1912–2012 · marcello mastroianni indossava un modello sutor quando, nel 1965, impresse le sue...

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1912–2012

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1912–2012

Photographs by / Fotografi e di

GIANCARLO PRADELLI

Texts by / Testi di

MARIA CANELLA

ELENA PUCCINELLI

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6 Sutor Mantellassi 1912-2012

38 Sutor Mantellassi’s Hundred: Stepping out in Style

39 You Judge a Man by His Clothes

43 Sutor Mantellassi: History, Style, and Tradition

57 Models, Manufacturing Techniques,

and Care of Handcrafted Shoes

168 Sutor Mantellassi: cent’anni al passo con l’eleganza

169 È l’abito che fa l’uomo

173 Sutor Mantellassi: storia, stile e tradizione

185 Modelli, tecniche di lavorazione e

manutenzione della calzatura artigianale

Table of Contents / Sommario

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Enea and Ettore open

a shoemaking workshop

in the village of Tizzana

(near Florence).

Enea ed Ettore aprono

un laboratorio di calzoleria

nel piccolo borgo di Tizzana.

Enea serves his

apprenticeship in Bologna,

where he learns the secrets

of the craft from master

shoemakers.

Enea svolge il suo

apprendistato a Bologna

presso i maestri calzolai,

dove impara i segreti

dell’arte.

Enea returns to Tizzana

with his newly acquired

skills and sets about

improving his workshop.

Tornato a Tizzana,

Enea consolida l’attività

del suo laboratorio grazie

alle nuove competenze

acquisite.

Enea and Ettore put their

skills at the service of the

wealthy bourgeoisie and all

those wishing to own shoes

of quality. The business

takes its fi rst steps towards

achieving the international

renown which would

increasingly distinguish it.

La maestria di Enea ed

Ettore è al servizio dell’alta

borghesia locale e non

solo. L’attività muove infatti

i primi passi verso quella

vocazione internazionale

che la caratterizzerà

sempre di più.

Mantellassi returns to

Bologna, reinforcing its

association with the local

craftsmen, custodians

of an ancient and

uninterrupted tradition.

Mantellassi si riavvicina

a Bologna, consolidando

la collaborazione con

i maestri calzolai locali,

depositari di una tradizione

antica e ininterrotta.

Enea’s son, Ledo, adds

a new dimension to the

business by stressing the

quality of their products

and opening single-brand

shops on the most

fashionable streets

of Bologna and Florence.

Il fi glio di Enea, Ledo,

imprime un’importante

svolta all’attività di

famiglia, dando visibilità

all’eccellenza della

produzione: aprono

i negozi monomarca

nei quartieri prestigiosi

di Bologna e Firenze.

Ledo Mantellassi launches

the new brand name:

Sutor Mantellassi.

The Latin term “sutor”

combines with a crown

as the emblem of the proud

tradition of outstanding

craftsmanship typifying

the fi rm’s principles.

Ledo Mantellassi

fonda il nuovo marchio:

Sutor Mantellassi.

Il termine latino “sutor”

accostato alla corona

evoca la nobile tradizione

artigiana che caratterizza

l’attività della maison.

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The exquisite workmanship

and stylishness of the shoes

lead growing numbers

of famous foreigners and

local celebrities to become

Sutor Mantellassi clients.

La qualità della lavorazione

e l’eleganza dello stile

portano molti illustri

stranieri e celebrità

nazionali a prediligere il

marchio Sutor Mantellassi.

A new workshop is opened

in San Pietro in Casale,

where all the stages in the

shoe manufacturing process

are performed under one

roof so as to rationalize

the production system.

Apre il laboratorio di

San Pietro in Casale,

nel quale vengono

riunite tutte le fasi

di lavorazione della

scarpa, per una migliore

organizzazione del

processo di produzione.

Sutor Mantellassi secures

its prominence in the

international market by

making its fi rst appearance

at Pitti Uomo, the men’s

fashion event showcasing

all the leading Italian

brands.

Sutor Mantellassi partecipa

per la prima volta a

Pitti Uomo, manifestazione

che riunisce le migliori

realtà sartoriali del Made

in Italy, e consolida così

la sua presenza sul

mercato internazionale.

Sutor Mantellassi becomes

one of the cornerstones

of the “Made in Italy”

revolution that has taken

the world by storm,

justifying the opening

of a new shop on

Via della Spiga in Milan.

Sutor Mantellassi

appartiene al fi rmamento

della moda italiana

che ha conquistato

il mondo e apre il negozio

in via della Spiga a Milano.

Bolstered by its

domestic reputation,

Sutor Mantellassi turns

to the Asian market,

where its outsanding

craftsmanship is soon

recognized and a

single-brand shop

is opened in Tokyo.

Defi nitivamente affermato

in Occidente, Mantellassi

si rivolge al mercato

asiatico, dove la qualità

della lavorazione trova il

meritato riconoscimento:

apre un negozio

monomarca a Tokyo.

Sutor Mantellassi

consolidates its position by

opening its own showroom

in the heartland of the

Milan fashion industry.

Sutor Mantellassi consolida

la sua presenza a Milano

inaugurando lo showroom

nel cuore del quadrilatero

della moda.

Sutor Mantellassi celebrates

its centenary by opening

two new stores, in

Shanghai and in Milan

on Via Monte Napoleone.

Sutor festeggia i cent’anni

e apre due nuovi negozi:

a Shanghai e a Milano

in via Monte Napoleone.

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Enea and Ettore open a shoemaking workshop in the village of Tizzana (near Florence).

Enea ed Ettore aprono un laboratorio di calzoleria nel piccolo borgo di Tizzana.

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1912

A typical shoemaking workshop in the beginning of twentieth century.

Tipica bottega di calzoleria dell’inizio del Novecento.

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19161918

Enea serves his apprenticeship in Bologna, where he learns the secrets of the craft from master shoemakers.

Enea svolge il suo apprendistato a Bologna presso i maestri calzolai, dove impara i segreti dell’arte.

Master shoemakers have handed their skills through apprenticeshipsin the ancient corporations, the cordwainers guilds.

Il mestiere di calzolaio veniva tramandato nell’ambito delle corporazioni.

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1920Enea returns to Tizzana with his newly acquired skills and sets about improving his workshop.

Tornato a Tizzana, Enea consolida l’attività del suo laboratorio grazie alle nuove competenze acquisite.

Enea Mantellassi (in the middle) with his family.

Enea Mantellassi (al centro) con la sua famiglia.

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1930Enea and Ettore put their skillsat the service of the wealthy bourgeoisie and all those wishing to own shoes of quality. The business takes its fi rst steps towards achieving the international renown which would increasingly distinguish it.

La maestria di Enea ed Ettore è al servizio dell’alta borghesia locale e non solo. L’attività muove infatti i primi passi verso quella vocazione internazionale che la caratterizzerà sempre di più.

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The american poet Ezra Pound, one of the fi rst renowned international clients of Mantellassi’s workshop.

Il poeta americano Ezra Pound, uno dei primi illustri clienti internazionali del laboratorio Mantellassi.

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Mantellassi returns to Bologna, reinforcing its association with the local craftsmen, custodians of an ancient and uninterrupted tradition.

Mantellassi si riavvicina a Bologna, consolidando la collaborazione con i maestri calzolai locali, depositari di una tradizione antica e ininterrotta.

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0Enea’s son, Ledo, adds a new dimension to the business by stressing the quality of their products and opening single-brand shops on the most fashionable streets of Bologna and Florence.

Il fi glio di Enea, Ledo, imprime un’importante svolta all’attività di famiglia, dando visibilità all’eccellenza della produzione: aprono i negozi monomarca nei quartieri prestigiosi di Bologna e Firenze.

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Ledo Mantellassi launches the newbrand name: Sutor Mantellassi.The Latin term “sutor” combines with a crown as the emblem of the proud tradition of outstanding craftsmanship typifying the fi rm’s principles.

Ledo Mantellassi fonda il nuovo marchio: Sutor Mantellassi. Il termine latino “sutor”accostato alla corona evocala nobile tradizione artigiana che caratterizza l’attività della maison.

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The exquisite workmanship and stylishness of the shoes lead growing numbers of famous foreigners and local celebrities to become Sutor Mantellassi clients.

La qualità della lavorazione e l’eleganza dello stile portano molti illustri stranieri e celebrità nazionali a prediligere il marchio Sutor Mantellassi.

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The italian actor Marcello Mastroianni

was wearing Sutor shoes when he left his footprints

on the Hollywood Boulevard, in 1965.

Marcello Mastroianni indossava un modello

Sutor quando, nel 1965, impresse le sue impronte sull’Hollywood Boulevard.

19651970

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Oriana Fallaci, italian journalist and writer, used to frequent the historical boutique in Via Rondinelli, Florence.

La giornalista e scrittrice fi orentina Oriana Fallaci era cliente della storica boutique di via Rondinelli.

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A new workshop is opened in San Pietro in Casale, where all the stages in the shoe manufacturing process are performed under one roof so as to rationalize the production system.

Apre il laboratorio di San Pietro in Casale, nel quale vengono riunite tutte le fasi di lavorazione della scarpa, per una migliore organizzazione del processo di produzione.

Sketches by Ledo Mantellassi, 1977.

Schizzi a matita eseguiti da Ledo Mantellassi, 1977.

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1978Sutor Mantellassi secures its prominence in the international market by making its fi rst appearance at Pitti Uomo, the men’s fashion event showcasing all the leading Italian brands.

Sutor Mantellassi partecipa per la prima volta a Pitti Uomo, manifestazione che riunisce le migliori realtà sartoriali del Made in Italy, e consolida così la sua presenza sul mercato internazionale.

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1987

Sutor Mantellassi becomes one of the cornerstones of the “Made in Italy” revolution that has taken the world by storm, justifying the opening of a new shop on Via della Spiga in Milan.

Sutor Mantellassi appartiene al fi rmamento della moda italiana che ha conquistato il mondo e apre il negozio in via della Spiga a Milano.

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Bolstered by its domestic reputation, Sutor Mantellassi turns to the Asian market, where its outsanding craftsmanship is soon recognized and a single-brand shop is opened in Tokyo.

Defi nitivamente affermato in Occidente, Mantellassi si rivolge al mercato asiatico, dove la qualità della lavorazione trova il meritato riconoscimento: apre un negozio monomarca a Tokyo.

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Sutor Mantellassi consolidates its position by opening its own showroom in the heartland of the Milan fashion industry.

Sutor Mantellassi consolida la sua presenza a Milano inaugurando lo showroom nel cuore del quadrilatero della moda.

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Sutor Mantellassi celebrates its centenary by opening two new stores, in Shanghai and in Milan on Via Monte Napoleone.

Sutor festeggia i cent’anni e apre due nuovi negozi: a Shanghai e a Milano, in via Monte Napoleone.

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Male fashion has always experienced changing styles, especially over the past decades, with new trends introducing

eccentric, narcissistic, exhibitionist, and sexy constituents, leading some critics to speak of a new aesthetic grammar in

male dress. One of the most respected designers, Gianfranco Ferré, has confi rmed this tendency, but with an important

proviso: “I’ve always been convinced that what most distorts the fashion world is the need to invent something new at

all costs, and this novelty then soon seems old and out of date. The classic cornerstones of male dress are benchmarks

in one’s cultural education and cannot be forced into the straightjacket of dogma or reduced to a set of rules. Evolution

through continuity is a defi nition I feel comfortable with to describe my approach to making things for men.”

Whatever his personal taste, the man of elegance should always take as his starting point his inner self in his search

for a look that pleases him before worrying if it pleases others and be confi dent enough to realize that one does

not need a fresh suit to be original. “I think that male fashion should shun passing fads, even more than female

fashion,” says Gillo Dorfl es, the art critic and scholar of aesthetics. “I’ve always wanted to appear elegant and in

order to do so, I wear the things I like most, without bowing to current tastes at all.”

Besides, being regarded as “well-dressed” has always been something men have taken pleasure in over the

centuries and was never a female preserve. As Sir Philip Dormer Stanhope, fourth Earl of Chesterfi eld, remarked

You Judge a Man by His Clothes

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in the mid-eighteenth century: “How one should dress is a foolish thing to worry over. But it is very foolish for a

man not to be well dressed.” Indeed, clothes for a man have always been a sort of uniform into which he can slip

and give himself a ready-made identity; fl ashy to suggest success or wealth, sober and understated to hint at inner

resources, or eccentric to signal creativeness of unconventionality. Sometimes it can stretch so far as to denote the

breaching of social conventions and mark a downright challenge.

But at the end of the day what is the real bottom line in male elegance, the single most signifi cant feature? The key

point is that it should never draw attention to itself or be overdone. In particular, bespoke elegance, the work of a

leading tailor or shoemaker, is not to be identifi ed through its label but through its line. A man can only be said to be

truly elegant on the closest inspection. Sir Anthony Eden, Lord Avon, the British Prime Minister from 1955 to 1957,

was considered one of the most elegant men in England. One day he turned up at the House of Commons wearing

such a perfectly fi tting suit that his colleagues felt they just had to express their admiration. That very evening Lord

Avon gave the suit to his butler, remarking: “It’s too fl ashy.”

