistacchi con pesche caramellate, tortino al caffè e babà al limone sono soltanto alcuni dei peccati di gola che si possono ordinare alla Favola. Sebbene il sito di recensioni online Tripadvisor non sia ancora molto gettonato dai clienti del locale (il risto-rante ha ottenuto solo 19 commenti, piazzandosi al 17esimo posto in clas-

sifica su 34 ristoranti recensiti a Oran) spiccano parecchie opinioni positive: «Troppo buono per essere vero, ma esi-ste un ristorante italiano con magnifica cucina, incredibile! Buon pesce e buona carne. W la “magnata” italiana!», scrive Alex79riv. Antonio di Roma, un italiano verace, commenta: «Una bella sorpresa questo ristorante: camerieri gentili ma anche una cucina deliziosa. C’è la pizza (molto buona)». Ma anche i clienti del posto sembrano soddisfatti: «Che ci an-diate in famiglia, da soli o in coppia, que-sto ristorante è eccellente – scrive Aou-icha B di Oran –. Ho trovato molto buoni i piatti italiani, tutta la squadra e lo chef sono cordiali e ogni volta ci fanno veni-re la voglia di tornare». L’intero menù e tutte le curiosità sul ristorante si posso-no consultare sul sito www.lemeridieno-ran.com nonché sulla pagina Facebook del Méridien di Oran.

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di Fulvio Facci

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IL PREZZO FISSO

isto dove è collocato, a Calusco d’Adda al numero 451 della via Rivierasca (l’importante e trafficata arteria che collega Ca-priate, e quindi il casello autostradale, a Calusco), per i prece-denti proprietari dello storico locale sarà stato pressoché au-tomatico chiamarlo ristorante Rivierasca. Ma la storia si ripe-te, perché anche la nuova proprietà ha scelto un nome altret-tanto dichiarativo, sottolineando le proprie origini e la propria esperienza. Ora il ristorante pizzeria si chiama La Conchiglia a far capire che dentro c’è tanto mare, ma soprattutto tanta napoletanità. I ruoli chiave sono infatti ricoperti da persone di origini napoletane con lunga attività nel settore. «Sono stata a Bergamo per circa vent’anni e i miei figli sono nati qui. Poi ho avuto ancora una parentesi al sud e nel febbra-io del 2013 abbiamo aperto La Conchiglia dopo aver ristrut-turato il locale». Così racconta Anastasia Mottola, la titolare, che si occupa della direzione, affiancata da esperti collabo-ratori per quanto riguarda la cucina, la sala e la pizzeria. «Più che su una cucina mediterranea noi puntiamo su una cucina napoletana – tiene a precisare la patronne -. Io vorrei che il lo-cale arrivasse al top per qualità e cortesia, mantenendo dei prezzi decisamente accessibili per tutti». La garanzia in cuci-na è rappresentata da Attilio Gravina (59 anni) e soprattutto dalla sua lunga carriera nei migliori ristoranti di via Caracciolo a Napoli. «Abbiamo tutti i classici della cucina napoletana ma vediamo di metterci anche del nostro – racconta -. Tra i primi piatti proponiamo ad esempio degli spaghetti con polpa di ric-cio e ostriche che incontrano un grande gradimento (eccezio-nali ci hanno segnalato amici fidati che li hanno assaggiati, ndr.). Gettonatissima anche la parmigiana con le alici e poi i classici come gli spaghetti alle vongole veraci o le linguine con la granseola. Tra i secondi abbiamo una grigliata di pesce

Una “Conchiglia” piena di sapori napoletani

LA PROVA

Una pausa a tutto pescePur incerto, come è stato per buona parte di questa estate, il clima della giornata ci consente di pranzare all’a-perto sotto delle tende da sole. Si sta bene, è moderatamente ventilato, e il menù per il pranzo di mezzogiorno è stimolante: con più di un sapore insoli-to e originale per questo tipo di appun-tamento gastronomico. Si parte dagli spaghetti alla carbonara per passare ai fusilli alla siciliana (con melanza-ne e mozzarella) per concludere con le linguine alle canocchie per quanto riguarda i primi piatti. Tra i secondi si può scegliere tra il baccalà alla sicilia-na, la frittura italiana e la cotoletta di maiale alla milanese. Da lunedì a sa-bato dieci euro tutto compreso, ossia primo, secondo, contorno, mezzo litro di vino, acqua e caffè. Stiamo sul pe-sce visto che è uno dei punti di forza del locale, quindi puntiamo sulle lingui-ne con le canocchie ed il baccalà alla siciliana. Puntuale e preciso il servizio, ottimi i piatti per un più che soddisfa-cente rapporto qualità/prezzo.

la titolare Anastasia Mottola e il suo staff

V

C’è tanto mare nella proposta del locale di Calusco,

sulla Rivierasca, guidato dal 2013 da un team partenopeo Doc.

