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La breve storia di Pantalone (the extended version – 04/03/2009)
Francesco Daveri
Università di Parma - Facoltà di Economia
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2009: il mondo in recessione
Ma: previsioni in graduale peggioramento, sempre da 12 mesi
Scenario di consenso
Gennaio 2009
Usa Area euro Cina Italia
2009 -2.1 -2.0 +6.5 -2.0
2010 +0.8 +0.7 +8.5 +0.3
(*) FMI, Commissione Europea, Ocse, Banca d’Italia, Prometeia
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La Cassandra che finora ha avuto sempre ragione …Nouriel Roubini (ex-Bocconi, ora Stern Business
School – NYU; www.rgemonitor.com) è più pessimista
Pil americano 2009 giù del 3.5% Pil europeo giù del 2.5% Pil cinese non oltre il +5%, Brasile, India e
Russia anche meno una grave “growth recession” per i Bric
Risultato: Pil globale giù dello 0.5%
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Pil mondiale, meno 0,5% nel 2009: c’è da preoccuparsi?
Pil globale giù dello 0.5%.
“Meno 0,5%”: sembra un numero piccolo, non lo è
Di quanto cresceva il Pil del mondo negli ultimi anni?
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Crescita del PIL mondiale: 1978-95: +3,2% annuo,
1995-07: +4,0%, 2003-2007: +4,5%;
Diminuzione del Pil mondiale: mai negli ultimi 30 anni
Fonte: IMF World Economic Outlook, Aprile 2008
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Si dice: in Italia, la crisi meno peggio che altrove – mica tanto vero ..
Dati quarto trimestre (q4) 2008
Italia Area euro (Eu15)
Germania Francia Spagna
q4 2008 vs q3 2008 (dato “congiunturale”)
-1.8 -1.5 -2.1 -1.2 -1.0
q4 2008 rispetto a q4 2007 (dato “tendenziale”)
-2.6 -1.2 -1.6 -1.0 -0.7
Dato 2008 (crescita media annua vs 2007)
-0.9 +0.7
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La regola del 70: quando è che un tasso di crescita è “alto” o “basso”?+2%, +5%, +0.9%: come si fa a dire se un tasso di crescita
è alto o basso?La “regola del 70” ci dice: Quanti anni occorrono per
raddoppiare il Pil Numero di anni = [70 diviso il tasso di crescita (in punti
percentuali)] Per questo i cinesi sono tanto preoccupati di crescere
solo del 5%, invece che del 10% nel 2009 Prima: con crescita al 10% annuo, ogni 7 anni Pil raddoppiato Ora: di anni per il raddoppio ce ne vogliono 14!
Se Pil cresce dell’1%, ci vogliono 70 anni per raddoppiarlo
Orizzonte generazionale di “stagnazione” Così è stata l’Italia degli ultimi 15 anni!
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Crescita del Pil pro-capite giù di 0.1 punti percentuali l’anno, cioè -1 punto ogni 10 anni: +5.5% negli anni ’50, +4.5% negli anni ’60,..., +0.5% negli anni 2000
Crescita del PIL pro-capite in Italia, 1951-2006
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C’è un anno a partire dal quale siamo andati peggio degli altri: il 1995 ...
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Dal 1995 ad oggi meno 15 punti di Pil rispetto agli altri grandi paesi europei (1 punto percentuale all’anno)L’opposto di quanto avvenne dal 1950 al 1995: +23 punti rispetto agli altri. Dal 1995, ci siamo rimangiati più di metà della rincorsa
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Qui comincia la storia di Pantalone …
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Tante cose non vanno in Italia …
Scuola e università istruiscono poco e quindi non aiutano la mobilità sociale
Molti pubblici dipendenti sono (o sono ritenuti) fannulloni
I politici sono ritenuti una casta auto-referenziale (fa leggi, inclusa quella elettorale, in modo da rispondere solo a se stessa e non agli elettori)
Molte imprese investono poco e non fanno ricerca. Soprattutto le piccole
Avvocati, notai, banche, assicurazioni, benzinai e tassisti sono troppo tutelati da leggi e regolamenti compiacenti.
Tutto vero e tutto dannoso per la crescita. Ma …
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Misurare la produttività della PA non è facile. Ma c’è molto spazio x produttività della PA. Due esempi
1. Indice di performance (output) del settore pubblicoJapan, Norway, Austria, Netherlands 1.15Denmark, Ireland, Australia, Sweden 1.05USA, Canada, Finland 1.00Germany, Belgium, EU15 0.95France, Spain 0.90Italy 0.85Greece, Portugal 0.80
2. Indice di efficienza (output/input) del settore pubblicoJapan 1.40Switzerland, Australia 1.30USA 1.25Spain, Norway, UK, Canada, Ireland 1.05Finland 1.00Germany, Netherlands, Denmark, EU15 0.95Belgium, France, Sweden 0.85Italy 0.80
Fonte: Alonso, Schuknecht e Tanzi (ECB Working Paper, 2003)
Efficienza della Pubblica Amministrazione
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Si sente sempre dire: “L’Italia spende poco in ricerca rispetto agli altri paesi”
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E’ vero!