The diffi cult art of choosing a pair of shoes follows the same rules that apply to clothes; in this regard certain fashion

historians believe that a true Anglo-Italian style has evolved over the years, in the sense that male fashion in terms

of cut, materials, and matching accessories was defi nitely established in England, but that Italian craftsmen took it

up and developed it to its utmost at least as regards suits, shoes, and shirts.

It is worth mentioning here that the great tailors, shoemakers, and shirtmakers fulfi ll the role of custodians of

style and tradition, especially at a time when the canons of elegance are no longer handed down automatically

from father to son. As Adalberto Falletta has pointed out in an article on the Luxury of Dressing to a Craftsman’s

Standards, which appeared in Corriere della Sera in June 1981, the type of client seeking handmade and bespoke

articles has changed: once only the nobility could afford this luxury, confi dent in their taste and discrimination;

they were followed by upper-middle class industrialists, then by the fi nancial bourgeoisie, and fi nally showbusiness

celebrities (with an inevitable “weakening” of style). It will be remembered that in the seventies and eighties the

political and economic climate changed considerably (terrorism, kidnappings, economic crisis) and the ensuing

fi nancial instability and galloping infl ation led to increased diffi dence and a less ostentatious style, with a preference

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for plain, almost austere outfi ts. So, if customers were more demanding until the sixties and were able to feel the

quality of the cloth or leather without any advice, afterwards it was up to the tailor or shoemaker to suggest the

models, fabrics, and colors that would best suit their new clients.

Over the years the age of the average client has also changed. In the period up to the seventies people were brought

up to have taste: the typical client was over fi fty years of age and it was traditional for the son of such a customer to

ask for a pair of handmade shoes as a present for obtaining a university degree, thus marking his “initiation” into the

world of adult elegance. In the fi nal decades of the twentieth century the average age of executives dropped so much

that, as the famous Roman shoemaker Enzo Gatto has put it: “I even fi nd thirty-year-olds coming to me and I’d say

that the main difference from their fathers is that they aren’t so bothered about how hard-wearing their shoes are.”

In actual fact handcrafted, made-to-measure shoes have always been seen as an investment and were expected to

last a long time, irrespective of the vagaries of fashion and tough. Indeed, all the great shoemakers willingly take in

their customers’ shoes for resoling, polishing, and repairs, which is what makes handmade shoes so long-lasting

and lends them their aura of glamour. In their shiny perfection, handmade shoes are virtually examples of leather

sculpture and thus an indispensable part of an elegant gentleman’s attire, the sense of luxury and refi nement they

express only increasing with the passing years. Even when male fashion makes some concession to clothing that is

not tailor-made, an elegant man would not dream of wearing anything other than handmade shoes.

It is undeniable that if women’s shoes, especially those with extremely high, slim heels, express cunning and seductiveness,

men’s shoes also symbolize virility and strength, elegance, wealth and social status. So, in spite of the distance between

two different ways of dressing (the classic and fashionable styles), what both have in common is the importance they

place on an “accessory” which can hardly be referred to as a detail, i.e. shoes. It is no accident that the man of style

knows that shoes are the focal point of his elegance and most articulately declare where he stands in matters of taste.

As László Vass wrote in his aptly-entitled introduction to Handmade Men’s Shoes, “The Shoe, Passport to Elegance,”

made-to-measure handmade shoes “are the priceless creations of craftsmen and as such are designed to protect

the rather vulnerable structure of the foot while at the same time expressing the wearer’s taste and social status,

since in questions of elegance everything starts with the shoe.”

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The great tradition of craftsman-made Italian and European shoes has its roots in generations of master

shoemakers who have handed their skills down from father to son through apprenticeships in the

ancient corporations, in the confréries des compagnons and cordwainers guilds. The history of the

Mantellassi thus goes back to the early twentieth century and covers three generations, starting with two

brothers, Ettore and Enea, who opened their cobbler’s workshop in Tizzana, a village near Quarrata in

the province of Pistoia.

Enea was born in 1888 and started his business in 1912. He was wounded during the First World War and

sent to recover behind the front line in Bologna, where he met an extraordinary group of highly specialized

craftsmen who were especially skilled in stitching, but were accomplished in all aspects of the craft. This group

turned the area around Bologna and Ferrara into the heartland of the art of shoemaking (women’s shoes in

Bologna and men’s in Ferrara).

Enea lingered in Bologna “to learn the game” (as the saying goes among apprentices) and returned home

enriched by the experience. His workshop in Tizzana aimed at the middle class and upper-middle class

market in the provinces of Pistoia and Prato, where he moved in the nineteen-twenties. His fi rst son, Lido,

Sutor Mantellassi: History, Style, and Tradition

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was born in 1913, followed by his brother Ledo, in 1924. The latter attended the science high school and

became a chemical technician. He enrolled at university but was forced to interrupt his studies owing to

the Second World War.

Mantellassi reopened for business in the Bologna area after the war. The great turning point occurred in

the fi fties with the opening of a number of new shops: the fi rst of these was in Piazza della Repubblica

in Florence and opened in 1957, followed in 1959 by another in Via Indipendenza in Bologna, and a third

in Galleria Cavour; another shop was opened in Florence, in Via Rondinelli, in 1963, and a fi nal one was

added in Prato.

In 1962 the two Mantellassi brothers decided to divide the business into two sectors, as Lido’s interest lay in the

marketing side of the operation while Ledo had a greater fl air for design and styling and concerned himself with

production. Lido kept the Mantellassi trademark and the shops in Prato and in Via Indipendenza, in Bologna,

while Ledo launched the Sutor Mantellassi trademark and ran the shops in Piazza della Repubblica, in Florence,

and Galleria Cavour, in Bologna.

Right from the choice of logo (sutor means skilled stitcher and cobbler in Latin) it was clear that the

aim was to produce a classic shoe for both men and women which would display the highest standard

of craftsmanship, whether in shoes purchased from other leading shoemakers or in models designed by

Ledo Mantellassi himself. In addition to the favored Bologna and Ferrara region, women’s models were also

sought in Naples and men’s models in Parma and in Tuscany, while Lombardy (Parabiago and Vigevano)

emerged only in the sixties.

Ready-to-wear craftsman-made shoes were backed up by made-to-measure shoes (around 25% of the whole

production, with a manufacturing time of fi ve weeks and a 30% surcharge) aimed at the male market rather

than the female. The shop in Piazza della Repubblica targeted the lower end of the market, while the shop in

Via Rondinelli was directed at the luxury market, with clients drawn from the upper-middle class of Florence

and Bologna and international celebrities. In addition to classic lines, the company also offered a range of boots

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(made in Modena by Fabbri) and sports shoes. Production from the fi fties to the seventies was around 1500

pairs a year, a third of which were women’s shoes.

The Sutor Mantellassi look is based on a Latin line with a slightly squared-off tip, a style borrowed from

seventeenth-century footwear. The distinctiveness of this line sets it apart from the Anglo-Saxon look

championed by John Lobb, with its low instep and tapering toe and the Austro-Hungarian approach typical

of the craftsmen of Budapest, such as László Vass, which prefers a more military look based more closely on

the morphology of the foot.

Sutor Mantellassi products are divided into a number of bench-made lines: the City Line for the man about

town, the Newport line which provides a more sporty look, Aria casuals, which include moccasins and classic

lace-ups with a squared-off toe and everyday brushed leather shoes and desert boots. Women’s shoes are

based on the men’s lines and retain the squared-off toes (lace-ups, desert boots, moccasins with buckles) or

classic two-tone suede and leather pumps, or more fashionable models with damasked cloth decoration and

embroidery. Women have their own sports shoe line with added golden accessories, while dress shoes include

a series of twenties- and thirties-style pumps.

Every Sutor Mantellassi collection explores a variety of avenues, while striving always to adhere to the fi rm’s

traditional approach. This means that fresh ideas and techniques are incorporated into the designs from trips

abroad (such as the Eduard Meier workshop in Munich, the oldest shoemakers in Germany and manufacturers

of footwear for the Court since 1596).

Mantellassi’s success led the fi rm to decide to set up a brand new company, bringing the entire production

process under one roof in the Bologna area, from the fi rst design sketches to the fi nished handmade shoe

and retail sale. In 1977 a Bolognese craftsman from San Pietro in Casale and erstwhile Mantellassi supplier

sold his business to Mantellassi and the entire production process (styling, cutting, stitching, trimming) was

moved to the new premises over a few years and put under the management of a local craftsman. In the

meantime, Ledo and his wife dealt with the marketing side of the operation from Florence.

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The two seasonal lines were designed by Ledo, aided by designers working under his instructions. An important

source of inspiration was the enormous collection of shoes kept in the company archives, which include not

only the full range of shoes produced by the fi rm over the years, but also models of historic importance from

around the world.

The care taken in selecting the leather was “obsessive”: only the very best leather being good enough and

sought from tanneries in Italy (Cornelia, Ilcea), France (Tanneries du Puy), England (W.E. & J. Pebody),

and Germany (Freudenberg, especially for black leather). The leather soles were always Italian, with laces

all made by Strupai, a fi rm whose reputation for excellence stretches across Europe. Italian clients are

especially interested in purchasing top-quality leather (among the most sought-after is barrel-tanned and

discolored calf leather, which is then strictly hand-dyed with a mixture of waxes and aniline at various

concentrations), while ostrich and crocodile leather are almost solely for the export market. The entire

production process was carried out by hand, with great attention to detail, such as nails being added to

the toe and heel to prevent wear.

A total of 10 to 15 pairs were made each day (mostly Oxfords and mocassin, with a few rubber-soled

golf and sports shoes), making a total of around 200 pairs a month (almost exclusively men’s, while

women’s models were still purchased from suppliers). In addition to the two shops in Florence and the

one in Bologna, other retail outlets around the country also stocked Mantellassi shoes: Trussardi in Via

Monte Napoleone in Milan, RD in Naples and in Via Frattina in Rome. Matching leather goods were

also introduced, such as belts, small leather articles, bags, travel bags, suitcases, keyrings, etc., made

out of house.

Mantellassi’s more illustrious regular clients have included Louis Aragon, Ezra Pound, Oriana Fallaci, Giovanni

Spadolini, Javier Pérez de Cuéllar, the king of Morocco, the Duchess of Manchester, Prince von Metternich,

King Juan Carlos, Marcello Mastroianni (who was wearing Sutor shoes when he left his footprints on Hollywood

Boulevard in 1965), Nino Manfredi.

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Production was put on an optimal footing and considerably increased thanks to the workshop in San Pietro

in Casale, encouraging Mantellassi to widen its horizons from the point of view of the market at which it

was aiming. In September 1978 Sutor Mantellassi began to take part in Pitti Uomo, a men’s clothing and

fashion accessories show fi rst held in 1972 whose aim was to promote the best of Italian fashion among

foreign buyers.

The stand at fi rst failed to make the impact hoped, but things took a turn for the better with the visit of

Gérard Penneroux, Maison Dior’s creative director. Penneroux was struck by Sutor Mantellassi’s footwear,

returned with a number of his assistants, asked for some alterations to be made so as to personalize his

shoes (adapting them to suit French taste, particularly by making the heels more tapering and blunter),

and ordered 220 pairs to be sold under the Dior brand. From that moment Sutor Mantellassi became Dior’s

offi cial supplier for ten years, until the French fi rm was acquired by Bernard Arnault, who preferred to order

the company’s shoes from the LVMH group. Dior was Sutor Mantellassi’s fi rst important international client

and earned the company considerable fame.

In addition to Pitti, Sutor Mantellassi also took part in the Bologna and Milan trade fairs, where the leading

competitors in the luxury footwear market were all present (Stefano B from Ferrara, Alexander from Parma,

Silvano Lattanzi from Rome and Milan). The great foreign manufacturers, with whom Sutor had also to compete

under its own name and through the leading brands, included Berluti (Hermes), John Lobb (Louis Vuitton),

and Edward Green.

In 1978, Ledo’s son Luca joined the fi rm. In 1987 the company joined Classico Italia, a group of companies

(including Brioni, D’Avenza, Kiton, Longhi, Malo Tricot, Prochownick, Sinigaglia, Stefano Ricci, Valentini)

selling outerwear and ties, shirts and shoes, scarves and coats, stressing their bespoke tailoring and

craftsmanship, as opposed to the articles provided by fashion designers crushed by the demands of industrial

production. Shops should refl ect the same elegance and be made of wood and contain a minimum of glass.

Worldwide, there would seem to be around 1500 exclusive retail outlets of this kind in a position to stock

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articles produced by the Classico Italia group, which puts the accent on luxury and the intrinsic quality of the

product, with the object of meeting the requirements of the well-dressed man, but leaving space for personal

taste. Moreover, this association helped create a climate of mutual cooperation, putting in place a network

of shared agents.