«Per noi quando entra un cliente è come se entrasse il sole»

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LA PROVA

Una pausa a tutto pesce

“Banane Rosse 1” di Laura Lecchi ha vinto nella sezione fotografica

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RISTO PIZZA LA CONCHIGLIA via Rivierasca, 451 - Calusco d'Addatel. 035 5293199 - 320 0331259www.ristopizzapubconchiglia.itChiuso il lunedì sera

che prepariamo per due persone seguendo la di-sponibilità del mercato e poi gamberoni, calama-ri, gamberi. Presto avremo un grande acquario in sala dal quale il cliente potrà scegliere». Cucina di “terra” poca? «Certo non è la nostra vocazio-ne – precisa Ciro Zuccarini, 44 anni, anche lui na-poletano, che da tre mesi è il maître del locale e dirige le operazioni di sala con molta attenzione e professionalità – ma abbiamo una discreta se-lezione anche per quanto riguarda questo setto-re. Non ci mancano certo una buona pasta con la provola o una carbonara. E poi salsicce, braciole, polpette, bistecche, costate, fiorentine, funghi, oltre ad un’ottima pizza come ci viene riconosciu-to. Cerchiamo però soprattutto di avere un buon rapporto con il cliente. Per noi quando entra è co-me se entrasse il sole – dice un’immagine molto “partenopea” -. Cerchiamo di avere un buon dia-logo, di trasmettere fiducia ed è una cosa che ci sta riuscendo. Abbiamo dei clienti che addirittu-

ra al sabato vengono dalla Svizzera. Per il resto la frequentazione è abbastanza varia, c’è molta gente del posto ma anche dei meridionali che vengono a trovarci apposta per riassaporare i gu-sti e gli aromi delle loro terre». I prezzi vogliono essere accessibili. «Programmiamo anche feste a tema – spiegano –, con menù guidati, in genere comunque per un buon pranzo a base di pesce si possono spendere 30, 35 o 40 euro con antipa-sto, primo e secondo e sempre l’attenzione alla qualità sia della cucina sia del servizio alle quali teniamo molto». Per quanto riguarda l’ambiente, il locale è stato ristrutturato recentemente e ri-sulta accogliente e semplice, funzionale per un centinaio di coperti.

settembre 2014

Ci sono anche due bergamaschi tra i vincitori dei concor-si indetti nell’ambito di Food Film Fest, primo Festival di cinema e cibo di Bergamo, promosso dall’Associazione Montagna Italia con la Camera di Commercio dall’11 al 14 settembre scorsi, tra piazza della Libertà, l’auditorium e l’ex Borsa Merci.La sezione fotografica è stata vinta da Laura Lecchi con lo scatto “Banane Rosse 1”. Unico il tema: il food. Dieci le fotografie finaliste, selezionate tra opere giunte da tutta Italia e proposte ogni sera al pubblico ad aprire le proiezio-ni dei film in concorso. Nella sezione cinematografica, Die-go Percassi ha ricevuto la menzione speciale della Came-ra di Commercio per “Gente di Mais”. In venti minuti il fil-mato racconta la storia di Clemente, impresario edile, che ora sui campi non costruisce più case ma coltiva granotur-co. Insieme a lui la figlia che a scuola ha imparato cos’è il Mais Spinato di Gandino e l’incrocio con le vite di tanti altri personaggi. Vincitore della categoria “Short” il corto-metraggio “Ca’ Lumaco” di Francesco Piras, sul mestiere di norcino e la vita nelle montagne della provincia di Mo-dena; mentre per i “Doc” il premio è andato a “Le strade del cibo”, dossier del Tg2 di Lucia Buffo, Bruno Gambacor-ta, Andrea Martino e Laura Pintus sullo street food all’ita-liana. Una seconda menzione speciale è stata assegnata all’animazione. In “Weeding cake” di Viola Baier (Germa-nia, 8’), due figure di marzapane prendono vita in cima ad una torta nuziale. Il concorso internazionale ha raccolto produzioni da 14 paesi, tra le quali la giuria a selezionato 27 finalisti, proiettati in quattro sessioni all’auditorium. Nei quattro giorni del Festival piazza della Libertà si è tra-sformata nella Piazza dei Sapori con il meglio della produ-zione alimentare del territorio in collaborazione con Coldi-retti, mentre nella vicina ex Borsa Merci andavano in sce-na convegni, incontri e i Laboratori del Gusto delle tre con-dotte bergamasche Slow Food.