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.. MA quelli elencati sono mali atavici d’Italia ..Il funzionamento di Scuola e università Pubblica amministrazione Sistema politico Sistema (pubblico e privato) di ricerca e innovazione Servizi alle imprese e ai consumatori
è sempre stato lacunoso in Italia …
Anche quando eravamo i cinesi d’Europa.
Per spiegare le “barrette negative” dopo il 1995, bisogna rispondere alla domanda: cosa è andato storto dopo il 1995 e che invece andava bene prima del 1995?
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Cosa è cambiato dal 1995?
1995: cosa ha avuto di speciale?
L’ultimo anno in cui la lira si è svalutata (del 10% circa) nei confronti del marco tedesco
Con l’euro 01/01/2002: 1 euro = 0,78 dollari Oggi: 1 € = circa 1,30 dollari ; cioè apprezzamento del
66% in 7 anni Effetto sulla competitività?
Calo costo bolletta energetica: competitività Aumento costo del lavoro in dollari: competitività Effetto netto negativo per settori che usano poche materie
prime importate e molto lavoro (es. tessile ed abbigliamento)
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Perché l’economia italiana è così vulnerabile?
Lo stesso effetto dovrebbe valere per tutti i paesi dell’area euro
Invece: la figura son le barrette positive e negative dice che, dopo il 1995, la crescita dell’Italia è stata sempre < di quella di Ger, Fra, Spa (e Uk)
Perché? Perché questa dipendenza dall’andamento del tasso di
cambio? Un sintomo dei problemi dell’economia italiana?
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Questione di “vantaggio comparato”Economia italiana “schiava” del cambio perché
specializzata nell’export di beni con basso o medio contenuto tecnologico
basso: tessile ed abbigliamento, scarpe, pasta medio: macchinari per l’industria alimentare e altre
macchine utensili
In questi settori forte competizione sul prezzo
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Questione di “vantaggio comparato”Altri paesi europei specializzati nella produzione di beni più
sofisticati tecnologicamente (e difficili da copiare).
Capacità competitiva non sul prezzo ma sulla qualità e sul vantaggio tecnologico
Soffrono meno della concorrenza dei nuovi arrivati nell’arena internazionale (Cina e India, prima di tutto)
Caveat: anche la moda italiana non compete sul prezzo ma sulla qualità. Problema: quanti svedesi e tedeschi disponibili a pagare 100 o 1000 volte di più (rispetto a un prodotto Made-in-China) per un capo “firmato”? Qual è il mark-up sostenibile per la moda italiana?
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Il vantaggio comparato rivelato dell’Italia (e della Spagna) è diverso da quello degli altri paesi europeiUsa e UK specializzati nell’high-tech; Germania nel medium-high tech; Cina e India nel low-tech. Come l’Italia.
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- Un colore per ogni paese; somma delle 4 barrette =0 per ogni paese- Numeri calcolati su dati 2005. Ogni barretta deriva da applicazione della formula descritta nella prossima pagina
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Digressione: definizioni e come si calcolano le barrette della figura precedenteBilancia commerciale (BC) di un settore
Saldo (differenza) tra export e import del settore; se export>import, saldo positivo; se no, negativo I settori manifatturieri (produzione di automobili, cravatte, computer)
sono esposti alla concorrenza internazionale; i servizi (taglio capelli, cause legali, taxi) lo sono molto meno
Per questo si calcola la bilancia commerciale “del manifatturiero” e non dei servizi
“Contributo alla BC di un settore” Indicatore di Vantaggio Comparato Rivelato del paese
Cioè: dà info su forza e debolezza competitiva di un paese Se il contributo è >0 in un settore, vuol dire che il paese è “forte” in
quel settore; se <0, il paese è “debole” in quel settoreFormula (= zero, se saldo effettivo di BC del settore i uguale al saldo
imputabile al settore in base al suo peso sull’interscambio))]/(exp))[(exp(exp)(exp impimpimpimp ii
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Avrebbe potuto andare diversamente?L’Italia avrebbe potuto specializzarsi nella produzione di
qualche altro bene, dove la concorrenza di prezzo fosse meno importante?
Sì, se la nostra classe dirigente si fosse data una missione da compiere.
Invece, ecco alcune “horror stories” Turismo, risorsa strategica?
Acciaieria a Bagnoli, davanti a Capri; Italsider a Taranto Melting pot di culture mediterranee in Sicilia?
Petrolchimica nella Valle dei Templi Miopia anche al Nord, non solo al Sud
Decenni per linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Venezia Torino-Lione: se ne parla solo da qualche anno (Val di Susa) Malpensa 2000
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Riassunto finora: l’Italia prima di PantalonePer una ragione o per l’altra: italiani specializzati nell’export di
beni con elevata elasticità di prezzoFino a che materie prime e lavoro costavano poco: nessun
problema, anzi italiani = cinesi d’Europa, Italia = paese low-cost Crescita basata sull’investimento pubblico e privato per
ricostruire il paese dopo la guerraGrandi conquiste economico-sociali nel 1950, 2 italiani su 100 avevano un’auto (contro 4
tedeschi e 6 francesi) nel 1973: reddito pro-capite medio moltiplicato per tre
rispetto al 1950. Reddito medio nel Sud salito dal 47% al 60% di quello di un abitante del Nord.