Production increased further in the nineties (200 pairs a day, 20% of which made-to-measure, with a

slight preponderance of women’s shoes), certain stages in the manufacturing process were mechanized

and extra staff were hired, bringing the number of employees to around twenty. The quality, however,

remained unaffected and the company continued to manufacture lovingly crafted, unique pairs of shoes,

made using the ancient welt technique that combined style and comfort. The company then boosted its

presence in the national market, going from a single representative for Italy to several regional agents (the

make was available in the Gemelli, Bardelli, Tincati and Neglia shops in Milan, in Battistoni in Rome, in

Naples, and in Turin). The international market (USA, Germany, Spain, and Japan) also took on a higher

profi le in the late eighties; especially in the States, where Sutor Mantellassi footwear was distributed

through Louis Boston and Neiman Marcus.

The fi rm has never changed its craftsman-based manufacturing process, but in order to fend off competitors it

had to reorganize the distribution and marketing sector by opening its own shops, so as to be able to keep up

to date with the demands of the market and adapt its marketing strategies accordingly.

The sales department, covering Italy and the export market, whose offi ces are located over the shop in

Piazza della Repubblica in Florence, thus became increasingly important. It was in the early nineties that

foreign sales began to pick up considerably as a proportion of the whole (with around 300 shops stocking

Sutor Mantellassi footwear): Germany, Holland, Spain, France, and especially the United States, where

the company’s shoes were on sale in many of the major cities (New York, Boston, Miami, Seattle, and Los

Angeles). The most exclusive menswear shops tend to attract the most prestigious brands, in this case

Sutor Mantellassi shoes.

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Contact with the trade press and fashion magazines began to be attended to on a regular basis and public

relations were entrusted to a specialized studio. Stories and editorials regarding the company, as well as

references in articles of a general nature, appeared regularly in dailies and periodicals, especially in connection

with Pitti Uomo (La Nazione) or special events such as the opening of new retail outlets or anniversaries

(L’Europeo, Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giorno, La Gazzetta di Parma and La Gazzetta

di Firenze), and in men’s fashion magazines (L’Uomo Vogue, Uomo Harper’s Bazaar, Fashion), in the Italian

and foreign trade press (Vogue Pelle, Moda Pelle, Foto Shoe 30, Il Mondo della Calzatura, and Trépoints,

which carried an article entitled Mantellassi enfi n en France), and in magazines devoted to luxury items

(Class, Esquire, Platinum, Wine Spectator and Aziende & Protagonisti).

The reviews all shared the same enthusiastic tone: Sutor Mantellassi shoes were “perfect creations,

manufactured according to the strictest craftsman’s standards using materials which may be costly or

otherwise, but always doing their job to perfection, which is to add a touch of style, provide value for money

and be hard-wearing.” Or, as Eva Desiderio puts it: “masterpieces of the shoemaker’s art (still manufactured

in very small numbers) that are so sober and so chic as to have made the Sutor Mantellassi trademark a real

passport on a VIP’s feet.”

Pitti clearly remains a key opportunity to examine the latest novelties and keep abreast of the fi eld,

especially at a diffi cult time like the early nineties when Italian and international fashion were in upheaval,

as testifi ed by an interesting article that appeared in Mondo della Calzatura in March 1992, which

deserves to be quoted extensively.

“Space devoted to accessories has increased in the Florence show. The stress in footwear is being placed more

and more on the amalgamation of quality and craftsmanship in the manufacture of the product and on boosting

the sale of shoes in clothes shops. Elegant casual accessories to be worn with city sportswear are increasingly

popular. If expenditure on clothing is refl ecting the downturn being experienced by consumer goods sales in

general, leading to a reduction in purchases in terms of quantity and a greater attention paid to value for money,

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accessories seem to be comparatively unaffected. Ties, as well as scarves, socks, belts and shoes are able to

personalize a man’s individual style of dress, adding that touch of fantasy and freshening up last year’s suit.

“Is the boutique now the ideal shop for high-quality shoes? It would seem so, to judge by the comments

of certain manufacturers at Pitti Uomo. This is due to the interest in quality shared with the leading

fashion designers and to the fact that men have less time for shopping and therefore buy both clothes

and matching accessories in their favorite shops. The fact is that boutiques are increasing the space

they are prepared to dedicate to accessories, even though the range they can offer is necessarily limited.

Men come to these shops looking for an exclusive product, evidence of skilled craftsmanship and a return

of traditional standards.”

So it was that Sutor Mantellassi launched the Finis Austriae line in 1992, typified by an extremely

comfortable new design known as Haricot based on the Vienna of the Secession and the extremely

hard-wearing Norwegian style shoes, made only to order. The leather was of the highest quality,

such as anil cordovan; models ranged from the classic to elegant sports shoes, with wider and more

projecting soles and coarse stitching.

As the specialist press pointed out, at a time of economic crisis due to a loss of competitiveness in the Italian

economy as a result of competition from France and Germany (with products often made from Italian fabrics

and hides, assembled in countries with low wages and distributed by European companies), the most effective

response, which also met with the approval of American buyers, was the so-called “man in blue,” a high profi le

image of classic elegance.

Publicity was ensured in the United States through advertising hoardings, in addition to editorials in periodicals.

Moreover, Sutor Mantellassi was included in the catalogues of Neiman Marcus, which had outlets throughout

the States and set aside a corner in each shop to devote to made-to-measure articles. The idea was enormously

successful and marked a valuable new departure, so much so that the fi rm was encouraged to make regular

demonstrations for the more important clients.

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A new shop was opened in Milan’s Via della Spiga in 1986 and in 1992 a showroom was opened in Via

Paleocapa, in an elegant setting within a beautiful old palace a stone’s throw from Parco Sempione, while in

1994 a new boutique was opened in Via Verri, which was furnished in a classic style, like the most exclusive

craftsman’s shoe shops in the nearby Via Monte Napoleone. New sales outlets were established abroad, in

Dallas, Seattle, and in Galleries Lafayette in Paris, and in 1996 a shop dedicated wholly to Sutor Mantellassi

footwear was opened in Tokyo. New York had its own showroom at 760 Fifth Avenue, where meetings were

organized to present new collections to the press. At the start of the new millennium Sutor Mantellassi shoes

were distributed in Moscow by Crocus.

The style and interior decoration of the shops is very important: for instance, the exclusive Harrison James

Menswear Store in West 54th Street in New York was to stock classic, almost nineteenth-century clothing and

accessories in surroundings designed appropriately to look like a London club (in addition to areas devoted to

tailor-made clothing and one to shoes, run by Sutor Mantellassi, there was also a barbershop, a cigar room, two

restaurants, and a terrace facing MoMA).

The company grew to reach its maximum size between 1992 and 2000 (when it was able to employ an in-

house staff of 35 and 15 more outside the premises).

Men’s models covered traditional moccasins or moccasins with a side buckle and double stitching, classic lace-

ups in the English-style or in a smooth, elegant version, designed to be especially hard-wearing thanks to their

triple stitching and added nails, and fi nally suede desert boots with microporous sole and anti-shock ergonomic

insole. The women’s range included lace-up models in foalskin or leisure shoes in leather and microporous sole,

ensuring lightness and toughness. The various shades of brown and black were leavened with single-tone anil

cordovan leathers (Bordeaux) and for summer wear the traditional square-toed moccasin in pastel or brighter

shades, even lacquer red. As described in its entry in Dizionario della Moda, the fi rm decided to celebrate its

ninetieth anniversary in 2002 by creating a special shoe in a limited edition of 101 pairs made by carving rather

than cutting the uppers.

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Sutor Mantellassi was sold and relaunched in 2006, retaining its chief mono-brand boutiques, and

keeping faith with the fi rm’s tradition of maintaining the highest standards in craftsmanship and has now

reached one hundred years of unparalleled excellence and renown. The stress on elegance and attention

to detail have come down to us through three generations of master shoemakers, who have jealously

guarded the secrets of their craft and created shoes that acquire an added patina of style through daily

wear and the passage of time.

An investment fund concentrating on luxury goods bought a majority share in the historic Florentine company.

The operation included an ambitions plan to relaunch the brand and reposition it at the very top end of the market

by exploiting the fi rm’s know-how, demonstrating a continuing belief in Italy’s reputation for excellence and style

and the standards achieved by its craftsmen. The business plan put the accent on refocusing manufacture on

in-house skills, a return to direct distribution to markets throughout the world and the creation of a restricted

number of select fl agships strategically positioned in the world. Underlying these changes was the desire

gradually to extend the range of products, starting with the presentation of new accessories and luggage at Pitti

Uomo in 2006 and moving on to include a line of women’s shoes.

The standards that distinguish the label, renowned throughout the world for its elegance, reliability and

unmistakeable style, have remained unaltered by the passage of time thanks to the fi rm’s proud and steadfast

adherence to its tradition of manufacturing the best in handmade goods. So, Sutor Mantellassi is relaunched a

century after its foundation with exactly the same standards of excellence, even though distributed over a wider

range of products. Shoes came to be known as “blue-blood” articles owing to their superlative quality and the

characteristic color of their soles.

Sutor Mantellassi is now owned by Lario 1898 S.p.A., a new luxury goods group centered on a respect for the

traditional skills and know-how that have made Italian style famous the world over. This is an invaluable legacy

that needs to be safeguarded in order to be able to guarantee the best results and the highest standards of

workmanship. The brand is distributed through selected specialty stores and retail outlets in Europe, the United

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States, Russia and Japan and through the company’s own boutiques in Florence, Tokyo and Milan, where a

showroom in the heart of the city’s fashion district was opened in 2007.

Aside from its summer and winter footwear collections, Sutor Mantellassi also produces the Executive and

Travel lines of accessories, designed to underscore the style of the most sophisticated and demanding client,

accentuating his individuality, taste and savoir vivre. The elegance and superb quality of craftsmanship

displayed by these two collections of exclusive accessories makes them ideal accompaniments on formal

occasions, as well at more relaxed, casual moments. The Travel collection is made using materials of superior

quality, such as leather tanned in wooden vats and subsequently barrel-dyed rather than being spray-dyed

(a long-forgotten traditional technique), or with vegetal leather skillfully coupled with canvas. In the Executive

line, the hides are brushed by hand and the designs echo those used in Oasis, one of Sutor Mantellassi’s

historic and distinctive lines.

The collection also accommodates a series of articles made from the rarest and choicest materials, such as

crocodile, python and ostrich, in both matt and glossy versions, according to the client’s wishes. The inners are

strictly alcantara and the personalized metal components are all rigorously handmade; even the large-scale zip

fasteners are examples of meticulous craftsmanship.

The summer collection comes in bright and classic colors and the models feature particularly supple

leather, soft microporous or leather soles with natural rubber inserts and unblemished smooth or hammered

uppers, as well as various designs in suede embellished with little clips and buckles to highlight the

contrast with the leather.

Sutor Mantellassi products are handcrafted using a number of different techniques.

The Blake method of construction: painstaking attention to detail and the time a shoe holds its “shape” are the

distinguishing features of Sutor Mantellassi footwear, even in cases of standard articles.

The Bologna method of construction: provides a more elaborately structured and more comfortable shoe. The

manufacturing process is designed so as to ensure a perfect fi t for the leather. The starting point is a “bag”

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structure; the shoe is then built around the last and stitched onto the leather insole reinforced with jute canvas,

each stitch being applied by hand.

The tubular method of construction: comfort and extraordinary fl exibility are the features of this type of shoe.

The shoe is built, stretched and stitched by hand, and the vamp of the uppers is attached thanks to over 100

individually applied stitches.

Goodyear method of construction: this model is borrowed from the Sutor tradition and requires the utmost manual

dexterity in the craftsman in shaping the shoe. The fi nal result is a casual shoe of great sophistication.

Norwegian method of construction: the outsole, midsole, lining and uppers are stitched together with thread

and awl (which is the symbol of the Sutor brand). The same patient process is repeated for the second and third

soles: over 600 stitches for a superb example of craftsmanship.

Models made of crocodile skin: shoes made only from the skin of the Alligator mississipiensis family, jealously

safeguarded in a proper strongroom in the workshop, are absolutely exclusive to Sutor Mantellassi and

represent the ultimate in luxury. The skins are selected according to the size and model of the shoe to be

made, in order to ensure that the pattern on the uppers is uniform throughout, with regularly distributed

scales of an optimum size. Each pair made requires two entire skins, only the fi nest part of which is used.

The skins selected go through a special tanning procedure which makes them much more durable, especially

in the areas between the scales, the most delicate part of crocodile skin. The shoes stay on their wooden

shoetrees for at least twenty days after manufacture, so that they can dry out in a natural manner. This

enables the leather to adapt to the shape of the shoe and to acquire greater elasticity, memory of the shape

and toughness.

A respect for tradition, superb craftsmanship, exclusive design, and top quality materials are what distinguish

Sutor Mantellassi footwear. The company’s products are aimed at demanding, cultured, though diverse clients

who are used to making clear-cut choices in matters of style. Every product, from shoes to bags, small leather

articles and sundry accessories is made according to canons respecting the wish to achieve an impeccably

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elegant turnout, while remaining casual and unaffected, refl ecting the values of the modern man, dividing

his time between the city and leisure activities, work and relaxation. Each product is a unique article, hand-

worked by skilled craftsmen with immense pride, patience, and precision—ingredients normally overlooked by

modern approaches and the latest machinery—while paying careful attention to market trends and adapting

to meet demand with an up-to-date range of products always in line with the requirements of a fashion world

in constant evolution. Sutor Mantellassi products are the result of one hundred years of experience in the

industry dedicated to the careful selection of leathers, a passionate attention to detail and long-established

traditional workmanship, which has nonetheless achieved the trick of remaining astonishingly modern.