Food Film Fest, due i successi bergamaschi

In città il concorso internazionale

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Cuvèe Millesimata, birra artigianale Italiana.

Q U A T T R O E R R E

ADV-BIRRACUVEE-AFF-GOLA.indd 1 31/01/11 08:26

I

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l Festival Franciacorta in Cantina torna, per il quinto anno, sabato 20 e domenica 21 prossimi. I visitatori avranno la possibilità di percorrere la Strada del Francia-corta attraverso i numerosi eventi organizzati in un ricco programma di appuntamenti di cantina in can-tina. Il Consorzio e la Strada del Franciacorta promettono un fine settimana alla portata di tutti, sia enoappassionati che turisti. Sono previsti pacchetti week end, tour in bus alla scoperta della Francia-corta e dei suoi vini, passeggiate guidate a piedi e in bicicletta fra le vigne accompagnati dagli agrono-mi, e percorsi guidati tra i borghi

antichi caratteristici del territorio. I tour e i percorsi prevedono tap-pe nelle cantine per degustare le diverse tipologie di Franciacorta, scoprirne i segreti della lavorazio-ne, conoscerne i protagonisti. Gli appassionati di vino potranno par-tecipare a verticali e degustazioni a tema, i foodies potranno assag-giare piatti e prodotti tipici, street-food e creazioni di chef locali, i più piccoli e i loro genitori potranno di-vertirsi con iniziative ludiche e pic-nic nella natura. In ogni cantina, un evento: questa la formula della manifestazione, il cui programma dettagliato è consultabile sul sito www.festivalfranciacorta.it.

I

Gentile Pier Carlo Capozzi,davvero gustosa la sua "Penna all'Arrabbiata" servita in tavola su

Affari di Gola in un mese di luglio afflitto ancora da dati così poco con-fortanti per il turismo di casa nostra. "Quell'Italia enogastronomica che merita sicuramente di più" recita il titolo del suo pezzo che Lei conclude dicendo: "Pur non essendo una lobby granitica e potente come i tassi-sti, gli imprenditori dell'ospitalità cercheranno di farsi valere. Meritereb-bero sicuramente di più". Certo è che è assurdo, in tutto questo, che gli addetti ai lavori, ovvero gli imprenditori dell'ospitalità, come li ha defini-ti Lei, siano costretti a lottare per cercare di far capire a coloro che do-vrebbero, di quanto ciechi e sordi siano nel non metterli nelle condizioni ideali per poter esprimere tutto il loro potenziale. Che è enorme, almeno stando a quello che dicono di noi oltreconfine...Un caro saluto

Giuseppe Zilli

Assurdo non sostenerel'Italia enogastronomica

La lettera

settembre 2014

Torna il Festival Franciacorta in Cantina

20 e 21 settembre

Dopo la chiusura estiva, il ristorante enoteca Porta Osio, in via Moroni a Bergamo, riapre i battenti e propone, il 25 settembre, dalle 20, una "friz-zante" serata con lo champagne di Serge Mathieu. I Mathieu hanno costruito, nel 1760, un vigneto che oggi conta circa una dozzina di ettari. Sette le generazioni di viticoltori che si sono succedute a capo della tenuta. Nel 1958, Serge Mathieu, con suo padre France, inizia a produrre le sue prime bottiglie e, dalle 5mila dei primi anni, passa rapidamente a una produ-zione che tocca le 100mila unità. Elevata la quota dell'export: l’85% delle bottiglie sono infatti destinate all’esportazione in ben 32 Paesi. Proprio Serge Mathieu ha ricevuto di recente la certificazione ambientale di 3° livello per i propri prodotti "na-turali" dal Ministero dell'Agricoltura francese. I suoi vini sono stati premiati con la medaglia d'oro per la Cuvée Tradition e d'argento per la Cuvée Prestige al concorso di Epernay.Nel corso della serata, saranno pro-posti la burrata di bufala campana con gamberi rossi e pancetta croccan-te abbinata alla Cuvèe Brut Tradition; il risotto carnaroli selezione “Salera” invecchiato 48 mesi all'essenza di li-me e tonno all'olio extra vergine d'oli-va affiancato dal Brut Prestige; il bran-zino selvaggio al forno in crosta di pa-ne aromatizzato alle erbe con taglia-telle di zucchine e crema di pomodo-ro concentrato, il tutto annaffiato dal Brut Millesimè; panna cotta alla vani-glia di Tahiti con macedonia di mango e papaya con biscotto alle mandorle. Prezzo a persona, 70 euro.Informazioni allo 035.219297.