Nel 1973: 30% di italiani, tedeschi e francesi con un’auto di proprietà. Convergenza nei tenori di vita
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Metà anni ’70: il giocattolo della crescita si rompe …Dalla metà degli anni settanta, salgono i prezzi delle
materie prime e salgono i salari
Spuntano cioè due vincoli alla crescita Costo del lavoro (salari raddoppiati tra il 1968 e
il 1973) Costo delle materie prime (prezzo del petrolio si
quadruplica in pochi mesi)
Per mantenere la competitività, necessario tenere i costi di produzione sotto controllo, se no profitti & investimenti & crescita
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Arriva Pantalone
Invece di affrontare i nuovi vincoli
politici e classe dirigente adottano una strategia sistematica di rinvio dei problemi al futuro
inflazione e svalutazione Spesa pubblica finanziata con debito pubblico
Tanti piccoli favori per tante categorie finanziati con i soldi di tutti
Slogan: “Tanto paga Pantalone”! Cioè qualcun altro. Cioè tutti, se le categorie a proteggere sono abbastanza numerose
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Pantalone negli anni settanta, inflazione e svalutazioneIl Paga Pantalone si manifestò in tanti modi -- ad esempio, nel campo
delle politiche del lavoro e delle relazioni industriali con l’accordo Lama-Agnelli sul punto unico di contingenza
“Scala mobile” (indicizzazione all’inflazione passata) estesa a tutti con uno “scatto” uguale per tutti
Indicizzazione serviva a ridurre gli effetti dell’inflazione sul potere d’acquisto dei lavoratori -- importante conquista sociale, si diceva. Ma anche: appiattimento struttura delle retribuzioni
Chi pagava? I “padroni”? No, i “padroni” scaricavano l’aumento del costo del lavoro sui prezzi
C’erano le svalutazioni periodiche della lira che “sgonfiavano” gli aumenti del costo del lavoro e dei prezzi tradotti in marchi e dollari
Ecco l’accoppiata “inflazione + svalutazione”Né l’impresa né i lavoratori pagano i costi dell’aumentato costo del lavoro.
Paga la società italiana, con l’inflazioneSlogan: “Tanto paga Pantalone”, cioè qualcun altro, cioè tutti
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Pantalone negli anni ottanta: debito pubblico invece di inflazione
Il Paga Pantalone si manifesta in tanti modiInflazione raggiunge il 20% nel 1981: troppo altaNino Andreatta (ministro del Tesoro) fece approvare il divorzio tra Tesoro
e Banca d’Italia, cioè fine obbligo per BdI di sottoscrivere, tramite il cosiddetto “cc di tesoreria”, i titoli del debito pubblico rimasti invenduti alle aste pubbliche
Cosa cambia? Il Tesoro deve emettere titoli con tassi di rendimento “di mercato”:
sale il costo del debito pubblico per lo Stato Non basta per fermare la corsa della spesa pubblica Risultato: spesa pubblica finanziata con debito pubblico anziché con
l’inflazioneStesso slogan di sempre: “Tanto paga Pantalone”, cioè qualcun altro,
cioè le generazioni future che devono restituire il debito con gli interessi
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La crescita accelerata della spesa pubblica in ItaliaSpese del “general
Government” (governo centrale e governi locali)
Una misura del “peso dello Stato”
Tra il 1913 e il 1990, il peso dello Stato aumenta di 36 punti percentuali (da 17 a 53% del Pil), di cui: +13 punti percentuali tra il
1913 e il 1960 (in 47 anni) +10 punti tra il 1960 e il 1980
(in 20 anni) +13 punti tra il 1980 e il 1990
(in soli 10 anni)
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Il peso dello Stato è aumentato ovunque. Per due ragioni principali Durante le guerre
Usa: +11 p.p.(1/2 dell’aumento totale) Fra & UK: +15.5 punti Ita and Ger: +11 punti (solo durante la Seconda
Guerra Mondiale)
In pace: Welfare state Usa: 1920-37 (+8 p.p.) 1960-80 (+4 p.p.) UK: 1960-80 (+11 p.p.), 1920-37 (+4 p.p.) Ita: 1960-80 (+12 p.p.), 1980-90 (+11 p.p.) Ger: 1960-80 (+15 p.p.) Fra: 1960-80 (+11.5 p.p)
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In Italia l’aumentato peso dello Stato è stato finanziato con debito pubblico, non aumentando le tasse
Debito pubblico = stock di obbligazioni pubbliche (“pagherò”) nei confronti di istituzioni private ed estere
Debito calcolato al 31/12 di ogni anno = somma dei deficit attuali e passati
Notevole aumento tra il 1980 e il 1995
Aumento della spesa e del debito: come due fidanzati, mano nella mano!