Three generations of master shoemakers have jealously guarded the secrets of a craft that is closer to an art,

a way of life, an example of harmony. From the classic look to more modern models and made-to-measure

shoes, Sutor Mantellassi epitomizes footwear shaped and manufactured according to the foot’s anatomical

structure and the preferences of each individual client. The company’s association with luxury and comfort is

clear in the unfussy lines of its shoe which nevertheless always have an eye on the latest trends and are made

from supple, high-quality leathers and feature details and highlights that are functional as well as serving

a decorative function. This search for perfection is a hallmark of the company and lies behind the recurring

combination of elegance and comfort, tradition and modernity, while retaining the ability to remain faithful

to its own style and personality.

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The models that are regarded as classics in men’s shoes today are the fruit of the skilled craftsmanship of

shoemakers working in the main European cities in the second half of the nineteenth century and the competition

they generated to produce ever more elegant and more comfortable shoes. It is thanks to their talent that shoes

made in London, Paris, and Vienna achieved worldwide fame.

Models are defi ned according to their cut and the particular procedures carried out in their manufacture. A basic

distinguishing feature is the method of fastening used: lace-ups, buckled shoes, moccasins, and ankle boots.

Among the fi rst were elegant lace-ups, in which the eyelet tabs are stitched under the vamp and folded back over a

tongue, a strip of leather added under the laces. This is a model best suited for formal wear, as opposed to the model

with open lacing; the foot appears more fully dressed. In the United States this kind of “closed lacing” style is known

as a Balmoral, or Bal, whereas in France it is a Richelieu. The more elegant version is called an Oxford, or Balmoral

Oxford, the English shoe par excellence, which fi rst appeared in 1830 and had acquired its name by 1880.

Elegant shoes with open lacing are distinguished by eyelet tabs stitched over the vamp, ending with a tongue.

This shoe is known as the Derby, or Blücher, in memory of Gebhard Leberecht Blücher, the Prussian marshal

who helped Wellington defeat Napoleon at Waterloo.

Models, Manufacturing Techniques, and Care of Handcrafted Shoes

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The two models were originally free other embellishments, but during the nineteenth century shoemakers began to

add details, variations on the classic perforations derived from crude Scottish peasants’ shoes, which allowed water

to drain away when crossing a bog and therefore dried quicker. Perforated shoes, known as Brogues, fi rst became

popular among foresters and gamekeepers and were later also adopted by hunters and fi nally the nobility. Once

they had become part of the most elegant wardrobes, they began to undergo considerable modifi cations: fi ner, softer

leathers were used and the line became more elegant. The perforations lost their practical function and became

purely ornamental. Intermediate models combining aspects of the Oxford, Brogue, and Derby were introduced. The

full-Brogue, with its typical swallow-tail toe, was distinguished from the straight-pointed semi-Brogue. By the end of

the century it had become an all-purpose outdoor shoe and could be seen on English golf courses. Success on the

international stage came in 1930, when the Prince of Wales, regarded as the best-dressed man in Europe, surprised

polite society by not only playing his favorite sport in brogues, but wearing a smarter version when attending

ceremonies too. Even so, they are still not considered proper shoes to wear on the most formal occasions.

Shoes with a buckle and strap fastening are known as Monk because they are reminiscent of monks’ sandals.

They can be classic, smart or casual. Those who are fond of this model particularly like its close fi t and the fact

it is easy to slip on, which makes it the ideal design for a business shoe.

The more casual models include the ankle boot and moccasin, or loafer. This is a low, light shoe made of soft

leather with a thin sole to ensure greater comfort—, ideal to wear on informal occasions. The version worn in

the United States, the Pennyloafer, or College, dates from the thirties. Tasselled models are also widespread,

while the welted variant is more exceptional.

Quality shoes, from moccasins to welted shoes, are extremely comfortable and maintain their shape and

elegance over time. Their defi ning qualities are the exceptional grade of leather used and the fact they are

almost completely handcrafted.

The manufacturing techniques used in making handcrafted shoes have evolved over the centuries and the

procedures carried out in a modern-day craftsman’s workshop are virtually identical to those familiar to the great

shoemakers of the late nineteenth century. The fi rst step in fashioning a shoe is to choose a last, which varies

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according to the size of the client’s foot and the model selected. If the shoe is to be made by hand, the shoemaker

gathers as much information as he can about the client’s feet in a sort of ritual that follows a precise set of

operations carried out in a pre-established order. Even in the most exalted workshops the tools needed at this

stage are very down to earth—: two sheets of paper, a measuring tape, a set square and a pencil, enabling the

craftsman to establish the length and shape of the feet. After obtaining an outline of the foot, the shoemaker takes

a sample of the print it makes. The foot is then lifted by means of a heel of the desired height in order to draw

the side projection and heel of the foot, which are crucial steps in establishing its correct shape. The craftsman’s

measurements and the prints made by the feet are complemented by the observations he gleans from conversation

with his client, palpation of his feet, careful scrutiny of his walk and examination of a used shoe. This procedure is

at the heart of the accurate fashioning of a wooden last which will be used to construct the fi nished shoe.

The last is thus the wooden reproduction of the foot, as designed by the shoemaker. This dummy is absolutely

essential in the early stages of the manufacture of the shoes, when a two-dimensional piece of leather has to be

turned into a three-dimensional object. It is without doubt the most important tool of the shoemaker’s craft and

has come almost to symbolize it. This object has to be made of the best quality wood, such as maple, beech,

oak, elm or walnut, but the ideal wood is copper beech and hornbeam. As mentioned above, each workshop

has its own line; for example, Sutor Mantellassi is known for its Latin line, with squared-off toe. However, there

do seem to be features that shoemakers share on a national basis: for instance, German shoes tend to have a

high instep and an oval toe, while Italian shoes are known to have a fl at toe and the English prefer their shoes

with a slightly squarer toe.

The next step is to choose the leather. The best shoes have traditionally been made from calf leather tanned

in France or England. The term “leather” refers to an animal skin that has been made more durable and more

elastic through tanning: hairs are fi rst removed from the skin, which is then stripped of the epidermis and

dermis and treated with special substances that are absorbed by the fi bers, making the hide malleable, elastic,

and able to breathe. Chrome tanning, using basic chromium salts, is the technique most commonly adopted

for men’s uppers. Leather employed for the soles is usually tanned with substances derived from plants, using

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the so-called pit tanning technique, the most ancient method of tanning. Calf leather may undergo other special

procedures to obtain patent leather, scotch grain, and suede fi nishes. In the last of these, the underside of the

leather is mechanically roughened so as to achieve a surface with the desired degree of velvety fi nish.

Welted shoes can also be made of horse hide. This leather is particularly highly prized as it comes exclusively

from the horse’s hind leg, and is typically dyed Burgundy red, but can also be black or neutral. Shoes made

of horse leather are distinguishable by their especially bright sheen. This leather is also known as cordovan

or morocco, a term which used to have a different meaning as it referred to leather from Cordoba exclusively,

which was highly valued and was generally made from sheep or goat skin and came in various colors. This

leather was mainly used for sandals or book bindings.

In addition to the standard calf or goat leather, Italian moccasins can also be made from peccary, whose skin

has a special granulated structure. The shoe industry also has uses for lizard, crocodile, and ostrich skin, which

are especially valued on the international market.

Once the leather has been chosen, the next step is to cut it—a very delicate process bearing in mind the price of the

leather—and can be done either by hand or by machine for greater precision. The next stage is the trimming. The

craftsman then proceeds to stitch the uppers, which are stretched and nailed to the last before being edged. This is

followed by the lasting, which in the case of the fi nest handmade shoes entails Goodyear or Norwegian stitching.

The former was invented at the end of the nineteenth century by Charles Goodyear Junior, the son of Charles

Goodyear, the creator of the vulcanization process, and is the very epitome of stylishness and sophistication. In

the skilled hands of the craftsman, needle and thread draw together the uppers, insole, and welt. Once all three

are stitched together, natural cork is added as a buffer between the insole and leather outsole, which is in turn

stitched to the welt, thus binding the whole into a single unit. The vamp, quarter and toe cap are not perforated

and it is the shoemaker himself who traces the line to be stitched.

The Norwegian style requires three stitchings; the fi rst attaches the uppers to the insole, the second fi xes the

uppers, turned inside out, to the midsole. To this is then stitched the sole proper, creating a single body. This

complex and absorbing operation ensures a tough, hard-wearing shoe.

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One of the machine-manufactured styles is the Blake, a technique which stitches the sole, lining, vamp,

and insole in a single step. The Blake-Rapid method is a higher quality procedure and includes both types

of stitching: the Blake is used to bring together the insole, lining, vamp, and midsole, while the Rapid stage

links the midsole to the outsole, performed by the sewing machine of that name, which is distinguished by

needles and awls.

There is also a wide variety of different procedures that are brought into play to fi nish the shoes, such as

attaching the heel and dyeing and polishing the leather.

A key aspect of the tradition of bespoke footwear is the care of the shoes. The value of the product purchased is

refl ected in the advice the shoemaker gives his client. The leafl et included with the set of materials (consisting of

a brush, a cloth and shoe polish) packed with every pair of Sutor Mantellassi shoes recommends the best way

to look after them: “Always use a shoe horn to put your shoes on and return them to the shoetrees when they

are not worn. Do not wear them for more than a few days in a row, and when wet put them to dry away from

sources of heat, on their sides and with their shoetrees in them. Rain is gradually absorbed by the leather, so it

is better to wear shoes with a rubber sole when the rain is particularly heavy.” To look after shoes properly one

should “clean the shoes well, removing dust and mud and if necessary wiping the uppers with a damp cloth to

prevent rings forming. This obviously applies to glossy leather.” In the case of suede models, “employ a brush

and a coloring spray for the uppers, if necessary. Recolor the edge of the sole again using shoe polish.” The best

way to look after soles is to “apply a waterproofi ng spray after they are thoroughly clean and dry, spread shoe

polish over the soles and brush it off. Soles can be made waterproof by applying several coats of hot linseed oil

and allowing it to dry.” The leafl et closes with further important advice: “Remember that even new shoes should

be polished before being worn.”

Without going to the lengths of the Duke of Windsor, who expected his laces to be ironed, bespoke handmade

shoes certainly deserve to be looked after with due care and attention. After all, as mentioned above, these

shoes represent an investment and unlike their industrially made counterparts, they become more beautiful as

time passes, acquiring that indefi nable allure of age.

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The fi rst stage in creating a handmade shoe

is choosing the right leather. This step is

crucial and has to be done by experts to

ensure there are no “veins and creases”

that might be missed at fi rst sight.

Only top quality hides, from the best Italian

and European tanneries, are used. These

hides are placed in special repositories and

stored at a constant temperature and humid-

ity to prevent the leather from losing its

elasticity and freshness.

Primo atto del processo di realizzazione di

una calzatura fatta a mano, la scelta del

pellame è di importanza fondamentale e

deve essere compiuta da mani esperte per

evitare che vi siano “vene e soffi ature” che

a prima vista potrebbero sfuggire.

Vengono utilizzate solo pelli di prima qua-

lità, provenienti dalle migliori concerie ita-

liane ed europee; i pellami acquistati ven-

gono immagazzinati in speciali caveau a

temperatura e umidità costanti, affi nché la

pelle non perda la sua elasticità e vitalità.

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After the leather has been chosen, the next

step is to cut it—something that only a mas-

ter cordwainer was allowed to do years ago.

Cutting the leather for a shoe is a very deli-

cate process in view of the value of the raw

material that is being handled and is per-

formed by hand, or by machine when the

greatest precision is required. A cardboard

model is placed on the leather and the cut is

made with a knife, discarding any fl aws.

Una volta scelto il pellame, si procede al

taglio, un tempo riservato al mastro calzo-

laio. Il taglio è infatti una procedura molto

delicata, data la preziosità dei materiali, che

può essere svolta a mano o a macchina

per ottenere maggiore precisione. Il modello

realizzato in cartone viene poggiato sul pel-

lame, poi tagliato con il trincetto, scartando

eventuali imperfezioni.

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Goodyear and Norwegian stitching is car-

ried out by hand by master craftsmen, who

exploit all their experience and skill in this

precise operation.

The former was created in the Unites States

at the end of the nineteenth century by

Charles Goodyear Jr. and is a byword for

quality and refi nement. The Norwegian

stitch is a complex and fascinating style that

is ideal for tough, hard-wearing shoes.

Le cuciture Goodyear e Norvegese sono ese-

guite a mano da maestri artigiani, che realiz-

zando queste lavorazioni mettono a frutto la

propria grande esperienza e competenza.

La prima, ideata negli Stati Uniti alla fi ne del

XIX secolo da Charles Goodyear Junior, è sino-

nimo di pregio e raffi natezza. La Norvegese

è una complessa e affascinante lavorazione

adatta a un tipo di scarpa robusta e solida.