Porta Osio, serata congli champagne di Serge Mathieu

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TEATRO

DONIZETTI

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alla prima analisi dei dati al 31 dicembre 2013, forniti al Ministero dagli Organismi di Controllo (OdC) operanti in Italia nel settore dell’agricoltura biologica, risulta che gli operatori certificati sono 52.383 di cui: 41.513 pro-duttori esclusivi; 6.154 preparatori esclusivi (comprese le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio); 4.456 che effettuano sia attività di produzione che di preparazione; 260 operatori che effettuano attività di importazione. Rispetto ai dati riferiti al 2012 si rileva un aumento complessivo del numero di operatori del 5,4%.La distribuzione degli operatori sul territorio nazionale

vede, come per gli anni passati, la Sicilia seguita dalla Calabria tra le regioni con maggiore presenza di aziende agricole biologiche; mentre per il numero di aziende di trasformazione impegnate nel settore la leadership spetta alla Toscana seguita da Emilia Romagna e Puglia. La superficie coltivata secondo il metodo bio-logico risulta pari a 1.317.177 ettari, con un aumento complessivo, rispetto all’anno precedente, del 12,8%. I principali orientamenti produttivi sono i pascoli, il foraggio e i cereali. Segue, in ordine di estensione, la superficie investita ad olivicoltura.

Il biologico cresce, +5 % gli operatori certificati

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Strenui sostenitori del biodinami-co, Denis Montanar, dell’omonima azienda agricola friulana di Villa Vi-centina, e Aurelio del Bono, della franciacortina Casa Caterina, si so-no "affrontati" e confrontati col pub-blico nel corso di una degustazione organizzata al ristorante "M1lle Sto-rie e Sapori" di Bergamo. Concepita come una vera e propria tavola ro-tonda, i partecipanti hanno potuto confrontarsi in modo diretto e infor-male coi due produttori, conoscere più da vicino il metodo biodinamico, che “utilizza le forze naturali per au-mentare la fertilità dei terreni” e gu-stare i vini. “Abbiamo voluto che fos-sero i due produttori a raccontare la loro storia e filosofia, presentando personalmente i vini in degustazio-ne - ha spiegato Paolo Stefanetti, chef, sommelier e patron del risto-rante -. Da parte nostra c'è stato

il massimo sforzo per abbinare al meglio i piatti ai vini serviti”. Denis Montanar, quarta generazione di agricoltori, è entrato nel settore vi-nicolo nel 1989 quando ha preso in affitto i vigneti del nonno. Lo scor-so anno ha deciso di utilizzare il su-o nome come marchio dell’azienda (che produce circa 25/30mila bot-tiglie all'anno) a cui ha affiancato i tre toponimi delle terre che coltiva: Borc Dodon, Borc Sandrigo e Sco-dovacca. Aurelio Del Bono di Casa Caterina, col fratello Emilio, gestisce sette ettari di vigna nel comune di Monti-celli Brusati e ha rinunciato volonta-riamente alla Docg. Una scelta co-raggiosa che permette loro di speri-mentare vie alternative, creando vini del tutto atipici (produce circa 25mi-la biottiglie all'anno). Durante la se-rata sono stati degustati il Friulano

2013, l’Uis Blancis 2009 e l’Uis Ne-ris 2003 di Denis Montanar e il Brut Cuvèe 60 2009, il Brut Sec Demy Out Style 2001 (100% Pinot Noir) e il Brut Antique 2002 (100% Pinot Meunier) di Casa Caterina. Vini de-cisamente anticonvenzionali, non c’è che dire, non solo per il metodo scelto, ma perché nascono, seppu-re da storie diverse, dalla medesima volontà di fare prodotti fuori dagli schemi e fortemente legati al territo-rio ed espressione vera del terreno.