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Paga ancora Pantalone: l’università di massa - 1Altro esempio – meno ovvio – del Paga Pantalone: legislazione
relativa all’istruzione universitaria dei primi anni settantaIn università, con il Sessantotto, gli studenti avevano imparato a
chiedere, anzi a pretendere, l’impossibile. Appelli di esame ogni due per tre Diciotto o trenta politicoRisposta della politica: accesso all’università esteso a tutte le scuole
secondarie di ogni tipo “da oggi, liberi tutti” Una volta all’università, libertà di scelta estesa fino alla scelta del
piano di studi, In nome del “diritto all’auto-deteterminazione” degli studenti, ai docenti
viene imposto di rinunciare a svolgere una parte di indirizzo della loro funzione educativa
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Paga ancora Pantalone: l’università di massa - 2Risultato: liberalizzazione degli accessi assesta colpo formidabile al sistema
universitario pubblico come veicolo potenziale di mobilità sociale dei non abbienti più meritevoli
Domande non poste dai legislatori che liberalizzano gli accessi Dove sono i professori necessari a garantire lo svolgimento di lezioni decenti per
le migliaia di studenti aggiuntivi? Dove le aule in cui i nuovi studenti possono sedersi per ascoltare le lezioni e
prendere appunti? Soluzione? La solita, girare intorno al problema (“Tanto Paga Pantalone”) Con doppi turni e corsi serali il problema delle aule era risolto Poi, per aumentare il numero dei docenti, si fecero entrare in ruolo quasi senza
concorso tutti gli assistenti presenti nell’università italiana in quel periodo. E se gli assistenti non bastavano, si facevano rientrare dall’estero quelli che
avevano appena cominciato studi di perfezionamento fuori dall’ItaliaIn pochi mesi, l’università italiana si riempie di una generazione di giovani docenti che ottennero la cattedra a trent’anni o giù di lì, senza aver avuto né la necessità né l’opportunità di mostrare quanto valevano
come ricercatoriBenefit non secondario: il diritto di rimanere in ruolo fino a 72 anni e di conservare
l’ufficio e lo stipendio fino a 75 anni grazie all’istituto del fuori ruolo (eliminato dal ministro Mussi solo nel 2007)
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Paga ancora Pantalone: l’università di massa - 3
Esempi da manuale di questa concezione dell’università: le facoltà umanistiche Tacito a prima vista senza esercitazioni Corsi di base senza insegnamento delle nozioni di base
Invece: corsi monografici nei quali erano insegnati anche i minimi dettagli su un aspetto particolare della disciplina. L’intera storia romana poteva essere miracolosamente esemplificata con un intero corso sull’impero di Galba (uno dei quattro imperatori del biennio 68-69 d.C.) in modo da trasmettere con efficacia a pochi studenti il fuoco sacro e l’embrione degli strumenti della ricerca accademica. Poco male se il voluminoso tomo sul resto della storia romana - da Romolo alla caduta dell’Impero – era lasciato allo studio del singolo.
Insomma: ecco un’università apparentemente aperta nella quale potevano sopravvivere solo i più forti cioè quelli che nascevano già “imparati”, avendo appreso le categorie di base durante la scuola secondaria (o in famiglia).
Commento finaleDietro alla liberalizzazione degli accessi e dei piani di studio, alle aule sovraffollate, alle
promozioni indiscriminate di professori inesperti e all’istituto del fuori corso se non, ancora una volta, il Paga Pantalone, cioè la prassi di usare risorse pubbliche per venire incontro alle esigenze specifiche di una categoria “debole” come gli studenti senza preoccuparsi delle devastanti conseguenze delle misure adottate per la collettività?
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Poi la corsa verso l’euro e l’Unione Monetaria Europea
Settembre 1992: debito pubblico raggiunge il 125%, crisi finanziaria, Italia fuori dalla Sme (accordo di cambio) ed ennesima svalutazione del 20% rispetto al marco
Svolta fiscale: attenzione a rispettare il vincolo di bilancio pubblico
con tecnocrati come Amato, Ciampi, Dini e Prodi Tecnocrati senza partito: difficoltà di tagliare la spesa pubblica,
possono solo rispettare il vincolo di bilancio pubblico aumentando le tasse
Riduzione del deficit pubblico nel 1997: dal 7% al 2,7% in un anno
Maggio 1998: Italia ammessa nell’Unione Monetaria Europea
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Il deficit pubblico in Italia (% sul Pil)1980-2009
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Come i tecnocrati senza partito ridussero il deficit pubblico - 1Soprattutto aumentando le tasse (tassa per l’Europa, poi restituita)Ma anche riducendo la spesa pubblicaSeguendo due strade periodici blocchi delle assunzioni di nuovo personale nel pubblico
impiego riforme volte ad aumentare l’autonomia e l’assunzione di responsabilità
da parte dei vari centri di spesa in campo sanitario, pensionistico, scolastico, universitario e degli enti locali.
Il cosiddetto “blocco del turnover” riguardava la mancata sostituzione di personale a tempo indeterminato in via di pensionamento.