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The last is without doubt the most impor-

tant tool in the shoemaking process and

is virtually the symbol of the cordwainer’s

craft. The origin of this object goes back as

far as the craft itself and was used by the

ancient Greeks and Romans. Nowadays

the vamp is stretched over the last with the

aid of modern machinery, which has sup-

planted the craftsman’s expertise.

La forma è certamente lo strumento di lavoro

più importante e quasi il simbolo dell’arte

della calzoleria. La sua origine è infatti antica

quanto questo mestiere artigianale e fi n

dall’antichità greca e romana troviamo le

prime testimonianze di questo oggetto. Oggi

il montaggio della tomaia su forma viene ese-

guito con l’ausilio di moderne macchine che

sostituiscono le mani esperte dell’artigiano.

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Stitching the sole is a very awkward process:

a small section of the outsole, the fl ap,

is opened and raised in order to stitch the

vamp to the sole, and is then sealed again to

prevent the thread used for the stitch being

worn away by walking.

La cucitura della suola è una fase delicata:

una piccola porzione della suola, increne,

viene aperta e alzata per cucire la tomaia

alla suola, poi viene richiusa per evitare che

nel camminare il fi lo della cucitura si consumi.

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As in classic craftsman-made shoes, brass

tacks are hammered into the heel and toe

by hand to reduce wear. The leather sole is

dyed with the company color.

Come nella lavorazione artigianale classica,

i chiodi in ottone sono applicati manual-

mente al tacco e alla punta per rallentarne

l’usura. La suola di cuoio viene personaliz-

zata con il colore aziendale.

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Particular care is taken in fi nishing special

leathers by hand. They are fi rst discolored,

then recolored with the help of aniline and

beeswax, thus obtaining an endless variety

of attractive nuances.

Un’attenzione particolare è rivolta al fi nis-

saggio, realizzato manualmente, di pellami

speciali che vengono decolorati e poi ricolo-

rati con l’ausilio di aniline e cere d’api otte-

nendo effetti originali e mai identici.

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La moda maschile, specie negli ultimi decenni, ha introdotto linee di tendenza sempre nuove, con un tocco

eccentrico, narcisista, esibizionista e sexy, tanto da spingere alcuni critici a parlare di una nuova grammatica

estetica del vestire maschile. Un grande maestro come Gianfranco Ferré confermava questa tendenza, ma con

un’importante rifl essione: “Sono da sempre convinto che ciò che più infl aziona il pianeta moda sia il nuovo

a tutti i costi, che subito appare vecchio e superato. I valori classici dell’abbigliamento maschile sono punti

imprescindibili di una formazione culturale, non costretta in dogmi o categorie. Evoluzione nella continuità è

una defi nizione che mi piace nella mia storia del fare cose per uomini”.

L’uomo elegante, qualunque possano essere le sue scelte, deve puntare più sull’interiorità, alla ricerca di un’immagine

che prima di convincere gli altri convinca se stesso e aver la consapevolezza che non occorre un vestito per essere

originali. “Credo che la moda maschile debba rifuggire dalle mode del momento, più ancora di quanto lo debba fare

quella femminile”, afferma Gillo Dorfl es, studioso di estetica e critico d’arte. “Ho sempre sperato di essere elegante e per

riuscire in questo tentativo mi vesto con le cose che mi piacciono di più. Senza concedere nulla al gusto dominante”.

D’altra parte quella del “ben vestire” è un’ambizione che l’uomo ha coltivato nei secoli e una peculiarità non solo

femminile. Come ebbe a dire sir Philip Dormer Stanhope, quarto conte di Chesterfi eld, a metà del Settecento: “Il

È l’abito che fa l’uomo

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modo di vestirsi è una preoccupazione sciocca. Ma è molto sciocco per un uomo non essere ben vestito”. L’abito

in effetti ha sempre costituito per l’uomo una specie di uniforme nella quale calarsi per dare di sé un’immagine

defi nita a priori: quella del successo e del denaro o, viceversa, della sobrietà e dell’understatement o, infi ne,

della creatività e dell’anticonformismo. Qualche volta addirittura della trasgressione e della provocazione.

Ma qual è il vero e unico segreto dell’eleganza maschile? Quello di non essere mai evidente o sopra le righe. In

particolare l’eleganza su misura, opera di una grande sartoria o calzoleria, non è riconoscibile dall’etichetta ma

dalla linea. Perché un uomo possa dirsi veramente elegante lo si deve notare solo osservandolo con la massima

attenzione. Sir Anthony Eden, lord Avon, primo ministro inglese dal 1955 al 1957, era considerato uno degli

uomini più eleganti d’Inghilterra. Un giorno si presentò a una seduta del governo con un vestito nuovo di così

strepitosa perfezione che i colleghi si sentirono in dovere di complimentarsi con lui. La sera stessa lord Avon

regalò il vestito al suo valletto commentando: “Si nota troppo”.

La diffi cile arte nella scelta della calzatura segue la stessa norma dell’abbigliamento; in questo senso alcuni storici

della moda sostengono che nel tempo si sia creato un vero e proprio stile anglo-italiano, vale a dire che l’eleganza

maschile in termini di taglio, materiali e accostamenti ha preso certamente forma in Inghilterra, ma gli artigiani italiani

hanno poi portato questa eleganza ai suoi vertici, soprattutto per quanto riguarda gli abiti, le calzature e le camicie.

Va ricordato che i grandi sarti e i grandi artigiani della scarpa o della camicia rivestono un vero e proprio ruolo

di custodi dello stile e della tradizione, specie in un’epoca nella quale i canoni dell’eleganza non sono più

automaticamente trasmessi di padre in fi glio. Come ha sottolineato Adalberto Falletta in un articolo dedicato

al Lusso di vestirsi a misura d’artigiano, uscito sul “Corriere della Sera” nel giugno 1981, la clientela dei

prodotti fatti a mano e su misura è cambiata: una volta erano solo le famiglie aristocratiche a concedersi questo

lusso con assoluta sicurezza nelle scelte e nei gusti; successivamente arrivarono gli esponenti della grande

borghesia imprenditoriale seguiti da quelli della fi nanza, infi ne i personaggi dello spettacolo (con un inevitabile

“indebolimento” nello stile). Non va dimenticato che tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta il mutato clima

politico e sociale, nonché la crisi economica e l’infl azione, portarono a una maggiore riservatezza e a una

minore ostentazione nelle scelte stilistiche, privilegiando abiti austeri e quasi severi. Se dunque fi no agli anni

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Sessanta i clienti erano più esigenti ed erano in grado di riconoscere stoffa e pellame al tatto senza bisogno di

consigli, in seguito furono il sarto e il calzolaio a consigliare l’acquirente in fatto di modelli, materiali e colori.

Con il passare dei decenni la clientela è mutata anche dal punto di vista anagrafi co. Fino agli anni Settanta una

vera e propria educazione al gusto veniva impartita in famiglia: il cliente tipo aveva di solito più di cinquant’anni

ed era tradizione che i fi gli dei clienti chiedessero come regalo di laurea un paio di scarpe fatte a mano, con il

quale avveniva l’“iniziazione” all’eleganza dell’età adulta. Negli ultimi decenni del Novecento l’età media del ceto

dirigente si è abbassata tanto che, come ricordava il famoso calzolaio romano Enzo Gatto “da me vengono anche

i trentenni e direi che la grossa differenza con i loro padri è che non hanno esigenze rispetto alla durata”.

Viceversa la scarpa fatta a mano e su misura è sempre stata un investimento destinato a durare nel tempo,

indifferente alla moda e resistente all’usura. Tutti i grandi calzolai, infatti, ricevevano le calzature dei loro clienti

anche per interventi di risuolatura, lucidatura, riparazioni, che davano alla scarpa fatta a mano una vita lunga e

di perenne fascino. Lucide e perfette, quasi scolpite nel cuoio, le scarpe fatte a mano sono dunque un elemento

imprescindibile per l’uomo elegante e sintetizzano raffi natezza e lusso nella loro perfezione, che aumenta con il

passare degli anni. Anche quando la moda maschile fa qualche concessione ad abiti non di sartoria, per l’uomo

elegante la scarpa è rimasta rigorosamente fatta a mano.

È innegabile infatti che se la scarpa femminile, soprattutto se con tacchi molto alti e sottili, comunica malizia

e seduzione, la scarpa maschile è viceversa simbolo di virilità e forza, di eleganza, benessere economico e

prestigio sociale. In questo senso, pur nella distanza tra due modi di vestire, quello classico o quello alla moda,

il punto su cui entrambi convergono è quello della qualità di un “accessorio”, la scarpa, che diffi cilmente può

essere defi nito un dettaglio. Non a caso la calzatura si rivela il punto focale su cui si concentrano le attenzioni

dell’uomo elegante, espressione emblematica delle sue scelte di gusto.

Come ha scritto László Vass nella sua introduzione al volume La scarpa da uomo fatta a mano, dal titolo signifi cativo

La scarpa, passaporto di eleganza, la calzatura fatta su misura e a mano “è una creazione artigianale di grande

valore, capace di proteggere la costituzione particolarmente delicata del piede e di esprimere allo stesso tempo il

gusto e la posizione sociale di chi la indossa, poiché in materia d’eleganza tutto inizia dalla scarpa”.

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La grande tradizione della scarpa artigianale italiana ed europea affonda le sue radici in generazioni di maestri

calzolai che si sono tramandati il mestiere di padre in fi glio, attraverso l’apprendistato professionale nelle

antiche corporazioni, nelle confrérie des compagnons, nelle associazioni dei cordwainers. Per ripercorrere la

storia dei Mantellassi bisogna dunque risalire agli inizi del Novecento, lungo tre generazioni, ai fratelli Ettore ed

Enea, che iniziano la loro attività di calzolai a Tizzana, una frazione di Quarrata in provincia di Pistoia.

Enea, nato nel 1888, apre la sua attività nel 1912. Durante la prima guerra mondiale viene ferito e mandato

nelle retrovie a Bologna, dove conosce uno straordinario gruppo di artigiani che lavorano a un alto livello

qualitativo, soprattutto per quello che riguarda la giunteria, ma in generale per tutta la fi liera, e che fanno del

territorio tra Bologna e Ferrara la via della calzatura (femminile a Bologna e maschile a Ferrara).

Enea si ferma a Bologna per “rubare il mestiere”, come si dice tra gli apprendisti, e torna a casa ricco

dell’esperienza maturata; a Tizzana inizia la produzione per la clientela medio e altoborghese delle province di

Pistoia e Prato, dove si trasferisce negli anni Venti. Nascono i fi gli Lido nel 1913 e Ledo nel 1924; quest’ultimo

frequenta il liceo scientifi co, diviene perito chimico, si iscrive all’università, ma è costretto a interrompere i suoi

studi a causa del secondo confl itto mondiale.

Sutor Mantellassi: storia, stile e tradizione

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Dopo la guerra la Mantellassi torna a produrre nell’area bolognese dove rinasce la produzione artigianale che

durante le ostilità si era interrotta in Italia e in Francia, resistendo nella sola Inghilterra. La svolta avviene negli

anni Cinquanta con l’apertura dei nuovi negozi: nel 1957 viene aperto un punto vendita a Firenze, in piazza

della Repubblica, nel 1959 a Bologna in via Indipendenza, al quale segue il negozio in Galleria Cavour; nel

1963 viene aperto un secondo negozio a Firenze, in via Rondinelli, e infi ne uno a Prato.

Nel 1962 avviene la divisione tra i fratelli Mantellassi: Lido ha una vocazione commerciale, mentre Ledo è

più attento agli aspetti produttivi e ha una sensibilità più spiccata per lo stile e il gusto. Lido tiene il marchio

Mantellassi e il negozio di Prato e quello di via Indipendenza a Bologna, mentre a Ledo, che inaugura il marchio

Sutor Mantellassi, vanno i negozi di piazza della Repubblica a Firenze e Galleria Cavour a Bologna.

Fin dalla scelta del logo (sutor in latino signifi ca “fi ne cucitore”, “calzolaio”), è chiara la volontà di puntare a un

prodotto classico, di lusso e ovviamente di altissima qualità artigianale, sia per quanto riguarda le calzature acquistate

direttamente dai produttori di alta gamma e vendute con marchio Sutor, sia per i modelli disegnati e prodotti da

Ledo Mantellassi. Oltre che nel privilegiato bacino bolognese e ferrarese, vengono scelti modelli femminili a Napoli e

maschili a Parma e in Toscana, mentre la Lombardia (Parabiago e Vigevano) emerge solo negli anni Sessanta.

Accanto alla scarpa artigianale, realizzata a mano ma in serie, si produce anche su misura (circa il 25%

dell’intera produzione, con tempi di consegna di cinque settimane e un costo maggiorato del 30%), rivolto più

all’uomo che alla donna. Il negozio di piazza della Repubblica è destinato alla produzione commerciale, mentre

quello di via Rondinelli è rivolto alla clientela di lusso, composta dall’alta borghesia fi orentina e bolognese e dal

turismo internazionale d’élite. Accanto alle linee classiche, vengono venduti anche stivali (fabbricati a Modena

da Fabbri) e calzature sportive. La produzione tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta si attesta intorno alle

millecinquecento paia, di cui un terzo è destinato alla clientela femminile.