"M1lle storie e sapori", vini biodinamici

a confronto

Da sinistra Aurelio del Bono, Paolo Stefanetti e Denis Montanar

settembre 2014

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Filetto di trota salmonata agli agrumi

La proposta di questo mese è un piatto povero di calorie e di grassi, ma molto gustoso e soprattutto semplice e veloce nella preparazione. I filetti di trota salmonata si trovano fa-cilmente nei supermercati e nelle pescherie, già puliti e pri-vi di spine e ad un prezzo abbordabile; oltre ad essere più digeribili del salmone, sono ricchi di omega 3 e hanno un basso contenuto di colesterolo. L’arancia rossa è un agrume ricco di sostanze nutritive e rappresenta un ottimo alleato per un’alimentazione sana ed equilibrata. Così anche il limone, ricco di acido citrico, sostanza essen-ziale per il ricambio energetico delle cellule. Per questa ri-cetta consigliamo agrumi provenienti da coltura biologica perché non trattati con conservanti e agenti di rivestimen-to; sono più sani e sicuramente molto più gustosi e ricchi di succo. Infine l’arancia non è solo e salutare, ma anche uti-le per le faccende di casa: le bucce rappresentano un pro-dotto naturale per profumare le stanze senza l’uso sostan-ze chimiche. È sufficiente staccare la buccia “a spirale” in modo da ottenere un unico pezzo a fisarmonica e stenderla

su un qualsiasi ripiano fino al suo essiccamento. Una volta seccata, va messa in forno per 5 minuti e fatte tostare; tagliata quindi a pezzetti-ni e riposta in un piccolo recipien-te, invaderà con il suo aroma i locali della vostra abitazio-ne, regalando un’atmosfe-ra romantica (e agreste) che non guasta mai. E se come me pensate che nel forno siano rimasti gli odori di quello che avete cucinato, potete cuocere le bucce d’a-rancia a 180° per un quarto d’ora; e qualsiasi odore resi-duo sparirà.

L’AN

GO

LO

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

INGREDIENTI PER 1 PERSONA1 filetto di trota salmonata 1-2 fette di arancia provenienti da coltura biologica2 fettine di limone provenienti da coltura biologica1 cucchiaino di succo di limone1 pizzico di rosmarino tritato1 pizzico di timo2 foglioline di salvia

CURIOSITÀ

Betti e C. srl ha il piacere di invitarla alla 4a edizione diBetti e C. srl ha il piacere di invitarla alla 4a edizione di

Palazzo Colleoni a Cortenuova (Bg), Via Molino n.2Lunedi 13 Ottobre 2014 dalle ore 11.00 alle ore 20.00Il presente invito dà diritto all’ingresso gratuito per due persone. L’ingresso è riservato

agli Operatori del Settore. È gradita la conferma ai numeri aziendali o via mail: [email protected]

Il Tradizionale Evento dedicato al Mondo Beverage Riservato agli Operatori del SettoreIn degustazione oltre 220 prodotti tra Vini, Birra e Distillati.

Il Tradizionale Evento dedicato al Mondo Beverage Riservato agli Operatori del SettoreIn degustazione oltre 220 prodotti tra Vini, Birra e Distillati.

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PREPARAZIONETagliate 2 fette di arancia e 2 di limone, senza togliere la buccia. Sciacquate il filetto di trota e adagiatelo su un foglio di alluminio; unite quindi le fette di arancia e limone. Cospargete il tutto con le erbe e chiudete la carta di alluminio. Mettete il cartoccio in forno a 200° per circa venti minuti. Una volta pronto, aprite il cartoccio, riponete il filetto su un piatto e co-spargetelo con il succo di cottura e, se volete, con un cucchiaino di limo-ne. Servite con un contorno di insalata di rucola e pomodori di varietà “pachino”.

Consegne rapide e personalizzate.Prodotti freschi, surgelati e biologici,

dall’antipasto al dessert

FILIALE DI CILIVERGHE DI MAZZANO (BRESCIA) Via Padana Superiore 86-88 - 25080 Ciliverghe di Mazzano (BS)

Tel. 030/2620217 - 030/2620820 - Fax 030/2120215 [email protected]

SEDE DI CURNO (BERGAMO)Via Bergamo 46 - 24035 Curno (BG)Tel. 035/462861 Fax 035/461151 - 035/[email protected]

www.alimentarimoretti.it

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QualitàQualitàQualitàe convenienzae convenienzae convenienza

per mense e ristorantiper mense e ristorantiper mense e ristoranti

Consegne rapide e personalizzate.Prodotti freschi, surgelati e biologici,

dall’antipasto al dessert

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SEDE DI CURNO (BERGAMO)Via Bergamo 46 - 24035 Curno (BG)Tel. 035/462861 Fax 035/461151 - 035/[email protected]

www.alimentarimoretti.it

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