Ma con ampie deroghe per questo o quel settore del pubblico impiego Commissione Tecnica Finanza Pubblica ha calcolato che i limiti alle
assunzioni abbiano riguardato solo un quinto circa dei tre milioni e quattrocentomila dipendenti pubblici. Inoltre, per “la necessità di salvaguardare la continuità del servizio per gli utenti”, il blocco delle assunzioni di personale a tempo indeterminato è stato spesso più che compensato con un massiccio ricorso al personale a tempo determinato.
Per questo la “vera” riduzione di spesa pubblica sempre molto minore rispetto a quella annunciata nella Legge Finanziaria o sui media
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Come i tecnocrati senza partito ridussero il deficit pubblico - 2Secondo binario di risparmi di spesa: “Riforme”, la parola magicaRiforme per fare che cosa? Introdurre maggiore autonomia amministrativa e
decisionale nella sanità, nella scuola, nell’università e nel finanziamento degli enti locali. Ma sono sempre riforme a metà
Esempio: sanità Con il tempo, chiara necessità di mettere una pezza ai problemi di
bilancio sollevati dall’introduzione del Sistema Sanitario Nazionale del 1978
La legge delega 421 del 1992 e i decreti legislativi ad essa collegati avviano l’“aziendalizzazione” delle strutture sanitarie, riducendo di numero e trasformando le Usl in aziende dotate di personalità giuridica e di autonomia organizzativa, amministrativa e contabile
Per favorire l’efficienza, “competizione amministrata” tra strutture pubbliche e strutture private accreditate sulla base di standard minimi di qualità del servizio offerto.
Sulla base di un sistema di catalogazione preso dal modello anglosassone, si fissano tariffe differenziate per i vari servizi che sono classificati in categorie (secondo il DRG, Diagnosis Related Group)
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Come i tecnocrati senza partito ridussero il deficit pubblico - 3Risultato? Limitato in termini di spesaCon la legge del 1978 (che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale), truffe e
spese eccessive della sanità venivano fuori dalla pratica di gonfiare il numero di giorni di degenza in ospedale. Erano, infatti, i giorni di degenza che davano luogo al rimborso da parte dello Stato finanziatore
Con il nuovo sistema, non c’era più ragione di gonfiare le degenze. Ma i direttori sanitari cominciano ben presto a dare indicazioni ai medici perché fosse privilegiato il trattamento di malati “produttivi” di rimborsi sulla base delle tabelle del Ministero, il che parzialmente vanificò l’obiettivo della riduzione della spesa.
Anche per scuola e università, stesso schema: Riforme parziali con effetto limitato su riduzione spesa pubblica
ConclusioneNel corso degli anni novanta introdotte forme di autonomia organizzativa,
amministrativa e contabile, con l’imposizione di occasionali tetti di spesa che operarono però in maniera non uniforme nel tempo e provocarono un andamento a singhiozzo della spesa, senza incidere in modo definitivo sulla sua definitiva riduzione
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Università - 1Cina e India: università e scuola al centro delle strategie di sviluppo. E infatti università e business school cinesi scalano le classifiche internazionali,
mentre le università e le scuole indiane sfornano annualmente decine di migliaia di ingegneri e tecnici. Da noi ciò non succede
La situazione negli atenei prima della riforma Gelmini è il risultato dell’azione combinata di due forze
La prima è l’applicazione dei principi generali dell’autonomia amministrativa introdotta nel 1993 con l’obiettivo di promuovere maggior efficienza. La seconda, e più importante, è rappresentata dai vincoli di bilancio imposti di tanto in tanto dal Ministro dell’Economia al ministro dell’Istruzione o dell’Università di turno. “Letizia, renditi conto che il governo non è mica tuo marito” disse Tremonti all’allora
ministro Moratti che si opponeva ai tagli dei fondi per il suo dicastero La legge del ’93 attuò l’autonomia assegnando un Fondo di Finanziamento
Ordinario (FFO) alle singole università, un fondo quantificato sulla base della spesa storica per le singole voci del bilancio di ogni sede nel 1992.
Punto cruciale: il trasferimento di fondi dal Ministero alle singole sedi non dipende da quanto efficaci siano gli atenei nella didattica e nella ricerca
Un peccato mortale da cui è stato impossibile liberarsi finora. A sentire la Conferenza dei Rettori, il decentramento si è tradotto in una drastica riduzione delle risorse trasferite dal Ministero alle singole sedi. Ma le varie leggi finanziarie non sono davvero riuscite a tagliare i fondi all’università.
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Università - 2La carenza di finanziamento lamentata dagli atenei deriva più che
altro dall’andamento esplosivo della spesa per il personale, che aumenta per due ragioni diverse.
Da un lato la legge imputa ai bilanci degli atenei aumenti di stipendio - le “progressioni di carriera” dei docenti - che non hanno negoziato loro.
C’è anche un altro lato della cosa. Nel provocare la scarsità di fondi, gli atenei ci hanno messo del loro.