Il trademark di Sutor Mantellassi è fi n dagli inizi quello della linea latina con una punta leggermente quadrata di

derivazione seicentesca; la linea, che diviene caratteristica, si distingue dunque da quella anglosassone di John

Lobb, slanciata con collo basso, e da quella austro-ungherese tipica degli artigiani di Budapest, come László

Vass, più militaresca e modellata sulla morfologia del piede.

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La produzione Sutor Mantellassi, suddivisa tra le diverse linee Benchmade artigianale, City Line per tutte le

esigenze da città, Newport più sportiva, Aria per il tempo libero, propone dunque mocassini e scarpe stringate

classiche, ma con punta quadrata, e scarpe più sportive scamosciate o polacchine. Le scarpe da donna sono di

foggia maschile sempre con punta quadrata (stringata, polacchina, mocassino con fi bbia) o classica décolleté,

bicolore in camoscio e cuoio, o più alla moda con inserti in stoffa damascata e con ricami. Per la donna la linea

sportiva è proposta al femminile e arricchita con accessori dorati, mentre per la sera prevalgono le décolleté

anni Venti-Trenta.

Ogni collezione Sutor Mantellassi, pur mantenendo la classicità della tradizione, scava in diverse direzioni,

ispirandosi alle tendenze della moda, ma soprattutto a esperienze accumulate nei viaggi e a lavorazioni

conosciute all’estero (come la scuola di Eduard Meier a Monaco di Baviera, la casa di calzature più antica della

Germania, fornitrice di corte dal 1596).

Il successo dell’attività porta Ledo Mantellassi a concepire l’idea di creare un’azienda nuova, che unisca

tutta la fi liera, dal disegno originale alla produzione a mano nel bolognese, fi no alla vendita nei negozi.

Nel 1977 un fornitore di vecchia data dei Mantellassi, di San Pietro in Casale, gli cede l’attività; in pochi

anni nel laboratorio vengono accentrate tutte le fasi della produzione (stile, taglio, cucitura, orlatura). Un

artigiano bolognese diventa responsabile dello stabilimento. Nel contempo Ledo e la moglie seguono la parte

commerciale da Firenze.

Le due linee stagionali vengono disegnate da Ledo con l’aiuto di disegnatrici che lavorano seguendo le sue

indicazioni. Fonte d’ispirazione è un’importante raccolta di calzature custodita negli archivi della ditta, che

comprende oltre ai primi modelli, moltissimi pezzi storici raccolti in tutto il mondo.

L’attenzione ai materiali è “maniacale”: vengono utilizzate solo pelli di prima qualità, provenienti da concerie italiane

(Cornelia, Ilcea), francesi (Tanneries du Puy), inglesi (W.E.&J. Pebody) e tedesche (Freudenberg, soprattutto per il

nero). Le suole in cuoio sono sempre italiane e le stringhe Strupai, marca di eccellenza a livello europeo. Il cliente

italiano predilige pellami selezionati – tra quelli più preziosi sono i vitelli conciati in botte e decolorati, tinti poi

rigorosamente a mano con una miscela di cere e aniline in più gradazioni –, mentre struzzo e coccodrillo sono

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quasi solo per l’estero. Tutte le fasi della produzione sono realizzate a mano, con alcuni particolari che testimoniano

la cura del dettaglio, come l’inserimento di chiodi in punta e nel tacco per evitare l’usura.

La produzione (soprattutto francesine e mocassini, con poche scarpe da golf o sportive con il fondo in gomma)

si attesta sulle 10-15 paia al giorno, per complessive 200 paia al mese (quasi totalmente da uomo, mentre

la linea femminile viene ancora acquistata). Oltre ai due negozi monomarca fi orentini e a quello bolognese,

inizia la vendita in altri punti: a Milano da Trussardi in via Monte Napoleone, a Napoli da RD e a Roma in via

Frattina. Vengono affi ancati anche prodotti in pelle coordinati alle calzature, quali cinture, piccola pelletteria,

borse, borsoni da viaggio, valigeria, portachiavi ecc., realizzati in sedi esternalizzate.

Tra i clienti più noti che resteranno legati al marchio Mantellassi, ricordiamo Louis Aragon, Ezra Pound, Oriana

Fallaci, Giovanni Spadolini, Javier Pérez de Cuéllar, il re del Marocco, la duchessa di Manchester, il principe

von Metternich, il re Juan Carlos, Marcello Mastroianni (che indossava un modello Sutor quando, nell’agosto

del 1965, impresse le sue orme sull’Hollywood Boulevard), Nino Manfredi.

La produzione ottimizzata e fortemente incrementata grazie al laboratorio di San Pietro in Casale, induce Mantellassi a

dare una svolta fondamentale dal punto di vista dell’ampliamento del mercato. Dal settembre 1978 Sutor Mantellassi

partecipa a Pitti Uomo, manifestazione destinata all’abbigliamento maschile e agli accessori, la cui prima edizione era

stata nel 1972, che intende promuovere il meglio della moda italiana presso i grandi compratori stranieri.

Lo stand, collocato presso la Limonaia, inizialmente non porta gli esiti sperati; la svolta avviene con la visita di

Gérard Penneroux, direttore creativo della maison Dior. Penneroux è colpito dalle calzature di Sutor Mantellassi,

torna con i propri assistenti, chiede qualche modifi ca per personalizzare le scarpe (spostandole sul gusto

francese, in particolare con un tacco più affusolato e smussato) e ordina 220 paia che vengono vendute con il

marchio Dior. A partire da quel momento Sutor Mantellassi sarà fornitore di Dior per dieci anni, fi no al passaggio

della maison a Bernard Arnault che utilizzerà per le calzature i fornitori del gruppo LVMH. Dior è il primo cliente

internazionale, e porta all’azienda grande notorietà.

Oltre a Pitti, Sutor Mantellassi partecipa alle importanti fi ere di settore a Bologna e a Milano, dove sono presenti

i più importanti concorrenti nella fascia della calzatura di lusso (Stefano B di Ferrara, Alexander di Parma,

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Silvano Lattanzi di Roma e Milano). I grandi nomi stranieri, con cui Sutor si confronta nella produzione propria

e per grandi marchi, sono invece quelli di Berluti (Hermes), John Lobb (Louis Vuitton), Edward Green.

Nel 1978 entra in azienda il fi glio di Ledo, Luca. Nel 1987 l’azienda entra nell’area Classico Italia, una serie

di aziende (tra le quali Brioni, D’Avenza, Kiton, Longhi, Malo Tricot, Prochownick, Sinigaglia, Stefano Ricci,

Valentini) che offrono capispalla e cravatte, camicie e scarpe, sciarpe e cappotti all’insegna della sartorialità e

del lavoro artigianale, da opporre a quello degli stilisti schiacciati dai vincoli della produzione industriale. Anche

il punto vendita deve essere all’insegna della raffi natezza, con negozi rivestiti in legno e non di specchi, con una

produzione volta a servire con particolare attenzione le millecinquecento botteghe chic nel mondo. Il gruppo

Classico Italia valorizza dunque il lusso e la qualità intrinseca del prodotto, puntando a un uomo ben vestito

ma non convenzionale, e inoltre incrementa il potenziale dei marchi creando sinergie tra le aziende del gruppo

e un network comune di agenti.

Tra la fi ne degli anni Ottanta e l’inizio del decennio successivo cresce la produzione (200 paia di calzature al

giorno, delle quali il 20% sono su misura, con una leggera prevalenza in percentuale di scarpe femminili),

aumenta la meccanizzazione di alcune fasi della produzione e gli addetti arrivano alla ventina; la qualità,

tuttavia, rimane identica, fi nalizzata a costruire calzature preziose e uniche, realizzate secondo l’antica tecnica

a guardolo, in grado di coniugare comfort e moda. L’azienda allarga dunque il suo mercato nazionale passando

da un’unica rappresentanza per l’Italia a più agenti regionali (il marchio è presente a Milano nei negozi Gemelli,

Bardelli, Tincati e Neglia; a Roma da Battistoni, a Napoli e a Torino); in questo periodo si consolida anche il

mercato internazionale – Germania, Spagna e Giappone –, in particolare negli Stati Uniti dove Sutor Mantellassi

distribuisce attraverso Louis Boston e Neiman Marcus.

L’azienda non ha mai modifi cato la struttura artigianale dal punto di vista produttivo, ma per reggere la concorrenza

deve riorganizzare il settore della distribuzione e della commercializzazione attraverso l’apertura di punti vendita di

proprietà, per poter comprendere con continuità i cambiamenti del mercato per le operazioni di marketing.

Negli anni Novanta il settore commerciale per l’Italia e per l’estero, i cui uffi ci sono sopra il negozio di piazza

della Repubblica a Firenze, diviene così sempre più importante. È in quest’epoca che le vendite all’estero

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cominciano ad aumentare proporzionalmente in maniera sempre più rilevante (sono circa trecento i punti

vendita nei quali è possibile acquistare scarpe Sutor Mantellassi): Germania, Olanda, Spagna, Francia, ma

soprattutto Stati Uniti, dove le calzature sono distribuite in tutte le città più importanti (New York, Boston,

Miami, Seattle, Los Angeles). I negozi di moda maschile esclusivi tendono infatti a unire i marchi più prestigiosi,

scegliendo per le calzature Sutor Mantellassi.

L’approccio con la stampa di settore e con le grandi testate di moda diventa sistematico e le pubbliche relazioni

sono affi date a uno studio esterno: la rassegna stampa vede citazioni, redazionali e articoli dedicati, sulla stampa

quotidiana e periodica, specie in occasione di Pitti Uomo (“La Nazione”) o di particolari eventi come l’apertura

di nuovi punti vendita o i decennali (“L’Europeo”, ”Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “La Stampa”, “Il

Giorno”, “La Gazzetta di Parma”, “La Gazzetta di Firenze”), sulle testate della moda maschile (“L’Uomo Vogue”,

“Uomo Harper’s Bazaar”, “Fashion”), sui giornali di settore italiani e stranieri (“Vogue Pelle”, “Moda Pelle”, “Foto

Shoe 30”, “Il mondo della calzatura”, “Trépoints” su cui esce un articolo dal titolo signifi cativo: Mantellassi

enfi n en France), su periodici dedicati alla fascia dei consumi di lusso (“Class”, “Esquire”, “Platinum”, “Wine

Spectator”, “Aziende & Protagonisti”).

Le entusiastiche recensioni hanno tutte il medesimo tono: le scarpe Sutor Mantellassi sono “costruzioni perfette,

realizzate con puntigliosi criteri sartoriali, in materiali preziosi o meno, ma sempre all’altezza del loro compito

che è quello di vestire bene, costare il giusto, durare molto”. O ancora, come scrive Eva Desiderio, “scarpe

capolavoro (prodotte ancora in numero molto limitato) così sobrie e così chic che hanno fatto del marchio Sutor

Mantellassi un vero passaporto ai piedi dei vip”.

Pitti resta ovviamente un appuntamento fondamentale per comprendere e anticipare le novità del settore,

specie in momenti delicati di trasformazione del sistema moda italiano e internazionale come l’inizio degli anni

Novanta, come testimonia un interessante articolo uscito sul “Mondo della calzatura” nel marzo 1992, che

merita di essere citato ampiamente.

“Alla rassegna fi orentina cresce lo spazio dedicato agli accessori. Le calzature puntano alla sintesi di qualità e

artigianalità del prodotto e cercano di incrementare la presenza nei negozi di abbigliamento. Predomina l’accessorio

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sportivo-raffi nato da indossare con lo sportswear da città. Se l’abbigliamento sta vivendo di rifl esso la crisi che

coinvolge i beni di consumo in generale, spingendo ad acquisti moderati in termini di quantità e oculati in termini

di costo-investimento, gli accessori sembrano vivere un momento più felice. Sono infatti le cravatte, innanzi tutto,

ma anche le sciarpe, la calze, le cinture e le calzature, che possono personalizzare il modo di vestire dell’uomo,

aggiungendo quel pizzico di fantasia in più e rinnovando l’abito, magari dell’anno precedente. Il negozio ideale

per le scarpe di alta qualità è ormai la boutique? Sembrerebbe di sì, secondo quanto affermano alcuni produttori

a Pitti Uomo. Sia per una innegabile affi nità qualitativa con le migliori griffe dell’abbigliamento, sia perché l’uomo

ha meno tempo per lo shopping e quindi si compra l’abito e gli accessori nel negozio di fi ducia. Fatto sta che le

boutique ampliano gli spazi da dedicare agli accessori, anche se i quantitativi non possono essere elevati. Qui

l’uomo cerca l’esclusività del prodotto, la lavorazione artigianale e il recupero della tradizione”.

Così Sutor Mantellassi propone nel 1992 la linea Finis Austriae caratterizzata da una nuova forma molto

comoda denominata Haricot, ispirata alla Vienna degli inizi secolo, e dalle resistentissime Norvegesi, prodotte

solo su ordinazione. I pellami sono pregiati come l’anil cordovan; la modelleria spazia dal classico allo sportivo

raffi nato, con suole più larghe e sporgenti e cuciture grezze.