Soprattutto tra il 1998 e il 2001, le assunzioni e le promozioni di nuovo personale docente sono avvenute con una grave sottostima dei costi veri delle nuove assunzioni. Per vari anni, i direttori amministrativi della maggior parte delle università, con il consenso del ministero, hanno contabilizzato il costo dei nuovi assunti al loro stipendio di ingresso
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Università - 3Come se un’azienda tenesse fuori dai suoi bilanci gli aumenti di
stipendio successivi all’entrata in aziendaUna scelta in contrasto con il buon senso in sintonia con il principio del Paga Pantalone In realtà, gli stipendi rimangono costanti durante i primi tre anni di
prova dopo l’assunzione di ricercatori, associati e ordinari, ma poi cominciano a crescere, lentamente ma per tutti e indiscriminatamente.
Per docenti bravi e non bravi E’ anche per questo che i fondi delle università si sono “ridotti”A un certo punto il ministero ha annunciato che la festa era finita e che
la messa a bilancio dei nuovi posti avrebbe dovuto riflettere il costo medio durante la carriera.
Così le università si sono accorte che avevano praticamente finito i soldi e si è drasticamente ridotto il numero dei nuovi concorsi e di posti di ruolo messi a bando. I più giovani ci sono rimasti in mezzo.
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Università - conclusioneUn sistema universitario finanziato con risorse il cui ammontare non
dipende da quanto bene si svolgono le attività didattiche e di ricerca inevitabilmente scoraggia i propri docenti e ricercatori dal fare bene il loro lavoro
Fino a che i fondi vengono da un centro che apre o chiude il rubinetto secondo la congiuntura economica, non ci sarà neanche modo di fare arrivare più risorse alle sedi che promuovano corsi di laurea più vicini al gradimento degli studenti e delle aziende
Tra le cause che schiacciano gli stipendi degli italiani a mille euro al mese, il cattivo funzionamento dell’università è la più grave perché mortifica ogni progetto del paese per il suo futuro
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Scuola – Riforme a metàAnche nella scuola, tra il 1997 e il 1999 autonomia amministrativa e
personalità giuridica alle singole istituzioni scolastiche. Particolarmente importante l’attribuzione del ruolo di Dirigenti Scolastici con compiti di amministrazione del personale ai vecchi presidi.
Prima dell’autonomia il preside era contrattualmente una specie di docente super partes, pagato poco più degli altri docenti. Ma non era responsabile se qualche cosa non andava nella sua scuola
Con l’autonomia, il preside è invece un dirigente responsabile del buon funzionamento dell’istituto scolastico di cui è a capo. Per questo, gli viene ora riconosciuto uno stipendio più o meno doppio rispetto a quello percepito da un comune docente con la sua stessa anzianità di servizio. Ora lo Stato lo paga di più e gli chiede di più. Ecco la riforma
Ma è una riforma a metà perché gli obiettivi indicati, prosegue la legge, “si realizzano con l’utilizzo delle risorse finanziarie e strumentali ma anche con l’organizzazione delle risorse umane assegnate alle scuole”. E qui la parola chiave è “assegnate”. Il preside sembra l’amministratore delegato della scuola, ma non può scegliere i docenti che insegnano nella sua scuola. I docenti sono assegnati dal Provveditorato agli Studi che li pesca in un’apposita graduatoria di aventi diritto
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Scuola – “graduatorie”Il buon funzionamento della sua scuola dipende quindi da chi c’è in questa “graduatoria”Prima di tutto, di “graduatorie” ce n’era più di una fino a qualche anno fa. C’era quella di coloro
che avevano vinto l’ultimo concorso ordinario, cioè aperto a tutti, per titoli ed esami nel 1992. Questa graduatoria avrebbe potuto essere “la” graduatoria, almeno fino allo svolgimento di un nuovo concorso ordinario che avrebbe prodotto una nuova graduatoria. Invece l’esigenza di ridurre le spese ha cancellato lo svolgimento di nuovi concorsi ordinari tra il 1990 e il 2000
“La” graduatoria dell’ordinario divenne “una” delle graduatorie, quella da cui i Provveditorati pescavano solo metà dei nuovi docenti. L’altra metà proveniva da una giungla di altre graduatorie, permanenti e ad esaurimento, una delle quali formata dai vincitori di concorsi ordinari, svolti in precedenza (anche nel 1980!) su base nazionale o regionale, e un’altra dai vincitori di concorsi abilitanti riservati che avevano la duplice caratteristica discriminatoria di non essere per tutti (erano “riservati”) e di prevedere esami più facili. I concorsi abilitanti furono il grimaldello sindacale per aggirare il blocco dei concorsi ordinari e ottenere la “stabilizzazione” degli insegnanti precari.