Come sottolinea la stampa specializzata, in un periodo di crisi dovuto alla perdita di competitività del sistema

Italia a causa della concorrenza francese e tedesca – con prodotti realizzati spesso con tessuti e pellami

italiani, confezionati in paesi a basso costo di salario e poi distribuiti da aziende europee –, la risposta più

effi cace, che convince anche i buyers americani, è il cosiddetto “uomo in azzurro”, un’immagine di classica

eleganza e di alto profi lo.

Oltre ai redazionali sulla stampa periodica, negli Stati Uniti viene utilizzata anche la pubblicità tabellare; Sutor

Mantellassi entra inoltre nei cataloghi di Neiman Marcus, che distribuisce in tutti gli Stati Uniti e che crea nella

sua catena un corner dedicato al su misura; l’idea ha un enorme successo e rappresenta un considerevole

valore aggiunto, tanto da indurre a organizzare periodiche dimostrazioni per i clienti più importanti.

Nel 1986 viene aperto il negozio a Milano in via della Spiga; nel 1992 apre lo showroom in via Paleocapa,

in un ambiente raffi nato all’interno di un bel palazzo d’epoca a due passi dal Parco Sempione; nel 1994 è la

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volta della nuova boutique in via Verri arredata in maniera classica, come le più prestigiose calzolerie artigianali

che avevano sede proprio nelle vie adiacenti a via Monte Napoleone. All’estero aprono diversi corner a Dallas,

a Seattle e presso le Galeries Lafayette a Parigi. Nel 1996 viene aperto a Tokyo un negozio monomarca.

A New York c’è uno showroom al 760 della Fifth Avenue, dove vengono organizzate riunioni con i giornalisti per

presentare le collezioni. A partire dal 2000 Sutor Mantellassi viene distribuita da Crocus a Mosca.

Lo stile e l’arredamento dei punti vendita è molto importante: basti citare l’Harrison James Men’s Wear Store,

prestigioso negozio di abbigliamento maschile, situato sulla West 54th Street a New York, la cui caratteristica è

di riprendere nell’arredamento e nell’offerta di abbigliamento e accessori uno stile classico, quasi ottocentesco,

da club inglese, dove oltre agli spazi dedicati alla sartoria e alla calzoleria, gestita da Sutor Mantellassi, vi sono

un barbiere, la stanza dei sigari, due ristoranti e una terrazza affacciata sul MoMA.

La massima espansione dell’azienda viene raggiunta tra il 1992 e il 2000 (quando arriva a impiegare trentacinque

dipendenti interni e quindici esterni). Per l’uomo vengono proposti mocassini tradizionali o con fi bbia laterale

e doppia cucitura, le classiche stringate di foggia inglese o quelle lisce ed eleganti, che durano nel tempo

grazie alla tripla cucitura e alla chiodatura; infi ne le polacchine scamosciate con suola microporosa e plantare

anatomico antishock. Per la donna, il modello stringato in cavallino o scarpe per il tempo libero in pelle e suola

microporosa, che assicurano leggerezza e durata nel tempo. Tra le varie sfumature brown e nere si inseriscono

le monocromie dei pellami anil cordovan (rosso bordeaux) e per l’estate rimane il tradizionale mocassino dalla

forma carré nella gamma dei colori pastello oppure in tonalità forti, perfi no rosso lacca. Nel 2002 come ricorda

la voce inserita nel Dizionario della Moda, la maison fi orentina, per festeggiare i novant’anni, crea una scarpa

in edizione limitata a 101 esemplari, realizzata scolpendo anziché tagliando la tomaia.

Nel 2006 la Sutor Mantellassi viene acquisita e rilanciata, mantenendo i principali punti vendita, ma soprattutto

conservando un’assoluta fedeltà alla tradizione artigianale che segna lo stile della casa, che si avvicina ai cento

anni di eccellenza qualitativa e di inalterato prestigio. La ricercatezza e l’attenzione ai dettagli sono giunte

infatti fi no all’oggi, trasmesse da tre generazioni di maestri calzolai che hanno custodito con cura i segreti del

mestiere per creare scarpe che si nobilitano attraverso l’uso quotidiano e col passare del tempo. Il fondo di

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investimento rivolto al luxury goods che ha acquisito la maggioranza della storica azienda fi orentina programma

un importante piano di rilancio con l’obiettivo di riposizionare il brand nella fascia più alta del mercato puntando

sul know-how dell’azienda, esempio della tradizione italiana di eccellenza nello stile e nella produzione. Il piano

industriale prevede, tra l’altro, un focus sull’attività di produzione attraverso la valorizzazione delle competenze

interne, il recupero della distribuzione diretta in tutti i mercati mondiali e la volontà di aprire alcuni selezionati

fl agship nel mondo. Il progetto prevede una graduale estensione della gamma di prodotti che inaugura una

nuova stagione con la presentazione degli accessori e della valigeria a Pitti Uomo del 2006 e successivamente

della linea calzature donna.

I valori che distinguono il marchio, rinomato in tutto il mondo per l’eleganza, l’affi dabilità e lo stile inconfondibile,

rimangono ancora oggi quelli degli inizi, della tradizione del “fatto a mano”, preservata e continuata con orgoglio

e passione. Sutor Mantellassi viene rilanciata, dunque, a un secolo dalla fondazione, con le stesse caratteristiche

di eccellenza del passato, anche se diversifi cata nelle linee di prodotto. La scarpa viene defi nita “di sangue blu”

per l’eccellenza della qualità e per il caratteristico colore della suola che connota la produzione.

Sutor Mantellassi fa oggi capo alla Lario 1898 S.p.A. nuovo polo del lusso nato dal rispetto per la tradizione

e il know-how che hanno reso l’italian style famoso in tutto il mondo: patrimoni rari, da salvaguardare per

continuare a garantire i più alti livelli di performance qualitativa. Il marchio conta su una distribuzione capillare

attraverso specialty store e punti vendita selezionati in Europa, Stati Uniti, Russia e Giappone, integrati dalle

boutique monomarca di Firenze, Tokyo, Milano, dove nel 2007 è stato inaugurato lo showroom nel cuore del

quadrilatero della moda.

Oltre alle collezioni di calzature, dedicate alla stagione invernale ed estiva, Sutor Mantellassi propone anche

le linee di accessori Executive e Travel, che contribuiscono a fi rmare lo stile della clientela più sofi sticata

ed esigente, descrivendone la personalità, il gusto e la capacità di saper vivere. Due collezioni di accessori

esclusivi, per eleganza ed eccellenza costruttiva, dedicati alle occasioni formali e ai momenti di svago e relax. La

collezione Travel è realizzata utilizzando materiali di qualità superiore, come la pelle conciata in bottali di legno

e successivamente tinta in botte anziché a spruzzo (metodo tradizionale ormai perduto), oppure con il cuoio

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vegetale sapientemente accoppiato al canvas. Per la linea Executive, le pelli sono spazzolate manualmente e

riprendono la lavorazione Oasis, tratto storico e distintivo del marchio Sutor Mantellassi.

Nella collezione è presente anche una serie dedicata ai materiali più nobili e ricercati come il coccodrillo, il

pitone e lo struzzo, in versione opaca o lucida secondo i desideri del cliente. Gli interni sono rigorosamente in

alcantara, le metallerie sono personalizzate e realizzate esclusivamente a mano, e anche le chiusure lampo di

grandi dimensioni rispondono a una costruzione artigianale.

La collezione estiva con colori più vivaci accostati a quelli classici vede modelli costruiti sulla morbidezza dei

pellami, su soffi ci suole in microporosa o in cuoio con inserti di caucciù naturale, su preziosi pellami lisci o

martellinati oltre ai vari scamosciati, arricchiti da morsetti metallici e fi bbie per esaltare il contrasto sulla pelle.

Le linee Sutor Mantellassi prevedono vari tipi di lavorazione artigianale.

Montaggio Blake: la dedizione per la cura dei dettagli e il tempo di permanenza in “forma” permettono di

contraddistinguere una scarpa Sutor Mantellassi anche nel caso di una lavorazione standard.

Costruzione Bologna: è la calzata più complessa e più comoda. Il procedimento è studiato in modo che l’aderenza

del pellame sia perfetta. Si parte da una costruzione a sacchetto; la scarpa è poi montata sulla forma per essere

cucita a una soletta di pelle rinforzata con tela di iuta, tirando manualmente ogni singolo punto.

Tubolare: il comfort e la straordinaria fl essibilità sono le caratteristiche principali di questa lavorazione. La scarpa è

montata, tirata e fi ssata a mano, e con oltre cento punti infi lati uno per uno viene cucita la vaschetta della tomaia.

Costruzione Goodyear: nasce dalla tradizione Sutor ed è una lavorazione effettuata con estremo rigore manuale,

seguendo la forma della scarpa. Il risultato fi nale è una calzatura sportiva di grande raffi natezza.

Costruzione Norvegese: con fi lo e lesina (simbolo del marchio Sutor) si cuciono insieme suola, sottopiede,

fodera e tomaia. Lo stesso paziente lavoro è eseguito per la seconda e la terza suola: più di seicento punti per

un manufatto eccelso.

Modelli in coccodrillo: assolutamente esclusive e lussuose le calzature Sutor Mantellassi realizzate solo con

la pelle proveniente dalla famiglia degli alligator mississipiensis, custodita gelosamente in un vero e proprio

caveau all’interno dell’opifi cio manifatturiero. Le taglie sono conformi al numero e al modello della scarpa che

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si vuole creare, per poter avere una tomaia dallo sviluppo omogeneo su tutta la pelle, con una grandezza di

squame regolari e della dimensione ottimale. La realizzazione di ogni paio necessita due pelli intere di cui

si utilizza solo la parte più pregiata. Le pelli selezionate sono conciate in modo speciale, risultando molto

più resistenti all’usura, specialmente nelle aree tra le squame, il punto più delicato del coccodrillo. Dopo la

produzione, le calzature rimangono sulle forme di legno per almeno venti giorni, in modo da asciugare in modo

naturale: questo permette alla pelle di adattarsi alla forma e di acquisire proprietà di elasticità, memoria della

forma e resistenza superiori.

Rispetto della tradizione, manifattura eccellente, design esclusivo e materiali di alta qualità. Il prodotto Sutor

Mantellassi è dedicato a una clientela eterogenea, colta ed esigente, che fa una precisa scelta estetica, per la

quale ogni accessorio, dalle scarpe, alle borse, alla piccola pelletteria deve essere realizzato seguendo i canoni

di un vestire ricercato e impeccabile, ma anche disinvolto e rilassato, come l’uomo di oggi, diviso tra la città

e lo svago, tra il lavoro e i momenti di relax. Le scarpe Sutor Mantellassi sono oggetti unici, lavorati a mano

da artigiani esperti con immensa pazienza, amore e precisione, ingredienti che prescindono dalle tecniche

moderne e i macchinari più avanzati, pur adeguandosi al mercato con un’offerta sempre più aggiornata e

sintonizzata su un sistema moda in continua evoluzione. Un prodotto che nasce da cent’anni di esperienza,

dedicati alla selezione attenta dei pellami, all’estrema perfezione del dettaglio e a tecniche di lavorazione di

antica tradizione, eppure straordinariamente contemporanee.

Tre generazioni di mastri calzolai hanno custodito gelosamente i segreti di un mestiere che diventa sapere,

arte, armonia. Dal gusto classico ai modelli più contemporanei, passando per la produzione “su misura”, Sutor

Mantellassi è il simbolo di una calzatura modellata e costruita sulla forma anatomica del piede e sui desideri

del singolo. L’attitudine al lusso e al comfort è scandita da linee essenziali, ma sempre attente alle tendenze,

pellami morbidi e pregiati, dettagli ed elementi che rispondono puntualmente ad esigenze non solo decorative,

ma soprattutto funzionali. Ed è proprio la ricerca continua della perfezione, il fi ore all’occhiello del marchio; la

combinazione ricorrente tra eleganza e comfort, tradizione e modernità; la capacità di esprimere in modo unico

e assoluto il proprio stile, la propria personalità.

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I modelli considerati oggi classici nella moda maschile sono frutto della maestria degli artigiani attivi nelle

principali città europee nella seconda metà dell’Ottocento e della concorrenza che li vede contrapposti

nell’elaborazione di forme sempre più eleganti e confortevoli. È grazie al loro talento che le calzature prodotte a

Londra, Parigi e Vienna raggiungono una fama internazionale.

I modelli si defi niscono in funzione della loro foggia e delle procedure seguite in fase di montaggio. Si

distinguono fondamentalmente in base alla chiusura: scarpa allacciata con le stringhe, scarpa con la fi bbia,

mocassino e stivaletto.

Tra le prime è la scarpa elegante con allacciatura chiusa, nella quale le alette anteriori dei gambetti, allacciati

con le stringhe, sono cucite sotto una mascherina e si richiudono sopra una linguetta, una striscia di cuoio

applicata sotto l’allacciatura. Si tratta di un modello formale, rispetto a quello con allacciatura aperta, il piede vi

appare più vestito. Negli Stati Uniti la scarpa di questo genere è chiamata Balmoral o Bal, in Francia Richelieu.