Vincere questi concorsi riservati era peraltro molto più facile. In questo modo sgradevole, una giungla di graduatorie che il ministro Moratti ha eliminato producendo una graduatoria unificata
Inevitabilmente: confronto delle mele con le pere. Chi aveva passato un concorso ordinario negli anni Ottanta poteva vedersi passare davanti in
graduatoria un abilitato del 2000 che aveva magari passato l’esame studiando ben poco. Il risultato dell’unificazione delle graduatorie fu: iniquità e insoddisfazione
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Scuola – Risultato della riforma a metàAccade così che: i quindicenni italiani non sanno fare di conto e sanno fare ragionamenti scientifici con
minore efficacia rispetto ai loro coetanei europei. Lo dicono i test PISA (Programme for International Student Assessment) che confrontano le abilità innate e l’efficacia dell’apprendimento scolastico in campo matematico, scientifico e di lettura. I dati PISA sono preoccupanti per varie ragioni e, soprattutto, per varie regioni
Il divario di punteggio tra studenti e studentesse italiani e altri studenti è rimasto costante nel tempo tra il 2000 e il 2006.
In Germania no: tra il 2000 e il 2003 le cose erano già cambiate radicalmente. Gli studenti tedeschi - ben al di sotto della media OCSE nel 2000 e dunque non troppo lontani dagli italiani - nel 2003 hanno superato la media OCSE.
Vuol dire che i valori dei test PISA non sono dati di natura, ma possono variare se si fa qualcosa su intervalli di tempo non biblici, anzi durante una sola legislatura. I dati per l’Italia sono invece rimasti inchiodati ai valori registrati nel 2000.
I dati PISA più preoccupanti sono quelli per le regioni del Sud. In effetti, le differenze nei test tra gli studenti del Nord Italia e quelli del Mezzogiorno sono molto più grandi delle differenze che si osservano, per esempio, i risultati della Germania e dell’Italia nel loro complesso.
La scuola al Sud fallisce per due ragioni principali. Un po’ è colpa dell’ambiente culturale. Sempre l’indagine PISA dice che molti dei genitori dei ragazzi
quindicenni nel Sud hanno una limitata istruzione. Cinque su cento hanno finito solo la scuola elementare; 30 su cento hanno finito solo le scuole medie. Evidentemente fanno più fatica a trasmettere un’istruzione che non hanno e di cui non hanno visto i benefici sulla loro pelle.
Ma vari studi statistici hanno anche mostrato l’importanza delle carenze nello stato di manutenzione degli edifici scolastici: gli esiti scolastici sono peggiori dove lo stato dell’infrastruttura materiale delle scuole è più miserevole
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Scuola – Effetti dei tetti di spesa 1C’è un altro esempio degli effetti perversi
dell’imposizione di tetti di spesa sul buon funzionamento della scuola.
Sempre per esigenze di bilancio, fin dai primi anni novanta, il Ministero stabilì che nel primo e nel terzo anno delle scuole secondarie il numero minimo di studenti per classe fosse pari a 25, al di sotto del quale una data classe doveva essere accorpata con un’altra.
Simili restrizioni sulla dimensione minima delle classi si applicano anche per la scuola primaria e quella secondaria di primo grado (le scuole medie). La norma serviva chiaramente a risparmiare sul numero complessivo di docenti necessari in una scuola
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Scuola – Effetti dei tetti di spesa 2L’applicazione del vincolo avrà anche fatto risparmiare qualche
soldo, ma ha certamente contribuito al peggioramento della qualità dei servizi scolastici.
La legge ha, di fatto, incoraggiato comportamenti lassisti dei singoli docenti e dei consigli di classe nella valutazione, perché ha indebolito la determinazione dei docenti del primo e del secondo anno a bocciare gli studenti impreparati. Perché un docente dovrebbe bocciare i suoi studenti scarsi se così facendo il rischio è quello di far sparire la classe dove lavora, mettendo a repentaglio il suo posto di lavoro e quello dei colleghi?
Chi lavora nella scuola conosce bene il funzionamento di questo meccanismo e la sua influenza sugli elevati tassi di promozione che si osservano alla fine del secondo anno della scuola secondaria
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Scuola – Lo Stato Sociale a scuola 1C’è di più. Come spesso accade, non solo la soglia minima ha fatto
da intruso nel delicato rapporto di fine anno tra studente e docente ma è stata anche applicata in modo non uniforme.
Una rilevante eccezione all’applicazione della norma è la deroga consentita in presenza di “alunni diversamente abili” nelle classi. Anche in questo caso alcune regioni sembrano aver approfittato di questa deroga più frequentemente di altre, non tanto nel consentirsi classi più piccole quanto nel consentire un maggior volume di assunzioni di personale dedicato all’assistenza di studenti svantaggiati.
In Sicilia, gli insegnanti di sostegno nelle scuole secondarie sono l’11,5% del totale degli insegnanti, circa cinque punti percentuali in più della media nazionale, mentre in Lombardia e in Veneto si osservano i valori più bassi di Italia, di poco inferiori al 5% del totale insegnanti. Anche la Campania mostra una frazione particolarmente elevata di insegnanti di sostegno sul totale degli insegnanti.
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Scuola – Lo Stato Sociale a scuola 2 I dati sugli insegnanti di sostegno fanno anche più impressione se
incrociati con un altro gruppo di dati, quelli sull’abbandono scolastico. In Italia 20 teen-ager (i ragazzi tra i 18 e i 24 anni) su cento smettono di andare a scuola avendo ottenuto al massimo un titolo di scuola media. In Europa, nella stessa classe di età sono solo 15 quelli che smettono di studiare, e l’obiettivo – forse troppo ambizioso - è di arrivare a 10 nel 2010. Qualche provincia italiana come quella di Trento ha già raggiunto oggi l’obiettivo europeo 2010. Altre regioni (Lazio, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Basilicata) non sono troppo lontane. A far salire la media nazionale sono soprattutto due regioni del Sud, la Campania e la Sicilia, dove quasi il 30 per cento dei ragazzi nella fascia di età rilevante abbandona gli studi. In Sicilia le cose sono andate un po’ meglio nel corso del tempo. In Campania no: i tassi di abbandono sono inchiodati al 29% da vari anni.
Campania e Sicilia: la più alta percentuale di insegnanti di sostegno per gli studenti svantaggiati e insieme i più alti tassi di abbandono scolastico. Difficile trovare un esempio più sintetico e appropriato per i paradossi del welfare all’italiana.
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Dentro all’Unione senza PantaloneDal 1992, insomma, nuovo modo di fare politica economica, in cui non valeva
più il Paga Pantalone degli anni precedentiI tecnocrati senza partito del centro-sinistra non riuscirono a far scendere la
spesa pubblica (mancava il consenso elettorale per farlo) ma almeno a far passare il principio che ogni aumento di spesa fosse finanziato con commisurati aumenti di tassazione
In parallelo, anche grazie all’accordo di moderazione salariale con i sindacati, scesero le aspettative di inflazione, il che consentì una riduzione dei tassi di interesse e del tasso di inflazione verso i livelli degli altri stati europei.
Con una dinamica salariale più moderata e un deficit pubblico molto inferiore a quello degli anni ottanta, le svalutazioni smisero di essere uno strumento necessario di sopravvivenza delle imprese. Dopo un ultimo episodio di svalutazione nel 1995, il cambio si stabilizzò intorno a 990 lire per un marco che fu poi il tasso di conversione preso come base per trasformare le lire e i marchi esistenti in euro.
La discesa dei tassi di interesse e dell’inflazione, la raggiunta stabilità del cambio e la discesa del deficit furono sufficienti a consentire che l’Italia fosse ammessa nel club dei paesi aderenti all’Unione Monetaria Europea
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La difficoltà italiana di sopravvivere dentro all’Unione Monetaria
Da allora, gli italiani stanno faticosamente imparando che una cosa è stata entrare nell’Unione Monetaria, un’altra è rimanerci
Per entrare è bastato mettere in ordine – non senza enormi difficoltà - i conti pubblici. Quella di rispettare dei vincoli non è una missione eccitante per nessuno.
Una cosa è promettere il socialismo, la completa libertà di impresa o l’eliminazione dell’Ici. Molto meno eccitante ed elettoralmente vendibile è il messaggio di chi si impegna a far quadrare i conti.
C’è di più: quando i vincoli di bilancio si accoppiano con riforme a metà il risultato può essere un cocktail micidiale. Purtroppo, se ne trova traccia in tutta la nostra pubblica amministrazione.
In ultima analisi, per restare nell’Unione Monetaria, bisogna che l’economia italiana impari a crescere senza le svalutazioni. Finora non ci è riuscita
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Dobbiamo disperarci? No, ma c’è un bivio davanti all’ex-Italia di PantalonePrima possibilità: il ritorno del passato I primi ministri – anche di centro-destra! - che
sembrano no-global mercato = origine di tutti i maliSu questa strada: fine negoziati del WTO 10-100-1000 Alitalia Se così, recessione a forma di L, non a V né
ad U
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Una seconda possibilità
Governi, aziende e famiglie “fanno i compiti a casa” durante la crisi
Lo Stato, Grande Mamma per famiglie e imprese, non basta
Ci vuole nuova spinta per le liberalizzazioni No a leggi speciali per grandi imprese in crisi né
per piccole-imprese-che-rimangono-piccole Via di nuovo alle liberalizzazioni del settore
bancario e assicurativo, via gli albi professionali
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Le punture di spillo per famiglie e imprese
E’ il momento delle Punture di Spillo, le “riforme dal basso”, le tante iniziative individuali e quotidiane di famiglie e imprese che si modernizzano
senza aiuti e protezione e senza aspettare riforme che non arrivano o se
arrivano non sono mai quelle desiderate
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Digressione: dizionario OCSEI settori high-tech comprendono:-- aero-spaziale-- farmaceutico-- macchine per ufficio (computer) e semiconduttori-- apparecchi x TLC (anche I cellulari)-- strumenti di precisione (x medicina, ottica)
I settori a tecnologia intermedia comprendono:-- Macchinari elettrici non classificati altrove (esempio: frigoriferi)-- veicoli a motore-- chimico-- mezzi di trasporto e materiale ferroviari
I settori low-tech comprendono:-- tutti i beni di largo consumo