Nella sua versione più elegante è detta Oxford o Balmoral Oxford, la calzatura inglese per eccellenza, già

prodotta nel 1830, il cui nome è attestato dal 1880.

Modelli, tecniche di lavorazione e manutenzione della calzatura artigianale

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La scarpa elegante con allacciatura aperta è caratterizzata dalle alette dei gambetti cucite sopra la mascherina,

che termina con una linguetta. È detta Derby o Blücher, in ricordo di Gebhard Leberecht Blücher, maresciallo

prussiano che con Wellington sconfi sse Napoleone a Waterloo.

In origine i due modelli sono privi di ornamenti, ma nel corso dell’Ottocento i calzolai cominciano ad aggiungervi

dei motivi di fantasia, variazioni della classica punzonatura derivata dagli stivali dei contadini scozzesi, forati

perché si asciughino più rapidamente. L’uso della scarpa forata, la cosiddetta Brogue, si diffonde in un primo

tempo tra le guardie forestali e i guardiacaccia, per venire successivamente adottata dai cacciatori e quindi dagli

aristocratici. Una volta entrata nei guardaroba più eleganti essa subisce modifi cazioni di rilievo: viene confezionata

con pelli fi ni e morbide, la sua linea diviene più elegante. La funzione pratica dei fori viene meno e la punzonatura

risponde esclusivamente a una funzione ornamentale. Nascono modelli misti tra la Oxford o la Derby e la Brogue.

Si distinguono la Full Brogue dalla caratteristica punta a coda di rondine e la Semi Brogue a punta dritta. A fi ne

secolo viene declinata nella variante sportiva, utilizzata sui campi da golf inglesi. Il successo internazionale giunge

nel 1930, quando il principe di Galles, considerato l’uomo più elegante d’Europa, sorprende la buona società non

solo praticando il suo sport preferito calzato in Brogues, ma indossandone un modello più elegante anche per le

cerimonie. Malgrado ciò, ancora oggi non sono calzature indicate per le occasioni più formali.

La scarpa con chiusura a fi bbia è detta Monkstrap poiché ricorda i sandali dei monaci. Può essere classica,

elegante o sportiva. Gli amanti di questa calzatura ne apprezzano in particolare l’aderenza al piede e la praticità,

caratteristiche che ne fanno un modello ideale per l’uomo d’affari.

Tra i modelli più sportivi vi sono lo stivaletto e il mocassino o Loafer. Trattandosi di una calzatura leggera in cuoio

morbido e con la suola fi ne, il mocassino è molto confortevole e ideale con una tenuta informale. La versione

statunitense, Pennyloafer o College, risale agli anni Trenta. Diffuso anche il modello guarnito da nappine; più

ricercata è la variante cucita a guardolo.

La scarpa di qualità, si tratti del mocassino o di modelli cuciti a guardolo, offre grande comfort e mantiene la sua

forma ed eleganza nel tempo. Si caratterizza sempre per essere realizzata con il pellame migliore e per essere

rifi nita in massima parte a mano.

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Nell’ambito della produzione artigianale, le cui procedure sono state fi ssate nel corso dei secoli e che oggi si

ripetono pressoché identiche a quelle eseguite nelle botteghe dei grandi maestri artigiani alla fi ne dell’Ottocento, il

primo passo da compiersi per realizzare una scarpa è quello della scelta della forma, che varia in base alla taglia

del piede del cliente e al modello che si intende realizzare. Se la scarpa è su misura, il calzolaio raccoglie, nel corso

di una sorta di cerimonia che segue un rituale preciso di gesti che si succedono secondo un ordine prestabilito, il

maggior numero di informazioni precise sui piedi del cliente. Anche nei laboratori più raffi nati due fogli di carta, un

metro a nastro, una squadra, una matita permettono di rilevare la lunghezza del piede e di tracciare la sua forma.

Dopo aver disegnato il contorno del piede, il calzolaio ne prende l’impronta. Di seguito il piede viene sollevato con

l’aiuto di un tacco dell’altezza desiderata per disegnare la proiezione laterale e il tallone, dati fondamentali per la

corretta defi nizione della forma del piede. Le misure prese dal calzolaio e l’impronta del piede vengono completate

dalle osservazioni che l’artigiano deduce dalla conversazione con il cliente, dalla palpazione, dall’osservazione

della camminata, dall’esame della scarpa usata. Questo cerimoniale è alla base della confezione di una forma in

legno destinata a sostituire il piede nel momento della fabbricazione della scarpa.

La forma è dunque la riproduzione in legno del piede, interpretata nel disegno del calzolaio, necessaria nelle

prime fasi di costruzione delle scarpe per trasformare una superfi cie di cuoio piatta in oggetto tridimensionale.

È lo strumento di lavoro più importante e quasi il simbolo dell’arte della calzoleria. La sua produzione richiede

l’uso di legnami di qualità, quali acero, faggio, quercia, olmo e noce, ma i preferiti restano il faggio rosso e il

carpine. Come si diceva, ogni calzoleria ha una sua linea, Sutor Mantellassi per esempio è nota per la sua linea

latina con punta quadrata, tuttavia è possibile individuare delle caratteristiche comuni all’interno delle diverse

scuole nazionali: la forma di derivazione tedesca ha il collo del piede alto e una punta ovale; quella italiana è

defi nita dalla punta piatta; la forma inglese presenta una punta piuttosto quadrata.

Il passo successivo alla defi nizione e realizzazione della forma è quello della scelta del pellame. Classico è il

cuoio di vitello proveniente da concerie francesi o inglesi. Il termine cuoio indica la pelle di un animale resa

più resistente ed elastica per mezzo della concia: la pelle liberata da peli, epidermide e derma viene trattata

con sostanze particolari che penetrando nelle fi bre, la rendono malleabile, elastica e atta alla traspirazione.

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Il metodo di concia più diffuso per la tomaia delle scarpe da uomo di qualità è quella al cromo, che utilizza sali

di cromo basici. Il cuoio per le suole viene in genere trattato con sostanze vegetali, secondo il procedimento della

cosiddetta concia di fossa, il metodo di conciatura in assoluto più antico. Con particolari lavorazioni del vitello

si ottengono anche la vernice, lo scotchgrain granulato e lo scamosciato o velour. In quest’ultimo caso, la faccia

posteriore del cuoio viene irruvidita meccanicamente fi no a ottenere una superfi cie più o meno vellutata.

Per le scarpe cucite a guardolo si utilizza anche la pelle di cavallo. Si tratta di un pellame particolarmente prezioso,

poiché è ricavato esclusivamente dalla zampa posteriore del cavallo, associato alla caratteristica colorazione

bordeaux, ma anche nera e neutra. Le scarpe di cavallo si riconoscono per una particolare lucentezza. Questo

cuoio è detto anche cordovan o marocchino, espressione che in origine aveva un differente signifi cato poiché

indicava solo il cuoio proveniente da Cordova, molto pregiato, per lo più di montone o di capra, in varie tonalità

di colore, impiegato per calzari o rilegature di libri.

Per i mocassini italiani, accanto al vitello e al capretto, si impiega la pelle dei cinghiali allo stato brado, i

cosiddetti pecari, che presenta una particolare struttura granulata. L’industria calzaturiera utilizza infi ne pelli di

lucertola, coccodrillo o struzzo, ricercate sui mercati internazionali.

Una volta scelto il pellame, si procede al taglio, procedura molto delicata a causa della preziosità dei materiali, che

può essere svolta a mano o a macchina per ottenere maggiore precisione. Segue l’orlatura. Il calzolaio procede

quindi alla cucitura della tomaia, che viene tirata e inchiodata alla forma, quindi sagomata. Successivamente

ha luogo il montaggio, che per le scarpe artigianali più raffi nate prevede la cucitura Goodyear o Norvegese.

La prima, ideata alla fi ne del XIX secolo da Charles Goodyear Junior, fi glio di Charles Goodyear, inventore del

processo di vulcanizzazione, è sinonimo di pregio e raffi natezza. Ago e fi lo tra le mani dell’artigiano si intrecciano

insieme tra tomaia, sottopiede e guardolo. Una volta cuciti insieme questi elementi, si aggiunge del sughero naturale

come intercapedine tra il sottopiede e la suola in cuoio che è a sua volta cucita al guardolo, ottenendo così un solo

corpo legato. La tomaia e le altre parti non sono perforate ed è l’artigiano che delinea il tratto della cucitura.

La lavorazione Norvegese prevede tre cuciture: la prima lega la tomaia al sottopiede, la seconda unisce ancora

la tomaia, dopo essere stata rovesciata esternamente, alla suola di mezzo. A questa viene poi cucita la suola

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fi nale creando così un unico corpo ben saldato. Si tratta di una complessa e affascinante lavorazione, atta a

conferire robustezza e solidità alla scarpa.

Tra le lavorazioni a macchina vi è la Blake, una tecnica per la realizzazione di calzature, in cui un’unica cucitura

tiene unite la suola, la fodera, la tomaia e il sottopiede. La tecnica Blake-Rapid, di maggior pregio rispetto

alla precedente, presenta entrambe le cuciture: la Blake serve per unire il sottopiede, la tomaia, la fodera e

l’intersuola; la Rapid unisce l’intersuola alla suola e si ottiene per mezzo della omonima macchina da cucire,

caratterizzata da aghi e lesine curve. La fase successiva è costituita dalle numerose procedure di fi nissaggio

della calzatura, tra le quali vi sono l’applicazione del tacco, la colorazione e la lucidatura delle pelli.

Un aspetto che riveste una particolare importanza nella tradizione della scarpa fatta a mano è la manutenzione.

Il valore del prodotto acquistato si rifl ette nelle raccomandazioni che l’artigiano consegna al suo cliente al fi ne di

assicurare la miglior cura delle pregiate calzature. Il pieghevole che Sutor Mantellassi inserisce nella confezione del

set per la manutenzione (composto da una spazzolina, un panno e la cera) consiglia di “riporre le scarpe sempre

col calzante e riportarle nelle forme quando non indossate. Non indossarle per più giorni di seguito e, quando sono

bagnate, lasciarle asciugare lontano dai caloriferi, appoggiate sul fi anco con le loro forme calzate”.

Per una corretta manutenzione è necessario “pulire bene le scarpe togliendo polvere e fango e, in caso, passare un

panno umido su tutta la tomaia, perché non si formino aloni. Ciò ovviamente per pelli lisce”. Per gli scamosciati,

“usare spazzola e se necessario spray colorante per la tomaia. Ricolorare poi il bordo della suola con crema da

scarpe”. Per il trattamento della suola, “dopo lavaggio e asciugatura usare spray impermeabilizzante, passare la

cera da scarpe sulla suola e asportarla con una spazzola. Per impermeabilizzare le suole si possono spennellare

più volte con olio di lino caldo e lasciare asciugare”. In ultimo una raccomandazione importante: “anche le

scarpe nuove vanno sempre assolutamente trattate con la cera prima di indossarle”.

Senza arrivare agli eccessi del duca di Windsor, che pretendeva che le stringhe venissero stirate, alle scarpe

su misura e fatte a mano vanno dunque dedicate infi nite attenzioni. Del resto, come si è detto, queste scarpe

rappresentano un investimento e, a differenza dei prodotti industriali, diventano più belle quando, invecchiando,

acquisiscono l’affascinante patina del tempo.

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Art Director

Lara Gariboldi | vogadesign.it

Editorial Coordinator / Coordinamento editoriale

Chiara Guarnieri

Translation / Traduzione

Julian Comoy

Editing / Redazione

Emily Ligniti

Production Director / Direttore di produzione

Enzo Porcino

Colour Separation / Fotolito

Eurofotolit, Cernusco sul Naviglio (MI)

Editorial Production / Realizzazione editoriale

5 Continents Editions

All rights reserved / Tutti i diritti riservati

© Sutor Mantellassi Luxury srl, 2011

© 5 Continents Editions srl, 2011

ISBN 5 Continents Editions: 978-88-7439-628-3

Photographic Credits / Referenze fotografi che

All the photographs in this book were taken by Giancarlo Pradelli

with the exception of:

Tutte le fotografi e di questo libro sono state scattate da Giancarlo Pradelli,

ad eccezione di:

pp. 6-7, 13, 18-19, 26-27, Archivio Famiglia Mantellassi, Firenze

p. 9, Raccolte Museali Fratelli Alinari (RMFA)-collezione Falzone del Barbarò, Firenze

p. 11, Raccolte Museali Fratelli Alinari (RMFA)-Archivio Studio Wulz, Firenze

pp. 14, 17, Illustrazioni di Silvio Giobbio, Milano

p. 15, © Mary Evans / Archivi Alinari, Firenze

p. 16, Archivi Alinari-Archivio Villani, Firenze

p. 25, © ANSA su licenza Archivi Fratelli Alinari, Firenze

Si ringrazia la famiglia Mantellassi per aver messo a disposizione dell’Editore

il materiale fotografi co e grafi co e per averne autorizzata la pubblicazione.

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Printed in Italy in november 2011 by /

Finito di stampare nel mese di novembre 2011 da

Grafi che Flaminia, Foligno (PG)